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Autore: bice_94    15/09/2012    2 recensioni
Inutile negarlo.
Stella sapeva di aver lasciato in quella città non solo un pezzo del suo passato, ma anche un pezzo di se stessa.
Un caso, un amore, scelte e conseguenze..
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mac Taylor, Stella Bonasera
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stella era arrivata sotto casa di Peyton e, mentre attendeva la dottoressa, aveva controllato diligentemente la scorta che si trovava dall’altra parte della strada.
Si rese conto di aver forse esagerato con Mac.
Eppure non era riuscita a controllarsi.
Sapeva che stava soffrendo, che era in difficoltà.
Peyton scese da casa e questo interruppe i suoi pensieri.
Il nervosismo glielo si leggeva in faccia e, non appena individuò Stella, si aggiunse anche un pizzico di fastidio.
Guardandosi intorno, la dottoressa entrò in macchina.
P: avete trovato dei sospetti?
Stella la guardò, analizzandola.
Era stanca, provata e infastidita.
La detective annuì leggermente.
S: si, a quanto pare. È per questo che stiamo andando al distretto. Dovresti avere un confronto.
Stella mise in moto, mentre l’abitacolo era ancora immerso nel silenzio più totale.
P: perché non è venuto Mac?
La dottoressa guardava fuori dal finestrino, mentre Stella la osservava ogni tanto, di sfuggita.
Stella sospirò.
S: sta lavorando su una pista. È più utile lì al momento.
Peyton si voltò con lo sguardo carico di rabbia.
P: sarebbe più utile accanto a me!
Aveva le lacrime agli occhi, mentre Stella spostò repentinamente lo sguardo sulla strada.
Aveva una strana sensazione.
Si sentiva nervosa, agitata.
Voleva solo arrivare al distretto.
Eppure un rumore sordo le fece gelare all’istante.
Peyton iniziò ad urlare.
La macchina perse stabilità.
Avevano colpito una ruota.
Stella sentì l’adrenalina pervaderle il corpo.
Afferrò saldamente il volante, cercando di riprendere la giusta traiettoria e fermarsi, ma un altro colpo, le deragliò definitivamente.
Tutto quello che avvenne dopo fu molto veloce.
Le urla di Peyton si mischiarono con lo stridere delle ruote con l’asfalto.
La macchina era ormai senza controllo.
Eppure il cervello di Stella rimase lucido.
Stava analizzando ogni secondo che in quel momento era a rallentatore.
Non aveva senso tutto ciò.
Infine il boato.
Per fortuna la macchina si fermò addosso ad un muro, urtando con la parte posteriore.
Il colpo fu forte e Stella si sporse per cercare di evitare che Peyton finisse troppo indietro con il busto e quindi in possibile pericolo.
Ci riuscì, ma sentì un dolore folle alla spalla.
Probabilmente lussata.
Aveva fatto un movimento azzardato, lo sapeva, ma aveva fatto una promessa.
Avrebbe protetto Peyton.
Stella strinse i denti sotto il dolore e finalmente tutto sembrò fermarsi.
Peyton continuava a piangere in modo incontrollato, mentre la detective si guardava intorno e analizzava la situazione, attraverso i pochi finestrini ancora intatti.
S: sembra che fuori sia tutto tranquillo..
Il suo tono era sofferente, ma comunque serio.
S: Peyton devi prendere il telefono. Dobbiamo chiedere aiuto.
La donna non rispose e continuava semplicemente a piangere.
S: Peyton.
Niente.
S: Peyton accidenti! Smettila di piangere e dammi quel dannato telefono.
Stella urlò, un po’ per il dolore, un po’ per il nervosismo.
Questo però evidentemente scrollò la donna, che iniziò a cercare sotto il sedile.
Stella si premeva la spalla, digrignando i denti.
Aveva la tentazione di urlare, ma doveva mantenere la calma.
Peyotn si sollevò e porse il telefono a Stella.
Gli occhi della dottoressa erano terrorizzati.
La detective lo afferrò e compose il numero di Flack.
S: Flack c’è un problema. Ci hanno sparato addosso. Siamo sulla 12 th. Muovetevi. Stiamo bene, ma muovetevi. Oh mio.. Dio.
Un fischio si avvicinò e il parabrezza si ruppe.
Le due donne cercarono di proteggersi il viso.
Fu una frazione di secondi.
Il parabrezza si ruppe, una freccia verde le sfiorò quasi e si andò a conficcare in quel che rimaneva del sedile posteriore.
Flack aveva sentito solo un gran rumore e poi le urla femminili.
Continuava a sbraitare, finchè ripresasi dallo shock Stella, con la mano tremante, rispose al telefono.
S: Flack muoviti, per favore.
Nella freccia appena scagliata c’era solo un biglietto.
“Mai ti farei del male, mia rosa, ma devo eliminare la causa della tua infelicità. Nessuno sa proteggerti, ma io lo farò per loro.”

