Capitolo
II
Black
Out
Aprì un
occhio, ma le palpebre erano talmente pesanti e il cerchio alla testa le
causava una nausea talmente forte che era certa che sarebbe morta nell’impresa.
Tutta colpa
di Minnie e delle sue strampalate idee. E sua, che aveva fatto
l’accondiscendente senza puntare i piedi. Andiamo a una festa senza decidere un
orario in cui tornare a casa? Certo che sì. Beviamo birra a stomaco vuoto? Ma
naturalmente. Andiamo a dormire in un orario dimenticato da Dio e da tutte le
anime pie?
Ovviamente.
-Buongiorno
baby-
Più che
rispondere, si limitò ad emettere un mugugno che avrebbe fatto esasperare
Amanda. L’idea le sollevò un po’ l’umore e tentò nuovamente di aprire un occhio.
La prima
cosa che realizzò era che non aveva la benché minima idea di dove accidenti si
trovasse. La seconda, che c’era troppa luce nella stanza così tornò a strizzare
le palpebre nel tentativo di non rimanere accecata.
Si mosse, a
disagio, spostando con la gamba destra quello che doveva essere una coperta
gettata sopra il suo corpo accaldato. Le notti, al contrario del giorno,
potevano essere decisamente fredde in California.
-Vuoi un
caffè, baby?- ripeté la voce.
Che Minnie
si fosse bevuta il cervello? Lei era intollerante alla caffeina e, da un paio
d’anni, intollerante a chi le chiedeva se voleva un caffè pur sapendo che non
poteva berlo. Cos’è, voleva essere uccisa di prima mattina? Perché,
considerando il mal di testa, la nausea e le occhiaie che sicuramente si
sarebbe ritrovata, era sulla strada giusta per diventare martire.
Si mosse
ancora, rigirandosi su un fianco e sentì il calore di un piede solleticarle il
polpaccio.
Di male in
peggio.
Una mano
calda le si posò sul fianco destro risalendo lenta e lasciva verso la sua
spalla per poi deviare, sorprendendola, verso il suo seno. Improvvisamente un
campanello d’allarme le risuonò in testa e, aprendo gli occhi e rimanendo
accecata dalla luce, si mise a sedere sul letto. Nella sua visuale c’erano poche
cose: il solito tavolo rotondo sommerso dai libri e dalle scatole dei cereali
mezze vuote che suo fratello aveva lasciato in giro e che lei si era rifiutata
di mettere in ordine, la coperta azzurrina di pile e una gamba pelosa.
Ci mise
meno di un secondo a rendersi conto che non poteva certo essere quella della
sua amica, sia perché lei era una patita della ceretta e sia perché non aveva
polpacci così scolpiti. Con uno scatto felino balzò in piedi e, nel tentativo
di allontanarsi dal letto che ospitava un essere di sesso maschile sul quale
non aveva ancora avuto il coraggio di puntare lo sguardo, inciampò nelle
lenzuola a fiorellini e cadde sulla moquette.
Non avrebbe
potuto andare peggio di così. Per non cadere come una pera cotta e farsi
seriamente male appoggiò i gomiti e le ginocchia rimanendo con il bacino per
aria.
-Bella
visuale. È finalmente un invito?-
Decisamente non poteva essere Minnie!
Si fece
coraggio e voltò il capo. Aveva uno sconosciuto nel letto. Uno sconosciuto! Ci
mancavano solo i fenicotteri rosa nella piscina e i glitter per la stanza dato
che sentiva pulsare le tempie come avesse un martello in testa.
Lo
sconosciuto la guardò e giocò la carta di quello che per lui, evidentemente,
equivaleva a uno sguardo provocante. Samantha spalancò la bocca senza sapere
cosa dire per poi esclamare la cosa più ovvia.
-Non ti
conosco.
-Oh, direi
che dopo stanotte io conosco te.
Perfetto,
aveva aspettato tutto quel tempo per andare a letto con un ragazzo e ora come
una cretina era andata col primo che aveva deciso di aver voglia di fare sesso
con una sconosciuta! Non che fosse vergine, ma la prima volta non poteva
davvero valere ed essere catalogata sotto la voce “sesso”. Sarebbe stata
un’ingiustizia.
Era anche
una delle perle di saggezza della sua amica Julia: “Tutti hanno il sacrosanto diritto a un orgasmo”. Magari con un
Ryan DeRio piuttosto che con un Andrew Wall, come era stato per le la prima e
unica volta. Avrebbe volentieri sostituito il ragazzino sfigato con il
belloccio palestrato.
