Anime & Manga > Sailor Moon
Segui la storia  |       
Autore: Querthe    12/03/2007    5 recensioni
Le quattro Inner (senza Usagi) sono ormai abituate ai loro poteri e alla perdita dei loro Soldiers, credono di poter vivere una vita tranquilla, ma una persona che le conosce bene trama vendetta per sè e per altre.
E questo provocherà grossi guai, oltre a metterle di fronte a una versione distorta di loro stesse.
E' il seguito della storia "Per amore, solo per amore". Consiglio caldamente di leggere l'altra fanfiction, o ci capirete poco o nulla.
Prossimo capitolo 04/01/2016.
Genere: Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ami/Amy, Makoto/Morea, Minako/Marta, Rei/Rea
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Sailor soldiers'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
- Siamo sicure che la strada sia quella giusta?
- Minako, per la centesima volta da quando siamo salite in macchina, la strada è quella giusta! - sbuffò spazientita la donna dai capelli corvini, quasi alzando gli occhi al cielo. La maglietta bianca troppo grossa per lei e i pantaloni jeans sdruciti quasi contrastavano con i lineamenti delicati del viso, sebbene dopo un istante anche un osservatore casuale avrebbe capito che in realtà nascondevano un animo duro come il ferro.
Makoto ridacchiò senza togliere gli occhi dalla strada.
- E tu non ridere. Voi siete abituate a orientarvi, io ho già i miei problemi a girare per le metro…
- Comunque non è difficile. Bisogna solo seguire la strada fino alla baia di New Ozuma e quindi proseguire lungo la costa finché non ci segnalerà lei dove andare.
- Più facile di così… Ecco, dovremmo essere nella zona giusta. L’ultima volta ci ha contattato più o meno qui.
- Speriamo che non vi siate sbagliate. Se non fosse la strada giusta…
- Minako! - ringhiò Rei mentre i suoi occhi diventavano piccoli e ardenti.
- Va bene, va bene, siamo sulla strada giusta…
Il telefonino della bionda squillò.
- E’ lei. - disse seria rispondendo. - Ciao.
- Ciao. - ripetè la voce metallica di Ami. - Siete già arrivate. Tutte e tre. Sono contenta. Proseguite lungo la strada fino al ponte.
- Che ponte?
- Ne vedo uno poco più avanti… - mormorò Rei. - Ad un paio di chilometri da qui.
- Io non vedo nulla…
- Quando avrai i miei occhi, Mako, lo vedrai anche tu.
- Dopo il ponte cosa facciamo?
- Parcheggiate nella casupola che vedrete vicino alla riva sulla sinistra. E’ un costrutto che ho creato appositamente. La macchina sarà al sicuro e nessuno noterà la sua presenza per giorni e giorni. Il resto lo sapete benissimo. Trasmissione chiusa. Il telefono mostrò che la conversazione era terminata.
- La odio quando crede di essere in un film di azione! - borbottò la bionda. - Adesso manca solo che il telefonino mi dica che si autodistruggerà in dieci secondi…
Le tre risero, tentando di non far trapelare che ognuna aveva dei pensieri cupi in testa. Makoto non poteva dimenticare la sensazione di gioia e assieme di profonda tristezza che le aveva provocato la trasmissione del segnale da Jupiter. Rei non aveva mai trovato simpatica Setsuna, ma anche l’ultimo annuncio che aveva mandato loro tempo prima era stato fin troppo chiaro, e ora c’era il forte rischio che la minaccia palesata si fosse trasformata in realtà. Un’orribile realtà che lei doveva eliminare dalla faccia della Terra. E della Luna. Minako era forse quella che soffriva di più. Aveva visto morire o disfarsi le persone e le cose a cui più teneva, e la sua mente di dottore odiava ricordare come Venus si fosse spento su sua richiesta e di come Mamoru e Usagi fossero morti davanti ai suoi occhi. Ora l’omicida che aveva provocato tutto quello era di nuovo viva. Si vergognava, come medico non doveva pensare una cosa del genere, ma in quel momento la voleva di nuovo morta. Possibilmente per sempre.
