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Autore: Daisy Pearl    12/09/2012    12 recensioni
Avete mai pensato che possa essere la cattiva la protagonista di una storia?
Marguerite non è nè santa nè dolce. Tutt'altro.
Lei sà giocare ad un gioco particolare, un gioco di sguardi ed è abituata a vincere.
Ma cosa potrebbe accadere se un paio di begli occhi verdi dovessero batterla per la prima volta in questo strano gioco?
Bè leggete e scopritelo!
Attenti agli sguardi!
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Gioco di...'
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 CAP 31

 
“Abbiamo vinto? Ma stai impazzendo?” Rob si voltò incredulo verso di me mentre gli ultimi frammenti di carta raggiungevano il terreno.
Gli sorrisi. “Mai stata più sana di così!”
“Cosa è successo precisamente?” aggrottò le sopracciglia nel chiedermelo.
 Non potei far a meno di sorridergli gioiosa.
“I libri sono distrutti, le fonti del potere non esistono più!”
Rob assunse un’espressione che denotava perplessità.
“Perché lo hai permesso? Quei poteri sono tutto, sia per te, che per Alan!”
“Ma non è gusto che sia così!” sussurrai quasi tra me.
Guardai il corpo esanime di Alan e provai una gran soddisfazione. Non avrebbe più potuto nuocerci.
Oddio, adesso parlavo pure al plurale, non avrebbe più potuto nuocermi.
“Era una trappola?” Rob era esterrefatto, come se non riuscisse a capacitarsi del fatto che il grande Alan era finito nella mia trappola, o forse non capiva come avevo potuto far cadere nella rete l’uomo che mi aveva cresciuta.
Invece che rispondere sorrisi. Era tutto finito. Non sarei più dovuta scappare e non avrei mai più dovuto temerlo. Era come me, alla mia altezza. Anzi, probabilmente io mi trovavo su un gradino più alto.
“Abbiamo vinto!” sorrisi stupidamente a Rob.
“Non hai vinto!” sbottò Rob
“E invece sì!” ribattei a testa alta beandomi della sua incredulità “Alan ha perso i poteri!”
“Non è vero!” sussurrò a mo di preghiera.
“Scommettiamo?” lo guardai con aria di sfida.
“Allora era vero quello che ci aveva detto Caren, che i tuoi poteri erano annullati!”
Annuii.
“Eppure tu prima hai resistito al comando di Alan, come hai fatto?”
Era qui che arrivava il bello.
“I normali umani tendono a fidarsi ciecamente di quella vocina interiore che hanno, la chiamano istinto, ed è così tremendamente comoda perché permette loro di prendere decisioni senza pensarci troppo. Non è facile scegliere e diciamo che Mr Istinto priva le persone di questa difficoltà!
Quando noi manipoliamo le mente e costringiamo qualcuno a fare qualcosa, quel qualcuno crede che la decisione sia imposta dalla propria coscienza ed è più facile seguirla piuttosto che metterla in discussione. Inoltre a loro non sembra nemmeno una cosa sbagliata quella che noi chiediamo di fare, anzi è qualcosa di giusto e razionale.
Perché, quindi, dovrebbero ribellarsi?
Io però sono diversa. Non mi sono mai abbandonata alla mia parte irrazionale, ma ho basato la mia vita su macchinazioni, piani e quant’altro, tutte cose che mi potevano dare la certezza che avrei vinto.
 Basavo la mia forza soprattutto sui miei poteri, anzi, solo su quelli, per me erano tutto! In realtà non avevo fiducia in me, ma nelle mie facoltà.
Una volta privata dei poteri tutto è cambiato. Mentre Alan mi stava ‘convincendo’ sentivo che era giusto ciò che lui mi chiedeva di fare, ma io non do mai ascolto alla mia coscienza o meglio, prima di farlo devo rifletterci, macchinarci sopra, pensarci!” lo avevo fatto anche quando Dave mi aveva mostrato l’altra faccia della medaglia “Così mi sono resa conto che era sbagliato e che dovevo resistere al comando! Non ricordavo perché, ma sapevo che era così, sono l’unica persona al mondo che non si è fidata della sua coscienza! Sono diffidente per natura!
