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Autore: Snafu    23/08/2012    0 recensioni
You can have anything you want,
but you better not take it from me.
Amicizia, Amore, Sesso, Droga... want more?
Genere: Commedia, Demenziale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Duff McKagan, Izzy Stradlin, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Appetite for Destruction

Capitolo XIII - Rocket Queen. (Part II)

I see you standing...
standing on your own.
It’s such a lonely place for you...
for you to be.

Pioveva ancora. Da tre giorni non stava facendo altro che piovere. Un lampo nella stanza fece sussultare la ragazza sul lettino. Aprì gli occhi velocemente, cercando di abituarsi alla luce.
«Che cazzo avete tutti quanti da guardare?» furono le prime parole pronunciate da Audrey al suo risveglio. Non ci si poteva aspettare niente di più promettente.
«Il dottore gli aveva detto di non stressarti, ma spiegaglielo...» gridò Axl, dal fondo della stanza.
«Il dottore aveva anche detto che non potevamo entrare, ma tu hai insistito tanto perché volevi la poltrona in pelle e non le poltroncine del corridoio» precisò Kensy.
Il rossino la fulminò.
«Come ti senti?» tentò Adler.
«Come una che ha preso una trave in testa e poi ha fatto qualche piano di scale rotolando...»
«Beh, è quasi giusto.» confermò lui.
«È stato divertente:» affermò Slash «eravate dal lato del palco opposto al mio, così mi sono goduto la scena. Praticamente Izzy, Duff e di conseguenza anche Steven sono schizzati via dal palco e io e Axl siamo rimasti a guardare la scena, costretti a interrompere il concerto...»
«Sai, il tuo fidanzato ha dimostrato tutto l’amore che prova per te in queste ore» esordì Duff.
«Sì?» domandò Audrey incredula.
«Sì. Voleva farsi operare al posto tuo!»
«Amore... ma quanto sei dolce...» Audrey allungò un braccio per accarezzarlo in viso, nonostante i fili e le flebo la tenessero incollata al letto.
«Veramente aveva espresso quel desiderio solo per sentire com’era la morfina» considerò Kensy.
«Merda, mi hanno iniettato della morfina e me la sono persa? Che sfiga» si lamentò la ragazza «Mi piacerebbe entrare in dipendenza anche da quella!» esclamò.
«Beh, i dottori si sono un po’ lamentati dei tuoi esami tossicologici. Te ne parleranno, amica» la avvisò Slash «E prova a spiegarglielo che sei un’
eroina solo perché hai salvato la vita a Kensy... l’hai capito il gioco di parole?» sghignazzò tra sé. Nella stanza scese il silenzio e la temperatura si abbassò. Il chitarrista cercò di riprendere quota: «Comunque hai perso conoscenza per un po’... Steven ha provato a farti la respirazione bocca a bocca ma si è dimostrato un fallimento, quindi per sicurezza abbiamo fatto tutti un tentativo...»
«Davvero?» domandò Audrey ancora più dispiaciuta «Che sfiga del cavolo...»
«Aud!» gridò Adler.
«Ovviamente non è vero neanche questo. Hai davvero intenzione di berti tutte le stronzate che ti racconteranno per le prossime ore?» domandò Kensy.
«Non dovremmo essere noi a parlare» bofonchiò il bassista «direi che dovremmo lasciarvi sole...» Slash lo seguì mentre si avviava alla porta. «Popcorn? Izzy?» domandò il bassista «Capisco l’attaccamento, però, quando dico da sole, è da sole...»

If you need a shoulder,
or if you need a friend,
I’ll be here standing
until the bitter end.