- Siamo arrivate. - annunciò la bruna spegnendo la macchina.
Erano in una sorta di piccolo garage di lamiere ondulate, abbastanza grande per permettere di aprire le portiere completamente da entrambe le parti della autovettura e profondo quello che bastava. A parte l’entrata che si stava richiudendo automaticamente alle loro spalle, non sembravano esserci altre vie di uscita.
- E ora?
- Come le altre volte, Rei. Aspettiamo.
- Io non sono paziente come te, Mako. E non amo gli spazi chiusi.
- Per quello nemmeno le scarpe. Guarda come hai conciato quelle da ginnastica che ti avevo dato. Erano le uniche sane che avevo… - le rispose lei, puntando il dito sulle calzature, da cui uscivano gli artigli acuminati della donna.
- Scusa… - mormorò imbarazzata Rei, ritrasformando i piedi. - Credo sia l’abitudine…
- Non ti preoccupare. Tanto Minako può aggiustarle, no?
- Nessun problema. Ma direi che prima dovremmo trovare la maniera di arrivare da Ami. Iniziamo a cercare se per caso c’è una leva da qualche parte come l’ultima v…
Non potè finire la frase, inghiottita come le amiche nel terreno, che si era trasformato in una melassa fredda e viscida.
- Nanomacchine! - Gridò Rei prima di finire sommersa come le altre due.
Il terreno si richiuse e riprese la densità e la durezza che aveva in precedenza, mentre le tre donne atterravano pochi metri sotto la superficie, in una stanza buia dal pavimento metallico. Un corridoio partiva davanti a loro, leggermente illuminato da tenui neon.
- Ami! Ami! Dove sei? - urlò Makoto, le mani vicino alla bocca per simulare un megafono.
Nessuna risposta.
- Ami! Se questo è uno scherzo, è di pessimo gusto…
- Rei… Ami non scherza mai. Non ne è capace. E’ diventata una macchina. Totalmente. Se non risponde c’è qualcosa che non va.
- Bene. Proprio quello che ci voleva. Siamo da qualche parte sottoterra e la nostra amica che doveva aiutarci non c’è.
- Zitte! - sibilò a bassa voce la bruna. - Non sentite nulla?
Rei alzò gli occhi e il naso nell’aria. Inspirò profondamente, abbassando le palpebre. Inspirò di nuovo.
- Tre cose in movimento. Non sento nessun battito. Non sono umani, o animali. Il rumore che hai sentito, Mako, è metallo contro metallo. Probabilmente cyborgs…
- Ancora. Setsuna non si è ancora stancata di tirarci addosso quei cadaveri rianimati con le sue schizoidi alterazioni cibernetiche?
- Sembrerebbe di no. Ma lo strano è che abbia il controllo sulle nanomacchine di Ami.
- Questo vuol dire solo una cosa… - borbottò Mako, mentre il suo corpo si ispessiva, distruggendo in vari punti i vestiti, la sua pelle sostituita da una corazza nera venata di viola e di verde cupo. Il suo volto si coprì con una sorta di elmo senza fessure, facendola assomigliare ad un essere uscito da un film di fantasia,
- Già. – annuì Rei, mentre anche lei si trasformava, stracciando in più punti la maglietta i pantaloni che aveva addosso. – Ami ha perso. E quindi quella che abbiamo sentito al telefono non era certo la nostra amica.
- Bene… - sospirò sconsolata Minako, le sei catene di energia dorata ad ondeggiare dietro di lei come strane ed affascinanti ali. – La vendicheremo. Dovrebbero quasi essere da noi.
Come in risposta all’affermazione, delle ombre deformi si fecero strada sulle pareti del corridoio, seguite dai proprietari.
