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Autore: CyanideLovers    11/09/2012    3 recensioni
sentire di provare qualcosa per una ragazza che non fosse Jenny era....come una sbornia.
Lo aveva completamente sconvolto;
quella sensazione....quella sensazione era diventato amore;
un amore bruciante che avvolte lo lasciava senza fiato.
Anche un povero diavolo ha diritto ad un'altra chance.
Julian, l'affascinante demone innamorato di Jenny, è tornato. dopo anni dalla sua morte è riuscito, neanche lui sa come, a tornare sulla terra. Trasformato in un essere umano si innamore di una misteriosa ragazza da gli ipnotici occhi viola. intanto una nuova minaccia è pronta a distruggere la pace che si è creata. un nuovo uomo ombra vuole vendicarsi per il tradimento di Julian e un nuovo gioco sta per iniziare.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Your Latest Trick







I don’t know it happened
It all took place so quick
But all I can do is hand it to you
And your latest trick
[Non so cosa sia successo/ è accaduto tutto così in fretta/ ma tutto quello che posso fare/ è fare I miei complimenti a te/ e al tuo ultimo scherzo]
Dire Straits- Your Latest Trick






 Si alzò di scatto, portandosi una mano alla bocca, tremante. Il suo orgoglio non glielo face ammettere, ma tremava dalla paura. La stanza era piccola ed accogliente, ma si sentiva ghiacciato, come se fosse appena stato scongelato.
-Impossibile.- sussurrò guardandosi i vestiti. Indossava di nuovo la maglietta di un azzurro stinto, i suoi capelli arruffati parlavano di almeno due ore di sonno profondo e agitato. Guardò l’orologio senza realmente vedere che ore fossero e scese le scale a due a due, sentiva le voci concitate di Tom e Dee, quella preoccupata di Jenny.
-Qualcuno avrà riscritto il suo nome.- sussurrò Michael, ragionevole.
-E chi mai avrebbe potuto riscrivere il mio nome?- domandò Julian apparendo come una furia. Due volte, era quello il massimo…solo due erano le opportunità che venivano date ai uomini ombra per rimediare a tutti i loro errori, e Julian li aveva sprecati, meritava la morte. Perché era tornato indietro? Non era possibile. Il ticchettio stridulo che sentiva nei sogni gli rimbombava nella testa, era accelerato…era tagliente come una lama di coltello. Si portò le mani alla testa, stringendo gli occhi ma il dolore era qualcosa di inimmaginabile, come se fosse caduto preda di un raptus che non gli faceva pensare ad altro che a quel rumore che sembrava fargli l’elettroshock.
-Julian, cos’hai?- Jenny gli corse incontro, mentre i suoi pensieri gli si presentavano come tanti frammenti sconnessi. Guardò verso di lei, ma non lei. Dietro i capelli biondi di Jenny La figura di Leanan si stagliava come una dea nera, tormentata e distrutta. Anche se lei stava distruggendo lui.
 Le irridi azzurre lo risucchiarono, l'oscurità lo chiamò a sè con forza irresistibile. Julian ne fu attirato come ferro da una calamita, ma la sensazione non fu di cadere in quelle profondità: fu di disgregarsi.
 Sentì il buio premere contro di lui, insinuarsi sotto la pelle.
L’immagine non è reale, e se gli uomini ombra fossero in grado di rendere reale ciò che non lo è?
 Il buio strisciò attraverso i muscoli, scollandoli. Riempì i vasi sanguigni, si fece strada nelle cavità delle sue ossa.
Elly, Jenny, Tom. Zach, Audrey, Michael, Dee, Summer
Gli inondò la mente, cominciò a scardinargli i pensieri.
Perdonatemi.
Il buio era freddo, freddo: divorava vita e calore e restituiva in cambio solo tenebra intatta.
Julian cercò di gridare: l'oscurità gli strinse la gola, si cibò del grido, lo ridusse ad gemito soffocato.

