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Autore: Fink    16/09/2012    1 recensioni
Si tratta di un crossover NCIS-Lie to me. Premetto che, nei rapporti tra i personaggi, la vicenda segue la fanfiction in corso d'opera... si lo so è un caos...ma si risolverà tutto appena l'altra sarà completa...
A Quantico viene trovato un marines morto e alcuni file top secret scompaiono, ma il caso non è così semplice e il team di Gibbs dovrà ricorrere all'aiuto di un "vecchio amico"...
Spero di riuscire a mantenermi il più possibile fedele ai personaggi delle du serie creando una collaborazione. Buona lettura e se vi va, esprimete la vostra opinione.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Abigail Sciuto, Altro Personaggio, Jennifer Shepard, Leroy Jethro Gibbs, Un po' tutti
Note: Cross-over, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Maybe in another life'
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Non è un capitolo in cui non ci sono grandi progressi in merito al caso, ma ci si sofferma un po sui rapporti interpersonali... diciamo che sono piccole pause dal lavoro... buona lettura e mi raccomando, non astenetevi dal recensire :)



CAPITOLO NONO

“In fin dei conti siete molto simili.” Disse la donna prendendo il suo interlocutore sottobraccio per farlo rallentare.
Camminavano da molto, senza una meta precisa; cercando di rimandare il più possibile il momento di rientrare nelle proprie case, soprattutto lei che non si era ancora abituata all’idea di vivere di nuovo da sola.
“Sai tesoro, se non ti conoscessi bene penserei che tu stia parlando seriamente.”
“Dico davvero Cal… ti va di sederti un po’?” chiese indicando una delle panchine vuote. A quell’ora a Rock Creek Park i patiti del jogging avevano lasciato posto alle giovani coppie e ai cani accompagnati dai loro padroni.
“E in che cosa saremmo simili?” chiese accavallando le gambe e allungando un braccio sulla spalliera della panchina.
“Inizio dalle cose più ovvie? Amate il vostro lavoro e siete determinati a risolvere i casi che vi vengono presentati. Richiedete il massimo dalle persone che lavorano con voi, tenendoli sempre sul “chi vive”; non siete molto propensi ad elargire complimenti ma vi fareste in quattro per loro…”
“Stai dicendo che sono troppo duro con Loker?”
“Sto dicendo che ogni tanto non farebbe male se invece di continuare a punzecchiarlo
gli dicessi che ha fatto un buon lavoro.” Rispose Gillian.
“C’è altro, Foster?” chiese un po’stizzito.
“Non amate le critiche, pensate che il vostro modo di agire sia praticamente l’unico possibile. Siete diffidenti verso il prossimo e non amate la burocrazia… volete avere sempre l’ultima parola.”
“Pensi di includere anche qualche aspetto positivo?”
“Visto? Avevo ragione? Non ami le critiche.”
“Grazie tante…”
“Comunque sì, qualcosa di positivo c’è.” Sorrise guardandolo.
“Siete determinati, leali e pronti a farvi ammazzare per difendere ciò in cui credete e le persone a voi care. E siete degli ottimi genitori.”
“Siete?” Non sapevo che l’agente Gibbs avesse figli.” Disse Cal che cercò di approfittare di questa rivelazione per spostare l’argomento su un altro piano. Voleva sapere qualcosa in più sull’agente Gibbs; si era reso conto che strappargli qualche informazione era un’impresa difficile, come lo era leggere in quegli occhi azzurri.
“Ho parlato con Jen.”
“Cosa ti ha detto?”
“Non è una donna che si lascia andare alle confidenze, ma come ben sai, io e Jen ci conosciamo da un bel po’, da quando ero ancora psicologa al Pentagono.” Gillian fece una piccola pausa e continuò “Qualche mese fa, quando l’agente Gibbs era in “pensione” ci siamo incontrare per un caffè; era mia amica e vedevo che era molto combattuta. Le chiesi se voleva parlarne e mi disse di aver commesso un errore otto anni fa e ora ne aveva appena commesso un altro, lasciando andare Jethro. Mi accennò ai suoi sentimenti…”
“Ora capisco perché aveva quello sguardo distante quando siamo usciti assieme.” Intervenne Cal ripensando a quando, qualche mese prima, lui e Jen avevano iniziato ad uscire assieme ma senza risultato. “E in tutto questo i figli di Gibbs cosa centrano?”
“Parlammo per un bel po’, poi, credo senza volerlo, Jen accennò alla prima moglie di Jethro. Disse che era stato sposato e che aveva avuto una figlia… Erano morte entrambe mentre lui era in Qwait.” Gillian si interruppe e guardò Lightman, si era rattristato. “Stai pensando a Emily, vero?”
“Vieni tesoro, ti riaccompagno a casa.” prese la dottoressa Foster sottobraccio e si avvicinò un uno dei taxi posteggiati vicino al parco.
 
