Serie TV > Once Upon a Time
Ricorda la storia  |      
Autore: Beauty    06/09/2012    8 recensioni
La sera della Vigilia di Natale, per la prima volta nella sua vita, Rumpelstiltskin esprime un desiderio...
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Belle, Signor Gold/Tremotino
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 

I’m wishing on a star

To follow where you are

I’m wishing on a dream

To follow what it means

And I’ll wish on all the rainbows that I see

I wish for all the people who dream a dream

 

I’m wishing on a star

To follow where you are*

 

Quell’anno la neve era talmente in ritardo che sembrava quasi non dovesse arrivare, ma alla fine l’aveva fatto. Ed era arrivata proprio quella sera, la sera della Vigilia di Natale.

Rumpelstiltskin l’osservava attraverso i vetri delle finestre del Castello Oscuro; da quel giorno in cui Belle aveva tolto le tende, lui non aveva più avuto il coraggio di chiuderle, e ora il cielo notturno si stagliava all’orizzonte con la stessa prepotenza con cui la neve ricopriva il giardino. Da che ricordava, non era passato un solo Natale in cui non avesse nevicato, e per tutta la sua vita non si era mai soffermato a guardare quei fiocchi di ghiaccio. Non l’aveva mai fatto, né avrebbe dovuto farlo ora che era diventato l’Oscuro, ma quella sera la neve sembrava attirarlo più della magia più potente. Aveva tentato di distrarsi come al suo solito, filando la paglia in oro, ma ultimamente neanche quello sembrava funzionare. Alla fine si era alzato dal suo posto come se sentisse il bisogno di liberarsi da delle catene, e si era avvicinato alla finestra, di fronte alla quale era ancora adesso.

Filare l’aveva sempre distratto da pensieri poco felici, ma quella sera sembrava che questi non volessero proprio lasciarlo in pace. Non era il primo Natale che trascorreva da solo, nel suo castello, lontano da tutto e da tutti, e non gli era mai pesato.

Ora, invece, le mura del castello gli parevano come rovi di spine che si stringevano sempre di più intorno a lui, il silenzio delle sale era divenuto assordante, ma Rumpelstiltskin, più del silenzio, odiava che questo fosse interrotto soltanto dallo scricchiolare ritmico del fuso o dal rimbombo dei suoi passi nei corridoi deserti. Ormai riusciva a percepire anche il suono flebile del suo stesso respiro, e non poteva fare a meno di chiedersi se, dovunque si trovasse, anche suo figlio fosse da solo in una casa vuota, o se avesse trovato qualcuno migliore di lui con cui trascorrere il Natale.

Quando c’era Bae era tutto diverso. Certo, allora non era l’Oscuro, non aveva i suoi poteri, ed era solo un povero zoppo che filava giorno e notte per sopravvivere, ma con Baelfire ogni cosa diveniva più bella. Non che il Natale fosse molto differente dagli altri giorni – il cibo era scarso come sempre e la legna era contata, anche se Rumpelstiltskin non aveva mai fatto mancare a suo figlio un camino acceso e un po’ di carne in tavola, almeno per quel giorno –, ma c’era la magia. Proprio così, magia. Non quella magia che scaturisce da una bacchetta fatata, o quella che conquistava ogni cosa e faceva soffrire le persone, com’era la sua, ora. Era la magia delle cose semplici, la magia che nasceva dal sorriso di Baelfire, dal calore di un abbraccio di fronte ad un camino acceso, dalle risate di suo figlio quando giocava con la neve.

Quella magia era sparita da tanto tempo, per colpa sua, quando, da stolto ed egoista, aveva lasciato che Bae sparisse in una terra lontana e sconosciuta, senza di lui, lontano da lui.

Da allora, aveva trascorso ogni Natale da solo, concentrandosi sulla paglia e sul fuso per non pensare a come le cose sarebbero potute essere. Ma quella sera filare non aveva funzionato, e Rumpelstiltskin si era ritrovato a desiderare che le cose tornassero come un tempo, a rivolere indietro quella magia.

Avrebbe dato qualunque cosa per poter trascorrere il Natale in modo diverso, con Baelfire…e con Belle.

Rumpelstiltskin chiuse gli occhi a quel pensiero, e solo quando fu sicuro di avere abbastanza forza d’animo per non piangere li riaprì.

Belle.

Quanto tempo era passato, da che se n’era andata? Una settimana, due? Non importava; Belle se n’era andata, e non sarebbe mai più tornata. Era morta; aveva impiegato parecchio tempo per riuscire a formulare quel pensiero nella sua mente, e ancora adesso avvertiva come una pugnalata dritta al cuore. Belle era morta, ed era morta per colpa sua. Così com’era stata colpa sua, quando Bae se n’era andato, così lo era per la morte di Belle. Era stato a causa del suo rapporto con lui, perché sua figlia aveva vissuto con lui, l’Oscuro, per tutti quei mesi, che Re Maurice l’aveva rinchiusa in una torre. L’aveva abbandonata, aveva abbandonato Belle; quando l’aveva scacciata dal castello, solo per la sua stupida, dannata vigliaccheria, non aveva considerato le conseguenze di quel gesto. Aveva pensato solo a se stesso, gli era importato solo di sé, di non perdere il proprio potere, e non aveva pensato a cosa sarebbe successo a lei. L’aveva lasciata da sola, e Belle si era ritrovata senza protezione di fronte ad un mondo che l’aveva accusata di una colpa che non aveva commesso. Suo padre l’aveva ripudiata, e lei non aveva trovato più nemmeno il suo fidanzato – l’unico che, forse, avrebbe potuto difenderla.