Persino chi compie cattive azioni crede che la sua coscienza sia nel giusto, anche se essa gli dice che ha sbagliato, la coscienza ha sempre ragione! Io invece l’ho messa in dubbio nonostante il potere di Alan fosse molto forte. Diciamo che quella vocina era molto convincente.
Dovevo trovare la forza per riuscire a vincerla e quella forza era dentro di me. Non servivano i miei poteri per resistergli, ma semplicemente la mia volontà. Se io non volevo che lui mi condizionasse, lui non avrebbe potuto farlo, e sicuramente non volevo che lui decidesse per me!
 Volevo poter scegliere, non ho mai sopportato le decisioni imposte. Sapevo che ce la potevo fare. Per la prima volta ho avuto fiducia in me e non nei miei poteri e questo ha alimentato la mia volontà di resistergli e il mio raziocino.
Così ce l’ho fatta!”
Conclusi il discorso sentendomi fiera di me. Mi sentivo più forte grazie a quella nuova consapevolezza: valevo di più di semplici poteri psichici. Valevo di più come persona. Io che credevo di essermi sempre esaltata in realtà mi ero sempre sottovalutata. La mia forza ero io. E non c’è consapevolezza più bella al mondo.
I miei pensieri furono interrotti da un debole applauso che attirò la mia attenzione. Alan stava battendo le mani con uno strano sorriso sul volto, il sorriso di chi la sa lunga, un sorriso per nulla rassicurante.
“Bel discorso, sono quasi commosso!” mi schernì rialzandosi lentamente.
“Lo so che era un bel discorso, tutto quello che esce dalla mia bocca è bello!” sbottai guardinga. Chissà perché, ma il suo modo di fare non mi tranquillizzava per nulla.
Fece un mezzo sorriso e si pulì i vestiti dall’erba che si era attaccata ad essi.
“Ti ho educata bene!” continuò.
“A quanto pare sì!” concordai cercando di rimanere cordiale. Non avevo più nulla da temere, dopotutto i libri erano andati distrutti, non c’era motivo per agitarmi!
“E così ho perso i miei poteri eh?” disse semplicemente. Vederlo così tranquillo mi fece gelare il sangue nelle vene. Si sarebbe dovuto disperare, o come minimo mi avrebbe dovuta insultare e invece cosa faceva? Si limitava ad applaudire e a fare costatazioni inutili. Comunque era chiaro che aveva sentito tutto il discorso tra me e Rob.
Lo guardai come se fosse impazzito.
Ridacchiò.
“Ti stupisci della mia reazione Mar?” si finse perplesso “Non dovresti. Vedi, a differenza tua, io non ho mai posto fiducia solo nelle mie facoltà, ma soprattutto in me stesso!” gli occhi gli brillarono. Rabbrividii. Cosa stava dicendo?
“Con o senza poteri io sono sempre letale!” sibilò con un sorriso sinistro.
“I libri sono andati distrutti, ti è chiaro il concetto?” ghignai nel dire tali parole “Dovresti disperarti!” aggiunsi.
Mosse due passi nella mia direzione.
“Io credo che i poteri siano in uno stato di latenza!” si avvicinò maggiormente “Si trovano in te, in me, e in quello scemo del tuo amico!” indicò con un cenno della testa Dave che ancora giaceva svenuto sull’erba.
Ormai era di fronte a me. Potevo sentire il suo alito solleticarmi la pelle e, per questo, non riuscii a trattenere una smorfia. Feci qualche passo indietro per allontanarmi da lui, ma andai a sbattere contro il petto di Rob. Questi avvolse le dita intorno alle mie braccia in modo da farmi rimanere ferma. Non potevo più allontanarmi da Alan. Maledii entrambi.
