7
Genesia
Genesia
Da
quando sono arrivato al parco Genì e
l’altra misteriosa donna sono ferme in posizione simmetrica
davanti alla mezza sfera
luminosa piantata a terra e non accennano ad una parola o un
gesto. La scena sembra cristallizzata. Camminando
lentamente giungo a pochi passi da loro e dedico un po' del mio
tempo ad osservare Genì che con gli occhi
sbarrati sembra fissare il nulla, come ipnotizzata. Il suo viso candido
dai lineamenti delicati e reso
ancor più bello dalla misteriosa luce, è
incorniciato dai capelli biondi mossi leggermente dal
vento. L'impeccabile divisa da cameriera scende sul suo corpo in modo
grazioso ed
elegante.
Ho deciso. Le parlerò e se si spaventerà la rincorrerò fino alla fine del mio tempo.
Poteva la civetta essersi sbagliata dicendomi che il caso non esiste? Quasi risento la sua voce enigmatica dopo aver interrotto l'abituale canto notturno.
Il caso esiste solo per gli illusi, penso.
Se mi dissolvo nel tentativo di raggiungere il mio ideatore sarà solo colpa mia; la paura spesso fa dimenticare i pensieri e rinunciare ai sogni.
Genì. Abbasso lo sguardo e mi ritrovo ad osservarle le mani, così piccole e ben curate, la pelle liscia come quella di una bambola di porcellana.
«Nived, Nediv, Vidne... no, non ci siamo!»
Mi volto a cercare con lo sguardo la persona che ha parlato: la misteriosa donna che poco prima sostava simmetricamente a Genì, si era mossa con passo felpato e senza che me ne fossi accorto, era arrivata a pochi passi da me.
«Elxa, Xael, Laxel... no, nemmeno questi! È più complicato del previsto, forse…»
Mi osserva con uno sguardo indecifrabile, come se volesse carpire qualche strana informazione nascosta in me. Passa due
dita sul mento e socchiude gli occhi fino a farli diventare due piccole
fessure contornate da lunghe ciglia nere.
«Che
cosa stai facendo?» chiedo.
«Shh! Ti sto cercando un nome. Vedi di fare silenzio, mi fai perdere la concentrazione.»
Resto interdetto per qualche secondo.
Sono certo di aver già visto quella donna prima di allora da qualche altra parte. Gli occhi scuri e scintillanti, i capelli raccolti in alto sembrano espandersi in uno spazio senza gravità e l’abito: un vestito lungo con più strati di velo blu che a tratti conserva delle iridescenze più chiare. Anche la voce non mi è nuova: proprio in quel momento pronuncia un’altra terzina di nomi insensati e nonostante tutto continua a sembrare seria e risoluta nel suo misterioso intento.
«Stop. Aspetta un attimo. Fammi capire. Chi sei e perché cerchi di trovarmi un nome?» chiedo, deciso a trovare chiarimenti.
Lei mi guarda senza dire nulla. Nei suoi occhi si riflettono i miei per un tempo che non so definire, poi sorride e inizia a parlare con una foga simile all'esasperazione.
«Ci ho pensato per giorni e giorni a cosa dire, a come comportarmi, a come vestirmi e ora che ci ripenso credo di aver sbagliato tutto! Rischio di sembrare una pazza, vero?»
«Calma, non mi sembri una pazza. Sei solo un po'… sei… sei...» non concludo la frase perché non riesco a trovare una parola adatta. «Come ti chiami?» butto lì per evitare si cadere in un silenzio imbarazzante.
«Genesia.» risponde lei con un filo di voce, rivelando tutt'ad tratto un aspetto indifeso.
L’assonanza di quel nome mi riporta alla mente la graziosa cameriera che avevo seguito fin lì, ma quando mi volto la sua figura è sparita e al suo posto tre lucciole volteggiano nell'aria seguendo traiettorie improbabili.
«Genì! Devo ritrovarla! Che ora è?» chiedo in preda al panico guardandomi attorno.
«Manca un minuto alla mezza notte.» mi risponde l’altra ragazza senza nemmeno guadare l’orologio.
«È finita! Ho sprecato la mia ultima possibilità. Se potessi in qualche modo tornare indietro nel tempo io… »
«Genì non era il tuo ideatore.» dice la ragazza con estrema naturalezza, senza riuscire tuttavia a tranquillizzarmi, anzi, resto abbastanza sconcertato per la rivelazione. Come poteva lei sapere?
«Non ti devi preoccupare, la mezza notte non è la fine, la civetta non si è dissolta, la Dama in Nero non ti avrà e la Donna-Fulmine ritornerà al prossimo temporale.» mi sorride. Dopo qualche istante di silenzio sembra accorgersi di qualcosa sul mio viso e s’avvicina come rapita dalla visione, l’abito lungo elegante ondeggia accarezzando l’erba del parco.
