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Autore: Aurelia major    03/03/2007    3 recensioni
Cosa succede quando una persona amabile e amichevole ne incontra una scontrosa e sarcastica ? Guai probabilmente , anche perché c'è chi vuole assolutamente fare amicizia e chi cerca d'impedirglielo a tutti i costi ...
Genere: Romantico, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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"In Spagna?! Accidenti è piuttosto lontana! Com’è? Faceva caldo? Hai visto la corrida?"

La sequela di domande, sparate in rapida successione, onde sopravanzare il vocio delle altre ragazze convenute, le quali a loro volta contemporaneamente tentavano di farsi notare, furono poste ad Haruka da una brunetta seduta da qualche parte alla sua sinistra.

Stava tenendo corte infatti, il che voleva dire starsene assisa al centro di un’attenta platea composta da una decina di femmine dagli atteggiamenti affettati e più che disposte ad andare in manifesto visibilio a qualsiasi suo commento o gesto. Cosa che le faceva sospettare che il confine tra la piaggeria e un’infatuazione vera è propria fosse più labile di quanto avesse potuto pensare . Ad ogni modo si sentiva tanto come un sultano che visita il suo gineceo con tutte quelle cortigiane intorno, anche se per loro aveva coniato una definizione più appropriata.

In effetti aveva preso l’abitudine di definirle quali le peripatetiche, giacché queste, da sole, a gruppi variabili o addirittura tutto il branco come nel caso attuale, solevano seguirla ovunque andasse non appena faceva capolino a scuola. Poi, una volta individuatala, prendevano a scortarla d’appresso bevendosi tutte le sue affermazioni come se fossero oracoli. Tutto ciò faceva molto socratico e se avesse avuto intenti didattici, specialmente in quel senso, si sarebbe potuta divertire parecchio. Peccato però che spesso approfittasse dell’occasione che le servivano su un piatto d’argento solo per pavoneggiarsi o dileggiarle sulle pose ridicole che assumevano.

Oggi poi si erano rivelate più tenaci del solito, poiché la rincontravano per la prima volta dopo sua prolungata assenza. Il che voleva dire che era da un bel pezzo che non la vedevano, per giunta né l’avrebbero rivista per altrettanti giorni a causa delle vacanze natalizie. Quindi le avevano teso l’agguato con perizia, facendole la posta alla fine delle lezioni. L’avevano attesa al varco allo scopo di braccarla e intrattenersi un in sua compagnia ad ogni costo e tanto avevano detto e insistito che alla fine aveva accondisceso. Ad ogni buon conto, onde evitare di stare a freddo, ché tornando aveva trovato la città coperta da una spessa coltre di neve che continuava a fioccare lieve, le aveva facilmente persuase a recarsi perlomeno al coperto. Così adesso se ne stava davanti ad un bel caffè caldo ad intrattenersi con le loro ciance.

Per la verità non si era fatta pregare più di tanto o , per meglio dire, si era fatta supplicare finché non aveva magnanimamente concesso il suo assenso, benché la sua risoluzione fosse stata quella fin dall’inizio. In un certo senso , si giustificò con sé stessa, questo altro non era che una sorta di principio, magari non una regola generale , quanto una postilla atta a trovare un lenitivo per il suo umore altalenante.

Ecco, esattamente a questo fungevano le invocazioni che aveva trasversalmente preteso. Non erano altro che un sedativo alla sua inquietudine umorale, mica si trattava esclusivamente d’altezzosità da parte sua.

Vero Haruka ? Certo Haruka !

Inoltre era verità che quelle ragazze, se prese a dosi equilibrate, nell’insieme potevano essere persino abbastanza ricreative. Oddio in effetti sospettava che, pur sommandole complessivamente, con poca probabilità avrebbero raggiunto un quoziente intellettivo normale, però se ci si intratteneva non era certo per affinare le sue doti culturali . Più che altro avevano la funzione di un utile scacciapensieri, non avrebbe avuto con loro conversazioni sull’origine dell’universo , ma perlomeno si sarebbe fatta quattro risate.

Razzismo intellettivo e considerazioni sarcastiche a parte, la triste realtà era che in alternativa non aveva altro. E per contro l’idea di girovagare senza scopo per le strade fino a tornare nel suo appartamento asettico e silenzioso non le sorrideva più di tanto.

