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Autore: _Marzia_    31/08/2012    4 recensioni
Nicole Scherzinger ha appena iniziato una carriera da cantante che la porterà lontano. Dopo il primo successo, si ritroverà a cantare un duetto con un cantante di cui non ha mai sentito parlare...
enunciò Franklin, presentandoci brevemente.
  disse, parlando per la prima volta.
Genere: Commedia, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando io e il Brunetto arrivammo alla casa discografica avevo già in mente tutto il pezzo che di lì a poco avrei dovuto cantare. Avevo anche pensato alle parole che avrei dovuto dire a Franklin per scusarmi della scenata di ieri. Il problema è che sembrava essersi volatilizzato: di solito mi accoglieva all’entrata con un “Ciao, Cole” e una carezza sulla spalla, ma in quel momento non c’era quasi nessuno anche nella sala principale.

«Che strano … » disse sottovoce Enrique, quasi stesse parlando a sé stesso.

«Già, di solito a quest’ora è pieno di gente, comunque è meglio se saliamo».

Ci dirigemmo insieme verso l’ascensore, e quando le porte si chiusero, calò un silenzio piuttosto pesante. Mi sentivo osservata, infatti vidi con la coda dell’occhio che Enrique mi stava rimirando dalla testa ai piedi.

«Perché mi guardi?».

Rispose dopo un minuto buono : «Sei molto bella … ».

Girai la testa e trovai uno sguardo così intenso da far venire un colpo al cuore. Cercando di non far trasparire troppo le mie emozioni, posai i miei occhi sui suoi. Mentre osservavo quel dolce color nocciola, mi sembrava che il petto si stesse lentamente scaldando. Passarono secondi , oppure minuti, non ne avevo idea, e persi l’uno nell’altra, mi accorsi per miracolo del momento in cui lentamente sollevò una mano e la posò con dolcezza sulla mia guancia. Tiepida, la consistenza morbida, chiusi leggermente gli occhi per goderne meglio il tocco. Ero completamente svuotata, sembrava che in quel momento non avessi peso, non riuscivo né a respirare né a muovermi. Poi con una calma disarmante avvicinò il suo volto al mio. Un piccolo meandro della mia mente mi stava urlando di allontanarmi subito, ma più lui diminuiva la distanza che ci separava, più quel suono si disperdeva.

Proprio in quell’istante si aprirono le porte dell’ascensore.

«SORPRESA!»

Tutti i miei colleghi di lavoro, Frank, Sabine, Lenny e Simon si erano riuniti in sala registrazione per farmi una sorpresa. Vedevo intorno a loro alcuni tavoli con dei buffet e tutti indossavano quei buffi cappelli di carta che di solito si usano alle feste di compleanno. Mi venne da ridere.

Poi il mio pensiero ritornò ad Enrique, e notai che eravamo ancora troppo vicini l’uno all’altro. Mi scostai repentinamente, sperando che nessuno avesse inteso quello era successo.

Mi gettai tra le braccia dei miei fratelloni, per ricambiare il loro entusiasmo.

Ma cosa diamine mi era successo?

Io non do baci ai ragazzi conosciuti da un giorno e mai ne ho dati. Neanche mi piace, pensai.

«Ma come vi è venuto in mente?» chiesi loro.

Cavolo. L’ho quasi baciato. Perché?

«Semplicemente volevamo brindare al tuo futuro, sorellina! E dopotutto ti meriti un po’ di riposo … ».

Mentre i battiti del cuore deceleravano, cercai di apparire il più disinvolta possibile.

«Grazie, vi adoro!» dissi abbracciandoli con amore.

Poi mi rivolsi a tutti: «Ragazzi, grazie mille per aver organizzato questo incontro. Ogni giorno lavorare con voi mi da gioie e soddisfazioni. Detto questo … ingozziamoci di sandwich!».

