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Autore: TheRedFox    13/09/2012    0 recensioni
"-Scusi mi può ripetere?- Sofia non poteva credere a quello che aveva sentito.
-Mi dispiace, ma non ho nessuna Karen Walker in lista-"
"Le grida erano strazianti, Sofia avrebbe voluto che cessassero, che la sua vita terminasse per far sì che non potesse più sentire la disperazione penetrargli dentro, ma non poteva..."
Genere: Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Karen! È pronta la colazione-
-Sì mamma, arrivo subito-
Sofia stava preparando la colazione che piaceva tanto a sua figlia. Uova e bacon.
La luce del sole filtrava dalle finestre irradiando tutta la cucina di una luce quasi mistica, sembrava di assistere ad una scena idilliaca.
Sofia stava sorridendo quando sentì un tonfo sordo e poi come se un peso morto rotolasse giù dalle scale.
Il suo volto cambiò immediatamente espressione e corse verso le scale.
Di fronte a lei, una scena agghiacciante.
Il corpo di Karen giaceva a terra, con le gambe piegate in maniera innaturale che prendevano direzioni opposte, un braccio giaceva senza segni di vita dietro la schiena, come se non fosse neanche più attaccata alla spalla.
L’abito che Sofia le aveva regalato per il suo compleanno, un grazioso abito ricamato in seta color candido, ora era lì davanti a lei in una matassa di stoffa e sangue.
La sua testa era rivolta verso le scale, i suoi lunghi capelli ricci color rame erano impastati con il sangue, che aveva creato una piccola pozza intorno ad essa.
Con un nodo alla gola, Sofia si avvicinò a lei lentamente, le sue mani tremavano e non riusciva a smettere di balbettare il suo nome.
Si inginocchiò davanti al suo corpo esanime, mentre con lo sguardo sconsolato continuava a chiamarla.
Rimase per qualche istante immobile, come se attendesse un suo risveglio, ma lei continuava a restare lì, ferma, mentre la pozza di sangue continuava a crescere, e crescere ancora.
Allora con la mano Sofia toccò la sua spalla, e lentamente la girò verso di lei.
Improvvisamente sentì afferrare la sua mano. Era la piccola e graziosa mano di Karen, ma la forza con cui la stava stringendo era inumana, le stava facendo male.
La sua testa si girò di colpo e Sofia urlò con tutto il fiato che aveva in corpo.
Il viso di Karen, il bel viso di sua figlia, era sfigurato, gli occhi erano diventati cerulei e le labbra color dei morti, il viso era ricoperto di sangue ed erano visibili le venature violacee.
-Mamma!-
 
Sofia aprì gli occhi d’istinto.
Una luce fortissima la investì in pieno, obbligandola a richiuderli immediatamente.
Protese una mano in avanti cercando di coprirsi gli occhi, ma aveva la sensazione che qualcosa le ostacolasse i movimenti.
Mentre lentamente riacquistava la vista, capì che la luce che l’aveva quasi accecata era quella di una sala operatoria.
Era sdraiata su un lettino ospedaliero, ed aveva una canula infilata nel braccio destro, alla quale era attaccata una bottiglia di vetro contenente un liquido rossastro, scuro, denso.
Che fosse sangue?
Al solo pensiero Sofia urlò e cercò di staccare la canula dal suo braccio. Era come se una sega fosse penetrata dentro la sua carne ed ora doveva cercare di estrarla.
Urlando dal dolore riuscì a sfilarselo, cercò di scivolare da un lato per mettersi in piedi ma cadde goffamente a terra.
Solo in quel momento capì che le avevano portato via i vestiti.
Sentiva il freddo pavimento sotto di lei, l’unica cosa che aveva addosso era la camicia data ai pazienti, quelle di plastica fine che non hanno nessun scopo se non a farti sentire ancora più nuda di quanto non lo sia.
Che cosa era successo? Dove si trovava?
Si guardò intorno.
Sembrava proprio una di quelle sale operatorie che lei aveva visto fino alla nausea nei suoi telefilm preferiti.
L’unica differenza era che in quella stanza c’era solo il letto, la luce e lei.
Non c’era nessun altro.
Cercò di alzarsi in piedi, troppe emozioni l’aveva turbata a tal punto che non riusciva neanche a controllare le sue gambe, ma doveva rialzarsi, aveva bisogno di capire, e con uno sforzo più grande di lei riuscì a rimettersi in piedi.
Si aiutò grazie al lettino, barcollava ancora un po’, ma era riuscita a mettersi in piedi.
Si guardò intorno con più attenzione.
La sala era proprio come se lo era immaginata. Spoglia, asettica, claustrofobica.
La luce fredda che irradiava la stanza rendeva l’atmosfera  ancora più inquietante.
Dall’altra parte la sua unica via di fuga. La porta scorrevole era aperta, lasciando uno spiraglio di speranza in lei.
Lentamente si incamminò verso la sua unica uscita, mentre con i piedi scalzi sentiva il freddo pavimento sotto di lei.  
  
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