«Sei identico a come ti avevo sognato quella notte.»
Udendo quelle parole ogni congettura mentale si sgretola e lascia posto alla sorpresa assoluta. Un senso di stordimento mi assale. Genesia se ne accorge immediatamente.
«Conosco quello sguardo. Svuota la mente e ascolta il mio pensiero, come hai sempre fatto finora.»
Mi porge la mano e attende che io la afferri. Basterebbe solo riuscire a fidarsi per qualche istante. Visto che io non mi decido è lei a prendermi la mano, con delicatezza. Sento il suo calore; la mia mano è fredda in confronto alla sua e in quella stretta calda e leggera intuisco il collegamento che prima mi sfuggiva.
«Non esiste nessuna città e nessuna ferrovia, giusto?»
Lei per tutta risposta sorride e annuisce timidamente con un cenno del capo.
«E non c’è nessuna biblioteca e nessun bar-ristorante al centro, è tutto frutto dell’immaginazione?»
Il tono interrogativo non necessita di alcuna risposta, perché la certezza è già in me tramite i pensieri di lei, di Genesia.
Scatta in quel preciso momento la mezzanotte. I rintocchi mistici delle campane provengono da ogni direzione e fanno eco negli angoli più profondi delle nostre anime.
Deve essere davvero tutta un’illusione; persino quella nebbia che sfoca i contorni delle cose non sembra reale. Non ho la forza di pensare a nulla di negativo. Sembra che Genesia sia entrata nella mia mente per rassicurarmi, per chiudere le porte dell’incertezza e guidarmi fino alla verità: solo l’ideatore è in grado di fare una cosa del genere.
Chiudiamo gli occhi nello stesso istante guidati da una magica simbiosi.
Quando li riapro non sono più nel parco. Mi ritrovo nel giardino della villa in cui sono nato. Sono solo, non c'è più nessuna sfera di luce piantata a terra, nessuna ragazza che mi tiene la mano. Cerco il monoptero con le sei colonne e arrivo giusto in tempo per assistere ad uno spettacolo di luci e suoni incantati. È notte fonda e quando, dopo la manifestazione, torna a regnare la calma vedo un'esile figura rannicchiata su uno scalino di quel piccolo tempio circolare.
«Genesia?»
Appena mi sente si solleva da terra e alza lo sguardo verso di me. È vestita con un abito azzurro luminescente tanto che sembra elettrico, indossa guanti neri e una corona di soffici piume in testa.
Ci avviciniamo lentamente l'uno verso l'altra in cerca di un contatto.
«Quindi infine hai seguito il diamante giusto?» dice aprendosi in un sorriso che le illumina tutto il volto.
«Pare di sì.» la voce mi trema per l'emozione.
«Ogni volta che ci siamo incontrati ho temuto potesse essere l’ultima.» mi sussurra all’orecchio e poi continua: «Io sono la serva, l’elettricità, la vendetta, la saggezza e l’illusione.»
Le nostre anime si cercano in un abbraccio atemporale. Poi senza scostarsi da me, rimanendo con il viso appoggiato sulla mia spalla, dice:
«Ho
deciso, ti
chiamerò *Wangzi!»
Io l’avevo scelta e lei mi aveva scelto ancor prima che io esistessi.
Non c’era nulla di scientifico che potesse darci la certezza di essere reali, bastava crederlo. Forse eravamo entrambi pensieri creati da un Ideatore Universale e ora camminavamo assieme alla ricerca di una nuova origine.
Ho deciso. Le parlerò e se si spaventerà la rincorrerò fino alla fine del mio tempo.
Poteva la civetta essersi sbagliata dicendomi che il caso non esiste? Quasi risento la sua voce enigmatica dopo aver interrotto l'abituale canto notturno.
Il caso esiste solo per gli illusi, penso.
Se mi dissolvo nel tentativo di raggiungere il mio ideatore sarà solo colpa mia; la paura spesso fa dimenticare i pensieri e rinunciare ai sogni.
Genì. Abbasso lo sguardo e mi ritrovo ad osservarle le mani, così piccole e ben curate, la pelle liscia come quella di una bambola di porcellana.
«Nived, Nediv, Vidne... no, non ci siamo!»
Mi volto a cercare con lo sguardo la persona che ha parlato: la misteriosa donna che poco prima sostava simmetricamente a Genì, si era mossa con passo felpato e senza che me ne fossi accorto, era arrivata a pochi passi da me.
«Elxa, Xael, Laxel... no, nemmeno questi! È più complicato del previsto, forse…»
Mi osserva con uno sguardo indecifrabile, come se volesse carpire qualche strana informazione nascosta in me.
