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Autore: aryasnow    07/09/2012    3 recensioni
La storia dei Borgia centrata sui tre fratelli Cesare, Juan e Lucrezia.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano passati mesi da quella notte, Lucrezia e Cesare si erano amati con passione e continuavano a farlo.

Le incertezze e le paure di lei erano tutte rivolte a quell'uomo sconosciuto che avrebbe dovuto sposare a breve per volere del padre. La giovane ricordava bene le parole del fratello sussurratele dolcemente ma fermamente poco prima che l'alba insorgesse cauta per svegliare l'intera città di Roma: “Farò di tutto per proteggerti sorella mia, non sposerai nessun rozzo signorotto solo perché nostro padre ha deciso così. Lucrezia questa è la tua vita, non la sua. Si risolva i suoi problemi politici senza sfiorare la mia dolce sorellina.” Aveva detto Cesare. Eppure Lucrezia non credeva più nel fratello, non l’avrebbe salvata dall’essere mandata in sposa ad un uomo che non conosceva, che non amava. L’idea della favola dove il bel principe cerca in tutti i modi di riavere la sua principessa e di salvarla dalle grinfie di qualche strega maligna si era frantumata proprio come un vaso di finissimo cristallo si rompe quando viene gettato in terra. I pezzi del lucente vetro che Lucrezia immaginava non erano altro che i suoi ricordi, la sua vita. Per certi versi quei ricordi erano taglienti proprio come il vetro, ma pur sempre ricordi. Il dolore dei primi anni di vita senza il padre, la felicità di addormentarsi tra le braccia forti di Cesare, le risate con Juan e le giornate passate a raccogliere fiori colorati da donare alla mamma con il fratellino più piccolo. Lucrezia aveva paura di sposarsi, era terrorizzata. E se tutti questi ricordi frantumati sarebbero stati spazzati via per sempre? La dolce ragazza aveva paura di crescere, ecco cosa.

Se ne stava lì seduta, su una scomoda panchina in pietra, tormentandosi i con le dita riccioli color oro che le inondavano il viso spento. Lo sguardo era basso, perso nel nulla. Una lacrima, poi un’altra e un’altra ancora. Fiumi in piena nascevano dai suoi occhi e sfociavano sulle sue rosee guance.  “Se continui così, mia dolce figliola, non ti rimarranno più capelli in testa!” – Esordì il padre che aveva visto la figlia seduta da tempo sola e con aria cupa – “Padre io.. io non voglio sposare Giovanni Sforza. Non lo amo e non sarò mai una buona moglie se non nutro sentimenti nei suoi confronti. Come posso essere una madre amorevole se i nostri figli non sono frutto dell’amore tra me e mio marito? E poi padre..io non so come.. intendo dire che no ho mai.. – La figlia del Papa interruppe la frase con un tono di voce sofferente e spezzato dagli imminenti ruscelli di lacrimante – “Mai amato nessuno? Mio dolce bocciolo, tu imparerai ad amare tuo marito col tempo, proprio come tantissime altre donne hanno iniziato ad amare dopo il matrimonio. Non far sì che tali preoccupazioni gravino sulle tue gracili spalle, non tramutare dolci sogni in tremendi incubi. La tua famiglia sarà sempre al tuo fianco Lucrezia, ma tu devi sposarti non solo per il bene delle persone che ami ma per Roma. Per la povera gente che la abita. Crediamo in te mia dolce farfallina, no ci deludere”.  Le parole del Papa risuonarono per ore nella testa di Lucrezia “io so amare” pensava,  “ci sarà sempre e solo Cesare, nessun’altro uomo sulla faccia della terra” si diceva. Il destino di Roma era davvero sulle sue spalle, con il  matrimonio il Papato avrebbe rallentato la discesa del Re francese in Italia, è vero, ma vivere lontano dalla sua famiglia con un uomo rozzo come Giovanni era un prezzo equo da pagare?

Amo la mia famiglia, devo farlo per loro.” Fu la risposta della giovane a tutte le sue paure e ai suoi timori.

Quattro giorni dopo Roma era in festa. Fiori bianchi, rosa e lilla adornavano le finestre della città, nastri colorati svolazzavano accompagnati dal dolce vento che segnava l’inizio dell’inverno e musicisti suonavano i loro strumenti  rallegrando l’aria. Tutto era pronto, la Chiesa scintillava di luce propria per via dell’oro che rifiniva qualsiasi oggetto presente e Giovanni Sforza  era in piedi rivolto verso il Papa che avrebbe celebrato la cerimonia. Era un uomo alto e tozzo, a primo impatto non sembrava essere molto intelligente e il suo sguardo era pieno d’odio, in netto contrasto con la sua bocca che accennava un sorriso. Camicia bianca con rifiniture in cuoio, giacca marrone chiaro di un materiale così pregiato che il Papa l’aveva visto solo indosso ai Re e una collana d’oro massiccio completava l’opera. Giovanni Sforza era indubbiamente un uomo molto ricco ma in quanto a bellezza Dio l’aveva punito.
 
