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Autore: Cat in a box    03/09/2012    2 recensioni
Dopo la caduta del Meteor su Midgar, la maggior parte della popolazione è stata infettata dalle cellule aliene di Jenova, manifestandosi sul corpo degli esseri umani con il Geostigma. [...] Un'ultima missione per l'Avalanche, ormai, sull'orlo di dividersi. Dimostrerà di esserne ancora all'altezza? [...] Al contempo, un eroe caduto si è ritirato dalla battaglia. Il suo animo è ancora diviso a metà, tra bene e male. Sarà un incontro inaspettato a fargli intraprendere una scelta.
Genere: Avventura, Drammatico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jenova, Kadaj, Nuovo personaggio, Sephiroth
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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07. Different paths
 
Chloris lo raggiunse a passo spedito, quasi correndo, dal momento che doveva adeguarsi alla sua andatura. Tra l’altro, Sephiroth non accennava a rallentare e si ritrovò costretta a seguirlo alle sue spalle.
 
Guardava i sottili fili argentati ondeggiare lungo la sua schiena e strisciare sull’impermeabile in pelle, che terminava all’altezza dei malleoli.
 
La katana era stata ripulita e riposta nel fodero, che reggeva sulla schiena per mezzo di una cinghia in cuoio che gli attraversava obliquamente il torace.
 
Il fodero era semplice, così come lo era la spada. Era nero opaco, in tinta con le sue vesti e in contrasto con la sua pelle diafana. Aveva notato due piccoli ideogrammi, incisi in prossimità dell’elsa, che recitavamo due parole: Masa-mune.
 
Senz’altro doveva trattarsi del nome del fabbricante, aveva pensato.
 
Erano tante le domande che avrebbe voluto rivolgere a Sephiroth, però, si sentiva bloccata. Le era sembrato piuttosto stizzito quando le aveva permesso di seguirlo, senza avere la benché minima idea di dove la stesse portando.
 
Ma a lei ben poco importava dove stessero andando. L'importante era che non fosse sola in mezzo alla foresta.
 
Se non fosse stata per la sua fortuna sfacciata ad averlo incontrato nel posto giusto e al momento giusto, sarebbe stata carne morta da ore.
 
Al solo pensiero rabbrividì.
 
Sentendosi interdetta sul rivolgergli la parola, la sua mente aveva cercato di compensare il loro silenzio facendola divagare sulle possibili risposte a quelle domande.
 
Saltando da un’ipotesi all’altra, era arrivata alla conclusione che Sephiroth era un mercenario, probabilmente incaricato di far fuori i mostri della zona per proteggere i piccoli centri abitati.
 
Eppure, le sembrò strano che un mercenario viaggiasse da solo e affrontasse mostri così feroci, potendo contare esclusivamente sulle proprie forze. E se fosse stato ferito? Chi lo avrebbe curato?
 
Era stato proprio per quel motivo che non era fuggita via.
 
Ma forse, Sephiroth era più di un mercenario. In un paio di rapide mosse aveva ucciso un mostro venti volte più grosso di lui, con l’uso di quell’insolita spada che destreggiava con una sola mano e che a lei, non sembrava per nulla leggera e maneggevole.
 
Per ora, la sua identità era un mistero.
 
Avevano camminato per circa mezzora, quando l'argentato si fermò davanti ad un bivio e le indicò con un pigro gesto una strada sterrata.
 
Era circondata da alcune recinzioni in legno e confinava con alcuni campi coltivati. Non si era accorta che la vegetazione della foresta era diventata più rada e dovevano trovarsi nei pressi di un centro abitato.
 
“Se proseguirai lungo questa strada arriverai in un villaggio di collina.”
 
Le disse, coinciso e telematico.
 
Chloris si sentì precipitare dalle nuvole. Rimase imbambolata per qualche istante, stranita sul fatto di non essersi minimamente aspettata quella mossa da parte sua, quando sarebbe stata la cosa più logica e opportuna che avrebbe potuto fare per lei!
 
 
– No…io non posso andare lì… - pensò, mentre immaginava un modo per spiegargli la sua situazione, almeno in minima parte…ma forse, sarebbe stato meglio tacere.
 
Sarebbe sembrato losco e avrebbe potuto scambiarla per una criminale ricercata, fuggita da chissà quale carcere! E le mancava solo di farsi consegnare nelle mani della giustizia da un mercenario che passava di lì per caso.
 