-Baby, non
fare quella faccia sgomenta. Non è mica successo niente di male, sono cose che
capitano. A volte se ne sente la voglia e bisogna seguire l’istinto, non credi?-
Si ritrovò
ad annuire quando l’unica cosa che avrebbe voluto fare era sbattere quel
pallone gonfiato fuori da casa sua. Poi, come rinvigorita, scosse il capo e lo
guardò male.
-Come
scusa?- stentava a credere alle sue orecchie. -Seguire l’istinto, dici? Bene,
allora quella è la porta. Fuori dai piedi!
-È una cosa
del tutto naturale, quasi fisiologica direi…- riprovò lui alzandosi dal letto
con i soli boxer addosso. Samantha arrossì e chiuse gli occhi senza rendersene
conto.
-…fisiologica…-
si ritrovò a ripetere mentre sbirciava socchiudendo appena le ciglia.
-Ma sì, come
svegliarsi nel mezzo della notte per bere o fare pipì…- continuò lui
infilandosi dei bermuda pescati chissà dove.
-…pipì…- di
quel passo l’avrebbe presa per una ritardata.
-…o per
abbassare la tapparella per diminuire la luce che entra da fuori, rispondere al
telefono che squilla, fare sesso per un’improvvisa voglia...-
-Sesso!-
quasi urlò.
-Sesso-
ripeté lui tranquillo e con un sorriso divertito sulle labbra. Poi, come colto
da un’illuminazione, le chiese: -Samantha, esattamente quanto ricordi della
serata passata insieme?-
Continuava a
parlare raccontando di quanto si fossero divertiti, di come lei avesse
improvvisato uno spogliarello dopo essersi scolata mezza bottiglia di vodka e
di come lui fosse capitolato vedendola ballare in mezzo alla strada. Fu in quel
momento, nell’istante esatto in cui Samantha credeva sarebbe scoppiata a
piangere, che la porta della sua camera si aprì.
-Hey, allora
sei qui. Credevo te ne fossi già andato.- Un ragazzo biondo, con addosso solo
un telo da doccia, la guardò e le sorrise.
-E tu
saresti?- chiese Sam in un sussurro al ragazzo che aveva aperto la porta
facendo capolino nella sua camera da letto.
-Jeff. Non
ti ricordi di me? Sei stata tu a dire che potevamo venire a casa tua-
-A quanto pare
non si ricorda niente- intervenne, inaspettatamente, il ragazzo che aveva
trovato nel suo letto appena sveglia.
Jeff inarcò
un sopracciglio con fare dubbioso –Niente niente?- e vedendo che lei scuoteva
la testa aggiunse –Peccato. Io mi sono divertito ieri sera- e uscì com’era
entrato.
-Posso
piangere?- domandò Sam con voce rotta. Evidentemente il ragazzo in bermuda non
ci teneva particolarmente e le fu subito accanto tentando di consolarla.
-No! No, no,
no. Hai un sorriso bellissimo e piangere non mi sembra una buona idea. Se vuoi
ti vado a preparare un caffè così hai il tempo di calmarti- propose.
-Già, bel
modo di scaricarsi la coscienza facendo un caffè. Senti, ti tolgo dall’impasse:
io fingerò che la notte scorsa non ci sia mai stata, di non aver fatto sesso
con due sconosciuti, e non sarà tutta questa fatica perché onestamente non
ricordo nulla, e tu potrai andartene felice e contento.-
-Sesso?
Credi che noi… Oddio, no! Cioè, magari! Lascia che ti spieghi, eh?- aggiunse
vedendo lo sguardo truce della ragazza.
-Io sono
Adrian- le porse la mano estremamente serio. Sam la strinse titubante
mormorando –Samantha-.
-Lo so.
Allora, non ti ricordi proprio niente di ieri notte?- tentò nuovamente Adrian.
-Black out-
ammise.
-Fantastico.
Beh, non sono mai stato un granché bravo nelle sintesi, però ci proverò. Niente
menage a trois, inizio così almeno ti tranquillizzi.- Tranquillizzarsi? Per
poco non si strozzava con l’aria! –Hai solo esagerato un po’ con la birra e poi
la tua amica ha insistito per voler bere uno shot e tu hai voluto assaggiare il
mio drink. Una decina di volte circa!- rise al ricordo, la mente persa in
ricordi che lei non riusciva a evocare.