Il team era ufficialmente in ferie, la macchina riposava sotto i suoi teli protettivi e Hitomi si era recata in una località termale per riprendersi dallo stress di starle continuamente appresso. Certo avrebbe potuto svagarsi un po’ in una playroom, ma ci aveva già provato sul finire del pomeriggio del giorno prima e non era stato affatto dilettevole come aveva sperato. Il che era strano, in genere si attaccava a quei videogame con frenesia maniacale, con una concentrazione assolutamente degna di miglior causa e se ne schiodava solo quando era riuscita a portarli a termine, per quanto difficoltosi potessero essere. I suoi preferiti erano le simulazioni di corsa, tanto per non allontanarsi troppo dal solito tran, tran e un gioco ad incastri eseguito mediante figure geometriche.

Ed era alle prese proprio con uno di questi quando si era accorta con stupore che stavolta il magico effetto estraniante tardava a manifestarsi. Anzi era palese che più che distrarla quel giochetto la stava facendo vieppiù innervosire. Non ne stava imbroccando una, stava collocando i tasselli a casaccio e , per una precisa fin nel profondo quale lei era, la cosa l’aveva fatta incazzare parecchio.

Per cui aveva mollato la partita a metà e con manifesto scontento aveva abbandonato il luogo a favore di un bar alla moda. Tanto era l’ora del happy hours, il che voleva poter dire che avrebbe visto gente, bevuto un paio di cocktail e fatto un po’ di conversazione con qualche conoscenza fortuita. Visto che non era affatto difficile rimorchiare in determinati contesti. E in effetti l’aggancio c’era stato, appena dieci minuti dopo essersi seduta al bancone era stata approcciata da una tizia vestita di lustrini, che alle orecchie portava un paio di cerchi tanto grossi da poterci far saltare da una parte all’altra delle tigri, come in uno spettacolo circense. Ad ogni modo aveva un decolté di tutto rispetto e pareva abbastanza spigliata da poter risultare simpatica, sebbene fosse evidente che non era altro che una sua coetanea, o giù di lì, che s’era bardata a festa, ma tant’è. Comunque la sua previsione era destinata a rivelarsi completamente sbagliata.

Cirque du Soleil, come l’aveva ribattezzata in onore dei suoi orecchini spropositati, non solo si stava dimostrando un’autentica deficiente bamboleggiante, ma aveva pure un chiacchiericcio vacuo che trovava veicolo ed espressione in una insopportabile vocetta cantilenante dalla petulanza manifesta. Il che stava smontando la sua prospettiva di una serata scintillante con una fretta incredibile.

E la sua scocciatura innanzi a quella presunta vamp dal gusto dubbio stava aumentando di pari passo al livello con il quale stava celermente vuotando un bicchiere dopo l’altro , il che voleva dire che stava raggiungendo livelli mostruosi. Al sesto Margarita non si disturbò neppure di fare un vago tentativo per nascondere lo sbadiglio che le deformò il volto e fu giusto per civiltà che si mise la mano davanti alla bocca. Dopodiché, abbastanza alticcia, chiedendosi chi glielo facesse fare a dover sottostare a quella manfrina, addusse un inesistente impegno. Indi piantò seduta stante la dama fatale e se la squagliò prima che si sbronzasse del tutto e facesse qualcosa della quale si sarebbe pentita per il resto dei suoi giorni.

"Beh, per quanto distante, è inverno anche lì, sai?" Si degnò di rispondere infine alle domande fattele, gratificando le sue interlocutrici con un mezzo sorriso di condiscendenza. Tanto che queste neppure ravvisarono il pacato sarcasmo che conteneva la sua voce.

"In ogni caso mi è stato detto che non è questa la stagione per la corrida, per quanto ne so dovrebbe essere la primavera. E poi ragazze, il mio era un soggiorno lavorativo. Senza contare che ai tori preferisco le vacche." Concluse facendo loro l’occhietto e scatenando in tal modo una salva di risolini imbarazzati.

"E comunque, se l’idea dei bovini mi avesse attirato, avrei preferito di gran lunga organizzare una corsa, tipo quella che fanno a Pamplona, con me che filo a tutta birra davanti e i tori che m’inseguono alle spalle. Fermo restante che avrei corso con la mia macchina. Sapete, non vorrei proprio rovinarmi il fondoschiena a causa d’un paio di corna taurine!"