Quando si accorse che ormai era rimasta per troppo tempo in silenzio, indietreggiò e scosse di ‘no’ con la testa.
 
“Io…non posso…” disse con voce sommessa, mentre Sephiroth la guardava con disappunto e inarcava un ciglio.
 
Sembrava che con quello sguardo avesse voluto dirle – mi stai prendendo ancora in giro? – e in effetti, considerando quello che avrebbe dovuto confessargli, non sarebbe stato strano se poi, le avesse anche dato della pazza.
 
Lo spadaccino si spazientì molto in fretta e fece per andarsene.
 
Chloris cercò di fermarlo subito e alla fine spiattellò la verità.
 
“Io non posso andare nei centri abitati…mi stanno cercando per uccidermi!”
 
Ammise, lasciando che quelle parole uscissero fuori dalla sua bocca come un fiume in piena. La voce aveva tremato per il carico di disperazione e in quel momento si era sentita…patetica.
 
Sephiroth si voltò verso di lei e la scrutò coi suoi occhi verde smeraldo, che avevano iniziato a brillare come due fuochi sotto ad alcuni tiepidi raggi che erano riusciti a filtrare dal fogliame degli alberi.
 
La guardava con saccenza, assumendo un’espressione quasi indecifrabile.
 
“Non è affar mio.”
 
Rispose gelido.
 
Chloris rimase a bocca asciutta. Per quel tanto che bastò all’argentato di voltarle le spalle e di rimettersi in cammino sul sentiero opposto che si inoltrava nella foresta.  
 
Non poteva lasciarlo andare o almeno, non così, senza aver provato a convincerlo in tutti i modi a portarla fuori dalla foresta. Trattandosi indubbiamente di un mercenario, sarebbe dovuta scendere a qualche compromesso per convincerlo.
 
“Aspetta!”
 
Gli corse dietro, cercando di mimare la sua falcata.
 
“Ti posso offrire una ricompensa in cambio, se mi porterai fino a Corel!”
 
Recitò con voce seria e persuasiva, anche se ovviamente, non poteva promettergli il becco di guil.
 
Lo vide fermarsi all’improvviso e pensò che fosse riuscita a dissuaderlo con la sua offerta. Un attimo dopo, rifletté che fosse stato fin troppo facile e si fermò ad una distanza di sicurezza da lui (giusto per stare fuori dalla portata della sua spada).
 
Questa volta, non si voltò e non la degnò nemmeno di uno sguardo.
 
“Non mi interessa.”
 
Rispose secco.
 
Chloris non si lasciò demordere e cercò di scendere ad un altro compromesso.
 
“Se mi portassi fuori dalla foresta, mi andrebbe comunque bene! Potrei arrangiarmi da sola a raggiungere…”
 
La sua voce si spense, quando Sephiroth si voltò all’improvviso verso di lei, rivolgendole uno sguardo gelido e indifferente.
 
“Non. Mi. Seccare.”
 
Sentenziò in tono mellifluo, scandendo bene lemma dopo lemma.
 
Si sentì interdetta da quel tono di voce. Non era il caso di continuare ad insistere, altrimenti avrebbe rischiato di ritrovarsi nuovamente la lama della sua spada a minacciarle la gola.
 
Restò ferma al centro del sentiero a guardarlo basita mentre si allontanava velocemente.
 
– Certo che…è stato proprio uno stronzo! – imprecò mentalmente, avendo paura che la potesse sentire se lo avesse pronunciato a voce.
 
Fece dietrofront e decise di tornare al bivio dove l’aveva scarica con tanta gentilezza.
 
Nel frattempo, aveva sentito le sue guance avvampare per la rabbia e doveva essere diventata bordeaux. Avrebbe voluto imprecare ad alta voce, un altro motivo per cui accelerò il passo.
 
“Che si possa sedere su un kyaktus idrofobo!” digrignò tra i denti adirata, ora che si sentiva abbastanza lontana dalle orecchie dello spadaccino “Te la farò vedere io…riuscirò a cavarmela benissimo da sola!”
 
In tanto, il sole aveva raggiunto il suo punto più alto nel cielo e il suo stomaco iniziò a brontolare proprio in quell’istante.
 