La madre di Lucrezia, i tre fratelli e Giulia Farnese erano proprio seduti in prossimità dell’altare così da riuscire a carpire ogni minima smorfia di quell’ignobile uomo che la loro amata Lucrezia si apprestava a sposare. Cesare era teso e arrabbiato più degli altri componenti della famiglia, non riusciva a stare seduto composto tanto che si alzò varie volte per non dare l’impressione di essere troppo turbato al fratello Juan che gli sedeva affianco. “Secondo te la nostra amata sorella diventerà donna questa sera dividendo il letto con quel rozzo Sforza, oppure l’unica dote della figlia bastarda del Papa se l’è già fottuta qualcun altro?” – Chiese beffardo Juan al fratello che non gli prestò attenzione essendo ormai notevolmente nervoso e agitato. Juan aveva capito tutto, Juan sapeva tutto ma aspettava il momento opportuno per spifferare che cosa Cesare e Lucrezia facevano quando sparivano dalle camere del castello.

Una figura angelica apparve proprio all’entrata della chiesa, Lucrezia era notevolmente agitata e dai suoi occhi traspariva la tristezza che non dovrebbe gravare sulla vita di una così giovane ragazza. La luce del sole la irradiava come se tutto il mondo attorno a lei fosse spento e lei l’unica fiamma accesa. I capelli erano stati sistemati in uno chignon adornato da perle e piccoli fiorellini rosa, solo qualche ricciolo era stato lasciato libero di incorniciare il dolce viso color porcellana della ragazza. Le sue guance erano più rosee del solito, due orecchini emanavano una tale luce da far risplendere Lucrezia anche sotto il velo di pizzo bianco adornato con piccole perline. Il vestito era bianco avorio e i ricami lo facevano da padrone ma era la ragazza che lo indossava a renderlo così bello. Il colore dei suoi capelli si sposava benissimo con il vestito, con gli orecchini e con la fine collanina d’ora scintillante che portava al collo. Lucrezia era splendente.

Gli invitati alla cerimonia rimasero a bocca aperta come se avessero visto una dea scendere dal celo, anche Giovanni Sforza che non aveva mai abbandonato quella sua espressione arrabbiata per qualche secondo si sbalordì e ammirò la sua futura moglie. I fratelli giuravano di non averla mai vista così raggiante e la madre trattenne senza successo lacrime di gioia. Lucrezia si era avvicinata all’altare in modo così leggiadro che pareva avesse volato sino davanti al padre. Prima di iniziare la cerimonia il Papa si prese qualche minuto per ammirare la bellezza inaudita della figlia. Cesare cercò lo sguardo dell’amata sorella più volte ma solo dopo vari tentativi riuscì a catturarlo, “Sei bellissima” sussurrò Cesare, Lucrezia gli sorrise di rimando come mai aveva fatto prima.

Davanti a quell’altare c’era una ragazza a cui era stato chiesto di diventare  donna troppo precocemente ma lei aveva deciso di non deludere le aspettative del padre prendendosi quindi carico di una situazione più grande di lei. Salvare la sua famiglia dai francesi, questo era il suo obbiettivo. Ma l’animo di quella dolce ragazza così cordiale e regale giaceva ancora vivido in lei, per poco ancora. Sarebbe dovuta diventare una vera nobildonna molto presto, lontano dalla sua famiglia.

Poco dietro di lei era seduto un giovane cardinale che vedeva la sua amata esser portata via proprio sotto i suoi occhi, senza poter far nulla. Impotente, arrabbiato e tremendamente triste. Quel giovane cardinale aveva in comune con Lucrezia non solo l’amore reciproco che nutrivano, un misto tra passione e affetto fraterno, ma condividevano la dura sorte di essere cresciuti in fretta. La sorella per dovere mentre Cesare che scrutava il pavimento marmoreo con occhi profondi e spenti lo aveva fatto perché era molto più sveglio e scaltro di qualsiasi altro ragazzo della sua età. Non era riuscito però a salvare la sua sorellina da quell’uomo, e questo l’aveva fatto cadere in un buio che soltanto una luce calda e potete avrebbe potuto rischiarare: Lucrezia.

  
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