-A che
gusto?- chiese senza pensarci.
-Melagrana-
rispose prontamente lui, segno che non si stava inventando nulla.
Melagrana.
Un sapore aspro, giovane, che si mescolava con quello avvolgente e caldo
dell’alcol. Vodka e uno dei frutti della Terra Promessa. Il frutto della
passione legato a ciò che toglieva ogni freno inibitore. Un mix esplosivo che
tuttavia doveva essere molto…
-…Buono- concluse
Samantha ad alta voce.
-Come,
scusa?- le chiese Adrian perplesso.
-Niente,
dicevo che sembra buono.- Per un attimo le era quasi sembrato di avere in gola
il calore dell’alcol e il sollievo della granatina e si passò inconsapevolmente
la lingua sulle labbra alla ricerca di quel sapore perso nei meandri della sua
mente.
-Lo è. Me
l’hai detto anche ieri notte che era buono. Veramente hai continuato a ripetermelo
a ogni bicchiere che bevevi socchiudendo le ciglia e provocandomi con occhiate
alquanto appannate dalla vodka. In ogni caso, abbiamo ballato, ah, per la
cronaca, sei reticente all’inizio ma una volta che ci prendi il via balli come
se ci fossi solo tu e tutto il mondo sparisse. È la cosa più arrapante che
abbia mai visto.
Perfetto, ci
mancava solo questo. Complimenti osceni di prima mattina da uno sconosciuto che
si era portata a dormire a casa sua e con il quale non aveva fatto sesso pur
essendosi svegliati entrambi in intimo avvinghiati nello stesso letto. Ce n’era
abbastanza per entrare in analisi…
-Poi, niente
di che- seguitò con nonchalance scrollando le spalle –ci siamo baciati ma mi
hai detto che proprio non te la sentivi di fare altro e una volta a casa sono
iniziati i giochi. Non guardarmi così, intendo dire che hai iniziato a parlare
e Apriti Cielo! Manca solo che so il numero di carta di credito di Ryan e poi
siamo a posto!
-Come
scusa?- perché la voce non le veniva mai come se la immaginava? Sicura e decisa
invece di quel pigolio timido che aveva soffiato fuori a fatica.
-Ryan DeRio.
Non fare la finta tonta, capisco che ora stai fingendo di non capire. Mi hai
raccontato vita, morte e presunti miracoli del tipo che, lasciatelo dire, non
mi sembra neppure niente di che. Potresti guadagnarci giusto se ci sa fare ma,
da come me l’hai descritto, sembra il classico pallone gonfiato che pensa al
proprio piacere fregandosene di quello della compagna. Insomma, il classico…-
-Ho capito! –l’interruppe
frettolosa di cambiare argomento -E dopo?
-E dopo
siamo crollati a dormire e tu ti sei svegliata con questo vuoto di memoria.
-No- la
pazienza la stava abbandonando e non era un buon segno –intendo dire di cosa
abbiamo parlato dopo Ryan.
-Ah. Di
niente. Ogni volta che provavo a cambiare argomento ricominciavi a lagnarti di
quanto fosse ingiusta la vita che ha dato a Sarah le tette che ha negato a te e
a Julia i capelli biondi che tu hai nelle tue fantasie. Anche quando provavo a
baciarti e toccarti per farti sciogliere un po’ ti lamentavi, così alla fine mi
sono arreso al fiume di piagnistei su Ryan. E se vuoi saperlo io non ti ci vedo
bionda.-
Sarebbe
impazzita, se lo sentiva.
Prima Adrian
la faceva ubriacare a una festa, andava a casa sua e la mattina si svegliava
nel suo letto in boxer, poi le faceva un sunto della nottata che lei aveva
dimenticato per colpa dell’alcol dicendole che ci aveva provato varie volte con
lei pur non conoscendola e che se non fosse stato per la sua parlantina
probabilmente avrebbero anche concluso sotto le lenzuola e infine tirava fuori
una banalità come “non ti ci vedo bionda”? L’avrebbero internata a breve…
-Ah, ok- si
limitò a commentare atona per non perdere l’ultimo barlume di lucidità da utilizzare
sfogandosi con Minnie. O meglio, su
Minnie.
Adrian parve
sul punto di aggiungere qualcosa ma fu interrotto dalla porta che si apriva
nuovamente e la testa bionda di Jeff compariva e guardava l’amico con un
sorriso divertito.