 
Un intenso profumo di carne lo accolse quando varcò la porta di casa; appese la giacca all’attaccapanni e si diresse verso la cucina. La tavola era apparecchiata per due, piatti e bicchieri erano adagiati su una tovaglia gialla ricamata a mano “Non ricordavo di avere una tovaglia simile” pensò Jethro mentre prendeva il cestino del pane e lo appoggiava sulla tavola.
Il rumore del televisore acceso lo guidò fino al salotto, vi trovò Jen distesa sul divano, le mani strette ad abbracciare il cuscino a righe gialle e grigie; si era cambiata e indossava una canotta leggera e un paio di shorts coperti da un corto grembiule.
“Uno si precipita a casa dopo il lavoro e questa è l’accoglienza che trova” si disse sorridendo. Le si avvicinò cercando di evitare anche il minimo rumore e le sfioro la guancia con un bacio, Jen non aveva alcuna intenzione di svegliarsi. Lasciò che riposasse ancora un po’e salì al piano di sopra, diretto verso il bagno; aveva bisogno di una doccia.
“Ti sei preparato per un appuntamento galante che ci hai messo così tanto ad uscire da quel bagno?” lo rimproverò scherzosamente Jen sentendo lo scricchiolio delle scale in legno.
“Non sono io quello che si è addormentato sul divano.” Rispose posandole le mani sui fianchi e baciandole una guancia “te lo ha mai detto nessuno che sei molto bella mentre dormi?”
“Perché non ti siedi così ceniamo.” Non si era ancora abituata a ricevere complimenti da lui, era passato così tanto tempo che a volte faticava a credere di essere davvero sua, di nuovo.
Jethro prese posto accanto a lei e le versò del vino nel bicchiere mentre Jen distribuiva le porzioni; aveva preparato dello spezzatino con patate e un ottimo soufflé di funghi.
“Mmmh, sai Jenny, se ti dovessi dimettere come direttore, troveresti sicuramente un impiego come cuoca. Questo soufflé mi ricorda quello che mangiammo una sera a Marsiglia, ma non era così buono.”
“Se mi dimettessi, non avresti più nessuno con cui cercare di far valere la tua autorità.”
“C’è la mia squadra.” Rispose addentando un pezzo di carne.
“Quella non vale, sei il loro capo, è normale che ti ascoltino. Se poi parliamo di Abby, quella ragazza pende dalle tue labbra.”
“Non sarai per caso gelosa di lei, direttore?”
“Affatto. So che per te è come una figlia e lei ti considera come un padre…”Jen sorseggiò il vino.
“e te come una madre.” Si affrettò a concludere Gibbs “ti vuole bene. A dire il vero credo che tutta la mia squadra sia molto affezionata a te; DiNozzo per primo… soprattutto da quando gli hai affidato quella missione sotto copertura.”
“Chi è il geloso ora?” scherzò Jen strappando un sorriso all’uomo che aveva di fronte.
 