«Shh! Ti sto cercando un nome. Vedi di fare silenzio, mi fai perdere la concentrazione.»
Resto interdetto per qualche secondo.
Sono certo di aver già visto quella donna prima di allora da qualche altra parte. Gli occhi scuri e scintillanti, i capelli raccolti in alto sembrano espandersi in uno spazio senza gravità e l’abito: un vestito lungo con più strati di velo blu che a tratti conserva delle iridescenze più chiare. Anche la voce non mi è nuova: proprio in quel momento pronuncia un’altra terzina di nomi insensati e nonostante tutto continua a sembrare seria e risoluta nel suo misterioso intento.
«Stop. Aspetta un attimo. Fammi capire. Chi sei e perché cerchi di trovarmi un nome?» chiedo, deciso a trovare chiarimenti.
Lei mi guarda senza dire nulla. Nei suoi occhi si riflettono i miei per un tempo che non so definire, poi sorride e inizia a parlare con una foga simile all'esasperazione.
«Ci ho pensato per giorni e giorni a cosa dire, a come comportarmi, a come vestirmi e ora che ci ripenso credo di aver sbagliato tutto! Rischio di sembrare una pazza, vero?»
«Calma, non mi sembri una pazza. Sei solo un po'… sei… sei...» non concludo la frase perché non riesco a trovare una parola adatta. «Come ti chiami?» butto lì per evitare si cadere in un silenzio imbarazzante.
«Genesia.» risponde lei con un filo di voce, rivelando tutt'ad tratto un aspetto indifeso.
L’assonanza di quel nome mi riporta alla mente la graziosa cameriera che avevo seguito fin lì, ma quando mi volto la sua figura è sparita e al suo posto tre lucciole volteggiano nell'aria seguendo traiettorie improbabili.
«Genì! Devo ritrovarla! Che ora è?» chiedo in preda al panico guardandomi attorno.
«Manca un minuto alla mezza notte.» mi risponde l’altra ragazza senza nemmeno guadare l’orologio.
«È finita! Ho sprecato la mia ultima possibilità. Se potessi in qualche modo tornare indietro nel tempo io… »
«Genì non era il tuo ideatore.» dice la ragazza con estrema naturalezza, senza riuscire tuttavia a tranquillizzarmi, anzi, resto abbastanza sconcertato per la rivelazione. Come poteva lei sapere?
«Non ti devi preoccupare, la mezza notte non è la fine, la civetta non si è dissolta, la Dama in Nero non ti avrà e la Donna-Fulmine ritornerà al prossimo temporale.» mi sorride. Dopo qualche istante di silenzio sembra accorgersi di qualcosa sul mio viso e s’avvicina come rapita dalla visione, l’abito lungo elegante ondeggia accarezzando l’erba del parco.
«Sei identico a come ti avevo sognato quella notte.»
Udendo quelle parole ogni congettura mentale si sgretola e lascia posto alla sorpresa assoluta. Un senso di stordimento mi assale. Genesia se ne accorge immediatamente.
«Conosco quello sguardo. Svuota la mente e ascolta il mio pensiero, come hai sempre fatto finora.»
Mi porge la mano e attende che io la afferri. Basterebbe solo riuscire a fidarsi per qualche istante. Visto che io non mi decido è lei a prendermi la mano, con delicatezza. Sento il suo calore; la mia mano è fredda in confronto alla sua e in quella stretta calda e leggera intuisco il collegamento che prima mi sfuggiva.
«Non esiste nessuna città e nessuna ferrovia, giusto?»
Lei per tutta risposta sorride e annuisce timidamente con un cenno del capo.
«E non c’è nessuna biblioteca e nessun bar-ristorante al centro, è tutto frutto dell’immaginazione?»
Il tono interrogativo non necessita di alcuna risposta, perché la certezza è già in me tramite i pensieri di lei, di Genesia.
Scatta in quel preciso momento la mezzanotte. I rintocchi mistici delle campane provengono da ogni direzione e fanno eco negli angoli più profondi delle nostre anime.
Deve essere davvero tutta un’illusione; persino quella nebbia che sfoca i contorni delle cose non sembra reale. Non ho la forza di pensare a nulla di negativo. Sembra che Genesia sia entrata nella mia mente per rassicurarmi, per chiudere le porte dell’incertezza e guidarmi fino alla verità: solo l’ideatore è in grado di fare una cosa del genere.
Chiudiamo gli occhi nello stesso istante guidati da una magica simbiosi.
