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Autore: Snafu    24/08/2012    3 recensioni
A chiunque creda nell'amore.
E magari nelle seconde possibilità.
Perché la notte fondamentalmente è il momento migliore per coltivarli entrambi.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brian May, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
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- Questa storia fa parte della serie 'The Made in Hell Series'
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When you’re screaming in the night

Capitolo XXI Then it ain’t so groovy when you’re screaming in the night.


Era notte.
Roger si sentiva in ansia.
Il piccolo gruppo si fermò alla prima tabaccheria sulla strada per fare rifornimento di sigarette. Immediatamente il batterista accese una delle sue preziose valvole di sfogo, fortuna che non era solo. Dominique lo guardava con una faccetta strana, quasi divertita. Per forza, non sapeva niente. Altrimenti col cavolo che l’avrebbe accompagnato. Anthea cercava di fare conversazione con Chrissie, senza molti risultati. Si misero in auto e viaggiarono per un buon quarto d'ora, fino a che non entrarono in un quartiere della classe media. Una serie infinita di vie parallele, tutte uguali, villetta e giardino, villetta e giardino, villetta e giardino. Quasi nauseante.
Taylor parcheggiò sotto un platano, vedendo in lontananza la biondina che si avviava a testa alta fino al piccolo cancello in legno, incastrato tra due siepi verdi tagliate da poco. Teneva per mano Robert che trotterellava dappertutto sotto gli occhi vigili di John, che sembrava non voler smettere di controllarlo.
Roger era stato avvertito, ma quando Anthea indicò soddisfatta il cognome che compariva sulla targa accanto al campanello, la lettura lo ferì come una coltellata in pieno petto, anzi, forse alle spalle.

Staffell.

La donna premette il pulsante e aprì la piccola barriera di legno senza farsi problemi, fino ad arrivare alla porta, dove fu il suo amico bassista ad aprirgli.
«Ciao!» esclamò, sospettosamente sorridente «Non vi aspettavamo così presto! Dorothy! Sono arrivati!» strillò, rivolgendo uno sguardo al soffitto.
La comitiva sfilò per entrare nell’atrio, imboccò un piccolo di corridoio da cui si dipartivano le scale per il piano superiore, e si affacciò sul salotto, non enorme, ma sufficiente per dare un posto a sedere a tutti.
«Roger!»
Il batterista, quasi spaventato, si voltò di scatto. Dalle scale si irradiò la voce familiare, che davvero troppe volte e nelle occasioni più disparate aveva pronunciato quel nome; riempì il corridoio, come se avesse voluto correre tanto lontana, mentre lui era ancora lì. I passi arcinoti in ogni piccolo scatto si mossero, dietro di lui, verso di lui. Lenti. Impacciati. La penombra ancora la celava, quindi l'uomo si fermò, spaventato dalla verità che poteva presentarsi ai suoi occhi.
Sarebbe stata esattamente come la ricordava?
Nei suoi sogni più divampanti di quando era ancora un ragazzino, quando sognava di averla, di sbatterla, dall’inconcretezza di quella dimensione al di fuori di ogni possibile previsione di tempo e di spazio fino ai fin troppo concreti abbracci madidi di passione durante le loro notti di fuoco e fiamme.
Nell’amore che li aveva legati da ragazzi, poi attorcigliati da adulti fino a condurli alla pazzia per ben due volte, a convincerli che era meglio lasciar perdere, che in realtà, quell’amore che credevano di provare, non era tagliato per loro, che la libertà era più importante.
Nel dolore della separazione, che li aveva resi ciechi sfruttatori di chiunque avesse potuto riempire il vuoto nel loro cuore.
Dorothy era esattamente come se la ricordava: folle, minuta, coi capelli lunghi e corvini che incorniciavano il viso di madreperla, dispiaciuto e un po’ triste, come quello del marito, e le iridi color nocciola racchiuse negli scrigni delle sue palpebre. Escluso il piccolo cerchietto d'oro siglato al suo dito e la pancia spropositata, che sosteneva con una mano, mentre usava l’altra per reggersi al corrimano.

Poteva, quello, cambiare le cose tra di loro?


Fine.


» - Can I go to Cath now? - No, you can’t.

Mi è sembrato carino concludere questo percorso oggi, nell’anniversario della pubblicazione del primo capitolo di Made in Hell. Alla fine la vita è un cerchio, credo che non sia mai stato così lampante che Tim e Dorothy, che erano insieme all’inizio delle cose, sarebbero stati insieme anche alla fine. Ho pensato che intitolare questa fan fiction con una citazione di Headlong, che è, fino a prova contraria, la canzone di Tim e Dot, avrebbe lasciato intravedere quello che era il finale, ma mi sono sbagliata.
Ho scritto questa fan fiction circa un anno fa, era più o meno settembre, io e MrB avevamo da poco finito la stesura di Made in Hell, o comunque non mancava molto.
Ricordo che in quel periodo ero in fissa con Don’t Cry dei GNR, adesso rileggo questi ultimi capitoli e trovo allusioni a quel testo che da allora non mi ha mai abbandonata, diventando anzi uno dei punti fermi che mi accompagnano ogni giorno. Credo che sia meraviglioso ritrovare delle tracce di quello che ti succede in quello che scrivi. Mi sento nostalgica, forse rileggerò i miei vecchi scritti.
Visto lo stato presente delle cose, dubito che oltre ad un altro paio di capitoli, ci saranno altre tracce soliste del mio percorso serio in questa sezione, quindi vorrei approfittarne per ringraziare di cuore alcuni di voi, in particolar modo MrB, naturalmente, come ho già detto, senza di lei Dorothy non sarebbe mai esistita, anzi visto che ci sono vi suggerisco di leggere anche il suo sequel di Made in Hell, che è il prequel di When you’re screaming in the Night (lol) – se volete drammaticità e scene strappalacrime, sapete che lei è il boss in sezione – e poi Deaks, Midori, Blue Drake, Sheer Heart Attack, la nuova arrivata Moonwalk e tutti coloro che mi hanno accompagnata, anche nell’ombra, fino alla fine di questo percorso.
Un saluto a tutti voi e i miei migliori auguri per i vostri progetti futuri.
Se avrete bisogno di me, un mp e via, sono sempre attiva anche se sparisco :)

-Mayhem (prima la Cath LOL)

   
 
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