 
McGee uscì dall’ascensore e si guardò attorno; il salone era immerso nella semioscurità e il silenzio inconsueto era quasi assordante. Nessuno che pigiava sulla tastiera del computer, nessun rumore di stampanti, niente vociare di persone; nessun Gibbs che impartiva ordini, né DiNozzo che battibeccava con Ziva. Era solo. Si sedette alla propria scrivania e accese il portatile; alcuni istanti dopo iniziò a digitare sulla tastiera, soffermandosi ogni tanto a leggere i risultati.
“Chi c’è?” un uomo alto, con i capelli rasati ed una tuta color senape si fece avanti cautamente spingendo un carrello per le pulizie “Oh, agente McGee, è lei. Cosa ci fa ancora qui?”
“Buona sera, Paul. Scusa non volevo spaventarla.” Rispose cordialmente l’agente.
“Non mi ha spaventato, è solo che… beh, non pensavo di trovarla ancora qui.”
“Non riuscivo a dormire, così ho pensato di portarmi avanti con il lavoro. Me ne vado subito e le lascio finire il suo…”
 “Non si preoccupi, ho ancora metà dell’edificio da pulire…ripasserò più tardi.”
“Ti ringrazio Paul. Buon lavoro.”
“Anche a lei.” Concluse e fischiettando si diresse verso i bagni del personale.
McGee lavorò per più di un’ora senza ottenere alcun risultato incoraggiante; tendendo l’orecchio poteva sentire Paul che canticchiava sottovoce, sembrava avere una predilezione per Stairway to Heaven, ma il risultato non era dei migliori.
Il rumore di alcuni passi lo indusse a fermarsi per un attimo “Ora vado, Paul, ti lascio finire, tanto qui non ottengo nulla…”
 “Ehi, McInsonnia. Cosa ci fai in ufficio a quest’ora?”
“E tu?” chiese Tim stupito alzando lo sguardo verso Tony che, con una barretta in mano, si era fermato proprio davanti a lui.
“Ziva mi ha cacciato dal suo letto e non avevo un posto dove andare.” Scherzò DiNozzo facendo l’occhiolino.
McGee gli lanciò un’occhiata interrogativa e riabbassò gli occhi sullo schermo del computer.
Tony decise di seguire l’esempio del suo collega e si mise al lavoro ma la sua concentrazione non durò a lungo e ricominciò ad infastidire Tim tirandogli palline di carta.
“La vuoi piantare, DiNozzo!” sbuffò l’agente quando una pallina gli colpì la testa.
“Siamo in un vicolo cieco. Non c’è nulla su Rebbecca Stuart.”
“Perché il suo vero nome non è Rebecca Stuart, ma Rebecca Scorzari.” Esultò alla fine Timothy.
“Come?” Tony lasciò la sua sedia e si avvicinò al collega.
“Guarda qui.” L’articolo di giornale comparso sulla schermata del portatile riportava la notizia del rapimento di una bambina di cinque anni “il padre, il dottor Scorzari,era primario di chirurgia plastica e insegnava al Georgetown University Hopsital, pagò il riscatto per il rilascio della figlia. Il colpevole un certo M.V. fu processato e incarcerato…” fece scorrere la pagina e riprese “…il dottore ha fondato un centro per la ricerca su nuovi farmaci; alla morte del padre, la giovane figlia Rebecca, che ha da poco concluso gli studi in Scienze Farmaceutiche, ha rilevato il centro…” lesse McGee.
“Rebecca quindi ha cambiato cognome. Da quanto?”
“Un’attimo, controllo… ecco. Ha cambiato il cognome del padre con quello della madre, una certa Melinda Stuart. Dagli atti risulta che lo abbia fatto appena compiuta la maggiore età…”
“Quindi più o meno quando è andata via di casa.” constatò Tony.
Tim ritornò alla pagina degli articoli; in allegato c’erano due foto in bianco e nero: in una era ritratta una bambina con un vestito a fiori accanto ai suoi genitori. Nell’altra una donna in abito da sera grigio con accanto a sé un uomo distinto, anch’egli elegantemente vestito.
“Ma quello non è il colonnello Withmann?”
 Tony guardò stupito l’immagine. “Dove è stata scattata?”
“Mmmmh, vediamo. Una serata di beneficienza al Memorial Hospital, la foto è di circa un anno fa.”
 