L’uditorio scoppiò nuovamente in una serie di mormorii ilari e quella che del gruppo passava per la più intellettuale esclamò : "Non credo però che Hemingway sarebbe stato d’accordo, è poco appropriato al pathos dell’evento. Come avrebbe commentato secondo te?"

"Che forse è ora per i tori di prendere la patente." Rispose ghignando. Anche se la risposta che davvero avrebbe voluto darle restava nell’intimo della sua cattiva coscienza.

E’ un mistero ragazzina dal cervello spongiforme, certo non ci farei bella figura neppure se mi vedesse adesso in vostra compagnia!

Il mordente di tale riflessione non mutò la sua aria amabile, la sua intolleranza piuttosto si manifestava da un gesto secondario. Infatti aveva preso a giocherellare con un lembo del foulard che portava al collo. Era un acquisto recente e neppure troppo in linea con il suo modo usuale di abbigliarsi. Restava il fatto che il colore rosso vivo di quel fazzoletto aveva attirato il suo sguardo non appena l’aveva notato adagiato su quella bancarella in mezzo al mercatino del sabato sulla Rambla.

Era roja sangre, un rosso sanguigno, in netta contrapposizione con l’azzurro che la stava ossessionando. Così, portando addosso quella tinta forte, che surclassava con violenza quel colore lieve, delicato, s’illudeva che potesse fungerle da scudo. E in ogni caso pensava le regalasse un discreto tocco d’eccentricità. Ovvio, portarlo più che altro era un gesto di stravaganza da parte sua. Questa storia del rosso e dell’azzurro non era che una gran puttanata! Perché doveva sempre cercare una ragione intrinseca che non fosse quella che appariva all’evidenza? Era un vezzo, nient’altro che un vezzo.

Vero Haruka ? Certo Haruka!

Sì , ma intanto , che diavolo ci faccio qui a perdere tempo con queste cretine?

Si chiese dubbiosa ancora una volta in preda alla noia più profonda. Sembrava che dal suo ritorno l’uggia fosse diventata una costante nella sua vita. E accidenti era rientrata appena da quarantott’ore! Due giorni passati nel tedio assoluto e con l’impressione che nulla potesse appagarla. Se accendeva la tv non faceva altro che saltare di canale in canale alla ricerca non si sa di che, presa da impulsi di zapping frenetico. E, da velocista qual’era in tutte le manifestazioni del suo essere, era riuscita a mettere il record su giro persino col telecomando. Novantanove canali in trentatre secondi netti, una media invidiabile.

E se provava ad abbandonarsi mettendo su un cd di musica rilassante, magari allo scopo di fare un po’ di yoga, sentiva invaderla non il relax , bensì qualcosa di molto più vicino alla depressione. E provare a svuotare la mente da tutti i pensieri non faceva altro che lasciare campo libero ad uno solo, quello che più d’ogni altro voleva evitare.

Forse immergersi nella lettura d’un libro sarebbe stato un modo utile per staccare la spina e impegnare il cervello in altre divagazioni. Ma non appena iniziava a leggere, invece di lasciarsi coinvolgere dalla trama, si perdeva in assonanze, allusioni e considerazioni e si trovava nuovamente al punto di partenza. Ci aveva provato più di una volta con la cultura letteraria, una di troppo in effetti, tanto che l’incolpevole libro si era trovato a diventare oggetto aerodinamico e volare attraverso la stanza fino ad atterrare scompostamente sul pavimento. Ed era stata la fine dei possibili svaghi intellettivi.

Cambiando totalmente genere, era palese che una bella corsa in moto sarebbe stata l’ideale. Purtroppo però le strade ghiacciate non erano adatte al fine di schizzare ad una velocità tale da disperdere il malumore. E non era tanto il timore di rompersi l’osso del collo a frenarla, quanto una specifica clausola del suo contratto che la vincolava ad essere in buona salute e perfette condizioni fisiche per tutta la durata dello stesso. Una visone ottimistica delle cose, non c’era proprio che dire! Quel documento era una sorta di talismano contro le malattie e le eventuali iatture. A dare retta a quel pezzo di carta avrebbe dovuto avere un’immunità da supereroe!

