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Autore: minerva74    17/09/2012    4 recensioni
Due settimane sono trascorse dalla morte di Sherlock Holmes: non ci sono più sue foto sui giornali, non c'è più nessuno che ne parli.
Tuttavia, qualcuno si aggira sull'Embarkement, di notte...
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quasi tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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A nord di Londra, in un sotterraneo.


L’abito frusciava rumorosamente sul pavimento, avvolgendo le gambe, minacciando di farla cadere a terra da un momento all’altro: no, non sarebbe arrivata al termine della serata senza slogarsi una caviglia, anche a causa dei tacchi vertiginosi su cui era stata costretta ad arrampicarsi.
E i capelli… Dio santo, davvero la massa di capelli che le era toccata in sorte poteva pesare così tanto?
Molly Hooper deglutì a vuoto e si strofinò i palmi sudaticci sull’abito da sera incontrando la resistenza delle paillettes che lo decoravano. Incerta, arrivò fino alla sedia e si lasciò cadere dinanzi alla toelette illuminata dalle lampade.
“Cosa manca ancora? Sì… I guanti” mormorò, allungando le mani sul tavolo dinanzi a sé.
Evitò il proprio riflesso nello specchio e, ignorando il tremito leggero delle dita, li prese. Li indossò.
Lunghi guanti di raso nero che, pochi minuti prima, l’avevano lasciata senza parole.
“Come mi sono ficcata in questo guaio?” si chiese sottovoce, incrociando le dita in una stretta carica di panico, dopo averli indossati. “Dio mio, solo lui poteva farmi fare una cosa del genere…”
Lui. Sherlock Holmes.
Il fantasma. 
Pensava che non lo avrebbe più rivisto dopo quel giorno al St. Bart, quando lo aveva aiutato a fuggire su un’ambulanza guidata da un uomo che non apparteneva al personale dell’ospedale. Lo aveva salutato timidamente, la mano appoggiata contro il vetro, ignorando gli occhi penetranti di Mycroft che la scrutavano da lontano, concentrandosi sullo sguardo riconoscente di Sherlock che la fissava quasi con calore.
“Grazie”, le aveva sussurrato.
E adesso? Adesso?
Una telefonata, una richiesta. All'improvviso, come sempre.
“Ho bisogno di te, ancora una volta. Trovati a Leicester square alle cinque, passerà mio fratello con la sua auto. Sali in fretta” le aveva detto. “Non dire a nessuno dove andrai.”
“Ma…” era stata la sua unica, timida reazione.
La voce di lui, calda e ferma, l’aveva rassicurata.
“Fidati di me. Verrai, non è vero?”
La risposta galleggiava negli occhi che l’avevano fissata con intensità, non appena lo aveva rivisto. Occhi che ricordavano i ghiacciai del mare del nord, che le trasmisero paura, occhi di cacciatore da cui avrebbe dovuto fuggire. Ma non lo aveva fatto.
Si era fidata.
D’istinto, Molly abbassò lo sguardo sul proprio abito. Nero, di seta e paillettes, aderente come una seconda pelle. Un trucco leggero e insieme attento che valorizzava gli occhi e assottigliava le labbra; i capelli smorti e crespi erano lucidi, racchiusi in una mise che le lasciava scoperto il collo sottile e il decolleté.
Alle sue spalle, una porta seminascosta nella parete di metallo grigio si aprì. Un’ombra vestita di nero sgusciò all’interno, chiudendo il battente senza fare rumore. La tensione trasformò il sorriso di Molly in una smorfia incerta mentre la bocca diveniva secca. Ciò che aveva visto l’aveva lasciata senza fiato.
Capelli color bronzo, piccole ciocche che ricoprivano una fronte aggrottata. Un accenno di baffi dorati sotto il naso elegante. Il volto privo del pallore che parlava di stanze chiuse e luci al neon.
Sherlock Holmes. In tuxedo. Nero.
Irriconoscibile.
“Non credo di riuscire a camminare con questi…” esordì Molly, alzando il piede, tentando di essere disinvolta. Un paio di Manolo Blanik color argento le racchiudevano i piedi gonfi dopo una giornata trascorsa all’obitorio. “Io non uso molto i tacchi, non sono comodi al St. Bart, con l’acqua e i liquidi e tutto il resto… sono certa che cadrò. Ho paura di cadere, ecco…”
Sherlock increspò le labbra in quello che avrebbe dovuto essere un sorriso paziente. “Non dovrai far altro che sorridere e annuire, Molly. Non dovrai aprire bocca, né attirare l’attenzione su di te. La tua funzione sarà… puramente decorativa. Sono certo che ci riuscirai egregiamente.”