Rumpelstiltskin si era chiesto più volte come dovesse sentirsi, Belle, da sola nel buio e nel freddo di quella torre, abbandonata dalla sua famiglia e ferita nel cuore e nell’animo da un uomo – un mostro – di cui, nonostante tutto, si era innamorata.

Alla fine, la solitudine e la disperazione avevano avuto il sopravvento, e anche l’animo forte e spensierato della ragazza aveva dovuto soccombere. E Belle si era uccisa, gettandosi dall’alto della torre. Non c’era più; Belle, la sua Belle, non c’era più, e non sarebbe mai più tornata indietro, non sarebbe più tornata da lui.

Rumpelstilstskin distolse lo sguardo dalla neve che continuava a cadere, volgendosi istintivamente in direzione del luogo in cui, da settimane, era posta la tazza scheggiata. Sembrava quasi che lo stesse guardando, quella tazzina, quell’oggetto che fino a poco tempo prima era stato senza importanza.

E’ solo una tazza.

L’aveva detto lui stesso, vero? Perché quando Belle l’aveva lasciata inavvertitamente cadere, scusandosi con tutto il cuore per averla scheggiata, gli era parso che fosse proprio così. Era solo una tazza, perché quella stupida ragazzina se la prendeva tanto per un pezzo di ceramica?

Ma si era reso conto molto presto che quella non era più una semplice tazza. Da quando Belle l’aveva scheggiata, lui aveva preso a guardarla con occhi diversi; era sempre quella tazzina sbeccata che sceglieva all’ora del thé, sempre quella che riponeva per ultima e con più cura nella vetrinetta in fondo al salone, e sempre quella che, quasi senza accorgersene, si ritrovava una volta di più a rigirarsi fra le mani come se si trattasse di un cimelio di inestimabile valore, toccandola con una delicatezza non da lui. Ed era stata quella tazzina, fra tutte, che aveva risparmiato in quella notte di rabbia e dolore, e quella tazzina che aveva estratto dalla vetrinetta e aveva collocato al posto d’onore, il giorno in cui la Regina gli aveva detto, con freddezza e cinismo, che il suo amore se n’era andato per sempre.

Ora, la tazzina sbeccata lo stava fissando, e Rumpelstiltskin riusciva a scorgere il suo bordo scheggiato alla luce del camino acceso. Non aveva più ritrovato il pezzo mancante. Belle non si era curata di raccoglierlo da terra – era talmente piccolo, quasi invisibile – e lui aveva provato a cercarlo, ma non l’aveva mai trovato.

Erano entrambi soli, lui e la tazzina, entrambi fermi in un castello buio e vuoto. Entrambi in cerca del loro frammento perduto.

Quello sarebbe stato il primo Natale che lui e Belle avrebbero trascorso insieme. Quando l’aveva fatta prigioniera – l’aveva voluta in cambio di un aiuto per suo padre, un accordo degno di un vero mostro –, non aveva pensato che, presto o tardi, sarebbe arrivato Natale per loro due e, se anche l’avesse fatto, certo non si sarebbe preoccupato di lei, non si sarebbe chiesto se avrebbe sofferto, lontano dalla sua famiglia. Gli occorreva una governante, nulla di più. Ma aveva fatto male i suoi conti.

Già, c’erano state un sacco di cose che non aveva calcolato, con Belle. Sin dai primi giorni, si era reso conto che avere quella ragazza in casa propria, un altro essere umano con cui condividere le giornate, si sarebbe rivelato più difficile del previsto. L’aveva trattata in maniera ignobile all’inizio, e scostante e indifferente in seguito, per mascherare il fatto che non sapeva affatto come comportarsi con lei. Ma Belle non si era lasciata intimidire, e gli aveva risposto sempre con una dolcezza e una gentilezza disarmante – altro fatto che non aveva in alcun modo calcolato.

E ora, ora che se n’era andata per sempre, avrebbe dato qualsiasi cosa per poterla riavere indietro, per poter fare quello che non aveva avuto il coraggio di fare prima, tenerla fra le braccia e dirle che l’amava, così, semplicemente, senza preoccuparsi di niente e di nessuno all’infuori di loro due.