Ad aumentare ulteriormente la sua frustrazione poi c’era la consapevolezza di non poter usufruire della panacea che sempre aveva alleviato i suoi dispiaceri, ovvero l’uso indiscriminato del fitness. Il centro sportivo dove si stava allenando con i suoi istruttori era chiuso per ferie, non poteva andare in un’altra palestra per timore di essere scoperta e nevicava troppo per fare jogging . E la cosa assurda era che il suo appartamento era tanto grande da poter adeguatamente attrezzare una delle tre stanze vuote con bilancieri, tapis roulant, bike e tutto l’ambaradan per chiudersi lì dentro e sudare sgobbando come si deve. Peccato però che, per il momento almeno, non aveva avuto ancora il tempo di realizzare questo progetto che potesse fungerle da terapia d’urto.

"Che palle, che palle dalla circonferenza spropositata! Ma perché ‘ste galline non chiudono la bocca una volta per tutte e non ascoltano per un po’ la bellezza della quiete?"

Si domandò tamburellando nervosamente le magre dita sul piano del tavolo. Al che il suo uditorio, notando quel gesto d’impazienza, unito al mutismo nel quale Haruka si era trincerata, giacché era da parecchio che non stava più badando alla conversazione, finalmente le concesse l’assenza di rumori che tanto agognava. E, quando infine il silenzio divenne prolungato, facendosi notare persino dalla bionda che si era persa nella contemplazione del viavai della gente che passava al di là della vetrina, questa sembrò riscuotersi. Guardò la panoramica tutta dei volti che la fissavano interlocutori e capì che i diversivi spesso possono ritorcersi proprio contro chi li plasma a suo uso e consumo. Altresì comprese di non poterne proprio più e che se non avesse piantato immediatamente baracca e burattini avrebbe fatto uno sproposito.

"La compagnia è delle più gradevoli signore." Esordì reagendo a quello scrutinio indagatore cui il collettivo interrogativamente la gratificò e aggiunse: "Nonostante ciò per me è ora di andare."

Quindi si alzò e risoluta indossò il soprabito scuro, dopodiché abbandonò a passi spediti la scena, prima che quelle potessero tentare di trattenerla.

Dove andare? Con chi potersi svagare per un tempo sufficiente ad evadere quel maledetto stato d’animo che la stava consumando?

Beh Setsuna sarebbe stata la scelta privilegiata, nonché l’unica per la verità, ma nei suoi riguardi non si sentiva propriamente ben disposta. O per meglio dire, avvertiva che potesse essere il contrario. Di fatto riconosceva a pelle che tra loro c’era qualcosa in sospeso e con istinto remoto fiutava aria di tempesta. E non che avesse la coscienza propriamente candida a riguardo, sarebbe stato sufficiente enumerare tutte le chiamate alle quali non aveva risposto. Oppure ricordare che né aveva tentato di contattarla durante o dopo il suo viaggio. Vero che il suo comportamento era stato dettato dall’esigenza superiore cui doveva sottostare, ma sotto, sotto c’entrava anche quel tangibile timor di panico che la prendeva non appena pensava di farlo.

Vero Haruka ? Certo Haruka!

E come negarlo ? Setsuna la conosceva fin troppo bene e avrebbe affondato il bisturi della sua logica stringente con chirurgica precisione nel suo animo agitato. Il che non era una prospettiva allettante. E il sentirsi ripetere, con quel suo modo serafico e disarmante quello che dentro di sé sapeva già, non poteva che appesantire la situazione.

Vero Haruka ? Certo Haruka!

Mica è detto Haruka... Setsuna saprà solo quello che vorrai dirle, in pratica poco, anzi niente! Sarà pure una dalle intuizioni fulminanti, ma finché non sei tu stessa a tirare in ballo l’argomento, lei che ne può sapere?

Il che non era un dettaglio trascurabile. Inoltre aveva voglia di rivederla , in un certo senso la mancanza del conforto della sua presenza le pesava. Inoltre in definitiva, l’incontrarla poteva essere un bene. Nella peggiore delle ipotesi, se pure l’avesse messa con le spalle al muro facendole sputare fuori tutta la faccenda, beh da che mondo è mondo è esattamente nell’affrontarle che si vincono le paure. O no ? E quanto a questo lei non era certo il tipo che si tirava indietro.