“I poteri sono distrutti!” sibilai scrollando le spalle per liberarmi della presa di Rob “La tua idea è mera illusione!”
Alan rise. La pelle mi si accapponò ed egli arrivò così vicino da farmi sfiorare il mio corpo con il suo.
“Io credo che i libri siano stati distrutti, ma non il potere!”
“I libri erano la fonte del potere!” ribattei stringendo i denti mentre il mio cuore stupidamente batteva sempre più veloce “Persi quelli che ti rimane?”
“Il potere che è in te, Mar!” sussurrò sorridendo. Voltai la testa di lato per non sentire il suo alito sulla mia pelle.
“Vedi, tu non sei altro che un contenitore! Sai perché siamo diversi io e te?” non aspettò la mia risposta “Perché io credo in me da sempre! Mi hai tolto i poteri con uno sciocco inganno, eppure guarda ora! Chi ha il coltello dalla parte del manico?”
Qualcosa di freddo si posò sulla mia gola. Deglutii mentre il ritmo del cuore mi rendeva quasi sorda di fronte alle parole che Alan stava dicendo. Cercai di ritrarre la testa, ma ero bloccata dal corpo di Rob.
Alan aveva il coltello dalla parte del manico. Letteralmente.
L’uomo fece un mezzo sorriso leggendo la preoccupazione nei miei occhi.
“Vedo che comprendi! I libri avrebbero potuto insegnarmi molto, ma dopotutto so già fare un sacco di cose, credo che mi accontenterò! E presto riavrò i miei poteri!”
Si leccò le labbra come se avesse appena mangiato qualcosa di incredibilmente delizioso. Sbarrai gli occhidi fronte alle sue parole. Perché continuava a parlare di poteri?
“Non avrò più i poteri eppure sto per riprendermeli, con o senza libri. Questo perché ho giocato meglio le carte che avevo a disposizione Mar! ” sogghignò.
Si avvicinò al mio orecchio mentre io cercavo di divincolarmi dalla presa ferrea di Rob.
“Sei solo un contenitore Marguerite, eliminato il contenitore la forza sarà mia! Hai perso il gioco!” mi sussurrò con ironia.
Deglutii.
“Non preghi che io ti risparmi, Mar?” continuò ghignando. Le sue parole mi fecero recuperare un po’ dell’orgoglio che era stato sepolto sotto uno spesso strato di paura.
Mai!” sibilai a denti stretti.
Con la coda dell’occhio vidi Dave alzarsi. Il mio cuore si alleggerì di fronte a quella vista. I nostri occhi si incontrarono. Fu un attimo e lui sapeva già cosa fare.
Corse fino a raggiungere Alan e a scaraventarsi su di lui. Sembrava uno di quei placcaggi dei giocatori di baseball. Alan cadde a terra con Dave sopra di lui, ma non potevo perdere tempo ad osservare ciò che sarebbe successo dopo. Approfittai del momento per sferrare una gomitata nelle costole di Rob. Egli trattenne un lamento, ma lasciò leggermente la presa sulle mie braccia così io mi riuscii a liberare.
Mi voltai verso di lui e cercai di sferrargli un pugno sulla guancia, ma lui bloccò il mio polso a qualche centimetro dall’obbiettivo.
Scossi il braccio per liberarmi e lui aumentò la presa. Mi faceva male così socchiusi gli occhi nel tentativo di sopportare il dolore.
Gli tirai un calcio su un polpaccio, ma l’impatto provocò più dolore a me che a lui. Lo vidi sorridere.
“Tutto qui, Mar?”
Detestavo essere presa in giro in quel modo, dopotutto ero una donna non avevo la sua stessa forza fisica.
“Lasciami!” ordinai strattonando ancora il polso.
Rob non rispose. Fece girare il mio braccio intorno a se stesso in modo tale da portarlo dietro la mia schiena.