Per un attimo, aveva creduto che, con Belle, avrebbe potuto ritrovare quella magia che da tempo aveva perso, che gli era stata tolta insieme a Baelfire. Entrambi, Belle e Baelfire, avevano avuto ragione: era solo un codardo, nient’altro che un codardo. Ma se in quel momento Belle avesse aperto la porta del salone, non importava come e perché, allora Rumpelstiltskin sapeva che avrebbe avuto il coraggio necessario per amarla.

Si diresse verso il luogo dove aveva posto la tazzina scheggiata, e la prese in mano, reggendola con tutta l’attenzione e la delicatezza di cui era capace. Era l’unica cosa che gli rimaneva di Belle. La tenne fra le mani a lungo, quindi ritornò alla finestra. La neve non aveva smesso di cadere, ma Rumpelstiltskin riusciva comunque a scorgere qualche stella che si faceva strada fra le nuvole. Sentì una lacrima sfuggirgli dalle ciglia, ma non si curò di asciugarla. Fra le mura del suo castello era protetto, nessuno avrebbe potuto giudicarlo. Ma Belle non l’avrebbe fatto, in ogni caso.

Guardò la tazzina, quindi di nuovo il cielo stellato e solcato da fiocchi di neve. Se esprimevi un desiderio alle stelle, loro ti ascoltavano. Ma non lui. Nessuno avrebbe ascoltato le preghiere dell’Oscuro e, se anche le cose fossero state diverse, il suo desiderio non avrebbe mai potuto essere esaudito.

Chinò il capo, accostando le labbra alla tazzina.

Era l’unica cosa che desiderava, pensò. Desiderava che Belle tornasse da lui, non importava come, ma che tornasse, e lo amasse ancora.

Rumpelstiltskin non se ne avvide, ma nel cielo una stella, più splendente delle altre, ebbe un breve scintillio.

 

***

 

Quell’anno la neve era talmente in ritardo che sembrava quasi non dovesse arrivare, ma alla fine l’aveva fatto. Ed era arrivata proprio quella sera, la sera della Vigilia di Natale.

Belle l’osservava dalla finestra, seduta sul letto della stanzetta che aveva affittato, in una locanda a buon mercato che aveva trovato in città. La cena era stata servita da un pezzo, ma lei non aveva voglia di scendere. Non aveva fame; eppure, sapeva che avrebbe dovuto mangiare qualcosa, perché quello, probabilmente, sarebbe stato l’ultimo pasto decente che avrebbe avuto per molto tempo. Il poco denaro che aveva con sé stava cominciando a scarseggiare, e Belle sapeva che avrebbe dovuto fare qualcosa, se non voleva ritrovarsi in mezzo ad una strada.

Ma non voleva pensarci, non quella sera. Era il primo Natale che trascorreva da sola. Ricordò con un sorriso com’era quella ricorrenza, al castello di suo padre. Re Maurice dava sempre una gran festa, con un banchetto sontuoso colmo di ogni prelibatezza – datteri ripieni di formaggio, porri con le noci, cervo in salsa di ribes, e poi dolci, torte, frutta candita, non quelle disgustose minestre di patate che da giorni le propinavano alla locanda. E poi, c’erano sempre tante decorazioni, festoni, ghirlande, vischio appeso ad ogni porta da cui lei puntualmente fuggiva prima che a Gaston venissero in mente idee bizzarre. Si rideva, si parlava, e si ballava. Già, le danze nel grande salone illuminato le mancavano tantissimo. Certo, era molto difficile trovare un cavaliere degno: suo padre era un ballerino rigidissimo, e poi diceva che danzare non si addiceva alla sua posizione; quanto a Gaston, era troppo impacciato per muovere un passo di danza qualunque senza pestarle i piedi. Ma alla fine si divertiva sempre, anche se si ritrovava a ballare da sola, con gli occhi di tutti puntati addosso mentre si chiedevano se la principessa non fosse impazzita.

Il Natale, al castello, era sempre stato così; divertente, per certi versi, ma a Belle era sempre mancato quello spirito e quel calore che ti spingeva a stare con la tua famiglia, a goderti i momenti speciali come quello insieme alle persone che amavi. Sua madre era morta nel darla alla luce, e suo padre era un uomo buono, ma molto severo e poco incline alle tenerezze, senza contare che il palazzo era sempre così ghermito di gente, perfino a Natale, che per lei era impossibile spendere un solo minuto da sola insieme a lui. I suoi doveri di re lo tenevano sempre lontano, ed era raro che avesse qualche minuto per lei, e questo valeva anche per Gaston. Il suo promesso sposo non era un uomo cattivo, ma era troppo ancorato a quell’ideale di cavaliere che non si lascia coinvolgere o intenerire da cose che giudicava superficiali e appartenenti al mondo femminile. L’intera Vigilia trascorreva fra inchini e convenzioni, e alla fine lei si ritrovava da sola, seduta in un angolo ad osservare la gente che rideva e scherzava intorno a lei.