"In fin dei conti che ho da perdere? E questa è anche l’occasione giusta per fare gli auguri a tutta la famiglia. Ma sì, vada per Setsuna." Si decise da ultimo e con un’alzata di spalle prese la strada che portava verso la metropolitana.

Ma se Haruka aveva contato sull’effetto cuscinetto rappresentato dai genitori dell’amica, presto dovette ricredersi, infatti Setsuna quel pomeriggio era sola in casa. E , quando se ritrovò inaspettatamente innanzi sul vano della porta, come se niente fosse, la sua faccia divenne qualcosa da ricordare. Fu un florilegio di espressioni tratte direttamente dall’antologia globale dell’incazzatura postmoderna. Ché l’imperturbabile Setsuna , davanti alla faccia di bronzo che Haruka le stava esibendo, una volta tanto si lasciò andare all’iracondia.

"Guarda, guarda che ha portato il gatto! Incredibile, accidenti t’avevo data per defunta ormai ed è un vero peccato che mi sia sbagliata Haru. A quanto pare il mio è stato uno spreco balordo di danaro, poiché avevo già comprato gl’incensi e l’altarino!"

E la bionda, sebbene consapevole di essere nel torto marcio, non riuscì a reprimere un ghigno tra l’impacciato e il divertito, poiché trovava la rabbia dell’amica, e la satira corrosiva con cui la stava esternando, irresistibilmente esilarante. Cosa che fece aumentare notevolmente il dispetto dell’altra. Il menefreghismo di Haruka stava andando oltre ogni confine sopportabile.

"Puoi riciclarli come regali di natale, effettivamente è un dono perfetto per un amante del macabro. E se proprio non ne trovi uno, dalli a me. Li conserverei comunque quali testimonianze della tua devozione. Ad ogni modo, posso accomodarmi o mi lasci sulla soglia come un venditore di enciclopedie?"

Chiese scostandola e facendosi avanti senza tanti complimenti fino a fermarsi nell’ingresso.

"E perdere l’irripetibile occasione di strigliarti come ti meriti? Accomodati pure, siedi, bevi qualcosa o passiamo direttamente al piatto forte?" Propose Setsuna prendendole il cappotto e precedendola in soggiorno.

"Visto che pare tu ce l’abbia nel gozzo da parecchio, direi che è meglio che lo butti fuori subito cara." Propose spaparanzandosi a gambe larghe sul divano e intanto che aspettava l’esordio dell’altra si guardava intorno indolente , come a cercare eventuali cambiamenti avvenuti dall’ultima volta che era stata lì.

"Dì un po’ Haru, lo stai facendo apposta a fare la strafottente, oppure pensi che anche con me valga la regola dell’attacco al fine della difesa?" Domandò Setsuna tirando la prima bordata a salve, il che voleva dire che lo fece con calma simulata.

"Mh, chi bastona per primo bastona due volte!" Spiritosamente la bionda evitò il suo attacco e scoppiò in una risata che fece vedere rosso alla ragazza famosa per la sua proverbiale compostezza.

"Sei detestabile, anzi peggio!" Affermò parandosi mani sui fianchi di fronte all’altra. "Non solo ti presenti qui all’improvviso sbucando fuori dal nulla, ma non fai neppure un gesto che palesi un minimo di mortificazione per quel che hai fatto! Sparisci per mesi, senza una notizia, non un cenno, un accidenti di fil di fumo, e poi te ne vieni ben bella come se niente fosse. Avendo persino la stramaledetta pretesa che tutto sia perdonabile davanti a quel tuo ghigno da impunita sfacciata!"

Sacrosanto discorso, perfetto in tutti i suoi crismi. Se Haruka avesse potuto avrebbe gratificato l’amica di un battimani, perché si riconosceva in pieno nella descrizione udita. Purtroppo la situazione lo vietava, quindi cercò d’essere conciliante.

"Tutto vero, hai ragione sono inscusabile, ma che vuoi fare? Anche se la porti a cassazione quel che è fatto è fatto. Per cui, se intendi ascoltare le mie ragioni sarò ben felice d’illustrartele, in caso contrario non saltarmi alla gola in questo modo. Non è da te e mi chiedo che diavolo ti stia prendendo."

Setsuna per contro rimase stupita dalla facilità con la quale Haruka stava venendo al punto. Di regola ci volevano ore ed ore di discussioni con lei per farle intendere ragione ed indurla a chiarirsi. Oltre al fatto che le sue scuse erano rare e dalla prolungata gestazione.