-Ehi, ma lo
sai che ci sono almeno sei scatole di cereali di tipo diverso in questa casa?-
-Non ti
piacciono i cereali-
Era la
quarta volta che lo ripeteva e Samantha sperava che se ne sarebbe presto fatto
una ragione.
Aveva
provato a specificare che in realtà quelli al cioccolato e quelli con i frutti
rossi le piacevano, così come le ciambelline colorate di Trader Joe’s, ma a quanto pare lui aveva capito solo quello che gli
interessava. Ovvero il minimo indispensabile che, una volta immagazzinato,
doveva aver esaurito lo spazio disponibile per ulteriori aggiunte o modifiche
diventando così un assunto.
-Non ti
piacciono i cereali- E dagli. Non sembrava così messo male quando poco prima
aveva frugato nella sua cucina in
cerca di ciotole, latte e cucchiaini. Anzi, sembrava bello arzillo anche quando
si era impossessato di un suo telo da
doccia e aveva fatto come a casa propria.
O come si sarebbe comportato un
ipotetico fidanzato, prendendo possesso di quella casa dopo aver preso lei.
Perché non
mangiasse con gli occhi chinati sulla sua ciotola o direttamente chiusi come
tutte le persone che conosceva, compresa Amanda, facevano di prima mattina, era
un mistero.
E
soprattutto dove trovasse la forza di articolare frasi di senso compiuto di
prima mattina era un mistero ancora maggiore.
Se si
aggiungeva che era maschio la cosa poteva rasentare il miracolo, pensò
amaramente Samantha vedendo che lui continuava a fissarla e a pescare i cereali
nel latte.
Appena
Jasmine uscì dal bagno vestita e pettinata, con tanto di trucco e profumo,
Samantha strusciò la sedia sul pavimento e si alzò rigidamente.
-Vado a fare
una doccia- annunciò senza guardare nessuno in particolare.
-Qualcosa
non va, Sam?- l’interrogò la sua amica. Si era seduta accanto a Jeff ed era
tutte fossette. E mascara e burro di cacao alla pesca e frutto della passione.
Prima di
colazione. Decisamente sperava di fare di nuovo colpo.
Lui
l’ignorava come se il posto che ora occupava lei continuasse a essere vuoto ma,
quando lei gli passò di nuovo la scatola dei cereali le sorrise e Minnie
sospirò.
Sì, lui ti ha usata e non glie ne
frega più niente di te.
Sì, è venuto a letto con te ma solo
per una notte.
Sì, ha fatto il carino solo per
interesse personale.
-No, tutto
ok. Vado a fare una doccia.-
Mentre
chiudeva la porta e rigirava la chiave nella toppa udì chiaramente la litania
di Jeff. –Non le piacciono i cereali!-
Non le
veniva in mente nulla di più bello di una doccia calda per rilassare i nervi.
L’acqua le
scorreva sulla pelle avvolgendo ogni millimetro, sciogliendo i tendini tesi e
scaldando i muscoli intirizziti dall’aver dormito in intimo quando l’estate
stava finendo anche in California e le notti diventavano mano a mano più
fresche.
Prese dal
bordo della vasca il bagnoschiuma –Gelsomino e tea verde, come aveva saputo per
puro caso essere quello che piaceva a lui
e si era scoperta ad amarlo anche lei- e ne versò una generosa dose sul palmo.
Il profumo
si diffuse immediatamente per tutto il box facendole perdere un po’ di lucidità
e rilassandola con l’aiuto dei vapori che appannavano lo specchio e
riscaldavano la poca aria nel piccolo bagno.
Iniziò a
massaggiarsi dalle spalle e chiuse gli occhi immaginando di non essere sola sotto
il getto dell’acqua.
Non aveva
mai fatto una doccia con un ragazzo e ultimamente si era ritrovata non poche
volte a immaginare di avere altre mani invece delle proprie che toccavano avide
il suo corpo.
I seni
sembravano aver acquistato una misura in più solo grazie alle sue fantasie e
Samantha li accarezzò lasciandosi sfuggire un sospiro.
Ryan
l’avrebbe baciata proprio lì, su quel neo che aveva sul seno destro e avrebbe
succhiato quella piccola cicatrice che si era fatta da bambina cadendo da un
albero, in mezzo ai due seni. Una piccola mezzaluna che sicuramente lui avrebbe
trovato sensuale e che l’avrebbe acceso di desiderio, come tutto di lei.
Le mani del
ragazzo sarebbero scese lungo i fianchi rassicurandola che non erano troppo grossi
come lei andava dicendo, ma perfetta presa durante i loro amplessi insaziabili.