Erano passate due settimane, da che aveva lasciato il Castello Oscuro, ma ancora non era ritornata dalla sua famiglia. Sapeva che non avrebbe mai potuto ritornare a casa: l’aver vissuto così tanti mesi insieme all’Oscuro avrebbe comportato troppi rischi. Tutti nel regno sapevano chi era Rumpelstiltskin e che cosa aveva fatto e, se anche suo padre avesse potuto passare sopra al rapporto che loro due avevano avuto, ciò non sarebbe valso anche per i sudditi di Re Maurice. Se prima era stata una principessa amata, ora tutti l’avrebbero guardata con timore e disprezzo, e le cose non avrebbero tardato a degenerare.

E ora lei era lì, in una squallida locanda, senza soldi e sola la Vigilia di Natale. Quando era stata fatta prigioniera, questo non le era pesato troppo: il Natale al castello era sempre stato una giornata pesante e ben poco piacevole, trascorrerla da sola non avrebbe fatto alcuna differenza. Aveva cambiato idea quando anche i rapporti fra lei e il suo carceriere erano cambiati. Belle aveva iniziato ad accarezzare l’idea di trascorrere il Natale in compagnia di Rumpelstiltskin chiedendosi come sarebbe stato. Era sicura che sarebbe stato piacevole, molto meglio che al castello. Magari non ci sarebbero state decorazioni o balli – Rumpelstiltskin non era il tipo –, ma Belle sapeva che con lui sarebbe stata bene, si sarebbe sentita a casa, si sarebbe sentita…amata.

Belle sentì le lacrime salirle agli occhi; benché avesse lasciato il Castello Oscuro, non aveva avuto il coraggio di allontanarsene troppo. Ci aveva provato, ma non ci era riuscita. Se si affacciava alla finestra della locanda, poteva ancora scorgerne le torri che svettavano verso il cielo.

Quello che era successo continuava a perseguitarla, da sveglia e nei sogni. Eppure, quello che le aveva detto quella donna sembrava così vero! Un bacio di vero amore, ecco cosa serviva. Un bacio d’amore, per spezzare la maledizione di Rumpelstiltskin, e lei poteva farlo, si era detta, poteva farlo tornare l’uomo che era un tempo.

Le era parso tutto così semplice…Invece, Rumpelstiltskin aveva avuto l’ultima reazione che lei si sarebbe aspettata. Belle non sapeva se sentirsi addolorata o arrabbiata. Le aveva urlato contro, l’aveva accusata di avere finto per tutto il tempo…e poi, che cos’aveva farneticato di fronte a quello specchio? La Regina…Di che Regina stava parlando?

Più Belle ci pensava, più sentiva il suo cuore piangere. Era stata una stupida, ecco tutto. Aveva creduto che un mostro potesse essere umano, ma come aveva potuto essere così ingenua?

Perché non volete credermi?

Perché nessuno, nessuno mai, mai potrebbe amarmi!

Eppure…No, non poteva essersi sbagliata. Non era possibile che Rumpelstiltskin fosse davvero il mostro freddo e insensibile che voleva far credere. Belle ricordò improvvisamente lui che la prendeva fra le braccia impedendole di cadere, il suo sorriso simile ad un ghigno quando fingeva di prendersi gioco di lei, il suo sguardo quando le parlava di suo figlio, e poi quando l’aveva lasciata andare…

Non mi aspetto di rivederti ancora…

Perché l’avrebbe fatto, se non avesse avuto un briciolo di umanità? In casa sua lei era solo una prigioniera e una domestica, non avrebbe avuto alcun diritto di godere della stima e dell’amore del suo padrone…

Amore.

Belle era sicura che Rumpelstiltskin l’amasse. Oh, sì, ne era sicura ora come la sera in cui l’aveva baciato. Poco importava quello che dicesse, non era vero che lei non contava nulla. Le aveva detto che il suo potere era più importante di lei, ma non era così. Rumpelstiltskin aveva solo paura, ecco tutto. Paura di quello che provava, forse, paura che lei non ricambiasse il suo amore, ma quel che era certo era che lui l’amava.

Ma ora, che cosa poteva fare? Rumpelstiltskin l’aveva respinta; la paura aveva avuto la meglio sull’amore. E lei ora era sola, senza più nemmeno la speranza di poter rivedere di nuovo il volto dell’uomo che amava.

Una lacrima sfuggì dalle sue ciglia, infrangendosi sulla stoffa del suo vestito azzurro. In quel preciso istante, il bagliore candido della neve si tinse di azzurro.

Belle sollevò di scatto il capo, puntando lo sguardo verso la finestra. Una luce azzurra era sospesa nel cielo notturno, immobile a pochi centimetri dal vetro. Belle si precipitò alla finestra, aprendola con un colpo secco. La luce azzurra entrò nella stanza fluttuando, andandosi a posare sopra il letto.

Un secondo dopo, la luce divenne meno intensa, e al suo posto apparve una piccola fata vestita con un abito turchino. Belle rimase a guardarla per diversi istanti, perplessa, non sapendo se fosse il caso di preoccuparsi o no. Mosse appena le labbra come per parlare, ma subito le richiuse.

La Fata Turchina le sorrise.