Poi si contrasse, si plasmò in immagini e volti incredibilmente concreti, e lui vi scivolò attraverso.
Non è reale.
Si aggrappò a quel pensiero con tutte le forze che le restavano.
Tutto questo non può essere reale.
(Devo credere)
Perchè se il buio e le immagini erano reali, allora il fantasma doveva essere lui.
Posso rendere reali i tuoi sogni più selvaggi.
E se non fossimo reali? E se questo fosse tutto un sogno, come lo capiresti?
Si alzò, puntando i piedi sul legno scuro.
-Non è reale.- disse con voce ferma, anche se in realtà tremava.
-Cosa dici Julian, noi siamo qui, sono con te. Cosa ti è successo?- La voce preoccupata di Jenny non gli arrivò, ma le sue parole si. Si voltò, senza darle spiegazioni e andò in cucina, prese il grosso coltello da cucina e tornò vicino al camino.
-Julian, posa quel coltello.- urlò spaventata Elly, quasi correndogli in contro.
-Non capisci? Tutto questo non è reale.- le disse, guardandola dritto negli occhi, viola e azzurro che si fondevano insieme creando colori mai visti prima.
Nessuno aveva notato Leanan che se stava in disparte a guardarlo, lo guardava intensamente e lui sembrava aver capito. Il dolore alla testa era diminuito, lasciandolo riflettere con più lucidità.
-Certo che è reale, ragiona.- insistette lei –Sei in casa mia, e io non capisco perché…ma è come se ti conoscessi da sempre, e ti sto dicendo che puoi rimanere qui se vuoi. Quindi ti prego non farlo.- i suoi occhi lucidi lo incantarono. E per un momento guardò la lama contro il suo stomaco, se si fosse sbagliato, probabilmente sarebbe morto.
-Proprio per questo è una finzione- sussurrò con sguardo triste.
-Non puoi ucciderti, qualsiasi cosa….la supereremo insieme.- pianse, senza sapere perché, forse per la sua impotenza o forse perché stava per perdere un ragazzo che amava da qualche minuto.
-E’ una vecchia leggenda: Se stai per morire in un sogno, ti svegli.- disse, deciso. Strinse ancora di più il pugnale tra le mani, la pelle tirata, le nocche bianche. -Anche se tu non te lo ricordi, ci siamo innamorati l'uno dell'atra.- disse guardandola, gustandosi la vista di quei meravigliosi occhi, forse, per l'ultima volta.
 Inspirò profondamente, rimanendo senza fiato quando il coltello perforò la carne.


*

Voglio svegliarmi.
Voglio svegliarmi.
Voglio svegliarmi.
Faceva freddo, il suo corpo immerso nell’acqua non rispondeva ai suoi comandi. Poteva controllare incubi di ogni genere e non riusciva a controllare il suo stesso corpo. Era indubbiamente ironico. Anche sospeso tra vita e morte le sue labbra si tesero in un sorriso da lupo, piccole bolle d’aria si sollevarono verso l’alto…o verso il basso?
I suo pensieri erano sconnessi, come se fossero stati tirati e separati uno ad uno, le uniche parole che riconobbe con lucidità furono “Voglio svegliarmi’”.
Aprì lentamente gli occhi, il sale marino bruciava e gli annebbiava la vista, ma tuttavia riuscì a vederla, la scritta sul fondo che lo scherniva con la sua immobilità.
GAME OVER.
“Quando dirò tre ti sveglierai” la voce di Leanan gli arrivò chiara e cristallina come se fosse accanto a lui. Strinse gli occhi facendo uscire altre bolle d’aria, non capiva le sue parole, si era pugnalato e quindi si sarebbe dovuto svegliare subito. Perché era immerso nell’acqua, allora? Perché sempre quell’elemento?
“Uno”. Non sentiva più freddo alle mani, riusciva a sentire gran parete del suo corpo, strane immagini gli scorrevano davanti a gli occhi, come se avesse vissuto più di una vita, invece di un’eternità.