Si chiese da quale argomento stesse sviandola e , notando le unghie rosicate fino alla carne viva e l’aria insofferente che tentava di celare, comprese. Trionfante capì il gioco al quale l’amica stava giocando e , come un cane da pastore con il gregge, prese tutt’altra direzione per spingerla al recinto.

Ecco che avrebbe fatto, un introduzione andante, continuazione del movimento lieve, seconda battuta in crescendo, arresto, rullo di tamburi, sarabanda e infine concerto grosso! Michiru non avrebbe saputo eseguire sinfonia migliore al suo posto!

Per cui sorrise amabile alla bionda e si mostrò disponibile al dialogo. Inoltre le premeva davvero sapere.

"Il problema è che tu la passi liscia troppo frequentemente e questo ti ha dato l’errata convinzione di poter fare del libero arbitrio uno strumento d’assoluto individualismo. Comunque, spiegati, avrò ben il diritto di sapere, dopodiché però amica mia preparati, poiché ho parecchie cose da dirti."

"Sarà un piacere." Replicò ignara della trappola in cui si stava mettendo.

Così Haruka le riportò tutti gli avvenimenti che avevano preso il via da quando aveva cominciato la sua recita nei panni di Tenou lo studente playboy, Tenou il corridore dall’avvenire luminoso e Tenou la cui faccia presto avrebbe fatto mostra di sé su parecchi cartelloni pubblicitari.

Setsuna ascoltò mettendo momentaneamente da parte il suo piano. Inoltre la cosa la stava coinvolgendo più di quel che avesse potuto immaginare. Tant’è che stava facendole svariate domande, dirette nella loro incisività a tentare di trovare un anello debole in quella catena di frottole che via, via diventava sempre più grossa e inverosimile. Allo stesso tempo però doveva ammettere che quello di Haruka era un progetto ben congegnato e che, se c’era una persona in grado di portarlo a termine brillantemente nonostante tutto, quella era proprio lei. In effetti era completamente a suo agio nella parte in cui stava recitando e, se non l’avesse conosciuta affatto, vedendola per la prima volta non avrebbe mai sospettato che sotto quei panni potesse esserci una donna. Magari l’avrebbe presa per un ragazzo marcatamente efebico, ma mai per una donzella. E la cosa più incredibile era che riusciva ad essere così mascolina che non si aveva neppure il dubbio che potesse essere un giovanotto effeminato, malgrado il volto imberbe e i tratti snelli. Un dannato dandy, ecco cos’era!

"E non avresti potuto parlarmene fin dall’inizio?" Chiese ragionevole, incrociando le braccia e fissandola di sghimbescio, quando l’altra ebbe concluso.

"Sì, avrei dovuto l’ammetto. Ma la decisione vera e propria è stata presa in modo così repentino che mi ha preso la mano. Dopodiché non c’è stato tempo di fare alcunché."

Fece una pausa e davanti allo scetticismo palese della sua interlocutrice tentò di riguadagnare terreno. "Lo so che come scusa è zoppicante, ma è la solenne verità. Comunque, prima di partire alla volta delle iberiche sponde, sono passata a trovare tuo padre e gli ho illustrato tutto il progetto. Ti dirò, era perplesso, ma non mi ha fatto difficoltà quando gli ho chiarito i miei punti di vista. E non solo, quale mio avvocato, ha provveduto alla modifica di alcuni documenti senza i quali avrei fatta ben poca strada."

Setsuna scosse la testa ghignando a dispetto di sé stessa, suo padre si era fatto infinocchiare di nuovo da quella furbastra!

"Se fosse per lui Haru, darebbe il suo assenso a qualsiasi tua bravata. Stravede per te e tu ne approfitti senza alcun ritegno!"

"Adesso mica mi diventerai gelosa?" Chiese senza neppure tentare di celare la soddisfazione. Che sollievo! Setsuna non solo si era calmata, ma stava discorrendo con lei come se nulla fosse accaduto e per di più non avevano affatto menzionato quella là. Meglio di così non poteva davvero andarle!