“Mi fai male!” sentivo tutti i muscoli tesi e questo mi provocava dolore. Rob piegò un altro po’ verso l’alto il braccio e il gesto fece uscire un maledetto lamento dalle mie labbra.
“Basta!” mugugnai trattenendo le lacrime che inevitabilmente minacciavano di fuoriuscire.
Sentii che Rob mi afferrava l’altro polso per poi portare il braccio libero nella stessa posizione dell’altro. Il dolore fu doppio.
Rise dei miei lamenti.
“Avete perso!” disse soddisfatto.
Non avevamo perso. Non mi sarei arresa mai.
Fu in quel momento che i miei occhi videro quello che non avrebbero mai voluto vedere.
 
 
 
Guardare Dave inginocchiato sull’erba non era un bello spettacolo. Alan aveva una ciocca dei suoi capelli corvini tra le dita e, tramite quelli, tirava indietro la testa di Dave in modo da lasciare completamente esposto il collo alla sua lama. Il coltello sfiorava la pelle del ragazzo e mi chiedevo quanto tempo dopo si sarebbe conficcato in essa. Il volto di Dave era sudato e pallido, tuttavia sembrava troppo stanco per reagire.
Catturai i suoi occhi con i miei e cercai di infondergli coraggio o, quantomeno, la forza per correre via e allontanarsi dal quel carnefice, ma negli occhi verdi di Dave, per la prima volta, non prillava più la speranza. In essi aleggiava  la cupa luce della disperazione e della rassegnazione.
Dave non poteva arrendersi, non lui. Io non mi stavo arrendendo. Ero immobilizzata da Rob che mi teneva le braccia dietro la schiena facendomi male, eppure avevo ancora lo sguardo fiero, ero ancora pronta a combattere, a dare speranza.
Dopotutto l’unico nostro errore era quello di aver creduto che, dopo la sparizione dei poteri, tutto si sarebbe concluso pacificamente, magari con una bella stretta di mano.
Tutto mi immaginavo, tranne quella terribile situazione.
“Vedi Mar? Mi avrai privato del mio potere, ma ora possiedo un’altra forza, quella dell’odio!” sorrise glaciale Alan mentre puntava gli occhi nei miei.
“Dovresti provarla sai? È inebriante e riesce a farti sentire…” si leccò le labbra mentre assunse uno sguardo da folle “…quasi un Dio, soprattutto in momenti come questo!”
Tirò maggiormente i capelli di Dave facendogli serrare le palpebre per il dolore.
Avrei voluto rispondergli in modo pungente, dirgli che lo sapevo perfettamente cosa voleva dire odiare davvero qualcuno, solo che ad ogni mia parola sbagliata Dave rischiava la vita.
“Non replichi Mar?” mi canzonò. Strinsi le labbra. Sapevo che l’unica cosa che voleva era farmi cedere, farmi aprire la bocca, solo per avere la soddisfazione di finire Dave sotto il mio sguardo. Probabilmente aveva capito che un po’ ci tenevo a quel ragazzo e che non mi sarebbe piaciuto vederlo morire per causa mia.
“Forse non dici nulla perché sai che ho ragione!” ridacchiò senza gioia mentre spalancava gli occhi. Sembrava che la perdita dei poteri lo avesse condotto sulla soglia della pazzia. L’odio che prima era controllato grazie alla forza nera, in quel momento era libero e senza controllo nel corpo di Alan. Gli annebbiava i sensi, rendendolo folle.
Solo in quel momento mi resi conto che probabilmente aveva iniziato questo percorso di autodistruzione e di pazzia da quando aveva visto le parole ‘ti amo’ uscire dalla bocca di Grace. Solo che lui non ne era stato il destinatario. L’amore può distruggere. Ce lo aveva sempre detto di non amare mai. Come aveva ragione. L’amore che aveva distrutto Alan adesso stava per distruggere la vita del suo stesso figlio.
Come avevo fatto ad essere così stupida? Eppure la soluzione non era tanto difficile da trovare.
