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Autore: Iurin    29/08/2012    4 recensioni
Come ha iniziato il superbo Gilderoy Allock a pubblicare le "proprie" imprese? Come ha cominciato a truffare maghi e streghe, appropriandosi poi delle gesta eroiche compiute da altri?
Cosa è successo la prima, primissima volta?
Secondo Gilderoy, è stato il Destino a metterlo su quella strada. E allora perché lui avrebbe dovuto tirarsi indietro?
Genere: Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gilderoy Allock, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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E’ stato il Destino, in fin dei conti

 

“Cameriera?” Disse il ragazzo biondo, sbigottito, guardando la giovane bruna seduta di fronte a lui “Come sarebbe a dire… la cameriera? Ma non hai un minimo di ambizione?”
La bruna sbuffò, distogliendo lo sguardo dal suo interlocutore e posandolo sulla calda tazza di cioccolata bollente che aveva tra le mani.
Il biondo scosse la testa, prima di bere a sua volta dalla propria tazza, cercando di scaldarsi almeno un po’. La pioggia, quel pomeriggio, cadeva copiosa, quasi… tormentosa, ed aveva inzuppato i due ragazzi fin dentro le ossa, tanto che alla fine i due si erano sentiti costretti ad entrare in quel pub per evitare situazioni più spiacevoli.
Anche se non si poteva di certo dire che quel locale non fosse spiacevole.
L’arpa incantata.” Disse lui a voce forse un po’ troppo alta, riappoggiando la tazza sul tavolo piuttosto lercio e continuando a guardarsi intorno, cosa che già stava facendo da un po’ “Beh, un nome così, purtroppo, non rispecchia affatto l’interno di questo locale.”
“Che dici, ragazzo?” Tuonò però il corpulento oste da dietro il proprio bancone, lanciando una feroce occhiata nella direzione del biondo.
Quest’ultimo, a quelle parole, biascicò un ‘Niente’ abbastanza forte affinché fosse sentito e piegò le spalle in avanti, incurvandosi su se stesso come se in questo modo potesse diventare più piccolo e dare meno nell’occhio.
“E poi scusa, proprio tu mi parli di ambizione, Gilderoy?” Chiese allora Stephanie tornando al discorso momentaneamente interrotto.
“Scusa?” Domandò allora il ragazzo chiamato Gilderoy.
“Mi vieni a dire che fare la cameriera non è un lavoro adatto…”
“Perché non lo è, infatti.”
“…E poi tu invece fai il nullafacente tutto il giorno. O hai omesso di raccontarmi qualcosa?”
Gilderoy Allock e Stephanie Livingston – questi erano i nomi dei due ragazzi seduti a quel tavolo – si erano incontrati per caso quel giorno, in strada, ed avevano così deciso di fare qualche passo assieme. Certo, prima che l’acquazzone arrivasse.
Ma in ogni caso erano circa quattro anni che i due non si vedevano, dopo aver lasciato Hogwarts. Entrambi Corvonero, ma appartenenti a due anni diversi; per questo non si erano frequentati molto, alla Scuola di Magia, tanto che neanche loro si reputavano propriamente amici. Specie ora, dato che si erano rivisti per la prima volta dopo quattro lunghi anni.
“Ma come puoi dirlo, tu, se neanche mi conosci, in pratica?”
“Beh, me l’hai raccontato tu o sbaglio, che da quando hai lasciato Hogwarts non hai concluso molto?”
Gilderoy sbuffò, spostando lo sguardo lateralmente. Casualmente i suoi occhi si posarono ad un tavolo non molto distante, al quale notò due streghe che parlottavano tra di loro. Quando una di esse si accorse di lui, gli ammiccò, e Gilderoy allora spostò ancora lo sguardo, per soffermarsi, stavolta, su un uomo ubriaco.
Decise fosse meglio tornare a guardare definitivamente Stephanie, a quel punto.
“Non ho concluso molto” Rispose allora lui “perché non ho trovato nulla che fosse adatto a me. Ciò non toglie che io sia ambizioso, è ovvio!”
“E sentiamo, quale sarebbe la cosa più adatta a te?”