"E dai Suna, se avessi potuto arrivare dove volevo senza ‘sta carnevalata credi che non l’avrei fatto? Ma non avevo scelta, per cui vedi di farla corta, ho sbagliato, chiedo venia , perdonami su!" L’esortò sbattendo le ciglia a mo’ d’ingenua verginella, cosa che provocò l’aperta risata dell’altra.

Oh Haruka , ormai è tanta la tua presunzione che credi di abbindolarmi così facilmente? Hai così poca considerazione di me? Eppure dovresti ricordare che su me il tuo fascino ha presa scivolosa!

"Ma che contaballe che sei! Tu ci stai sguazzando in questa messinscena, e qualunque cosa tu dica o faccia per convincermi del contrario è del tutto inutile."

"Solo un pochino. Allora che si fa? Sono mondata dal mio terribile peccato?" Chiese pronunciando le ultime parole con toni terrei da savonarola .

"Riguardasse solo me, senz’altro." Affermò leggera, dopodiché la fissò di traverso e aggiunse: "Ma con Michiru come la metti?"

" Michiru?" Borbottò perdendo di colpo la sua aria allegra e inarcando un sopracciglio.

"Già Haru, Michiru. O vorresti darmi ad intendere che te ne sei già dimenticata?" La provocò vieppiù Setsuna, al che Haruka riguadagnò un tanto della sua apparenza distaccata e replicò come se poco gliene importasse.

"La memoria corta a volte può essere un bene inestimabile, ma non è questo il caso. Piuttosto mi chiedo cosa c’entri lei con te e di conseguenza con quello del quale stavamo discutendo."

Setsuna a questo punto decise di scoprire le proprie carte, altrimenti l’altra avrebbe cercato di defilarsi ed era maestra in tale tecnica.

"Sappi cara mia che, durante il tuo periodo di mutamento dal femminile al maschile, abbiamo avuto modo di conoscerci e frequentarci. Cosa che mi ha fatto scoprire in lei una persona dalle qualità inestimabili e dai sentimenti squisiti, il che non dovrebbe suonarti come una novità. Peccato che tutto questo quadro positivo sia macchiato da un’ingiustificata affezione nei tuoi riguardi. Ha di te una considerazione che non ne vale affatto la pena."

Haruka non replicò subito. Prima si alzò dal divano, ficcò le mani nelle tasche e iniziò a gironzolare per la stanza fino a fermarsi vicino ad una finestra dove si soffermò. Né si voltò quando infine si degnò di reagire.

"Fatti suoi in ogni caso, ma continuo a non capire dove vuoi andare a parare."

"Continui a fare l’indiana?" La provocò nuovamente Setsuna dando finalmente fiato ai tromboni. Le andò vicino e la voltò a forza fino a quando non furono faccia a faccia. Addirittura l’afferrò per i risvolti della giacca per non darle modo di sottrarsi.

"Bene, allora te lo dico chiaro e tondo. E ascoltami bene Haruka. Per me non c’è problema se ti spacci per quel che non sei, sono pronta a sostenerti in qualsiasi imbroglio ti possa essere d’aiuto per la tua carriera, perché non stai danneggiando nessuno. E non mi lamento se di punto in bianco sparisci e riappari come per magia , io lo so che torni. Io lo so che hai bisogno dei tuoi spazi e ti conosco abbastanza da accettare il tuo spiccato egocentrismo come parte integrante del tuo carattere, spendo che non lo fai allo scopo di ferire. Nel mio caso io lo so Haruka, ma lei no . Non lo concepisce né se l’immagina. E finché si tratta di darti una mano in quel che ritengo giusto, sarò sempre disponibile per te. Ma quel che le stai facendo non mi piace per niente e te lo dico a chiare lettere. Tu le stai facendo deliberatamente del male, ci stai godendo della sua sofferenza. Te ne nutri perché ti fa più forte. Mezza parola d’offesa non è sufficiente a giustificare il torto sproporzionato che le stai facendo. E la compiacenza che ci stai mettendo mi fa orrore. Tu non puoi sapere del suo strazio, non ne conosci neppure la metà! Quindi vedi di darti una regolata, piantala subito, perché sappi che non ti permetterò di continuare!"

Con fermezza Haruka afferrò i polsi dell’altra e allontanò le mani che ancora la tenevano, ma non le lasciò. Li tenne lì a metà tra loro e intanto fissava Setsuna con occhi di fuoco, mentre le nari le si dilatavano in un respiro pesante che testimoniava lo sforzo impiegato a contenere la furia che le dilagava dentro. Pure non le diede spiragli, era gelida e quando parlò lo fece con una calma polare.