Insaziabili come la voglia che lui avrebbe avuto di lei scendendo ancora e
perdendosi in carezze audaci sulle sue labbra
e dentro di lei, accarezzando l’inguine e torturandola con fare lascivo in
un’erotica carezza sulla coscia in un lento risalire.
Avrebbe
posato la bocca sulla sua con la fretta dei moribondi per prendere aria
direttamente dalle sue labbra, respirare dai suoi polmoni e nutrirsi della sua
anima. Avrebbe avuto il suo sapore addosso e l’avrebbe presa contro le mattonelle
fredde della doccia con l’impazienza di un ragazzino alle prime armi. Avrebbe
spiato i suoi occhi farsi sempre più assenti e perdersi in un mondo dove gli
unici colori per lei erano il grano dei capelli di lui e il verde dei suoi
occhi, gli unici odori quello della sua pelle e dei loro corpi incastrati alla
perfezione, gli unici suoni quello degli ansiti di piacere che si sarebbero
tolti di bocca a forza, spingendosi l’uno nel profondo dell’altro, fino a
toccare l’anima, estirpando il dolore dalla carne e cercando il punto fermo in
quell’universo di sensazioni scoprendo di essere Stella Polare l’uno per
l’altra.
L’avrebbe
vezzeggiata, stretta tra le braccia finché il respiro non fosse tornato
naturale per poi riprendere quella dolcissima tortura, scendendo a sfiorare con
le dita la sua femminilità e facendole sfuggire l’ennesimo sospiro che avrebbe
bevuto tra le sue labbra.
L’avrebbe
amata e l’avrebbe odiata solo per poi poterla amare all’infinito.
Avrebbe
provocato i suoi gemiti e si sarebbe saziato delle sue urla, godendo nel
vederla godere.
Però, anche
nelle fantasie più rosee, durante i loro amplessi Samantha non aveva mai
sentito il rumore di ceramica rotta.
Si riscosse
svogliatamente dai suoi sogni e finì di lavarsi, più sfinita di quando era
entrata nella doccia e sicuramente più insoddisfatta.
Si passò lo
shampoo velocemente, cercando di lavare via tutte le sue infantili speranze di
un futuro con Ryan e si ripromise di non fare una scenata a Minnie di fronte a
Adrian e comunque si chiamasse il tipo con la maglietta verde per la rottura di
quella che immaginava fosse stata una ciotola da cereali.
Si avvolse
nell’accappatoio e, sudando per l’aria calda nella stanzetta, accese il phon
per tentare di asciugarsi i capelli per non andare in salotto gocciolante.
Quando le sembrò di non essere più alle soglie dell’indecenza, indossò un paio
di boxer femminili con il logo della sua vecchia università che le coprivano a
mala pena le mutande e una maglia a bretelline dalla quale spuntava il pizzo
rosa del reggiseno color pastello.
Aprì la
porta e volò in salotto. Seduto sul suo divano di pelle c’era Adrian che fissava
disteso il suo amico dalla maglia verde che era tutto intento in un discorso
del quale Samantha capì solo poche parole.
Accanto a
lui Ryan, che lo guardava con una scintilla di divertimento negli occhi
ascoltando il resoconto della serata passata, di come Jeff fosse andato a letto
con Jasmine, di come Samantha avesse
bevuto i drink di Adrian, e di come lei stessa fosse scappata sotto la doccia
poco prima.
Inaspettatamente
Ryan alzò lo sguardo piantando gli occhi in quelli di Samantha e provandole che
sapeva esattamente dov’era e da quanto era nella stanza.
-E così,
Tappetta, non ti piacciono i cereali…- le soffiò con un palese divertimento
nello sguardo.
Chissà se
era possibile avere una Giratempo e tornare indietro di ventiquattro ore, si
chiese Samantha, mentre arrossiva sotto lo sguardo ilare del ragazzo ripensando
alla doccia e ritrovandosi a fissare le sue mani abbronzate e forti.
§§§§§ NOTE
§§§§§
I
riferimenti allo sconosciuto nel letto, ai fenicotteri rosa nella piscina e i
glitter per la stanza, nonché al martellio in testa sono tutti dovuti alla
canzone di Katy Perry “Last Friday Night”.
I cereali a
forma di ciambelline colorate di Trader
Joe’s esistono veramente in America.
Infine, la Giratempo, è un riferimento a Harry Potter.