- Cazzo! – ringhiò l’essere dall’esoscheletro rosso, arretrando involontariamente di un passo, lasciando deboli solchi nella lamiera, che subito si riparò, come il resto dell’ambiente formata da minuscoli robot chiamati naniti, gli stessi che avevano trasformato anni prima quattro soldatesse in altrettanti esseri straordinari, ognuno reso il suo desiderio più nascosto. – Ditemi che è uno scherzo.
- Non credo, o io ho perso il senso dell’umorismo. – tentò di essere spiritosa la bruna, ma la sua voce tradiva tutta l’emozione mista a paura che la vista dei nemici le aveva provocato, la stessa sensazione che anche l’altra donna stava provando, confermata dal debole tremolio delle catene sulla sua schiena.
I tre esseri meccanici, dalle dimensioni circa doppie rispetto ad un essere umano, si fermarono appena dopo essere entrati nella stanza. Un grosso toro verde, uno zampettante corvo nero e un aggraziato gatto bianco li stavano osservando con i loro occhi meccanici, freddi, ma allo stesso tempo ricchi di vita, come di emozioni. Erano realizzati interamente con acciaio, plastica e pezzi elettronici, senza presentare quell’oscena sovrapposizione e accostamento di membra organiche e arti artificiali che ben avevano imparato a conoscere da quando stavano combattendo contro la dottoressa che si era incaricata di essere madre e vendicatrice del loro comandante Chibiusa.
- Sembra che questa volta abbia voluto giocare pesante… Addirittura metterci contro dei robot che assomigliano in qualche modo ai nostri vecchi Soldiers. Peccato che non abbia ricordato esattamente le forme esatte.
- L’ho fatto di proposito, cara Rei. – disse la voce monotona della loro amica, mentre i tre animali meccanici si fermavano, spegnendosi come se qualcuno avesse scaricato loro le batterie.
- Ami?
- Affermativo, in metallo e silicio, se mi permettete di usare tale locuzione al posto dell’ormai poco consono “carne e ossa”. Non ci sono pericoli, e mi scuso per non aver risposto subito alla vostra richiesta di farmi sentire, ma il comandare tre costrutti nanitici multifunzione ha utilizzato la quasi totalità della mia potenza di calcolo. Ora che sono in posizione di stand-by posso parlare con voi.
- Costrutti… che? – chiese Minako, avvicinandosi alle macchine.
- Attenta, non sappiamo se Ami sia in sé o meno. Potrebbe essere sotto l’influsso di…
- Negativo. Il mio sistema operativo non è influenzato da nulla. I miei sistemi di diagnostica e di protezione in tempo reale sono perfettamente funzionanti. Il kernel è stabile e inviolato. Ma posso anche capire la titubanza che ti spinge a non fidarti di me, considerando di quanto può essere capace la nostra nemica. Se mi permettete, spostiamoci in una più comoda sala. Dopo tempo che non frequento nulla di anche vagamente umano tendo a dimenticare che necessitate ancora di certe comodità retaggio della nostra ormai defunta natura organica.
- Decisamente è Ami. Nessuno potrebbe dire con tanta disinvoltura cose così strane e assurde, prendendoci anche in giro poiché siamo rimaste umane…
- Solo esteriormente, Minako. Solo esteriormente, ti ricordo. - esclamò la voce di Ami, sempre proveniente dall’aria, come se la sua origine fossero vari altoparlanti disseminati nella stanza. - I vostri corpi non hanno più nulla di organico, essendo ormai solo costituiti da naniti. Lascio i tre costrutti qui, altrimenti non potrei parlare o agire finché non saranno legati a voi dal collegamento neurale ancora settato sui vecchi Soldiers.
- Scusa? Settato? Vecchi Soldiers?
- Esatto Makoto. Ognuna di noi controllava i Soldiers tramite un collegamento tra il sistema nervoso e i meccanismi dei Soldiers, un sistema a trasmissione neutrinica irrintracciabile, o quasi… Non più operativi i Soldiers, il sistema si è messo automaticamente in stand-by, ma esiste ancora, e tenta ad intervalli regolari di collegarsi. Sarà mio compito spostare il collegamento ormai inutilizzabile sui nuovi costrutti così come ho già fatto per me.