- Non sembra un bel posto per passare il Natale, no?- disse, accennando alla stanza buia.

Belle scosse il capo come per riprendersi.

- C’è qualcosa che vorresti dirmi?- incalzò la Fata Turchina.

- Io…io…non credo di capire…- riuscì a gracchiare Belle.

- Beh, stai piangendo - indicò il viso della ragazza.- Quando qualcuno piange, c’è sempre un motivo, dico bene?

Belle si riscosse, asciugandosi velocemente gli occhi con il dorso di una mano.

- Non è niente…Solo un po’ di malinconia…- la guardò negli occhi.- Perché sei qui?

- Per esaudire un desiderio.

Belle rimase un attimo interdetta; quindi, abbozzò un sorriso di scuse.

- Mi dispiace, ci dev’essere un errore…- mormorò.- Io non ho espresso alcun desiderio.

- Tu, no. Ma qualcun altro, sì.

La Fata Turchina si sollevò in aria con le sue ali, avvicinandosi al viso della ragazza.

- Quando esprimi un desiderio la notte di Natale, questo si avvera sempre…- sussurrò.

- Ma…ma che cosa c’entro io?- domandò Belle.

- Il fatto è, mia cara, che la magia è molto potente, ma a volte non basta. A volte, perché un desiderio si avveri, bisogna essere in due, a volerlo.

Belle la guardò; quella Fata sembrava molto sicura di ciò che stava dicendo, ma lei non riusciva ancora a comprendere il senso di quelle parole.

- Ma non capisco…- mormorò.- Cosa c’entra tutto questo con me? Di che desiderio si tratta? Chi l’ha espresso?

La Fata Turchina le sorrise.

- Non ti viene in mente proprio nessuno, cara?

Era una domanda retorica; Belle si sentì avvampare, al suo pensiero, ma sostenne lo sguardo della Fata.

- Lui non ha bisogno di esprimere desideri - disse fermamente.- Quando vuole qualcosa, se la prende e basta.

- Perché possiede la magia. Ma come ti ho già detto, a volte non basta - rispose la Fata Turchina.- Ci sono cose che non possono essere conquistate con la forza, né con il potere. Ci sono desideri che si possono avverare solo volendolo intensamente.

- E di che desiderio si tratta?- incalzò la ragazza.

La Fata Turchina non rispose, limitandosi a sorriderle nuovamente, e i suoi occhi lasciavano intendere più di quanto Belle avesse voluto sapere. La ragazza stavolta non riuscì a sostenere il suo sguardo, e prese a fissare il pavimento, scuotendo il capo come se stesse cercando di scacciare un’allucinazione.

- Non è possibile…- soffiò, con una gran voglia di mettersi a piangere.- Non è possibile…Lui non può davvero volere me…

- Perché ne sei tanto certa?- la Fata Turchina le si avvicinò ancora di più.

- Lui mi ha scacciata!- sbottò Belle, sull’orlo delle lacrime.- Quando gli ho detto che lo amavo, lui mi ha urlato contro, mi ha rinchiusa in una cella e infine mi ha cacciata via dal castello, lontano da lui. Perché ora dovrebbe rivolermi con sé?

- Stasera ha espresso il desiderio di poterti rivedere ancora…che tu potessi essere insieme a lui il giorno di Natale…Anche se dubito che una sola giornata gli basterà - ridacchiò la Fata. - So leggere fra le righe. E dovresti imparare a farlo anche tu.

- Ma è tardi!- rispose Belle, fermamente, andando a sedersi sul letto.- E’ troppo tardi. Se mi voleva vicino, allora poteva pensarci prima. Mi ha cacciata via proprio quando gli ho detto di amarlo, proprio quando ho cercato di salvarlo dalla sua maledizione. Perché ora dovrebbe volermi indietro, se per tutto questo tempo non gliene è mai importato niente di me?

- Questo è ciò che pensi tu - replicò dolcemente la Fata Turchina.- Come fai a essere sicura che a lui non importi nulla di te, che non ti abbia cercato? Sono tanti, i casi della vita. Tu gli manchi, Belle, gli manchi più di ogni altra cosa, e lui stanotte ha desiderato di poterti rivedere. E’ per questo che io sono qui…- la Fata Turchina la guardò, seria.- Il mio compito è quello di esaudire i desideri, ma stavolta non posso farlo, non con la magia. Non posso costringerti a tornare al Castello Oscuro contro la tua volontà, Belle, ma posso solo dirti come stanno le cose. La scelta è tua. Ti consiglio di rifletterci attentamente: la tua decisione potrebbe determinare non solo la felicità di Rumpelstiltskin, ma anche la tua.

La ragazza aprì la bocca per replicare, ma la Fata Turchina non glielo permise. Il bagliore azzurro intorno a lei si fece più intenso, quindi lentamente cominciò a divenire più fioco. La Fata Turchina era sparita.

Belle rimase sola nella stanza buia.