Stella stava seduta sul retro dell’ambulanza.
Aveva appena urlato, dopo la rimessa in sesto della sua spalla da parte del medico.
Le avevano messo un tutore.
Stella stava rivivendo tutta la scena, secondo dopo secondo.
Flack le stava di fronte, accertandosi sulla sua salute.
Peyton era poco distante.
Stella la stava guardando da qualche minuti con aria assente.
La sua attenzione però fu catturata dall’arrivo di Mac.
Sembrava impazzito.
Stava correndo solo per vederla.
Non appena individuò Peyton le andò incontro e la abbracciò.
Stella in quel momento sentì freddo.
Solo un terribile freddo nel petto.
Abbassò lo sguardo e alla fine cedette.
Aveva resistito tutto il giorno.
L’attacco di Mac, l’incidente, il dolore fisico e ora il dolore dell’anima.
Una lacrima le sfuggì dagli occhi.
Una sola goccia che le attraversò la guancia.
Flack spostò la sua attenzione dal medico alla donna e notò la sua reazione.
F: eh, ehy!
Flack si mise seduto accanto a lei.
F: Stella, ma che ti succede? Non ti ho mai visto così.
Stella alzò i suoi occhi su di lui e vide solo una proposta d’aiuto.
Mac però arrivò in quel preciso istante.
M: ma che diavolo è successo?
Nella sua voce c’era urgenza, preoccupazione e nervosismo.
Stella abbassò lo sguardo.
S: io.. non lo so.
Mac sospirò e si guardò intorno.
M: sapevo che avrei dovuto esserci io.
Cos’era quella? Un’accusa?
Stella lo fissò, incredula.
S: che stai dicendo Mac?
Mac capì di aver fatto un’uscita decisamente sbagliata, ma divenne impossibile frenare la lingua.
M: magari le cose sarebbe andate diversamente.
Stella era senza parole e il groppo le salì alla gola violentemente.
Flack osservò la scena senza riuscire a capire.
F: Mac..
Lo sguardo del poliziotto fu più che eloquente.
Qualunque cosa stesse facendo Mac, doveva farla finita.
Continuava ad attaccare Stella senza un valido motivo.
Un’altra lacrima ribelle scese sul volto della donna e questo non sfuggì a Mac.
Si sentiva un verme.
Stava continuando a sbagliare.
La stava allontanando deliberatamente.
Era come un meccanismo di protezione.
Ogni volta che la vedeva sentiva crescere quella particolarissima sensazione allo stomaco, sentiva che ogni giorno diventava necessaria.
E perciò costruiva barriere.
Barriere su barriere che la tenevano sempre un passo più lontano.
Stella abbassò la testa.
S: ascolta Mac, anche se non so se ti interessa, a questo punto, la spalla mi fa un male cane, la testa mi scoppia, sono veramente stanca. A quanto sento non sono molto utile perciò..
Stella si alzò, sotto lo sguardo attento di Mac.
Gli occhi della donna si fermarono in quelli verdi del suo capo.
Chiedevano solo un po’ affetto.
Solo quello che meritavano.
S: Flack, puoi accompagnarmi a casa?
Mentre pronunciò questa frase, continuò a guardare Mac.
Flack annuì.
F: andiamo..
Stella abbandonò gli occhi di Mac e sorrise troppo debolmente.
S: grazie.
Mac li vide andare via e sentì che in quel momento, accanto  a Stella, avrebbe voluto esserci lui.
Aveva visto il dolore di Stella.
E sapeva che lui ne era il responsabile.
Rimase lì, fermo, immobile, a fissare il punto in cui lei era sparita.
P: Mac andiamo, per favore.
 

   
 
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