Ci fu un iniziale momento di silenzio nella stanza. Le due non si guardarono, cercando di decidere chi dovesse parlare per prima solo affidando la cosa al caso.
«Senti io...» esordì Kensy.
«No, fai parlare me.» la pregò Audrey «Mi dispiace. Per tutto. Per la droga, per le sbronze, per la necessità di avere te come babysitter, per quella volta che ho dato fuoco alla pianta grassa di cui eri innamorata, per averti rotto la boccetta di smalto indaco, perché sì, te l’avevo rotta io, per aver rovesciato la mia tinta fai da te sul tuo vestito nero, per essermi fatta il tipo di cui eri invaghita. Giuro, mi dispiace. Il punto è che le mie scuse non bastano...»
«Quello che hai fatto basta, Aud...»
«Ferma. Io so che non basta. Non basterà mai. Perché non cambia quello che sono. Sono una persona che continuerà a drogarsi e a sbronzarsi, che continuerà a essere una squilibrata.»
«Tu sei colei che mi ha salvato la vita!»
«Ma non cambierò, lo capisci? Tra un mese potrei finire di nuovo a letto con il tuo fidanzato, chiunque esso sia e...»
«Non credo. Mi sembri presa da Steve, lo dico sul serio. Voi due state bene insieme, siete... matti.»
«No, Steve... mi ha lasciata. Credo che ora si comporti così perchè sono qui... poi sparirà. E tornare da Izzy è un attimo...»
«Ma poi
sta minchia, litigarsi per Izzy. Neanche fosse sto gran figo, o che trombasse da Dio, o che...» commentò Axl, ancora seduto comodamente in un angolo. Fu interrotto immediatamente da Kensy.
«A-Axl? Che ci fai qui?»
«L’hai detto anche tu che l’unica ragione della mia presenza in questo ospedale è questa poltroncina di pelle...»
«Fuori di qui!» strillò la ragazza dalle meches azzurre.
«...E poi che ne sai te di come tromba Izzy?» domandò Audrey preoccupata.

No one needs the sorrow!
No one needs the pain!
I hate to see you
walking out there...
out in the rain.

Quando Kensy uscì dalla stanza non trovò nessuno nel corridoio e lei stessa fu cacciata quasi brutalmente, visto che l’ora del passo era finita da un pezzo.
Izzy la stava aspettando fuori dalla struttura, sotto il portico, fumando una sigaretta.
«Com’è andata? Ho avuto una specie di visione in cui tu e lei vi abbracciavate in uno special di Carramba che Sorpresa condotto da Joe Elliott che sembrava una via di mezzo tra Renato Zero biondo e Raffaella Carrà.»
«Tu... tu stai male. Joe Elliott è bellissimo... e chi diavolo sono Renato Zero e Raffaella Carrà?» Izzy rispose facendo spallucce. «Devi disintossicarti, seriamente.»
«Parli bene tu. Devo registrare con i ragazzi. E tu te ne andrai a breve a Chicago. Mi spieghi come pensi che io riesca a disintossicarmi?» il chitarrista si sedette per terra, incurante dell’umidità e della pioggia, e soffiò via una grande quantità di fumo.
«Se pensi che ti abbandonerò solo perché me ne vado a Chicago ti sbagli di grosso. Io ci sarò sempre per te, anzi, ti dico una cosa. Devi venire con me, ma non per me, per te stesso, per il tuo bene.»

So don’t chastise me,
or think I, I mean you harm.

O
f those that take you 
Leave you strung out...
m
uch too far, baby, yeah!

Era notte all’ospedale. I ragazzi se n’erano andati, Kensy aveva promesso che sarebbe ritornata il giorno dopo. Audrey si sentiva sollevata: se fosse morta, forse qualcuno sarebbe andato al suo funerale o comunque l’avrebbero trovata prima che si decomponesse. Era un po’ preoccupata per la disintossicazione, vivere con Steven non avrebbe aiutato, ma forse questa eventualità non si sarebbe neanche presentata.
La spalla le faceva sempre meno male, quindi forse gli antidolorifici iniziavano a fare effetto. Spense la lucina sopra la sua testa e si sforzò di dormire. Passarono pochi minuti quando qualcuno si intrufolò nella stanza di soppiatto: la modella sgranò gli occhi terrorizza e per poco non cacciò un urlo.
«Shhhhh!» intimò Adler una volta che la ragazza ebbe acceso la luce e impugnato un vaso di fiori da lanciare contro di lui. Ormai quella disciplina era una delle cose che gli riuscivano meglio. Il batterista indossava un camice bianco per dissimulare.
«S-steven... mi hai quasi fatto venire un infarto, si può sapere che ti è saltato in mente?»
«Cerca di non farci scoprire, ho scavalcato tutta la sicurezza per intrufolarmi qui!»
«Ma sei matto?»
«No, e non sono neanche fatto, o ubriaco, sto bene e sono venuto qui, per te, quindi manifesta almeno un briciolo di felicità!»
«Sono felice, solo che sono anche sorpresa...»
«Oggi hai parlato con tutti tranne che con me, poi ci hanno cacciati e non sono stato buono a niente.»
«Beh, sai, passare da essere un’ombra ad avere sei persone al proprio capezzale, anzi... diciamo cinque visto che Axl si era dissociato... È un bel salto di qualità.» spiegò lei.
«Che emozione!» la prese in giro lui, sedendosi al suo fianco. «Non vedo l’ora di riportarti a casa, mi fai uno strano effetto su questo lettino...» confessò il ragazzo.
«Anche a me fa uno strano effetto, certo... è più comodo che addormentarsi con te ripiegato sulla mia schiena come succede di solito, ma dicono che al momento il problema principale sia la mia spalla e non la schiena. Sei poi mi strippa fuori un’ernia me lo ridicono... già che per questa mia ennesima cazzata chissà per quanto mi terrà ferma...»
Lui le fece l’occhiolino.
«Ci inventeremo qualcosa per ammazzare il tempo.»