Quando li riapro non sono più nel parco. Mi ritrovo nel giardino della villa in cui sono nato. Sono solo, non c'è più nessuna sfera di luce piantata a terra, nessuna ragazza che mi tiene la mano. Cerco il monoptero con le sei colonne e arrivo giusto in tempo per assistere ad uno spettacolo di luci e suoni incantati. È notte fonda e quando, dopo la manifestazione, torna a regnare la calma vedo un'esile figura rannicchiata su uno scalino di quel piccolo tempio circolare.
«Genesia?»
Appena mi sente si solleva da terra e alza lo sguardo verso di me. È vestita con un abito azzurro luminescente tanto che sembra elettrico, indossa guanti neri e una corona di soffici piume in testa.
Ci avviciniamo lentamente l'uno verso l'altra in cerca di un contatto.
«Quindi infine hai seguito il diamante giusto?» dice aprendosi in un sorriso che le illumina tutto il volto.
«Pare di sì.» la voce mi trema per l'emozione.
«Ogni volta che ci siamo incontrati ho temuto potesse essere l’ultima.» mi sussurra all’orecchio e poi continua: «Io sono la serva, l’elettricità, la vendetta, la saggezza e l’illusione.»
Le nostre anime si cercano in un abbraccio atemporale. Poi senza scostarsi da me, rimanendo con il viso appoggiato sulla mia spalla, dice:
Io l’avevo scelta e lei mi aveva scelto ancor prima che io esistessi.
Non c’era nulla di scientifico che potesse darci la certezza di essere reali, bastava crederlo. Forse eravamo entrambi pensieri creati da un Ideatore Universale e ora camminavamo assieme alla ricerca di una nuova origine.
Note
autore:
Così "finisce" la storia
del
nostro Pensiero. "Finisce"
tra virgolette perché è cosa
risaputa che odio i finali, quindi ho preferito lasciare libera
interpretazione. Un giorno si potrebbe anche decidere di far continuare
la vicenda, chissà fra qualche anno. Son sicura che
a questo punto più di qualcuno mi
maledirà! xD Chiedo perdono se vi ho fatti aspettare tutto
questo tempo e poi vi ho deluso! Suggerimenti e critiche costruttive
sono benvenuti. Siate pure cattivi (ma non troppo) e fatemi sapere se
qualcosa non vi ha convinto, perché voglio migliorare. :)
Rinnovo i ringraziamenti verso chi mi ha seguita fin qui, verso chi ha letto per caso o per curiosità, ma soprattutto ci tengo a ringraziare chi ha trovato il tempo di lasciarmi una recensione per dirmi ciò che pensava. Grazie davvero! ^_^
Rinnovo i ringraziamenti verso chi mi ha seguita fin qui, verso chi ha letto per caso o per curiosità, ma soprattutto ci tengo a ringraziare chi ha trovato il tempo di lasciarmi una recensione per dirmi ciò che pensava. Grazie davvero! ^_^
Glossario:
*Wángzĭ (王子) in cinese significa "principe" e si pronuncia senza "g" con una "n" allungata.
*Wángzĭ (王子) in cinese significa "principe" e si pronuncia senza "g" con una "n" allungata.
- ¤ Spiegazioni (non leggete se siete amanti delle libere interpretazioni):
- Il mondo in cui si è trovato a vivere il principe era un sogno nella mente di Genesia (Genesia = nome scelto per la somiglianza con la parola Genesi e che in questo racconto vuole indicare la sorgente, l'inizio).
- Genesia si manifesta prima di tutto con le sembianze della domestica che apre la porta al principe. Poi diventa la donna-fulmine, la dama in nero, la civetta e l'illusione infine Genì, da qui i particolari dell'abbigliamento e la frase: «Io sono la serva, l’elettricità, la vendetta, la saggezza e l'illusione.»
- Quindi Genesia è l'ideatore e si manifesta nelle sembianze di diverse creature per far evolvere la coscienza del Principe: lo attrae in innumerevoli modi, lo svia, lo fa cadere in tranello, per poi sorprenderlo davanti la verità. Genesia è la verità. L'amore si basa sulla verità, non ci sono sentimenti buoni in presenza delle menzogne, per cui il Principe può provare sentimenti veri solo in presenza del suo ideatore. Genì era un'illusione, perché la vita è fatta anche di illusioni. Si pensa di essere innamorati, invece ciò che attrae è l'immagine mentale che ci siamo inconsciamente creati di una persona.
- Infine Genesia e il Pensiero si ritrovano al punto di partenza: il luogo d'inizio descritto nel 1° capitolo (=il perseguimento di una meta circolare, l'evoluzione e l'involuzione, la ruota del samsara) . Lei gli dà un nome (= l'identificazione del successo) e insieme cominciano a camminare verso la realizzazione di nuovi sogni. ^_^