La donna aprì la bocca per replicare, incerta su come interpretare quella frase. Non era sicura che fosse un complimento, ma d’altra parte, il fatto che Sherlock avesse pensato a lei per quella faccenda importante le faceva comprendere che la stimava più di quanto volesse ammettere.
Nel frattempo, la donna che l’aveva aiutata a truccarsi e vestirsi aveva raccolto le sue cose e si era allontanata con un rispettoso cenno della testa al minore degli Holmes.
Molly aveva scambiato poche parole con lei, mentre continuava a riflettere su ciò che Sherlock le aveva narrato quando le era venuto incontro nel sotterraneo di quell’anonimo edificio a nord di Londra, dove l’auto di Mycroft l’aveva portata.
“Ho bisogno di una persona di cui potermi fidare ciecamente.” Aveva spalancato una porta di metallo, introducendola in un corridoio deserto illuminati da una luce livida. “Si tratta di un affare di sicurezza nazionale.”
“Come? Io- io non…” aveva tentato di opporsi Molly, troppo stupita per articolare una frase compiuta. Lei? Sicurezza nazionale? Buon Dio, doveva essere impazzito.
Si era bloccata sul posto, cercando di contenere l’onda di panico che l’aveva colpita all’improvviso. La borsa le scivolo giù dalla spalla finendo a terra con un tonfo, mentre l’uomo proseguiva, spiegandole cosa sarebbe accaduto.
“Non posso, Sherlock. Io… sono solo…” aveva sussurrato in imbarazzo. 
Ma lui era tornato indietro. Le aveva preso la mano, tenendole il palmo in su, stringendola con le proprie dita sottili. “Oh, sì che puoi, Molly Hooper. Tu puoi tutto.” Aveva raccolto la borsa da terra, porgendogliela con gentilezza. Sulle labbra, quel sorriso sicuro di sé che tanto l’aveva irritata, ma che in quel momento le aveva impedito di replicare; negli occhi, uno sguardo in tralice. “Anche far tornare una persona dal regno dei morti” aveva concluso lui approfittando del suo silenzio incredulo. Le aveva stretto la mano, sollecitandola con dolcezza verso la stanza dove si trovavano adesso. E Molly non era più riuscita ad opporsi.


Molly e Sherlock rimasero soli nella penombra di quella stanza semivuota dalle pareti grigie, fissandosi in silenzio. Quanto tempo era passato da che erano stati così vicini?
Molti mesi prima.
Quella notte al St. Bart. L’unica e ultima volta.
L’eco del respiro affrettato di Molly si propagò per la stanza, divenne una sorta di musica. Sherlock le si avvicinò e lei dovette alzare la testa per guardarlo in viso.
“Ho paura.”
“L’uomo scosse la testa in maniera impercettibile mentre negli occhi affiorava un’espressione di tenerezza appena temperata dalla sua consueta alterigia. “Non devi.”
La donna scosse la testa, più nervosa che intimorita. “Non ho idea di cosa fare” mormorò abbassando gli occhi. Iniziò a torturare una falda dell’abito. “Non sono tipo di intrighi e roba… come questa. Manderò tutto all’aria.”
La risata di Sherlock fu rapida, uno scroscio di pioggia. “Quanto poco conosci te stessa, Molly Hooper?”
La donna sollevò lo sguardo, sorpresa da quella frase. Aprì la bocca per parlare ma lui la bloccò con un'occhiata.
“Tu, solo tu, sei la persona adatta.” 
Sherlock si era avvicinato a lei e aveva il volto a una spanna dal suo. Sentiva il respiro solleticarle le guance; poteva percepire l’odore del profumo che indossava, il calore del braccio appoggiato alla spalliera della sedia. Riusciva persino a cogliere le minuscole pagliuzze scure che galleggiavano nelle iridi color ghiaccio.
“Non potrei mai volere nessun altra, stanotte. Solamente tu” sussurrò.
E mentre Molly era ancora lì, a labbra socchiuse, con il cuore che le martellava tra lo stomaco e la gola, Sherlock si allontanò di scatto dirigendosi verso la porta.
Poi si voltò a guardarla. Le tese la mano senza sorridere.