“Due”. Si dice che quando stai per morire tutta la tua vita ti scorre davanti…ma non tutta. Per qualche ragione vedeva solo errori davanti a se. Il suo ricordo più orribile, il suo incubo. La fugace visione dell’uomo ombra che aveva inciso il suo nome gli arrivò come uno schiocco di frusta, mostruoso, con la pelle della stessa consistenza del cuoio, gli occhi completamente rossi ad eccezione delle irridi blu, la bocca allargata come quella dello stregato “Ricorda, anche tu diventerai così un giorno.”
“Tre”. Si sollevò di colpo dal letto scomodo, con una mano premuta contro la bocca per reprimere l’urlo che lottava per uscire dalla sua gola. La camera dove si trovava era piccola ed ingombra del letto matrimoniale e di due comodini, i muri erano ricoperti di carta da parati scozzese, così come la coperta sulla quale era sdraiato, il tappeto, il gilè sulla camicia bianca che indossava. Quando lo tirò per osservarlo meglio fece uno strano rumore, come se fosse stato appena inamidato. Strappò via, confuso, la targhetta con il prezzo della camicia, notando solo ora che in quella stanza tutto aveva un prezzo. Corse fuori da quella stanza assurda, constatando con sorpresa che non era proprio una stanza ma una di quelle camere finte nei negozi di arredo, con l’unica differenza che ce ne erano decine tutte identiche. Correva lungo la strada di una normale cittadina, ma senza incontrare anima viva, nessuno che in quell’assolato pomeriggio avesse qualcosa da fare. Si fermò al centro dell’incrocio, guardando per un momento le sue ombre che si estendevano in tutte le direzioni, confondendolo anche di più se possibile. Si sarebbe dovuto svegliare, ma allora perché era in quel luogo, che fosse un altro scherzo di Leanan?
Alzò la testa, i suoi capelli sotto il sole splendevano con mille riflessi color oro, gli occhi di un azzurro chiarissimo, che lo facevano sembrare un bambino.
SVEGLIATI. A caratteri cubitale, un piccolo aeroplano giallo  si trascinava uno striscione con le lettere dipinte di un nero lucido. Avrebbe voluto urlare, con rabbia ceca, che ci stava provando con tutte le sue forze ma che tutto ciò che faceva era inutile. Aveva il fiatone, e quella dannata cravatta non lo faceva respirare. Allentò il nodo, girando su se stesso lentamente e cercando di riconoscere quel luogo. Si accorse che nulla era cambiato e allo stesso tempo nulla era come prima.
Era davanti la porta della casa da qualche minuto, senza sapere bene cosa fare. Doveva suonare o aspettare che la porta si aprisse da sola? Il suo volto veniva deformato dallo spioncino, sentiva il torace alzarsi e abbassarsi a ritmo accelerato, con quel fastidioso tintinnio ancora nelle orecchie, e dei passi dietro la porta, delle chiacchiere distratte. Suonò, sentendosi per l’ennesima volta uno straniero in un mondo oscenamente ordinato. La porta si aprì dopo qualche istante con un sommesso cigolio. Elly lo guardava stranita, la bocca carnosa e morbida aperta in una muta sorpresa. Aveva il suo stesso identico gilet, ma dal taglio più femminile, sembrava anche più grande con i capelli lisci e anonimi, teneva la porta semi chiusa, aspettava che dicesse qualcosa…ma cosa?
-Ti conosco?- domandò con la sua voce argentina, oscurata dal velo di diffidenza che si usa con gli estranei.
-Sono io!- esclamò aprendo e facendo da parte la porta –Sono io, Julian-  ripeté.
-Non ti conosco.-rispose confusa, indietreggiando lentamente.
-Cosa?! Certo che mi conosci- La abbracciò ma lei iniziò ad urlare e lottare.