Che doveva fare, adesso? Se era vero quello che aveva detto la Fata, allora forse Rumpelstiltskin si era pentito di ciò che aveva fatto. Tutta se stessa avrebbe voluto correre fuori da quella camera e precipitarsi al Castello Oscuro fra le sua braccia, ma il suo orgoglio la tratteneva. Rumpelstiltskin si era pentito, ma era anche vero che quando si era innamorato di lei aveva rifiutato di ammetterlo e l’aveva scacciata. Chi le assicurava che non avrebbe fatto lo stesso anche stavolta? Correva il rischio di fare la figura della patetica innamorata respinta che era tornata a elemosinare il suo amore, e di vedersi sbattere per la seconda volta la porta in faccia. Sarebbe stato un colpo che la sua dignità non avrebbe potuto reggere.

Ma c’era una strana voce in fondo al suo cuore che le suggeriva il contrario. Se Rumpelstiltskin aveva espresso il desiderio di rivederla, allora forse si era reso conto del suo errore, e non l’avrebbe ripetuto di nuovo. Aveva sempre pensato che il Vero Amore fosse fatto anche di seconde possibilità, sarebbe stato sciocco e ipocrita ricredersi proprio adesso. E poi, moriva dal desiderio di rivedere Rumpelstiltskin, di parlare con lui e di stare fra le sue braccia.

La tua decisione potrebbe determinare non solo la felicità di Rumpelstiltskin, ma anche la tua.

Forse la Fata Turchina aveva ragione. Forse sarebbero davvero potuti essere felici entrambi.

Belle prese un bel respiro, quindi si alzò in piedi e afferrò la mantella. L’indossò mentre scendeva velocemente le scale della locanda, e si tirò il cappuccio sul capo.

Quando uscì, il vento gelido ebbe la forza di farla arretrare di qualche passo, mentre si stringeva il mantello alla gola. L’aria fredda le penetrava nelle ossa, la neve non smetteva di cadere, e in capo a cinque minuti Belle aveva perso completamente la sensibilità alle dita delle mani. Ma non demorse. Battendo i denti, si avviò lungo la strada che conduceva al Castello Oscuro.

 

***

 

Il colpi sordi contro il portone d’ingresso rimbombarono nelle sale vuote e silenziose del castello. Rumpelstiltskin volse il capo nella direzione del rumore. Guardò un’altra volta la finestra: il tempo era peggiorato, ora la neve cadeva con più insistenza e aveva iniziato a tirare un vento gelido. Presto ci sarebbe stata una bufera, pensò. Chi diavolo poteva essere, la Vigilia di Natale, a quell’ora e con quel tempo? Sicuramente qualcuno di disperato. Solo i disperati venivano a bussare alla sua porta.

Rumpelstiltskin rimase qualche minuto in dubbio. Non aveva voglia di aprire la porta e iniziare a trattare l’ennesimo patto da cui, lo sapeva, avrebbe tratto il solito vantaggio, lasciando lo sventurato di turno ancora più disperato di prima. Stava giusto accarezzando l’idea di fingere di non essere in casa, quando i colpi al portone si ripeterono, più forti e più insistenti.

Rumpelstiltskin si decise ad andare ad aprire, non fosse altro che per non sentire di nuovo quei botti assordanti.

- Cosa c’è?- ringhiò, spalancando la porta, senza curarsi di nascondere l’irritazione. La smorfia di rabbia sul suo volto morì immediatamente non appena vide chi gli stava di fronte.

Belle era infagottata in una mantella troppo leggera per quel tempaccio, così come lo era l’abito azzurro che lui le aveva dato quando l’aveva fatta prigioniera. Era completamente bagnata, e pallidissima.

Rumpelstiltskin sgranò gli occhi; Belle era morta. La Regina, quella maledetta strega, gli aveva detto che si era tolta la vita. Non poteva essere, non era possibile che ora si trovasse lì di fronte a lui. Per un attimo si domandò se non si trattasse di un fantasma.

Quest’ipotesi, comunque, svanì un secondo dopo essere nata, quando Belle parlò.

- R-Rumpelstiltskin…- gracchiò, con una voce talmente flebile che all’Oscuro parve come l’esalazione dell’ultimo respiro. Questo bastò a riscuoterlo. Istintivamente afferrò la ragazza per un braccio e la tirò dentro, chiudendo in fretta il portone. Belle tremava come una foglia, e sembrava sul punto di svenire. Rumpelstiltskin la sostenne con le braccia, conducendola velocemente nella stanza accanto, dove un camino acceso riscaldava l’ambiente. Avrebbe voluto far sedere Belle su una poltrona, ma le gambe della ragazza non la ressero, e finì in ginocchio sul tappeto di fronte al camino.