- Ma io ho sentito il mio Jupiter qualche giorno fa.
- Credo sia solo un riflesso. Un’interferenza dovuta a una tempesta tachionica proveniente da una lontana esplosione di alcuni miliardi di anni fa, probabilmente…
Qualcosa nella voce, seppure metallica e inespressiva dell’amica fece rabbrividire le tre mentre si spostavano lungo il corridoio, guidate da delle frecce luminose.
- Ami…
- Dimmi Rei?
- Dove sei tu esattamente? Intendo dire, fino all’ultima volta ci sei venuta ad accogliere personalmente, ma questa volta non ti abbiamo ancora visto.
- Sono cambiate alcune piccole cose da allora. Voi mi avete visto fin dall’inizio. Per l’esattezza state camminando sopra di me in questo momento.
- Sopra di te?
- Sì. Un mese fa mi sono fusa con il resto della base, ricostruendola secondo degli standard più sicuri. Io sono la base, e voi siete al mio interno.
- Molto rassicurante…
- Hai paura che ti possa fare del male, Minako?
- No, non era quello che intendevo, ma pensare di essere nello stomaco di una mia amica… Beh, non è la cosa più normale del mondo, no?
- Anche noi non lo siamo, ti rammento. Comunque ora siete arrivate. - disse lei, mentre una porta appariva come dal nulla nella parete di fronte a loro e si apriva. All’interno sembrava esserci un ultramoderno, eppure allo stesso tempo accogliente, salotto. - Entrate pure. Un mio simulacro vi raggiungerà entro dieci, nove, otto…
- Insomma in un attimo… - borbottò Rei annusando l’aria per abitudine mentre varcava la soglia. Si sedette su una confortevole poltrona di pelle sintetica nera, subito imitata dalle altre due.
- Come vi dicevo, eccomi, o meglio ecco un costrutto che mi rappresenterà durante questo colloquio e la vostra permanenza nella base. - disse la voce di Ami, questa volta proveniente dalla porta. La figura della loro amica era come se la ricordavano prima dell’incidente che aveva fatto di loro esseri oltre che umani. I capelli blu corti e dritti, lo sguardo attento, la figura minuta coperta solo da un ampio maglione e da dei jeans senza pretese. Ai piedi scarpe da ginnastica e sul naso dei piccoli occhialini da lettura. - Mi spiace avervi chiamato così d’urgenza, ma ho le prove che qualcosa di grosso sta accadendo.
- Setsuna e Chibiusa, hai detto…
- Esatto Mako. Se volete guardare questo filmato. Mi è arrivato ieri su una delle caselle di posta che in teoria non dovrebbero essere accessibili se non a voi.
Lo schermo del televisore a cristalli liquidi sul tavolino del salotto si accese e la faccia di Setsuna riempì lo schermo.
- Salve, Ami. Sono sicura che mentre guarderai questo filmato sarai già in caccia del server da cui è partito il tutto e tenterai di rintracciarmi. Ma ti dico già che è inutile. - Sorrise. - Da quando avete ucciso mia figlia, la mia adorata Chibiusa, vi odio più di quanto vi odiavo prima, e ora ho finalmente i mezzi per vendicarmi. Anzi, direi che ho i mezzi per far si che le vostre stesse vittime si vendichino. Avrete presto mie notizie, cari Desideri…
Lo schermo si spense.
- Cosa pensate volesse dire?
- Non ho dati a sufficienza, Minako. Aveva ragione, tentare di rintracciare l’origine del filmato è stato infruttuoso, ma ho analizzato il filmato, fotogramma per fotogramma, pixel per pixel, e forse ho un indizio.
- Ovvero? - mormorò Makoto
- So dove ha girato il filmato. - sorrise, uno dei rari sorrisi che si era permessa anche da umana.
- Dove? - chiese Rei.
- Dove tutto è iniziato…
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Sailor Moon / Vai alla pagina dell'autore: Querthe