"Commovente. Sul serio, è così commovente da rasentare il patetico Setsuna. Non ci hai messo molto a fare lega con quella e ad ammantarmi dei sentimenti più ignobili. Ma non credere, mi fa piacere che vi siate scoperte e trovate come due inestimabili perle in fondo al mare. Sicuramente godrete molto della reciproca compagnia, cosa della quale personalmente sono del tutto incapace. Del resto un’egocentrica come me ha milioni di aneddoti con i quali intrattenere sé stessa. Ergo non ho bisogno d’altro. Dici che le sto facendo deliberatamente del male. Non sai quanto sei lontana dalla verità, poiché se solo avessi voluto amica mia, adesso starebbe assai peggio! Quella è una debole e tu ne stai facendo una mia colpa!"

Setsuna non tentò neppure di divincolarsi da quella stretta ferrea. E alle parole di Haruka le fiorì sul volto un sorriso di derisione via, via più ampio. Era ora di dare il via al concerto grosso.

"Già Haruka, talmente debole che te la fai addosso dalla paura alla sola idea di rincontrarla, o mi sbaglio? Qua se c’è una che tra voi due è inerme, sei tu! Ti conosco da troppo tempo e ti ho visto schiacciare tanta gente per dubitarne. Stavolta sei sopraffatta ed è questa la leva che ti spinge a comportarti in modo così ignobile. Oltre all’insopportabile consapevolezza di sapere di esserle inferiore. Ti brucia, ti rode da morire ché lei sia la summa di quanto tu non potrai mai raggiungere, anche se smuovi mari e monti , anche se..."

"Ora basta! Chiudi il becco Setsuna sennò ..."

Sbraitò Haruka mollandole grossolanamente le braccia e allontanandosi rapida. Poiché sapeva che non sarebbe riuscita a dominarsi oltre. Ma Setsuna, a dispetto della propria incolumità, l’incalzò con veemenza, standole addosso con spietatezza.

"Altrimenti che Haruka? Mi stai avvertendo? E qual’è la minaccia, quella di togliermi la tua preziosa amicizia? Sai che danno! Ne posso fare completamente a meno. E per quanto tu faccia e intrighi , ne potrà fare presto a meno anche lei!"

Haruka strappò il soprabito dall’attaccapanni e ponendolo nel vano del braccio riguadagnò in soggiorno. Fissò per un minuto interminabile la figura al centro della stanza con un qualcosa negli occhi che molto somigliava al rimpianto. La delusione che sentiva era enorme, sproporzionata, pure non ne voleva fare sfoggio a quella che per anni aveva sinceramente creduta vicina. Non gliel’avrebbe data questa soddisfazione, a costo d’inghiottire lacrime di sangue!

"Sai cosa? Evitiamo di perdere altro tempo e facciamola finita subito. Ché francamente del tuo appoggio, per quel che vale, me ne sbatto le palle. Abbiamo chiuso Setsuna Meiou , divertiti con quella vestale dal culo stretto e buon pro ti faccia!"

Le augurò infine la bionda lasciando che l’ira finalmente l’accecasse. In quel momento avrebbe volentieri preso a schiaffi Setsuna e se non lo faceva era solo per rispetto verso i suoi genitori e verso sé stessa. Che quello sì che le sarebbe parso un gesto imperdonabile. Quanto a quella piccola intrigante dal volto d’angelo... millantava sofferenza? Ebbene gliene avrebbe data una prova tangibile, altro che le cazzate che andava raccontando! Le avrebbe dato un’ora di autentica, effettiva ed ineguagliabile angoscia della quale si sarebbe ricordata ogni minimo dettaglio finché campava!

Quanto a Setsuna rimase alla finestra a guardare l’amica che si allontanava. Aveva fatto quel che poteva, adesso toccava a loro. E non aveva timori di sorta, quando i nodi sarebbero venuti al pettine Haruka avrebbe capito. Ora era più importante indirizzarla nella direzione giusta.

"Bene Haru." Si disse appagata dal compito svolto. "Vediamo se sono stata capace di metterti sufficiente pepe al culo da andare ad affrontarla!"

 

 

 

   
 
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