Don't ever leave me,
say you'll always be there.
All I ever wanted
was for you
to know that I care.

«Senti, Steve, devo dirti una cosa importante...»
«Anch’io, ma parla prima tu.»
«Hai ragione, avevi ragione su tutto. Nutro sempre le speranze sbagliate. Probabilmente morirò giovane, di overdose o giù di lì, e non riuscirò ad uscire da questa cosa, ma, ci tenevo a dirtelo, vorrei che a quel punto ci fossi tu accanto a me. Ho capito che non m’importa niente del resto...»
Negli occhi di Adler, e forse nel suo cuore, si mosse qualcosa.
«Ho capito, signorina,» sorrise «adesso però basta chiacchiere, credo che sia arrivato il momento di un controllino!»


Izzy guardò Kensy dal basso verso l’alto. Gli trasmetteva una certa fiducia, aveva l’idea che lei si sarebbe realmente presa cura di lui. La mora si piegò sulle ginocchia, stando ben attenta alla lunghezza del vestito. Gli sorrise e mise la mano sulla sua.
«Pensaci, Izzy, pensaci bene. E se anche poi cambiassi idea io sarò sempre lì, hai capito?»
«Vorrei che fosse semplice prendere questa decisione, perché il mio cuore e la mia testa ora dicono sì a gran voce, ma so che presto cambierà tutto, che basterà un’altra dose a farmi dimenticare tutto. Non voglio farti promesse che non posso mantenere, cerca di capire.»
«Devi solo promettermi che ci proverai.»
«Ci proverò, insieme a te. Ma devi darmi tempo per dirlo ai ragazzi, per organizzarmi.»
Si guardarono. Si erano scambiati un promessa di fronte ad un ospedale in una giornata di pioggia inarrestabile. Kensy si drizzò in piedi e gli tese la mano.
«Abbiamo davanti tutta la vita.»


Steven si sollevò dalle coperte. Avrebbe voluto sdraiarsi: era stanco morto dopo quella performance memorabile, ma non c’era abbastanza spazio e rimanere sopra di lei non era una buona idea.
Si guardò intorno alla ricerca della famigerata poltrona che Axl tanto aveva amato, rendendosi conto che era proprio accanto a lui. Allora cercò di orientarsi all’interno della stanza, e si accorse che, probabilmente per le spinte, il letto si era progressivamente allontanato dalla sua posizione originale.
«Ma... noi come ci siamo arrivati quaggiù?»



> ndAutore:

Ebbene siamo giunti al termine di questa disavventura. Devo confessare che non credevo avrei trovato un escamotage per porre una fine questa strage, eppure ci sono riuscita :D visto che ci sono vorrei ringraziare la collega Baby che ha collaborato a questa delirante stesura, DM wife, Ormhaxan, Dazed e _Ramble_ per le loro recensioni e Jingle Bell Rock che ha inserito la storia tra le preferite :) Un ringraziamento va anche a tutti coloro che hanno inserito questa storia tra le seguite (nonostante lo scarso successo di commenti, devo dire che nel mio profilo questa è la fan fiction più seguita in assoluto!!). Son soddisfazioni.
Visto che nessuno leggerà questo capitolo ci terrei a fare un po’ di inutile pubblicità alla nuova collaborazione con Baby. Nel caso qui ci fosse qualcuno che ha un debole per MrDJAshba consiglio vivamente la lettura di quella che è indubbiamente la commedia d’amore più divertente che io abbia mai scritto (e soprattutto letto), in cui un certo chitarrista dei GNR è scritto da niente popò di meno che dalla collega _Havoc_. Ora essendo lei mia sorella per cognome e sangue, ci terrei a precisare che NON sfaterà il mito ‘CHITARRISTI + SGABUZZINI = TROUBLE.’ (vedi Cap. 1 – Welcome to the Jungle) :)
Ancora un saluto a tutti quanti, se avete bisogno di me, un mp al volo :D

C.




   
 
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