“Voglio diventare famoso. Quindi sto aspettando soltanto l’occasione giusta, e non è colpa mia se questa non mi si è ancora presentata!”
Stephanie si mise a ridere. “E credi che solo perché ho accettato un lavoro da cameriera non desideri qualcosa di più?”
“Beh, io non mi sarei abbassato ad accettarlo. Poi comparirà nel curriculum, no?”
Stephanie alzò gli occhi al cielo, rimanendo in silenzio.
La pioggia ticchettava ancora furiosa contro i vetri sporchi delle finestre.
“E come intendi diventare famoso, sentiamo.” Suggerì poi lei “Ho capito che a scuola eri il cercatore dei Corvonero, ma mica basta questo.”
“Lo so, certo. E comunque un cercatore deve essere brillante, tanto per la precisione, qualità che quindi non mi manca. In ogni caso mi inventerò qualcosa. La fama può arrivare dalle vie più nascoste e quando meno lo si aspetta.”
“Sempre che il diretto interessato si impegni nel cercarla!”
“E come la cercherei, se fossi occupato a fare il cameriere, per esempio?”
Stephanie lo guardò male, mentre Gilderoy, invece, le sorrise smagliante.
“Bah, Gilderoy, ti ho sempre reputato un ragazzo con quasi neanche un sentimento, e – non lo dico per offenderti – non riesco a cambiare idea. Io, comunque, me ne vado al bagno.” Fece allora lei, tagliando una conversazione che altrimenti sarebbe durata all’infinito e alzandosi subito in piedi.
“Qui?” Le disse Gilderoy “A tuo rischio e pericolo, cara.”
Stephanie sbuffò, e senza dir nulla si allontanò dal loro tavolo, per poi dirigersi – appunto – al bagno.
Gilderoy fece una smorfia nel pensare in che condizioni dovesse essere il bagno, in quel pub.
E poi, prima che potesse anche solo pensare di finire gli ultimi sorsi di cioccolata calda che erano rimasti nella sua tazza, qualcuno si sedette sulla sedia appena lasciata vuota da Stephanie.
All’inizio lui pensò che si trattasse della ragazza tornata celermente indietro, ma poi, invece, dovette ripensarci. Davanti a lui, infatti, si era appena seduto l’ubriaco che giusto poco prima aveva visto soltanto di sfuggita. Istintivamente Gilderoy spostò indietro la propria sedia.
“Non ti dispiace, vero, se mi siedo qui…?” Disse quello lì.
Parlava con una voce strascicata e niente affatto profumata. Sapeva di alcool e di sporcizia. E come se non bastasse sembrava che non si lavasse né denti né capelli da qualche… anno. Presumibilmente.
Che schifo.
Ma tanto Gilderoy neanche aveva risposto che già lui si era sistemato, posando rumorosamente il suo grosso boccale di birra sul tavolo.
“Mi piace guardare fuori dalla finestra, quando piove.” Continuò a parlare lui, guardando Gilderoy, come se volesse dare una spiegazione alla sua improvvisa comparsa.
Gilderoy, invece, stava proprio per alzarsi per andarsene da lì e magari aspettare Stephanie da un’altra parte, quando l’uomo cominciò a parlare di nuovo. E Gilderoy non aveva il coraggio di piantare in asso un ubriaco nel bel mezzo di una conversazione per di più iniziata proprio da lui. Si sapeva che sotto l’influenza dell’alcool gli uomini diventavano decisamente poco gestibili e molto, molto maleducati.
“Da dove vengo io non ha piovuto per parecchio tempo.” Stava infatti dicendo con la sua voce incerta “E ci sono stato per tre anni. E vivevo nella foresta. Un incubo. Ma sai… Ne è valsa proprio la pena, dato che ho salvato un’intera popolazione da un gruppo di Megere.”
Gilderoy, stavolta, sembrò leggermente più interessato.
Megere? E lei avrebbe scacciato…”
“Io non ho scacciato proprio nessuno, ragazzino, io ho sterminato quegliEsseri mangia-bambini.  È stata una faticaccia, tra appostamenti, e nottate in bianco, ma direi che ne è valsa la pena, no?”
E poi l’uomo mandò giù gran parte della birra presente nel suo enorme bicchiere.