Alzai lo sguardo fieramente e lo posai in quello di Alan, sorrisi.
“Lui…” e indicai Dave con la testa “…si chiama Dave Sullivan!” scandii con cura il cognome. Al solo sentire tale suono Alan perse lo sguardo folle. Aggrottò le sopracciglia e mi fissò come se non fosse sicuro di aver sentito bene. Sembrava spaesato. Alan spaesato, combinazione incredibile.
La sua reazione mi diede coraggio.
“E’ figlio di Grace Sullivan…” Alan sbarrò gli occhi al solo sentir nominare la donna che in passato aveva così tanto amato. Alla fine il diario di Grace si era reso utile perché mi aveva permesso di capire più a fondo la mente dell’uomo che mi aveva cresciuta. Era solo grazie ad esso se ero riuscita a capire che Alan era da sempre sulla soglia della pazzia, che era distrutto nel cuore e nell’anima, per quanto potessi reputarlo assurdo.
Continuai “E suo padre è Alan Sebastian…” marcai il suo secondo nome, di cui nessuno a villa lux era a conoscenza “…Black!” conclusi gloriosa.
Il coltello scivolò dalle mani di Alan, mentre i suoi occhi erano ancora nei miei.
“MENTI!” urlò in preda ad un improvviso quanto forte attacco di collera. Dave capì che ciò che avevo appena rivelato era anche un modo per distrarre Alan da lui, così si sottrasse alla sua presa scivolando lateralmente. Agguantò una pietra  e, digrignando i denti per lo sforzo, la scaraventò sulla testa dell’uomo.
In quegli istanti il volto di Alan fu teatro di molteplici espressioni. Dapprima sorpresa, dopo di che rabbia e infine dolore. Roteò gli occhi e cadde a terra svenuto.
Rob, da deficiente qual’era, si era distratto guardando la scena che gli si era parata dinnanzi agli occhi, dimenticandosi totalmente dell’ostaggio che doveva tenere immobile: io.
Sorrisi di fronte a quella opportunità  e piegai con forza una gamba all’indietro, in modo tale da tirargli una tallonata nelle parti intime.
Con un mugolio strozzato lasciò andare le mie braccia per portarsi le mani sul cavallo dei pantaloni, dopo di che si inginocchiò dolorante a terra.
“Dave, la pietra!” aprii il palmo e Dave vi posò il sasso che aveva tirato in testa ad Alan! Gli sorrisi per ringraziarlo e scaraventai l’oggetto sulla testa di Rob facendogli perdere i sensi.
Sopirai di sollievo e mi accasciai a terra. Dave si sedette vicino a me. Sentivo i suoi tentativi di calmare il respiro. Erano così simili ai miei.
“Mi hai salvato!” sussurrò tra gli ansimi.
Mi voltai verso di lui e senza pensarci gli buttai le braccia al collo.
Inspirai a pieni polmoni il suo profumo e sospirai sollevata.
Mi strinse a sua volta in una morsa che mi fece sentire protetta, al sicuro, a casa.
 Il mio primo vero abbraccio.
 
 
Trasportare i corpi svenuti di Alan e Rob all’interno della villa non fu facile, ma fortunatamente Josh ci diede una mano insieme ad Agatha. La donna era tornata in se dopo la distruzione dei volumi e aveva preteso spiegazioni, ma vedendo me e Dave pieni di lividi e sconvolti aveva deciso di mettere da parte la sua curiosità e di darci una mano. Vedere Agatha priva dello sguardo spento fu strano e normale allo stesso tempo. Mi fece sentire in colpa. Alan aveva portato via a quella donna almeno quindici anni di vita, periodo in cui era rimasta al nostro servizio. Tutto ciò perché lei aveva scelto male lo psichiatra da cui farsi curare.
Avevo anche recuperato la mia borsa che ormai conteneva solo il quadernetto scritto da Alexander. La posai sul divano in attesa che Alan si risvegliasse per potergli chiedere spiegazioni al riguardo.
