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Autore: Lilyth    29/08/2012    0 recensioni
Questa è una storia.
Sì, ma non è la tipica storia; a meno che le tipiche storie non comprendano sangue, omicidio e refurtive da nascondere.
Consiglio ai deboli di cuore e ai moralisti incalliti di prendere questo libro di memorie, cospargerlo di alcol e dargli fuoco al centro della stanza, non è roba per loro.
Per chiunque altro voglia proseguire l’ardua lettura posso solo dire una cosa;
tutto ciò che leggerete è fottutamente e inesorabilmente vero.
Genere: Drammatico, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sangue, c’era sangue ovunque.
Entrai in cucina nauseata cercando di trovare la causa di quello schifo orripilante.
La trovai pochi secondi dopo e con voce piena gridai
< Clown! Cosa cazzo hai combinato! >
Si affacciò alla porta della cucina aspirando da un mozzicone di sigaretta ingiallito
< calmati Mc, è solo qualche schizzo di sangue >
Mi avvicinai a lui furiosa, strappai la cicca dalle sue labbra e gliela spensi sulla cintura
< qualche schizzo di sangue dici? Tu questo lo chiami schizzo? >
Scoppiò a ridere con voce roca
< per essere una killer professionista sei alquanto sensibile, mi sorprendi >
Lo guardai con disgusto. Per il resto della banda Clown era il mio compare, la canaglia che tutti definivano il mio migliore amico;
solo io sapevo quanto infido e lurido potesse essere quel bastardo.
< pulisci tutto prima che gli altri si sveglino e non voglio sapere altro >
Non riuscii ad uscire dalla porta che lo schifoso mi aveva preso per la mascella e accostato al muro
< fai poco la stronza Mcroy ed io e te andremo d’accordo ancora per anni >
Mi mollò sorridendo e fece finta di iniziare a pulire.
A stento riuscivo a sopportare il suo merdoso carattere da strozzino, ma quando osava mettermi le mani addosso il mio sforzo per trattenere i miei istinti omicidi era sublime.
Mi lasciai cadere sulla poltrona , il resto della famiglia non si era ancora svegliato, il che non mi sorprendeva più di tanto.
Sì, eravamo una famiglia ormai; una famiglia che lavora per un’altra famiglia o almeno ciò che resta di lei.
In tutto in casa eravamo in sei.
Oltre a me ed Andy Clown quelle luride quattro mura ospitavano Lucy Pisly (di mestiere truffatrice specializzata in raggiri bancari);
Aryhana già nominata, la ladruncola di casa che negli ultimi anni si era dedicata a colpi di alto genere;
Ves Cerok (giocatrice di poker, una faccia di bronzo e tanti assi nella manica)
E per finire ma non meno importante l’attuale compagno di Hana, Mark Coal un impavido piromane.
Di tanto in tanto la porta di casa si apriva per ospitare criminali di vario genere che volevano passare la notte senza incappare nella polizia, ma sostanzialmente eravamo sempre e solo noi.
 
Di solito problemi non ne avevamo, ma ultimamente la mala sorte era piombata su di noi come ferro su una calamita, e questa sorte avversa aveva un solo nome; Alexander Envy, l’ultimo erede della graziosa famiglia di maledetti per cui lavoravo da ormai 5 anni.
Quell’Alexander non si faceva odiare, era l’odio fatta persona.
Basso e tarchiato con un naso da porcello incorniciato da unti riccioli informi, pensando a lui il viscido era meno viscido del solito;
propinava a tutti incarichi malsani per la nostra carriera, incarichi che casualmente portavano all’autodistruzione del gruppo.
L’ultima a patirne era stata Ves; per colpa dei raggiri di quel porco riuscito male era quasi stata arrestata in un club di lusso per amanti del poker; a quanto pare il caro Alex si era casualmente dimenticato di avvisare Coal che sarebbe dovuto andarla a prendere entro mezzanotte, ossia prima che nel club iniziassero i controlli anti calunniatori.
Eravamo riusciti a farla franca solo perché personalmente la mia fiducia in quel cazzone è pari a 0, tanto che mi ero appostata insieme a Clown a pochi passi dal cancello.
Eravamo salvi, ma quella sera davanti a tutti avevo giurato una cosa;
Alexander Envy me l’avrebbe pagata e l’avrebbe fatto con la sua stessa vita.
 
   
 
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