-Tom, Aiuto!- ecco di chi doveva essere l’altra voce che aveva sentito, forse lui lo avrebbe ascoltato. Ma quando arrivò il ragazzo, non lo guardò ne con lo sguardo carico d’odio che si aspettava ne disse una parola. Lo spinse semplicemente fuori dalla porta, chiuso in un inreale mutismo. Quello era il uo inconscio, si era arreso all’evidenza, e forse per questo che era solo. Lui era sempre stato solo, dalla notte dei tempi. Ma conosceva quei ragazzi come se fossero un suo braccio  avrebbe potuto immaginare centinaia di conversazioni. Forse il suo subconscio non li conosceva realmente… non conosceva neanche se stesso.
Il ticchettio aveva iniziato a rimbombare di nuovo nella sua testa, era come sentire delle campane a pochi metri di distanza. Corse cercando un altro indizio, ignorando il mal di testa, cercando di fari largo tra i vialetti ben curati della cittadina.
-Julian…- si voltò, qualcuno lo chiamava. Era una voce che aveva già sentito prima anche se in quel momento non avrebbe potuto dire dove l’avesse sentita. Veniva dalla sua sinistra, quasi si aspettava di vedere del fumo nero, uno manciata di oscurità così fitta da farti credere di essere morto. Ma tutto ciò che gli apparve davanti era la cittadina tranquilla e silenziosa, così luminosa da fargli venire i brividi.
-Julian…- A destra, questa volta veniva dalla sua destra. Era bassa e roca, come pietre che si strofinano l’una con l’altra per creare del fuoco. La normalità agghiacciante lo schiacciò, ma poi lo vide: sulla collina, grosse lettere bianche contornate di nero erano state sistemate da silenziosi e velocissimi operai. JULIAN, CHIAMA: 123-581-1321
Ad un solo isolato di distanza c’era una vecchia cabina telefonica, se fosse stato più lucido in quel momento, se avesse pensato a ciò che stava facendo,avrebbe potuto pensare ad una trappola di Leanan o degli uomini ombra, quegli indizi erano troppo facili da seguire.
Ma Julian non stava riflettendo. No, lui era puro istinto, qualcosa che non può essere governato dalla ragione. Aveva paura, certo. Perché perdersi nella propria mente può farti scoprire cose terribili, ma era anche incredibilmente euforico, vivo. Il cacciatore era diventato la preda e tuttavia si stava divertendo, focalizzò nella sua mente il momento in cui avrebbe affondato i denti nella pelle nuda di Leanan, il momento in qui avrebbe sentito l’odore vibrante del suo terrore. Prese la cornetta e infilò la mano nei pantaloni, ne estrasse una moneta, grossa e d’oro massiccio.
“Tutto ciò è dannatamente divertente” pensò con un sorriso bieco e ironico, facendo scivolare il doblone nella fessura. Quella nuova situazione lo aveva stupito, ma lui non rimaneva impressionato a lungo, si chiese con selvaggia curiosità chi avrebbe risposto al capo opposto. Di sicuro non Elly… forse Leanan.
-Pronto? Chi è?- domandò una voce identica alla sua. Una voce nata nelle tenebre, risuonava della musica degli elementi, come acciaio rivestito di velluto rosso.
-Pronto? Chi è?- ripeté Julian corrugando la fronte.
-Chi è?- chiese con maggior forza la voce infastidita, si fece più minacciosa.
-Mi è stato detto di chiamare questo numero- sussurrò con le labbra che accarezzavano la cornetta grigio chiaro –Il mio nome è Julian- aggiunse. Attese una risposta, ma dopo qualche secondo sentì una lieve risata, aveva l’impressione che le labbra della voce si fossero tirate in un sorriso da lupo, mostrando dei letali denti bianchi.
-E’ uno scherzo?- Domandò con ancora i rimasugli di una orribile risata. Julian strinse un secondo gli occhi, era l’identica domanda che avrebbe voluto porre a se stesso.
-No, no… io..- stava cercando di spiegare qualcosa che neanche lui conosceva, ma a voce interruppe sul nascere la loro conversazione, lasciando Julian a fissare la cornetta. Ma non si fece intimorire, si riprese subito, infilò un altro doblone e premette il tasto per chiamare il centralino*.