La folla che mi stava ascoltando rise di gusto, e poi si disperse per la stanza: ognuno iniziò a chiacchierare e divertirsi. Lenny e Simon non persero tempo, infatti corsero subito verso il buffet. Ho sempre pensato che fossero dei pozzi senza fondo, e ogni volta che l’occasione lo permetteva, questa mia teoria veniva confermata.

Mi guardai attorno: scorsi Enrique – di cui mi ero momentaneamente dimenticata - che parlava con un mio collega, e poi finalmente vidi Frank. Iniziai a farmi strada per raggiungerlo, e quando gli fui vicino gli dissi: «Frank, possiamo parlare?».

«Cole, so già cosa vuoi dirmi … tranquilla, per me è già tutto dimenticato» disse accarezzandomi la spalla.

«No, Frank. Voglio davvero scusarmi per come mi sono comportata, non ne avevo il diritto. Sono stata una stupida: io vi ho trattato da schifo, però siete stati così gentili da organizzarmi una festa. Mi sento talmente in imbarazzo … ».

«Nicole, nessuno ti sta giudicando. Noi ti vogliamo bene esattamente per come sei, e se dobbiamo dire tutta la verità, anch’io dovrei chiederti scusa: prometto che d’ora in poi cercherò di essere un miglior manager».

«Già lo sei … » e dicendo questo lo abbracciai con sincero affetto.

Ricambiò l’abbraccio e sul volto comparve un sorriso.

«Oggi non si lavora, riposati. Ci vediamo domani» dicendo così mi salutò.

«A domani» risposi, guardandolo allontanarsi. Nonostante avessi scambiato solo poche parole con Frank, quelle erano bastate a far volatilizzare il peso che mi gravava sullo stomaco.

Appena cercai di muovermi verso il piccolo bancone delle bibite, una mano mi si posò sulla spalla facendomi fermare.

«Sorellina!» esclamò Simon appena mi voltai.

«Hey ... » sorrisi. «E’ stata una tua idea, vero?»

«A cosa ti riferisci?» domandò con aria leggermente confusa.

«Sai a cosa mi riferisco» replicai, alzando un sopracciglio.

«Se parli di questa festicciola, ci ha pensato il tuo amichetto … » ribatté lui con un ghigno divertito.

Spalancai gli occhi, basita.

«Stai scherzando?» balbettai dopo qualche secondo.

«Affatto, perché dovrei?»

«Perché sei mio fratello e adori prendermi in giro» dissi con risolutezza, incrociando le braccia al petto.

Lui sbuffò.

«Dico sul serio!»

«Certo» risposi con sarcasmo. «E come faresti ad esserne così sicuro? Te l’ha detto lui?» chiesi.

«Certo che no. Me l’ha detto Lenny. Ieri ha sentito il Brunetto – come lo chiami tu – e Frank che ne parlavano insieme, sottovoce» spiegò lui.

«Siete incredibili» risposi ancora più sorpresa.

«Parli proprio tu, come se lui non ti piacesse» riprese, squadrandomi con il fare di chi la sa lunga.

«A cosa ti riferisci?»

«Sai a cosa mi riferisco»

Sospirai. «Lo conosco da un giorno» dissi semplicemente.

«E quindi?»

«E quindi non mi piace!» sbottai.

«Non fare la bugiarda. Prima stavate quasi per saltarvi addosso … »

Allora si era visto?

«Simon!» esclamai.

«Cole … » rispose con tono calmo.

Ero ancora a bocca aperta quando parlò di nuovo.

«Dai, scherzavo, ce ne siamo accorti solo io, Lenny, Carlos e Sabine … ».

«Carlos? Non l’ho visto … » dissi, mentre cercavo di alzarmi sulle punte dei piedi per riuscire a scorgerlo.

«Ci credo, appena ha visto Enrique se l’è filata» commentò alzando le spalle.

«Come sarebbe a dire che “se l’è filata?”» domandai, meravigliata di ciò che aveva appena detto.

«Non guardarmi in quel modo, io non so niente … » chiarì lui, alzando le mani.