Avevamo legato lui e Rob alle sedie, come loro avevano fatto con me. In quel modo non avrebbero potuto nuocere, almeno lo speravo.
Dave mi si avvicinò e mi lasciò un bacio sui capelli con fare protettivo. Automaticamente mi allontanai. Non avevo bisogno della sua protezione, né del suo sostegno. Era evidente che l’abbraccio che gli avevo dato in giardino lo doveva aver illuso fin troppo. Per me era stato un modo per scaricare la tensione, non una ricerca di protezione.
Lo vidi sorridere e ignorare il mio allontanamento. Probabilmente aveva capito che non ero il genere di persona che apprezzava quei gesti.
“Agatha sta chiamando la polizia!” mi informò.
Sospirai.
“Credi sia finita davvero o, quando si sveglierà, avrà un altro asso nella manica?” gli domandai osservando Alan.
“Credo che sia finita!”
“Come fai a dirlo?” rivolsi il mio sguardo a Dave. Fece un sorriso triste.
“Credo che ora come ora sia tutto inutile, è legato come un salame!”
“E se Josh e Agatha sono suoi complici?” essere diffidente era nella mia natura.
“Non lo sono!”
“Sei troppo fiducioso!” sbottai irritata.
“Sono così, prendere o lasciare?”
“Lascio!”
Sorrise come se fosse ovvio ottenere una risposta del genere da me.
Alan iniziò a mugugnare e a muoversi, poi improvvisamente sbarrò gli occhi e li richiuse immediatamente abbagliato dalla luce della stanza.
Pian piano i suoi occhi si abituarono e, quando capì di essere legato, sbarrò le palpebre e digrignò i denti.
Non potei far a meno di sorridere, dovevo prendermi la mia rivincita, dopotutto ero vendicativa per natura!
“Come ci si sente a stare dall’altra parte?” gongolai nel porre tale domanda. Dave scosse la testa sconsolato, ma ormai consapevole delle vari sfaccettature del mio carattere. Mi avrebbe lasciata fare senza interrompermi. Chi lo avrebbe mai detto che ci saremmo intesi così bene?
Alan mi guardò con astio.
“Dovresti ringraziarmi! Ti ho fatto riunire con tuo figlio!” continuai.
“Zitta Marguerite!” sussurrò.
“Il figlio del tuo amore!” il mio tono era canzonatorio.
“ZITTA MARGHERITE!” urlò facendo destare bruscamente Rob.
“Avuto dalla donna che non ti amava!”
“BASTA!” non fu Alan ad urlare, ma Dave.
Mi voltai verso di lui fulminandolo con lo sguardo. Non doveva essere dalla mia parte?
“Lei com’era?” sussurrò Dave ignorandomi. Oddio. Stava per iniziare uno di quegli stupidi momenti da famiglie appena ritrovate. Un tuffo nei ricordi. Che orrore.
“Perché dovrei risponderti ragazzino?” sibilò Alan riducendo gli occhi a due fessure.
“Perché sono sangue del tuo sangue!” Dave rispose con una punta di disgusto di fronte alla quale Alan ghignò.
“Era bella, era sexy ed era una gran puttana!” marcò l’ultima parola con la voce. Dave strinse la mascella tuttavia continuò a parlare tranquillamente. Dopotutto l’obbiettivo di Alan era quello di ferirlo, ma lui non gliel’avrebbe data vinta.
“Perché non ti amava Alan? Per questo era una puttana?” ribattè.
“Perché amava un altro eppure ha sposato me!”
“Non ti ha mai tradito!”
“Dubito!”
“Non lo ha fatto!” la voce di Dave era ferma e determinata.
“E sentiamo...” lo canzonò “Tu come lo sapresti?”
“Ho letto il suo diario!”
Alan sorrise come se avessi improvvisamente capito qualcosa.
“Oh! Quello di cui parlava Caren, interessante! Solo che a Caren non hai detto questo particolare vero?”
“Esatto!”