-Operatore?-
-Si?- la voce impostata e meccanica della nuova voce lo snervava, ma doveva fare in fretta e quindi chiuse gli occhi e ispirò profondamente.
-Ho bisogno dell’indirizzo di questo numero:123-581-1321- disse velocemente, domandandosi se fosse sua quella voce così stanca e roca.
 -Attenda un attimo- rispose. Sempre con gli occhi chiusi, provò ad immaginare cosa stesse facendo Elly in quel momento. Poi, si chiese, cosa stesse facendo lui in quel momento. L’ipotesi più plausibile era che stesse dormendo, e non era detto che fosse passato tutto il tempo che immaginava. Il tempo nei sogni è soggettivo, sembra che sia passato un anno e invece sono passati venti minuti.
-12358, Heloise Street- La voce fredda e calcolata lo scosse da quei pensieri. Iniziò a correre, l’unica cosa sensata da fare.

Il numero della casa ciondolava, facendo un rumore stridulo, come quello delle unghie contro una lavagna. La casa del nonno di Jenny, ovviamente. Poco importava che fosse impossibile che fosse a pochi isolati dalla casa di Elly, poco importava che fosse l’ultimo luogo nel quale volesse andare. Molte cose erano successe in quel luogo: era stato catturato da un mago che poteva considerarsi un bambino, gettato in uno sgabuzzino come qualcosa di vecchio,  sofferto per la vicinanza ai suoi antenati, stolte e mostruose creature pronte a schernirlo, e non si poteva dire che quel vecchio non avesse pagato il suo debito. Lì era morto, felice per la prima volta dopo tanto tempo. Quella casa trasudava peccato, magia, usurata dal tempo. Troppo a suo parere, porte e finestre erano sbarrate da grosse travi di legno, e la casa sembrava inesorabilmente sul punto di crollare in pezzi. Ma, come già detto, era del tutto inutile perdersi in inutili osservazioni, quella era la sua mente, quanto poteva essere logica la situazione?
Staccò dalla porta sul retro due o tre travi, giusto per passare, l’edera ormai secca doveva essere stata, un tempo, verde e combattiva, perché era riuscita ad insinuarsi fin dentro casa. L’interno era fatiscente, la carta da parati porpora era scrostata e penzolante, i pochi mobili rimasti consumati e divorati dalle termiti, il pavimenti ricoperto da un consistente quantitativo di polvere. Un piccolo CD era appoggiato su una scrivania sembrava chiamarlo. Lo inserì nel lettore sotto il televisore al centro della sala e aspettò.
-Salve, Julian.-
La voce argentina, il tono beffardo. Una donna demoniaca apparsa nel televisore della sua mente. Ironico, senza dubbio.
-Leanan- salutò con un lieve cenno del capo, il sorriso mesto, la posa arrogante.
-Ti diverte il mio scherzetto, uomo ombra?- domandò curiosa, gli occhi grandi e blu che si stagliavano nello schermo.
-Una vera noia… mi aspettavo qualcosa di più spumeggiante da parte tua.- Rispose insolente.
Leanan sorrise dolcemente, sembrava felice…. E triste.
-Sai, ho sofferto molto nella mia vita.- disse con sguardo basso.
-E ora cosa c’entra? Sai bene che il mio cuore non c’è spazio per la compassione- rispose duro.
-Sei così arrogante. Ma sapevo bene che tu non sei altro che un bambino che è stato lasciato da solo a marcire… hai aspettato silenziosamente che la tua anima e il tuo corpo si deteriorassero, hai cercato di assopire il tuo bianco facendo prevalere la tua anima nera.-
-Non osare!- urlò Julian –Io sono ciò che sono, non ho mai cercato di cambiare.-
-Ma davvero?!- riversò in quelle parole veleno e dolcezza, un gusto afrodisiaco per l’udito di Julian. –Ma allora perché hai cerato di salvare quella dottoressa così tante volte? Perché hai avuto paura di perderla, cadendo nell’oblio del terrore… TU uomo, come credi di poter ingannare un’ingannatrice che ha vissuto secoli e secoli prima di te?- disse piena di astio, astio che sembrava mascherare qualcos’altro.