“Tanto lo so che non mi credi.” Fece poi lui, guardando Gilderoy con la coda dell’occhio.
“Io…” Fece allora il ragazzo, leggermente allarmato “Io non…”
“Oh, non sei il primo.” Lo interruppe però il più grande dei due “Per questo ho scritto tutto qui.”
E detto questo l’uomo infilò la propria mano sotto la propria giacca, per poi estrarne un taccuino.
Anche se più che ad un taccuino assomigliava decisamente ad un libro, per grandezza e consistenza.
L’uomo aprì quel… quaderno, o qualsiasi cosa fosse, proprio sotto il naso di Gilderoy, che non poté fare a meno, a quel punto, di sporgersi leggermente in avanti per poter leggere qualcosa.
Ma lui lo richiuse prontamente con un tonfo.
“Qui dentro c’è tutto, ogni dettaglio e ogni pensiero di quel che ho fatto e di quel che è successo. Vedranno, poi, gli altri, se non mi crederanno!”
E ricominciò a bere.
Gilderoy si chiese perché diamine quell’uomo stesse raccontando quelle cose proprio al lui. Non si conoscevano, né si erano mai parlati in vita loro. Perché? Oh, beh, presumibilmente era l’effetto della birra a voler far parlare dei presunti eroi con dei perfetti sconosciuti.
E così, mentre l’uomo di fronte a Gilderoy beveva, calò di nuovo il silenzio, a quel tavolo.
Il rumore della pioggia sembrava aumentato di intensità, e nell’aria si espanse anche il borbottio famelico di più di un potente tuono. Pareva che la terra stesse tremando, sotto l’esplosione di quei tuoni.
Solo che… Poi però l’esplosione avvenne davvero.
Gilderoy non seppe, sul momento, cosa accadde, né si premunì di scoprirlo in futuro.
Semplicemente, all’improvviso, Gilderoy si ritrovò sbalzato dalla sedia, e rotolò sul pavimento; rimise a fuoco la sua visuale quando si accorse di trovarsi a terra, con la faccia rivolta al soffitto. Soffitto che, tra l’altro, adesso c’era per metà.
Intorno a lui, solo urla, prima che queste scomparissero velocemente in lontananza.
Doveva essere stato un fulmine di sicuro, pensò senza esserne sicuro, oppure la sbadataggine dell’oste nel non tenere ordinate le condutture di quel posto, ma fatto sta che quel soffitto era praticamente caduto sopra di loro. E non solo su di loro, in effetti.
Quando Gilderoy tentò di rimettersi in piedi sentì dolore intorno al collo e anche sul fondoschiena, ma quando cominciò a guardarsi intorno ciò passò necessariamente in secondo piano.
Le travi di legno che prima sorreggevano il tetto erano cadute, ed una di esse aveva colpito in pieno l’ubriaco; Gilderoy poteva vederne solo le gambe sbucare da sotto le poche macerie. Solo che poi si accorse che per terra, accanto a lui, si trovavano gli appunti di quel viaggiatore strampalato.
Gilderoy rimase praticamente immobile e con lo sguardo vitreo, mentre osservava la scena di fronte a sé, pensando.
Forse era quello, il magico colpo di fortuna di cui aveva bisogno, dopotutto…
“Ugh… Allock…”
Gilderoy sbatté per un paio di volte le palpebre, sentendosi chiamare, e poi si voltò. Quando individuò chi era che aveva appena parlato rimase di sasso: c’era Stephanie, dall’altra parte della stanza, anche lei sotto una trave di legno. Evidentemente era appena uscita dal bagno quando era scoppiato il tutto…
“…Aiutami.”
E poi, scricchiolii. Sinistri scricchiolii.
Gilderoy alzò gli occhi blu al cielo, le labbra leggermente dischiuse, verso il soffitto ormai integro per metà. Altri rumori gli fecero capire che di lì a qualche secondo sarebbe crollato anche ciò che rimaneva del legno pendente sopra la sua testa.
Doveva andarsene da lì immediatamente.
“Gilderoy…”
Il ragazzo biondo si voltò nuovamente, per guardare Stephanie ancora intrappolata sotto quelle travi. Aveva il viso sporco, e la macchia scura che Gilderoy riusciva a vedere da lì, sulla sua fronte, poteva benissimo essere sangue.