Rumpelstiltskin le tolse di dosso la mantella, gettandola da parte sul pavimento: era zuppa per la neve, indossarla ancora le avrebbe fatto più male che bene. Belle continuava a tremare, e non diceva una parola. Rumpelstiltskin fece apparire una coperta e gliela avvolse intorno alle spalle. Con la magia, chiamò a sé la tazzina scheggiata colma di thé caldo e gliela porse. Quest’ultimo gesto, pensò, avrebbe potuto apparire come una beffa, ma non se ne curò troppo. C’erano troppe domande a cui avrebbe voluto rispondere: com’era possibile che Belle fosse ancora viva, perché fosse tornata da lui, se lo amava ancora…Ma per ora, doveva concentrarsi su di lei, impegnarsi per farla stare bene. S’inginocchiò sul tappeto di fronte alla ragazza, ben deciso a non lasciarla.

Belle aveva i capelli sciolti sulle spalle e scompigliati, e le guance arrossate per il freddo. Le mani le tremavano, mentre si portava il bordo della tazzina alle labbra, ma dopo qualche minuto il fuoco del camino, la coperta sulle spalle e il thé caldo sembrarono fare effetto. Belle smise di tremare, e iniziò a ritrovare un po’ di sensibilità agli arti.

- Grazie…- soffiò, bevendo un altro sorso di thé.

Rumpelstiltskin la guardò, assicurandosi che quello non fosse un sogno. Belle era lì, di fronte a lui, pallida e un po’ dimagrita, ma reale, con il suo viso dolce e i suoi occhi azzurri, bellissima alla luce emanata dalle fiamme nel caminetto. Rumpelstiltskin allungò meccanicamente una mano verso di lei, senza staccarle gli occhi di dosso. Le sfiorò una spalla, quindi le accarezzò brevemente prima una ciocca di capelli poi una guancia.

- Sei viva…- mormorò, mentre Belle lo guardava con aria interrogativa.- Credevo…credevo che fossi morta…

- Beh, ci sono andata molto vicina, là fuori…- disse Belle, abbozzando un sorriso; aveva parlato per scherzo, ma Rumpelstiltskin non sembrava averlo capito. Anzi, pensò la ragazza, sembrava che fosse sul punto di mettersi a piangere.

- Lei…- gracchiò Rumpelstiltskin.- Lei mi aveva fatto credere che tu…

- Lei, chi?- fece Belle, ma non ottenne risposta. Prima che potesse dire o fare alcunché, Rumpelstiltskin l’attirò a sé, stringendola in un abbraccio. Belle rimase interdetta; le parve di sentirlo singhiozzare, mentre affondava il volto nei suoi capelli.

- Non importa…- mormorò Rumpelstitskin, stringendola a sé. - Non importa più, adesso…

Belle si perse per qualche minuto nella dolcezza di quell’abbraccio, ma presto si staccò, guardando negli occhi l’uomo.

- Questo significa che hai cambiato idea?- chiese.

Rumpelstiltskin non avrebbe saputo dire se la ragazza fosse ironica, speranzosa, o arrabbiata; appariva talmente seria che perfino per lui – non aveva mai avuto difficoltà a capire come si sentisse qualcuno, quando lo guardava in faccia – risultò difficile indovinare il suo stato d’animo. Sicuramente era amareggiata, e in collera con lui, ma ancora non riusciva a spiegarsi perché fosse tornata.

Tuttavia annuì, senza smettere di guardarla. Non voleva perdersi nulla di lei, non più.

- Sono stato uno sciocco…- mormorò, studiando l’espressione della ragazza.- Non…non avrei dovuto trattarti così. Mi dispiace, Belle - aggiunse.- Mi dispiace per averti cacciata via, per essermi comportato come una bestia, con te…

Belle non rispose; si morse il labbro inferiore, abbassando lo sguardo. Quindi, tornò a guardare Rumpelstiltskin, e si sporse verso le sue labbra. L’uomo, però, la fermò. Il sorriso della ragazza le morì sulle labbra.

- Vedo che non sei cambiato per niente…- disse, e fece per alzarsi da terra. Rumpelstiltskin, però, la trattenne.

- No, aspetta!- la costrinse dolcemente a rimettersi seduta, quindi le prese il viso fra le mani, in modo che potesse guardarlo negli occhi.- Lascia che ti spieghi - sussurrò. Quando fu sicuro che la ragazza sarebbe rimasta, la lasciò.- Io ti amo, Belle. Ti amo più di qualsiasi altra cosa. Non è vero che il mio potere significa più di te. Ma…- esitò.- Ma la mia magia mi serve, Belle. Non posso permettermi di perderla. Il mio potere mi serve per ritrovare Bae…

- Bae?- ripeté Belle.

- Baelfire. Mio figlio - spiegò Rumpelstiltskin.- Ti ho parlato di lui, ricordi?

Belle lo guardò per un istante, perplessa.

- Ma…- obiettò.- Ma avevi detto che tuo figlio era morto…

Rumpelstiltskin scosse il capo.

- Ho detto che l’ho perso. Ma non è morto - disse.- E’ successo tanto tempo fa. Ero stato sopraffatto dal potere oscuro, che mi aveva cambiato. Non ero più l’uomo di un tempo, ero divenuto sadico e malvagio, e Baelfire l’aveva compreso, ancor prima di me. Così, cercò l’aiuto di una fata in modo da potercene andare in un’altra terra, una terra dove la magia non esisteva, e io sarei potuto tornare quello di una volta. Ma, quando venne il momento, io ebbi paura. Sono stato un codardo, Belle, lo sono stato per tutta la mia vita. Fu l’ultima cosa che mi urlò Bae, prima di scomparire.