“Perché?” il sorrisetto che Alan si era stampato sulle labbra mi faceva venir voglia di prenderlo a schiaffi, sembrava che si stesse prendendo gioco di Dave.
“Perché mi fa schifo pensare di avere un padre come te!”
Dovette quasi trattenermi dal fargli l’applauso, non lo avevo mai sentito così irrispettoso. Tranne che con me, naturalmente.
Alan ridacchiò per nulla offeso dalle sue parole.
“Ho amato Grace più della mia stessa vita, eppure solo dopo la sua morte mi sono reso conto del grande errore che avevo commesso! La sua morte mi ha liberato dalla prigione dell’amore. La sua morte unita alla scoperta del suo amore per quel medico da strapazzo mi ha aperto un mondo. È grazie a tutto ciò se ho aperto il libro, se sono diventato l’uomo più forte del mondo, se mi sono goduto la vita negli ultimi vent’anni!”
Alzò gli occhi sbarrati per incontrare quelli di Dave. Lo sguardo da folle era tornato e riusciva a mettermi i brividi anche se sapevo che non poteva fare nulla.
“L’amore rende deboli, l’odio rende forti! E grazie a quella puttana di tua madre se io sono il detentore di un potere immenso!”
“Il potere è stato…” cominciai.
“Distrutto, lo so!” mi interruppe rivolgendosi a me “Ma io non parlo di un potere quasi magico, parlo di una forza interiore. Parlo dell’odio. Dovresti sentirlo Mar! E’ così inebriante!” era letteralmente estasiato.
Rabbrividii e distolsi lo sguardo.
“Quindi tu hai smesso di amare Grace…” continuai cercando di ignorare le sue parole.
Non aspettai una risposta. “…però hai voluto vendicarti, non è così?” proseguii.
Alan mi guardò con fare canzonatorio.
“Perché hai tenuto d’occhio il dottore dopo la morte di Grace?” gli domandai.
Fece un mezzo sorriso come se stessi dicendo delle assurdità.
“Cosa ti fa credere che io abbia tenuto d’occhio il dottore?”
Ghignai. Misi una mano nella borsa ed estrassi il quaderno di Alexander Greenwood, meglio conosciuto come il dottore, ricordato come l’odioso pseudozio di Dave.
“Questo gli appartiene!”
Alan sbarrò gli occhi.
“Era nella tua libreria! Vuoi dirmi tu che significa?”
Sorrise. “Margherite, la tua stupidità mi fa rimanere perplesso. Credi davvero che ti darò spiegazioni?”
Ghignai pronta a quell’evenienza.
“Mi chiedevo quando sarebbe giunta l’ora di darti un incentivo  per farti parlare!”
Afferrai un coltello da cucina che avevo chiesto ad Agatha di recuperare e glielo puntai alla gola.
“Ora parlerai?”
“Non lo faresti!” mi sfidò.
Aumentai la pressione della punta della lama sul suo collo.
“Hai presente la forza inebriante del’odio di cui parlavi prima? La provo nei tuoi confronti!” sibilai senza nascondere un sorriso glaciale.
Lo vidi deglutire preoccupato mentre cercava, senza successo, di allontanarsi.
“Ovvio che volevo vendicarmi. Lo tenni d’occhio per diversi anni aspettando l’occasione buona. Era un uomo che amava fare ricerche, passava tutto il suo tempo al computer, o ad interrogare persone su sciocche leggende! Lo reputavo un pazzo, uno sciocco. Ci metteva l’anima in quello che stava facendo, quindi ad un certo punto pensai che forse le sue ricerche erano davvero importanti. Quando vidi che le mise da parte capii che doveva essere giunto ad una conclusione così rubai il quadernetto.
Conteneva informazioni riguardanti una stupida maledizione che a detta sua aveva causato la morte di Grace e avrebbe provocato anche quella di suo figlio.