-Perché.. io…- non sapeva cosa risponderle, perché lo aveva fatto? La amava, ecco perché…eppure si era spesso chiesto, anche con Jenny perché fosse l’unico della sua specie ad amare, era un uomo ombra e gli uomini ombra non provano simili sentimenti. La sua specie, tutta la sua specie, era nata dalla fredda pietra, un’orrenda manciata di rune gettate senza molta grazia. Erano condannati a deteriorarsi come frutta sotto il sole, che nessuno accoglieva.
-Tu la ami, vero?- domandò lei con la testa inclinata di lato, i grandi occhi blu profondi come fiordi norvegesi.
-Si-
-E non ti è mai venuto in mente che questo, tutta questa storia potesse essere un sogno?- domandò Leanan aprendo le braccia, come a voler abbracciare tutta la casa.
-Io… non ho riflettuto.- rispose distogliendo lo sguardo, odiava essere trattato come uno stupido, ma lui era il più giovane tra gli uomini ombra. In qualche modo ci era abituato.
-Desideri che ti spieghi le regole del gioco?-
-Illuminami.- ordinò scettico.
-Quando hai curato Tom, il tuo corpo ha preso le sue ferite, lo hai guarito ma il dolore non scompare mai, si trasforma, si trasferisce da un corpo all’altro, si cura ma non scompare.- disse seria.
-Questo lo so bene.-
-Ma tu hai voluto strafare, hai curato anche Audrey, e Michael… e Audrey era rimasta per troppo tempo nella stanza…ricordi?-
Julian annuì appena, iniziava ad essere tutto chiaro. Se si rimaneva troppo tempo in quella stanza rimanevi imprigionato nei tuoi stessi incubi…e non come nella casa di carta! Rimanevi rinchiuso nella tua stessa mente, condannato a rivivere per sempre i tuoi incubi peggiori. Julian ne aveva avuto un assaggio, vedendo morire nei modi più disparati la donna che amava.
-Noto dalla tua espressione che hai già capito. Sei rimasto imprigionato nella tua stessa mente, e hai vissuto i tuoi incubi più orribili.- disse dura –Tu hai paura, Julian. Paura d sentirti impotente… proprio perché sei sempre riuscito a controllate qualsiasi cosa. Ma gli uomini vengono spesso sottovalutati, eppure hanno una volontà di fuoco.- aggiunse.
Julian rimase in silenzio, colpito dalla veridicità di quelle parole.
-Era il tuo sogno, vero?-
-Cosa?- domandò apatico.
-Essere felice.- disse Lei con semplicità.
-Non è così… io…io…- non sapeva come formulare quelle parole, voleva distruggere qualcosa, come se nella distruzione potesse vedere il suo vero essere.
-Io non è che volessi essere felice, questo no. Volevo…salvarmi, ecco:salvarmi.- rispose infine, incerto.
-Salvare la tua anima nera come la pece?-
-Si-
-Quel labirinto, lo hai attraversato così tante volte, non ti sei mai accorto che ti assomigliava?-
-Assomigliarmi? In che senso?-
-E’ complicato, spaventoso, impossibile da capire….e tu,ragazzo mio, sei il più grande interrogativo che l’eternità mi abbia mai posto. Sei come un indovinello senza risposta. Eppure… allo stesso tempo sei semplice. Come fa un essere dalla natura distruttiva come la tua ad amare qualcosa?-
-Non lo so, me lo sono sempre chiesto.-
-Forse tu sei speciale.- aggiunse, con la bocca che si piegava in un dolce sorriso.
-Non dovevi spiegarmi il tuo scherzetto? Credo di meritarmelo.- disse voltando le spalle a quel sorriso che attraversava lo schermo.