Poi però Gilderoy tornò a guardare il libro consunto che, se preso, avrebbe cambiato decisamente la sua monotona esistenza.
Non avrebbe più dovuto trovare una giustificazione per potersi alzare dal letto, ogni mattina, per cominciare un giorno pieno di nulla.
Avrebbe detto addio alla monotonia.
Avrebbe dato un senso alla sua intera vita.
Avrebbe avuto la gloria che Gilderoy stesso sentiva di meritarsi.
Ma era troppo distante.
Stephanie era troppo distante.
E quando Gilderoy sentì l’ultimo rumore proveniente dal tetto, il rumore che preannunciava la catastrofe, agì di istinto: si lanciò in avanti, afferrò il libro con una mano e poi si gettò contro la finestra, rompendola e poi cadendo rotolando sul terreno fangoso, mentre la costruzione cadeva su se stessa, entro i proprio stessi confini.
Gilderoy si alzò immediatamente in piedi, con lo sguardo fisso su quello che pochi minuti prima era un vecchio pub. Aveva il vestito nuovo tutto sporco di fango, e la pioggia, che ancora cadeva, gli appiccicava la terra ai capelli.
“Oh, per la testa di un Troll. Stai bene?” L’oste scorbutico era accanto a lui, e lo stava guardando con occhi preoccupati.
“Io… Sì, sto- sto bene.”
“Sei stato l’ultimo ad uscire? Non è che c’era qualcuno ancora dentro?”
“Io…”
Gilderoy spinse il libro contro il proprio petto, stringendolo tra le mani in un gesto possessivo, tanto che gli angoli della copertina sembrava che volessero bucargli la carne.
“Io credo che ci sia ancora una ragazza, lì sotto, ma non so se è ancora…” Disse poi, interrompendosi da solo.
L’espressione dell’oste fu indecifrabile, e il suo colorito divenne bianco quasi quanto la neve, prima che si precipitasse verso quelle che ormai erano solo macerie e cominciasse, aiutato da alcuni passanti che si erano fermati lì dopo il crollo, a smuoverle alla ricerca di qualcosa. O di qualcuno.
E poi, semplicemente, Gilderoy iniziò a fare dapprima qualche lento, piccolo passo indietro, stringendo il manoscritto tra le mani saldamente, e riparandolo dalla pioggia sotto la propria giacca, stavolta.
Infine cominciò davvero ad allontanarsi, a passi sempre più svelti. Doveva tornare a casa propria; doveva dare un vero senso a tutta quella giornata.
Era capitato in un modo un po’… triste, ma Gilderoy sapeva che non fosse colpa sua. Anche se fosse andato da Stephanie, d’altronde, chi poteva assicurargli che avrebbe potuto tirarla fuori di lì? Magari, se si fosse comportato così, sarebbe finito per morire lui stesso.
Invece così almeno uno di loro si era salvato.
Non era andata tanto male, allora, pensandoci razionalmente. Evidentemente era stato il Destino, a volerlo.
Così Gilderoy si avviò velocemente verso casa, cercando di non far rovinare dalla pioggia quello che sarebbe stato il suo primo successo. La sua prima impresa.
La fama, d’altronde, può arrivare dalle vie più nascoste e quando meno lo si aspetta.








Salve a tutti :)
Chi mi conosce sa che ultimamente mi sto interessando al personaggio di Gilderoy Allock, e così, invece di studiare come dovrei - accidenti a me - ho scritto questa one-shot, completamente senza pretese.
Volevo presentare un po' il personaggio di Allock, e ho cercato anche di infondergli un'aura un po'... sinistra. Spero di esserci riuscita.
Oh, non so se considerarlo IC, dato che è la prima volta che scrivo soltanto di lui. In più ho scritto di un Gilderoy non ancora famoso, quindi probabilmente le sue manie di protagonismo non erano così evidenti all'epoca, ecco perché non ho battuto molto su quel punto.
Insomma, aspetto i vostri pareri, sperando che almeno un po' questa breve fanfic vi sia piaciuta.
Alla prossima!
   
 
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