Aveva scoperto come romperla. Entrai nella sua testa e rimossi tutti i ricordi che riguardavano le sue ricerche, un po’ come ho fatto con Caren prima di mandarla via da qui!” dalla sua voce traspariva soddisfazione, era come se si auto compiacesse delle sue opere.
“Rimasi profondamente incuriosito dal fatto che la maledizione potesse gravare su quello che per metà era anche mio figlio, così decisi di recarmi da lui!” guardò Dave.
“Credo che il resto tu lo sappia! Adesso gradirei che tu mi togliessi il coltello dalla gola!” sibilò.
Allontanai la lama rendendomi conto solo allora di aver trattenuto il fiato. Sospirai.
“La polizia sarà qui a momenti!” dissi sorridendo in direzione di Alan.
Quest’ultimo sbarrò gli occhi. Gongolai per la sua reazione.
“Cosa?”
“Hai capito bene, la polizia!” ripetei.
Fece una risata sinistra “E cosa direte alla polizia?” il suo tono era canzonatorio.
“Che ci hai aggrediti!” risposi con semplicità.
“Mar, guardati attorno, qui quello legato sono io! A chi credi che crederanno? Alla tua denuncia di aggressione o alla mia?”
Risi di gusto nell’udire tali parole.
“Abbiamo noi il coltello dalla parte del manico ora! L’arma con la quale ci hai minacciati in giardino è stata afferrata  con un fazzoletto  in modo da conservarne le impronte digitali poste su di esso. Senza contare che sulla lama del coltello ci dovrebbero essere tracce del DNA di Dave!” il ragazzo aveva riportato un piccolo taglio sul collo, nulla di grave, solo una graffio, un graffio che era forniva la prova centrale per incastrare Alan.
“Come se non bastasse abbiamo due testimoni oculari oltre che ai lividi e ai tagli che confermeranno ogni cosa.” Gli sorrisi.
“Testimoni? Ma dai!” non ci credeva.
“Josh e Agatha hanno assistito a tutto a quanto a pare!” ribattei.
“Non è la verità!”
“Agatha non ha assistito davvero , ma Josh sì! Entrambi comunque testimonieranno contro di te!”
“Josh non lo farà!” asserì convinto Alan.
“Quando la nave affonda la ciurma la abbandona!” fu Josh a parlare dall’angolino della stanza nel quale si trovava.
Alan sbarrò le palpebre e lo guardò come se fosse un alieno.
“Se tu la uccidessi io riavrei i miei poteri!” gli rispose.
“I tuoi poteri non ti liberebbero da quelle corde!” ribattè semplicemente Josh.
“Ma potrei convincere qualcuno a farlo!”
“I tuoi poteri non tornerebbero ugualmente!” intervenni “Sono distrutti Alan, fattene una ragione!” mi stava davvero facendo venire il nervoso con la sua insistenza.
L’uomo mi fulminò con lo sguardo.
“RIDAMMI I MIEI POTERI BASTARDA!” urlò.
Sorrisi. Come ho sempre detto vedere Alan che perde la calma non è una cosa da tutti i giorni.
 


Ok, permettetemi una piccola, minuscola precisazione.
Mar, quando è tenuta prigioniera da Rob sta per piangere. Non lo prendete come un attimo di deboleza, è più una reazione normale: quando proviamo un dolore fisico intenso tendiamo a piangere, la sua è una reazione del tutto normale!

Ok, mancano due capitoli! Sono già scritti quindi vanno solo rivisti e credo che il prossimo arriverà per la fine della settimana.
Grazie di cuore a 
Seree_monique89shadowdustnancywallacedikeromakpi (benvenuta!!), SilviaXDDreamer_on_earthElle Chanel!!

Voglio rivolgermi adesso a tutti i lettori che in questi mesi sono rimasti nell'ombra: mi piacerebbe tantissimo se voi esprimeste il vostro parere, anche tramite messaggio privato. So che avete letto, ma vi piace ciò che leggete?? Avete consigli?

Daisy

   
 
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