 
“Ho parlato con la dottoressa Foster?” esordì Jen intenta a sfogliare alcuni rapporti, seduta sul divano. Gibbs alzò le sopracciglia interrogativo, aspettando che lei continuasse “qualche mese fa, quando tu eri andato in Messico… le ho parlato di te e le detto di Shannon e Kelly…” si fermò con i fascicoli in mano aspettandosi una sfuriata.
“Lo so.”
“Lo sai? Si può sapere come?...non importa. Comunque mi dispiace, non avrei dovuto…”
“Anche io ho parlato di te a Mike… confidenze tra uomini…” Ora fu Jen a guardarlo con fare interrogativo. “Credi che sia tornato solo per il lavoro o per Ziva?” Jenny si appoggiò con la testa al petto di Jethro, lasciando che lui le accarezzasse i capelli e le cingesse la vita con un braccio.  
“A cosa pensi?” le chiese dopo qualche minuto di silenzio
“A Cal… oggi mentre eri con Rebecca ha visto come ti guardavo e ha ipotizzato che ti stessi immaginando come padre dei nostri figli…”
“E lo stavi facendo?” chiese Jethro mentre una mano saliva a sfiorare il seno di Jen.
“Ni…stavo solo constatando che ci sai fare.”
“Per quanto siete usciti assieme?”
“Un paio di settimane.” Era inutile nascondergli la verità, in fin dei conti anche lui aveva avuto una relazione con il colonnello Mann.
“Ci…ci sei andata a letto?” chiese. Supponeva che in otto anni Jen avesse avuto relazioni con altri uomini e si sentì improvvisamente geloso di tutti coloro che avevano fatto parte della sua vita in quel lasso di tempo.
“No, non…” rispose lei facendo una piccola pausa. Gibbs la guardò stupito, gli sembrava impossibile che qualcuno potesse resisterle; Jen se ne accorse e riprese a parlare“…non ci sono riuscita. Cal è un uomo intelligente e molto affascinante, ma… vuoi sapere la verità?”
Jethro la guardò aspettando che continuasse.
“In questi otto anni, ho conosciuto molte persone, ho avuto diverse relazioni, ma mai durature e a troncare ero sempre io.”
“Insomma, non sei cambiata affatto.”
“Non mi pento di aver chiuso le storie con quegli uomini, con nessuno di loro… tranne con uno…con te.” Sollevò la testa e gli sfiorò le labbra con un bacio “tu ti sei risposato tre volte cercando in ognuna qualcosa che ti ricordasse Shannon, io cercavo te negli uomini con cui stavo.”
“Sei tu che mi hai lasciato a Parigi.”
“Lo so. Ma te l’ho detto, a quel tempo non rientravi nei miei piani e tu comunque vivevi ancora con il fantasma di Shannon.”
“Su questo ti sbagli direttore. Eri riuscita a trasformare quel fantasma in un ricordo.”
Gibbs si alzò e prima che potesse accorgersene Jenny si ritrovò sospesa a mezz’aria tra le braccia di Jethro; gli cinse il collo e lasciò che la portasse al piano di sopra. La adagiò sul letto e si sedette accanto a lei "Sì, sei davvero bellissima." Jen lo attirò a sé cercando le sua bocca che coprì con un bacio. Con un movimento del bacino, Jenny capovolse la situazione, trovandosi sopra di lui; sentì le sue mani infilarsi sotto la maglia e percorrerle la spina dorsale prima di sfilarle i vestiti con un movimento esperto. Si abbassò su di lui cercando nuovamente le sue labbra, mentre i suoi seni gli sfioravano il petto; gli sfilò i pantaloni e la biancheria e rimase per un attimo a contemplare l’uomo che aveva davanti. Conosceva ogni centimetro di quel corpo, ogni cicatrice eppure ogni volta era come se lo vedesse per la prima volta e il desiderio che provava accresceva ad ogni bacio, ad ogni carezza. Gibbs approfittò della sua esitazione e si ritrovò nuovamente il viso di Jen sotto al suo, a pochi centimetri di distanza. Abbassò la testa e le baciò il collo mentre con una mano percorreva ogni curva del suo corpo. La desiderava con ogni fibra del suo essere, non poteva immaginarsi nessuna altra donna accanto a lui, lo aveva capito in Messico e lo aveva capito con il colonnello Mann. Solo Jenny era in grado di ridargli quella pace e quella serenità che aveva a lungo cercato dopo la morte di Shannon.  Jen gli passò una mano tra i capelli e lo attirò nuovamente a sé assaporando le sue labbra, un gemito le sfuggì dalla gola quando finalmente Gibbs si impossessò della sua intimità.
Erano insieme ed erano di nuovo felici.





   
 
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