 
 
Yuffie se ne stava seduta sull’erba, persa in contemplazione dei lacci colorati dei suoi stivaletti alti fino al ginocchio. Sospirava ormai da mezz’ora. Esattamente, da quando era ritornata alla vettura insieme a Cid, dopo stancanti ore di ricerca nel versante est della montagna.
 
Si erano divisi per cercare Chloris.
 
Vincent e Barrett erano andati a setacciare le foreste sul versante opposto della montagna, mentre Cloud si era diretto ad esplorare le grotte insieme a Tifa.
 
Stava albeggiando e ormai, tutti sarebbero dovuti essere di ritorno alla jeep.
 
Avvertì un brivido percorrerle la schiena e farle accapponare la pelle. L’aria era diventata gelida dopo il passaggio del temporale della notte scorsa e lei, indossava ancora gli stessi abiti leggeri con cui era andata a dormire.
 
La sua maglietta era ancora imbrattata del suo sangue.
 
Istintivamente posò una mano sopra al punto in cui lo skuriken l’aveva trapassata. Non era rimasto niente, nemmeno il segno della cicatrice.
 
– Chloris…- pensò a quella misteriosa ragazza dai capelli corvini e gli occhi strambi che le aveva salvato la vita. Se non fosse stato per lei...non sarebbe stata lì, in quel momento, insieme a Cid.
 
Si era sempre considerata una ragazza forte e coraggiosa. Non si era mai lasciata perdere d’animo e affrontava sempre, in modo agguerrito, mostri anche più grandi di lei.
 
Il fatto è che…non aveva mai pensato alla morte.
 
Di solito, si teme ciò che non si conosce, no? Ma lei, risolveva il problema semplicemente non pensandoci.
 
La notte scorsa, però, aveva sfiorato la morte così da vicino, che aveva creduto per un attimo che per lei sarebbe stata veramente la fine. Non aveva mai provato così tanta paura in vita sua.
 
Poi, c’era stato un momento, in cui un piacevole tepore aveva iniziato ad irradiarsi dalla spalla. Aveva aperto gli occhi ed era riuscita a scorgere un bagliore vermiglio. Una luce, che non aveva mai visto prima.
 
Calda e sicura.
 
Chiuse gli occhi e in quel momento, sentì qualcosa di caldo e morbido appoggiarsi sulle sue spalle nude.
 
Riaprì improvvisamente gli occhi e si voltò.
 
“Prenderai freddo con quella magliettina di cotone.”
 
Irruppe Cid, mentre le porgeva premurosamente una felpa sulle spalle e sfoggiava un sorriso sghembo, mentre serrava tra i denti una sigaretta spenta.
 
“Grazie.”
 
Se la infilò e tornò in contemplazione dei lacci dei suoi stivaletti.
 
“Sai…” irruppe di nuovo lui “…non ti avevo mai sentita così silenziosa prima d’ora…”
 
Yuffie non rispose, ma rimase ad ascoltare la sua voce bassa e rauca che stava provando a darle conforto col suo solito umorismo da sciroccato.
 
“L’unico momento in cui non parli è quando dormi. Mi suona così strano non sentire più i tuoi acuti da gallina strozzata che iniziano a mancarmi.”
 
Cid l’aveva provocata volutamente. Quando Yuffie sentiva paragonare la sua voce a quella di una ‘gallina strozzata’ (anche se era vero) andava su tutte le furie e diventava persino manesca.
 
Si sarebbe atteso di ricevere un meritato tozzone, ma non successe niente.
 
Yuffie non lo aveva nemmeno preso in considerazione e in quel momento, si diede dello stupido. Doveva essere ancora scossa per quello che le era successo la notte scorsa.
 
Si era fatto raccontare, per filo e per segno, tutto quello che era successo prima che venisse trovata priva di sensi sull’erba, con la maglietta imbrattata di sangue.
 
Tutti quanti si erano allarmati per lei e avevano creduto che fosse ferita, ma non c’erano cicatrici sul suo corpo. Yuffie aveva spiegato che Chloris l’aveva salvata in punto di morte usando una ‘luce rossa’.
 
Cid non era esperto di materie quanto lo era Yuffie, ma conosceva bene quelle di cura e non emanavano quel colore di luce. Qualsiasi cosa avesse usato quella ragazza, nessuno sapeva spiegarsi che cosa fosse. 
 