Abbassai il viso, aggrottando le sopracciglia.

Perché Carlos era andato via appena aveva visto Enrique? Cercai di ragionarci su per qualche secondo, e ad un tratto capii. Mi ricordai del giorno prima, quando il mio bodyguard mi aveva riaccompagnata a casa. Mentre stavamo parlando gli accennai del fatto che dovessi cantare con il Brunetto, e senza dubbio, mi tornò alla mente quando si rabbuiò appena sentì il suo nome. Ora che ci penso, era come se si fosse rituffato in un lontano e doloroso ricordo. Non aveva voluto darmi spiegazioni, così decisi di lasciar perdere. Facendo rapidi collegamenti, iniziai a sospettare che Carlos conoscesse Enrique, e che forse non erano in così buoni rapporti.

Ma ci ripensai quasi subito.

Possibile che fosse successo qualcosa tra di loro, in precedenza?

No, certo che no. Come al solito stavo viaggiando troppo con la mente e avevo cominciato a immischiarmi in affari non miei. Ma anche se la situazione fosse stata veramente come l’avevo immaginata, non avrei di certo potuto mettermi in mezzo.

Lo squillo del cellulare mi ridestò dai miei pensieri.

Velocemente mi sfilai la borsa dalla spalla per rispondere in tempo alla chiamata. Quando vidi il nome sullo schermo, spalancai un po’ gli occhi, sorpresa che proprio il soggetto delle mie riflessioni mi stesse cercando. Premetti il tasto verde e appostai il cellulare all’orecchio.

«Hey! So che sei passato alla Interscope» dissi con pacatezza.

«Già, avrei voluto salutarti, ma sono dovuto scappare per un impegno … » rispose cercando di scusarsi.

«Nessun problema, davvero » lo rassicurai.

Attese un secondo, poi riprese: «Ti andrebbe se tra poco ti passassi a prendere? Avrei bisogno di parlarti» il suo tono era diventato improvvisamente più serio, tanto che ne rimasi abbastanza interdetta. Non era da lui.

«Ehm … certo» dissi semplicemente.

«Ci vediamo sotto tra una mezz’ora. A dopo, dolcezza» concluse, riprendendo la sua solita voce sardonica.

«A dopo, Carlos». Chiusi la telefonata alzando gli occhi al cielo. Forse mi stavo facendo veramente troppi problemi e non c’era nulla che non andasse.

«Non dirmi che ti vedi con lui … Lo sai com’è fatto, non perde occasione per starti vicino» disse Simon con un moto d’irritazione.

«E’ un bodyguard, non un maniaco, Simon» lo rimproverai.

«Non mi piace» sbottò seccato.

«Non deve piacere a te» risposi con fare ovvio.

Sbuffò ancora più pesantemente, per poi ricominciare: «Non mi va che ti dia fastidio, tutto qui».

Capendo ciò che gli frullava per l’ennesima volta nella testa, gli avvolsi il braccio e gli posai la testa sulla spalla.

«Non fare il geloso, ne abbiamo discusso un sacco di volte. Lui non mi piace, dico sul serio» gli parlai tranquillamente.

«Non sono geloso!» ribatté lui.

Per tutta risposta mi misi a ridere. All’inizio lui non ne fu molto compiaciuto, ma dopo gli spuntò un sorrisetto sulle labbra. Ogni volta era la stessa storia: quando finivamo per parlare di Carlos, emergeva la parte protettiva di Simon. Era adorabile, anche tenero quando si comportava così, ma a lungo andare era anche diventato paranoico. Lenny era molto peggio, ma non lo dava mai a vedere in mia presenza, quindi ringraziai mentalmente il fatto che non avesse assistito alla chiamata. Un istante dopo però rinunciai a quel briciolo di speranza, intuendo che Simon gli avrebbe riferito tutto più tardi.