-Così sei rimasto intrappolato nel tuo stesso trucco, intrappolare le persone negli incubi.- ripetè, cristallina.
-Ironico sopra ogni altra idea congeniata.- rispose asciutto, le braccia strette al corpo.
-Ti ringrazio- disse piegandosi in un inchino –Per questo tutto era così confuso. Ma sono sicura che una domanda ti preme più di ogni altra; ebbene ponila pure.-
-Elly è dunque morta nel labirinto?- al pronunciare quelle parole perse un battito. Sarebbe stato meglio morire che vivere con la consapevolezza di aver ucciso, con la sua presenza, Elisabeth.
-Anche il labirinto era un sogno. Io ti avevo invitato, in origine, di nuovo nel parco dei divertimenti. Mi hai uccisa nel faro.- Per tutto il tempo, lei era rimasta seduta. Ora invece, in piedi, anche se con le gambe tagliate dall’inquadratura, poteva vederla a figura intera. Il suo vestito bianco, di raso lucido, era macchiato all’altezza dello stomaco. Rosso, rosso sangue.
Ma Julian quasi barcollò per il sollievo, sapere che Elly era viva, la consapevolezza che lei fosse in qualche posto al sicuro, che non era l’estranea che non lo aveva riconosciuto era una sensazione indescrivibile... tanto che non poteva crederci.
-Questo non è possibile.- affermò con estranea assennatezza -Me ne sarei ricordato, sono un uomo ombra, so riconoscere un sogno quando ci sono dentro.-
-Sei molto giovane Julian, non puoi accorgerti di un sogno creato da me.- rispose dolcemente, ancora quel tono lo confuse, facendogli inclinare la testa. -Dimmi, quando l'hai vista ''per la prima volta'' non hai avuto l'impressione di averla già vista, di conoscerla da molto tempo? Non pensi di esserti innamorato troppo in fratta di lei?-
I dubbi che lo avevano attanagliato per un mese si sciolsero, come una matassa che veniva tagliata.
-Due anni. Siete stati insieme due anni prima che mi intromettessi.- sibilò -Ti è piaciuto il mio scherzo, uomo ombra?-
-Il tuo scherzo è stato memorabile, ma ho ancora una cosa da chiederti.- disse Julian, gli occhi che fiammeggiavano come falò azzurri –Perché hai fatto tutto questo?-
-Prima di risponderti, c’è una cosa che dovresti sapere.- disse lei seria.
-Cosa?-
-Devi ascoltare la verità dalle sue labbra- Tese una mano verso di lui, immergendola nello schermo, lasciandola passare con tutto il braccio per protendersi verso di lui.
A Julian non servì altra spiegazione. Leanan era la verità, si diede dello stupido per non averlo capito prima. Prese la sua mano, si immerse nei pixel dello schermo, lasciò che come un liquido si formasse intorno a lui.
La stanza completamente nera lo inghiottì. Nel suo colore, il nero, nel suoi elemento, l’oscurità, lasciò che la mente vagasse e si preparò a scoprire tutta la verità.





Hello!! come state carissimi?
Allora, ho una schiera di fan (mia madre e mia sorella, sigh) che mi stanno facendo la  ola per la velocità con cui sto pigiando i tasti!!!
che dire? spero di aver sciolto tutti i dubbi!
Mancano ancora solo due grandi segreti: Perchè Leanan ce l'ha tanto con Julian e qual'è il segreto di Elly (il meglio per ultimo)
Non so quanto ci metterò per pubblicare il prossimo (spero poco)  e poi volevo dire a ''Destruction'' che è liberissima di aggiungermi si Facebook, anzi mi fa molto piacere che tu me lo abbia chiesto cara! Anche perchè gente, mi dispiace dirlo, ma sparirò dalla circolazione per un po' quando finirò Stranger (sigh T___T mi mancherete *abbraccia tutti*)
Anyway, che sono queste facce tristi? Un megabacione!
Jessy ♥
   
 
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