“Cid…” esalò lei, poco dopo, irrompendo nei suoi pensieri.
 
“Che cosa c’è?”
 
“Che cosa avresti fatto se…”
 
Yuffie sentì alcune lacrime pungerle gli occhi, ma le rimandò subito indietro, frenando le parole che avrebbero dovuto completare quella frase. Non voleva più finirla.
 
Sperava che Cid dimenticasse quello che aveva appena tentato invano di chiedergli e che continuasse con le sue battute idiote, nel tentativo di risollevarla.
 
Seguì un momento di silenzio, poi, avvertì lo sguardo di Cid addosso a lei.
 
I suoi occhi azzurri che sembravano due cristalli di ghiaccio, la stavano scrutando. Doveva essere la prima volta per lui, vederla in quello stato e ciò la faceva sentire parecchio a disagio.
 
Odiava sentirsi così…vulnerabile e bisognosa di attenzione.
 
“Mi dispiace…ma non so cos’avrei fatto…” le rispose, pentito di non esser riuscito a trovare parole più confortanti di quelle.
 
“Uhm….” Mugugnò lei, delusa.
 
Avvicinò le gambe al petto e le avvolse tra le sue esili braccia, stringendole a sé.
 
“Era qui che volevo arrivare…” proseguì lei “…nessuno di noi ha mai pensato di poter morire in missione…eppure, facciamo cose rischiose da tanto tempo e dovremo saperlo…”
 
Cid si tolse la sigaretta dalla bocca e la infilò dietro l’orecchio, poi, si sedette accanto a lei sull’erba umida di rugiada.
 
“Tutti noi sappiamo che possiamo morire…” riprese lui “…prima o dopo, ce ne andremo uno dietro l’altro…però, prima di allora, ci sono ancora molte battaglie da combattere.”
 
Yuffie rimase sorpresa dalle sue crude parole. Sembrava quasi il discorso di un uomo saggio e non del solito scaricatore di porto che non sprecava occasione di dare sfoggio alle sue battute idiote. 
 
“In fondo…la vita è come una sigaretta.”
 
Disse Cid con aria misteriosa, facendo strabuzzare gli occhi alla ragazza minuta che gli sedeva affianco.
 
“E cioè?”
 
Chiese lei, curiosa di sentire la spiegazione.
 
“Se la fumi si consuma…e se non la fumi, beh…si consuma lo stesso.”
 
Rimuginò su quanto aveva appena detto, continuando a non comprendere il significato di quella bizzarra metafora. Era la prima volta che sentiva un discorso ‘serio’ da lui e si sentì quasi una stupida a dovergli chiedere di esprimersi in maniera più semplice.
 
“Ma parla come mangi!”
 
Lo sgridò, ma Cid non fece una piega. Si voltò verso di lei e le sorrise, come se con quell’espressione avesse voluto dirle – Devi capirlo da sola cosa significa. – e qualche istante dopo, si ritrovò di nuovo con i pensieri ancora più in confusione, mentre il suo cervello continuava a rimuginare sul significato di quella frase.
 
– La vita…è come una sigaretta? – 
 
In quel momento, vennero raggiunti da Vincent e Barrett.
 
La prima cosa che fece Yuffie, fu quella di alzare lo sguardo su di loro in cerca di una terza figura, che non vide. Si era rincuorata che avrebbero trovato Chloris, ma a quel punto, ogni barlume di speranza che si era prontamente creata si stava sgretolando, lasciando spazio ad una cupa sensazione.
 
“Siete riusciti a trovare qualche traccia?”
 
Domandò una Yuffie ancora speranzosa.
 
Vincent scosse col capo di ‘no’.
 
“Cloud e Tifa non sono ancora tornati, umh?”
 
Irruppe Barrett, notando che erano solamente in quattro.
 
“No…” rispose Cid, mentre si frugava in modo spasmodico nelle tasche, in cerca dello zippo per accendere la sigaretta.
 
“Inizio a pensare che anche gli altri non troveranno nulla…” sentenziò Vincent, colmando il silenzio che era calato tra loro, con la sua voce cavernosa.
 
“Che cosa pensi?”
 
Gli domandò Cid, serrando tra i denti la sigaretta ancora spenta.
 
“Ricordate quando Pyro e Destructor ci parlarono di ‘vecchie rivalità tra organizzazioni’?”
 