Passai i successivi venti minuti chiacchierando con dei colleghi, tra cui Sabine. Mi comunicò che la settimana prossima ci sarebbe stata la prova generale per il duetto insieme ad Enrique, mentre tra all’incirca un mese, essendo la data precisa ancora da determinare, ci sarebbe stata la registrazione ufficiale del brano, quindi avrei avuto tutto il tempo e la calma per prepararmi alla perfezione. Ne fui molto sollevata, poiché detestavo fare le cose di fretta.

Dando una veloce occhiata all’orologio allacciato al polso, mi accorsi che era quasi passata mezz’ora da quando Carlos mi aveva chiamata, quindi salutai la vocalist, feci un cenno con la mano a Simon, che in quel momento stava divorando una fetta – più precisamente metà  – di una torta al limone, e mi infilai nell’ascensore che conduceva al piano principale.

Chiusa in quella stretta cabina, non potei fare a meno di ripensare a Enrique e al nostro “quasi bacio”. Non ero sicura che gli interessassi, d’altronde anche lui mi conosceva da poco più di un giorno, eppure mi aveva fatto un complimento, e il modo in cui mi guardava era davvero … strano, intenso sì, ma anche con qualcos’altro. Non lo so. Ad un tratto mi resi conto di essere abbastanza confusa al riguardo.

Assorta nelle mie elucubrazioni, saltai quando si aprirono le porte dell’ascensore. Misi un piede dietro l’altro, non veramente attenta a dove stessi camminando, tanto che per poco non andai a sbattere contro una persona. All’ultimo momento cercai di scostarmi, ma scontrai comunque la sua spalla con la sua.

Non feci neanche in tempo a sussurrare un “mi scusi”, dato che alzai lo sguardo e per poco non mi cadde la mascella. Anche lei ricambiò la mia espressione, ma venne subito sostituita da una maschera di disdegno.

Sbattei le palpebre, e dovetti aspettare un attimo prima di poter riassumere una facciata tranquilla.

«… Ciao» la salutai con il tono più piatto possibile.

Lei rispose senza preamboli, né un saluto: «Dov’è Enrique?».

«Credo si trovi al primo piano, stava parlando con dei colleghi l’ultima volta che l’ho visto» gli spiegai, questa volta con un tono un po’ più seccato a causa del suo comportamento. Avrei davvero voluto sapere cosa aveva quella donna contro di me.

Lei si accorse del mio cambiamento di voce e, se possibile, i suoi lineamenti divennero ancora più rigidi.

«Sarà meglio che lo chiami per farlo scendere. E’ in ritardo per l’appuntamento … » disse contrariata, mentre prendeva il cellulare dalla tasca dei pantaloni.

Oh. Allora Occhidiserpe era veramente la sua ragazza?

Probabilmente il mio volto riacquistò un po’ di stupore, forse misto a un pizzico di dispiacere, al sentire quell’affermazione, ma tentai di non far trasparire nessuna emozione. Pensai di tagliare corto.

«Mi ha fatto piacere rivederti» mentii fingendo un tono gentile «ora però devo andare. Ci vediamo …» Occhidiserpe, Occhidiserpe, Occhidiserpe « … Rachel».

«A presto, Nicole» rispose con il volto contratto in un espressione altezzosa.

Senza attendere altro la superai e mi incamminai oltre la soglia dell’uscita, turbata, ma allo stesso tempo ancora più confusa da quello che avevo appreso.













Note autrice: Salve! ;) Quindi ... ecco il terzo capitolo. Fatemi sapere cosa ne pensate :) Ringrazio come al solito le persone che recensiscono e seguono i chapters. Mi date la giusta energia per continuare questa storia u.u

_Marzia_

Franklin: http://www.gophoto.it/view.php?i=http://www.everyeye.it/public/immagini/09082010/jeffgoldblum.jpg
Sabine: http://www.gophoto.it/view.php?i=http://4.bp.blogspot.com/_B1LlYh6iKqs/THRzf-J24yI/AAAAAAAACmw/mzXP0GdCwsI/s1600/jodie-foster.jpg
  
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