Rumpelstiltskin fece una pausa; Belle non disse nulla, concentrata sulle parole che aveva appena pronunciata.

- Ho giurato a me stesso che un giorno l’avrei ritrovato, ma per farlo mi occorre il mio potere. Capisci ora perché ho perso la testa, quella notte?- Rumpelstiltskin le prese dolcemente le spalle.- Non mi perdonerò mai per averti trattata in quel modo, ma il potere oscuro aveva di nuovo preso il sopravvento su di me. Potrai mai perdonarmi, Belle?- chiese, e la ragazza avvertì una punta di disperazione nella sua voce. - Ti prego, Belle. Io ti amo, e non voglio perderti come ho perso Bae. Ti prego…

Belle rimase a guardarlo per diversi secondi, in silenzio; quindi, le sue labbra s’incresparono in un sorriso.

- Ma certo. Certo che ti perdono…- sussurrò. Si sporse verso di lui, e gli posò un lieve bacio su una guancia.- Mi accontenterò di questo, per ora - sorrise.- Ti aiuterò a ritrovare tuo figlio. Anch’io ti amo, Rumpelstiltskin. Permettimi di starti vicino. Permettimi di amarti.

Rumpelstiltskin le sorrise, stringendola nuovamente in un abbraccio. Belle sorrise, posando il capo contro la sua spalla e chiudendo gli occhi.

- Ti prometto che quando avrò ritrovato Baelfire le cose cambieranno - sussurrò Rumpelstiltskin, accarezzandole i riccioli castani.- Prometto che cambierò, Belle. Prometto che insieme saremo felici.

Belle non rispose, ma si strinse ancora di più a lui.

- Sai…- ridacchiò Rumpelstiltskin.- Stasera ho espresso un desiderio. Ho desiderato che tu fossi qui con me, per Natale…E ora, tu sei qui…

Belle rise contro la tua spalla.

- Sì, sono qui. E resterò, Rumpelstiltskin.

D’un tratto, entrambi sentirono il rintocco di un orologio in lontananza. Belle e Rumpelstiltskin si guardarono negli occhi. C’erano solo una stanza spoglia e un camino acceso, ma a loro non importava. Perché quello era il Natale migliore che avessero trascorso dopo molto tempo.

Era il loro Natale.

 

FINE

 

*testo canzone Wishing on a star, da 10th Kingdom

 

Angolo Autrice: So che con questa ff sono spaventosamente in anticipo con le stagioni, ma io sono fatta così: finita l’estate, inizio già a pensare alle vacanze di Natale XD. Anyway, sono tornata al caro, vecchio, noioso e melenso happy ending, signore e signori! XD.

So che avendo tre long in corso dovrei concentrarmi su quelle, ed evitare di sprecare tempo ed energie per insulse one-shot come questa, ma che ci volete fare? Quando l’ispirazione chiama, chi sono io per non rispondere?

Questa storia è il trionfo della fluffosità. C’è fluff da tutte le parti, lo so. Ma d’altronde Belle e Rumpel ispirano tutta questa fluffosità **Ma quanto sono carini?!**. Ehm…sì, dunque…Chiedo scusa se non è granché, ma l’ho scritta oggi di getto al lavoro durante la pausa pranzo, quindi…

La dodicesima puntata di Once upon a time è la mia preferita, nessun dubbio in merito, e non ho niente da ridire su di essa, se non fosse finita com’è finita molto probabilmente l’intera stagione sarebbe stata meno avvincente, e poi sono curiosa di vedere come continua la storia fra i due nella seconda stagione…Però, beh, chi mi conosce sa che sono un’inguaribile romantica, e il mio amore per l’happy ending non s’è mai estinto, quindi…ecco il risultato. Per chi la segue, aggiornerò presto Once Upon a Time in Storybrooke: Beauty and the Beast, e questa one-shot è in attesa della seconda stagione di OUAT **Troppo lontano ‘sto 30 settembre, grrr!**, nell’attesa della quale credo che mi limiterò a vedere e rivedere fino allo sfinimento alcune puntate della prima (giusto per citarne alcune: “Skin Deep”, “Skin Deep”, “Skin Deep”, “Skin Deep”, “Skin Deep”, e ancora “Skin Deep”), sperando che anche Belle e Rumpel trovino il loro lieto fine…perché in caso contrario registi, produttori e sceneggiatori avranno un incontro ravvicinato del terzo tipo con la mia inseparabile mazza ferrata XD!

Fine degli sproloqui, giuro. Grazie a tutti x aver fatto un salto qui. Se mi lasciate anche una recensione, grazie il doppio :).

Ciao!

Dora93

  
Leggi le 8 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: Beauty