“L’Artiglio Nero.”
 
Intuì Yuffie. “E perché dovrebbero interessarsi a Chloris?” Continuò, poco dopo.
 
“Chissà…forse per dispetto o forse per qualcosa di più importante...”
 
Tentò di risponderle Vincent, rimanendo vago.
 
“Quindi…pensi che sia stata rapita dall’Artiglio Nero?”
 
Insinuò lei, incrociando le braccia e assumendo un’espressione spaventosamente seria.
 
“È possibile.”
 
Le rispose l’ex-Turk.
 
La missione non era ancora fallita, però, avrebbero dovuto seguire una pista differente e questo, richiedeva anche l’intervento dell’organizzazione che li aveva assoldati, il Millennium.
 
Non sapevano nulla dell’Artiglio Nero, a parte che fosse un’organizzazione con un corpo offensivo piuttosto potente. Erano riusciti a metterli in fuga e a ferirne soltanto quattro, compreso quello a cui Vincent aveva sparato al petto, credendo di averlo ferito mortalmente.
 
Avevano riflessi straordinari ed erano agili nei combattimenti. Erano avversari fuori dal comune e quello che Vincent pensava, era che non fossero nemmeno esseri umani.
 
– Possibile che siano le stesse reclute che ci hanno attaccato a Midgar? – rifletté. – Questi erano avversari molto più forti di quelli che hanno affrontato Pyro e Destructor…o forse…loro sono gli unici a conoscere i loro punti deboli… -
 
“Dobbiamo informare il Millennium dell’accaduto!”
 
Irruppe Barrett, estraendo dalla tasca dei pantaloni un cellulare, ormai intento a comporre un numero.
 
“Però…” lo fermò appena in tempo Vincent “…dovremmo aspettare Tifa e Cloud, prima di prendere una decisione del genere.”
 
In qualche modo, Vincent si stava augurando che potessero aver trovato qualche traccia di Chloris o delle reclute dell’Artiglio Nero…o che magari, avessero approfittato del tempo a loro disposizione per risolvere i problemi tra loro due.
 
Non si erano rivolti la parola da ieri sera, da quando Cloud le aveva risposto brusco di voler stare da solo e non era da lui trattare Tifa in quel modo.
 
– Cloud…che cosa ci stai nascondendo? – pensò preoccupato.
 
 
 
Cloud aveva immaginato il secondo fine di Valentine, quando gli aveva “proposto”…o meglio ordinato, di esaminare le grotte a Sud della montagna con l’aiuto di Tifa.
 
E non si era nemmeno azzardato a ribattere qualcosa. Non voleva essere tartassato di domande da Yuffie, che non aspettava che questi momenti delicati per marciarci sopra con una delle sue strambe teorie da strizzacervelli patentata!
 
Da quando aveva letto dei libri sulla psicanalisi e psico-qualcos’altro, aveva la presunzione di poter psicanalizzare persino i sassi.
 
D’altro canto non voleva far preoccupare gli altri, più di quanto non lo avesse già fatto con Tifa.
 
Proprio in quel momento, la ragazza mora gli stava camminando accanto, mentre proseguivano lungo il sentiero che gli avrebbe portati dritti alla jeep, dove si erano dati appuntamento con gli altri.
 
La guardò con la coda dell’occhio. I segni della stanchezza avevano iniziato a farsi vedere sul suo viso e poi, la preoccupazione per lui doveva essere cresciuta a dismisura, ora che non le rivolgeva la parola dall’altra sera.
 
– Come faccio a non sentirmi uno schifo a trattarla così? – rifletté, lasciandosi divorare interiormente dai sensi di colpa e da quello che si era messo in testa di fare già da un po’ di tempo.
 
Voleva staccarsi da gruppo e andarsene per un po’.
 
Forse, non sarebbe neanche stato via per sempre e sarebbe ritornato, ma c’era una cosa molto importante che doveva sbrigare e aveva deciso di tenere all’oscuro tutti, per il loro bene.
 
I sogni e le visioni erano diventate più assidue e dettagliate. Ora, gli stavano rivelando dei luoghi. Probabilmente, gli ultimi frequentati dalla sua nemesi. Tra questi, aveva visto una chiesa diroccata.
 
Al contempo, il Geostigma aveva iniziato a peggiorare velocemente: la carne stava già marcendo. Sarebbe stata questione di poche settimane o forse anche meno, prima di perdere l’arto.
 
