La
dimisero dall’ospedale la settimana dopo.
I suoi
genitori erano andati a prenderla (erano stati in qualche modo condizionati ed
erano molto tranquilli, quasi sotto ipnosi) per portarla a casa.
A
salutarla c’erano tutti: Chichi; Genio; Goku; Gohan; Tartaruga (Emma non volle sapere come l’avevano
portata lì senza che nessuno se ne accorgesse); Crilin; Bulma; persino Vegeta! Mancava
solo…
“Non
è venuto, vero?”
domandò tristemente all’amica.
Questa
scosse la testa e la guardò preoccupata.
“Mi
spiace” le
disse.
Emma
scosse il capo e sorrise.
“Non
importa, va bene anche così.
Sono felice che siate tutti qui, vi ringrazio per tutto ciò che avete fatto per
me. Mi mancherete tutti” li
salutò.
Abbracciò
tutti i presenti uno per uno e si voltò per salire in macchina. Si fermò un
secondo, assalita da un dubbio.
“Che
fine ha fatto Jill?”
chiese.
Goku
sorrise e alzò il pollice.
“Stai
tranquilla, non darà più fastidio a nessuno” le
disse.
Sapeva
che non avrebbe avuto altra spiegazione e così si mise a sedere in auto.
Li vide
scomparire dal finestrino posteriore e li salutò mentalmente.
Quando
fu abbastanza lontana, si mise a piangere.
Passarono
alcune settimane e Emma non riusciva ad essere felice. Le mancavano tutti i
ragazzi dell’isola; le mancava Bulma e la sua allegria; le mancava il mare; ma
soprattutto le mancava Junior.
Aveva
sperato di vederlo arrivare in volo più di una volta, ma poi si era arresa
all’idea che non sarebbe venuto. Le faceva un male atroce pensare che non
l’avrebbe mai più rivisto.
Mentre
dava da mangiare ai gatti fuori casa e si godeva l’atmosfera estiva (i suoi
genitori l’avevano fatta rimanere a casa, tanto la scuola sarebbe finita pochi
giorni dopo e lei aveva accumulato tanti giorni di assenza da poter fare alla
fine) vide in lontananza nel cielo un velivolo che conosceva bene. Sforzandosi
riuscì a distinguere Bulma alla guida che la salutava felice.
Quando
la navicella atterrò Emma si precipitò ad accogliere
l’amica.
“Bulma!
Mi sei mancata tanto!” la
salutò abbracciandola.
Ridendo
l’altra ricambiò l’affetto.
“Ciao
tesoro!
Come stai? Mi sembri molto più forte, adesso” si complimentò.
Un’ombra
passò negli occhi di Emma, che distolse lo sguardo.
“Stai
parlando fisicamente o emotivamente?” chiese triste.
“Non
si è fatto vedere, vero?” Emma
scosse il capo.
“Stai
tranquilla, ha le sue ragioni” la
consolò.
“Speriamo.
Come mai sei qui?” chiese poi,
ritrovando il sorriso.
“Ah,
giusto.
Sono venuta a portarti la partecipazione alla festa per la mia gravidanza. Puoi venire, vero?” la
implorò.
Vedendo
il suo sguardo Emma rise.
“Certamente.
Ormai sono in vacanza, ho tutta l’estate libera. Adesso si
vede un po’ di pancia” rispose.
“Stai
insinuando che sono grassa?” chiese minacciosa l’altra.
“No,
no.
Comunque non credo di avere problemi a venire all’isola per la festa”
Bulma
batté le mani.
“Bene,
perché è oggi pomeriggio.
Andiamo!” le disse prendendola
per un braccio.
“Cosa?
Adesso? E come faccio con i miei genitori?”
“Ci
penso io!
Genio!!”
chiamò.
Dalla
navicella scese il vecchio signore, sempre in bermuda e camicia hawaiana.
“Dimmi
Bulma”
disse.
“Devo
portare via Emma per la festa, puoi parlare tu con i suoi
genitori?
Tanto sai già cosa fare” gli
spiegò strizzando l’occhio.
Il
Genio entrò in casa e, pochi minuti dopo, uscì con il papà e la mamma di
Emma.
“Vai
pure, tesoro, e rimani con i tuoi amici quanto vuoi” la
rassicurò la madre.
“Certo,
e divertiti” si
raccomandò il padre.
La
ragazza era basita.
“Non
sono mai stati tanto accomodanti!” disse
stupita salendo sulla navicella.
“Non
hai mai usato il Genio e il suo condizionamento. Adesso dobbiamo proprio
andare”
“Condizionamento?” rise
Emma.