Non aveva più tempo per cercare con loro la cura e anche se l’avessero trovata, aveva il timore che sarebbe stato già troppo tardi.
 
Doveva fermare Sephiroth, prima che potesse tornare ad uccidere e a mettere a ferro e fuoco qualche città. Gli aveva lasciato portar via le persone e i ricordi a lui più cari, ma questa volta, non glielo avrebbe permesso.
 
Avrebbe protetto i suoi compagni a costo della sua stessa vita.
 
Però, non voleva andarsene lasciando Tifa in quello stato. Non meritava di soffrire in quel modo. Tutto sommato, forse, c’era qualcosa che poteva fare per lei prima di partire.
 
Cloud si fermò bruscamente in mezzo al sentiero.
 
La mora si voltò verso di lui, con un’espressione dubbiosa e preoccupata.
 
“C’è qualcosa che non va Cloud?” gli domandò, fermandosi anche lei.
 
“Tifa…” esalò, cercando di immortalare nella sua mente l’immagine della ragazza che gli stava davanti. Aveva un’espressione sorpresa, probabilmente dovuta al fatto che le aveva appena rivolto la parola. “…ti fidi di me?”
 
La mora rimase disorientata da quella insolita domanda.
 
“Certo che mi fido di te.”
 
Rispose senza tentennare più di tanto.
 
“C’è una cosa che devo fare…” proseguì lui “…lontano da qui e per questo motivo, io…” si bloccò quando vide che Tifa aveva distolto lo sguardo e i suoi occhi avevano iniziato a diventare lucidi.
 
Era la prima volta, dopo tanto tempo, che vedeva Tifa piangere davanti a lui e il fatto che la colpa fosse la sua, lo fece sentire...un mostro.
 
“Mi dispiace, io…” tentò di scusarsi, avvicinandosi a lei.
 
“Va bene….” Tifa alzò lo sguardo verso di lui, rigato da alcune lacrime che erano scese fino al mento. “…ho detto che mi fido di te e quindi ti aspetterò.”
 
Cloud la prese tra le braccia e la strinse forte a sé.
 
Nessuno dei due ebbe il coraggio di aggiungere altro e rimasero così, in silenzio e chiusi in quell’abbraccio, auspicandosi che si sarebbero ritrovati alla fine di tutto.
 

 

---------------------------------->>> Note dell’autrice <<<----------------------------------


Wow! Mi sento avanti ora che ho pubblicato il settimo capitolo e ho già pronto anche l’ottavo. *w* Vi avverto che nei prossimi capitoli ci sarà più movimento. Ma niente spoiler! ^o^ Yuffie che legge libri di psicanalisi? Oddei, si salvi chi può! O.O
 

Sephiroth: AAAAAAAAAAAAAAAAAH! *corre via*
 
Yuffie: Ti convincerò che hai il complesso di Edipo!! *lo rincorre con un tomo di psicologia*
 
Autrice: O.o
 
Sephiroth: AUTRICEEEE!! Fai qualcosa!!! T.T
 
Autrice: Yuffie? ^^
 
Yuffie: Sì?
 
Autrice: Ho un sasso da farti psicanalizzare! *le porge un sasso*
 
Yuffie: Banzaii!!! :DDD *prende il sasso e saltella via tutta contenta*
 
Vincent: Se ne è andata?
 
Autrice: E tu da dove sbuchi fuori? O.o
 
Sephiroth: Ehm-ehm! u.u I lettori stanno aspettando lo spoiler…

 
 
Oh giusto! ^o^ Il prossimo capitolo si intitolerà "08: Sin"...
 
– Forse…ho sbagliato a lasciarla nella foresta... – ripensò alla ragazza-dagli-occhi-chiazzati a cui aveva salvato la vita, mentre scavava nella sua memoria a breve termine nel tentativo di ricordare il suo nome.

Aveva fatto il possibile per sbarazzarsi di lei e nel momento in cui l’aveva palesemente abbandonata al suo destino in quel bivio, non le aveva dato peso. Era sicuro che non si sarebbe risentito di quell’azione, eppure, in quel momento, gli stava succedendo esattamente tutto il contrario di quanto si sarebbe aspettato.

E tutto questo…per un ‘grazie’.
   
 
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