“Vieni.”

La Jaguar si arrestò con una frenata leggera dinanzi a un edificio di vetro e neon blu da cui proveniva una musica assordante. Molly respirò a fondo per dominare l’ansia mentre le parole di Mycroft le risuonavano nelle tempie, simili a un mantra. “Non avete nulla da temere. Sarete sempre sotto controllo: le lenti a contatto che indossi hanno una videocamera di pochi micron che ci permetterà di registrare qualunque cosa tu vedrai e di renderci conto di eventuali pericoli.”
Molly aveva arricciato le labbra, scrutando di sfuggita il viso di Sherlock. Le sue iridi erano nere, simili agli occhi morti di un corvo.
“Ci sono agenti pronti ad agire in pochi secondi lungo il perimetro esterno dell’edificio. Abbiamo già identificato gli addetti alla sorveglianza del gestore dell’asta. E tra il Blue Odeon abbiamo individuato più di sei scorte di esponenti della malavita, di due emiri del Medio Oriente e un faccendiere russo.” Mycroft aveva aggrottato la fronte, serio. “Non prendere iniziative, fratello. La tua incolumità mi è cara” concluse a bassa voce.
Sherlock non aveva degnato di uno sguardo, continuando a giocherellare con i polsini della camicia. “Non so se essere lieto di questa rassicurazione o temere lo spirito d’iniziativa dei tuoi uomini. Non vorrei trovarmi coinvolto in una sparatoria con un reparto di teste di cuoio.”
Mycroft aveva sfoderato il suo sorriso freddo. “I miei uomini sono al mio comando” aveva sottolineato con voce bassa, allargando la mano sull’impugnatura dell’ombrello. “Certo, se tu avessi optato per una compagna preparata per questo scopo…”
Molly appoggiata allo sportello della Jaguar aveva bofonchiato un “È quello che ho pensato anche io” che nessuno dei due Holmes aveva preso in considerazione.
Sherlock aveva sorriso amabilmente al fratello. “Alla fine di questo incarico, forse, accetterò il cavalierato con cui mi minacci da tempo, Mycroft.” Piegò la testa di lato e sorrise a Molly che tentava di entrare nell’abitacolo, alzando la falda dell’abito con dita impacciate. “A patto che Miss Hooper riceva la stessa onorificenza.”
Lei. Insignita di un’onorificenza.
Che idea stupida.
In quel momento Sherlock le afferrò la mano. Le dita sottili racchiusero quelle di lei in una presa fredda e salda. “Ricordi tutto?” chiese senza guardarla.
“Hope, un’accompagnatrice contattata online. E tu sei Larry O’Brien.”
L’uomo assentì convinto. “Nessuno ti chiederà altro. Sei solo la mia compagna di una sera. Si presume che tu debba intrattenermi, ma non credo che sia necessario dimostrare le tue presunte abilità professionali.”
“Le mie…oh!” La bocca di Molly disegnò un cerchio perfetto prima di richiudersi. “Sì, giusto” annuì. Sentiva le orecchie in fiamme. Doveva essere arrossita fino alla radice dei capelli.
Lo sguardo che Sherlock le indirizzò era insieme di complicità e di sarcasmo. “Pronta?” Le chiese, stringendole più forte la mano.
In quell’istante la portiera dell’auto si aprì e l’autista - un agente di Mycroft - le porse la mano per aiutarla a scendere. La donna accettò il suo aiuto ma non riuscì a evitare il piede dell’uomo, il quale rispose con uno stoico sorriso. “Mi perdoni” esclamò Molly. “Le ho fatto molto male?”
Il braccio di Sherlock le cinse la vita, stringendola in maniera possessiva, allontanandola dall’auto. Un’onda di calore le attraversò la schiena, fino al viso.
“Sei una escort da duemila sterline a notte, Hope. Non chiedi scusa. Non sei imbarazzata. Non hai paura di nulla” le bisbigliò contro sfiorandole con le labbra la pelle sottile del collo, sotto l’orecchio.
Lei si voltò per guardarlo in viso. L’uomo era impassibile, lo sguardo nero, le labbra piegate in un sorrisetto infastidito.
Uno sconosciuto.
Le lenti a contatto che Sherlock aveva indossato per celare il colore degli occhi così particolare e riconoscibile l’avevano trasformato in un estraneo.
Ma era la sua voce, il suo corpo, la sua stessa presenza a renderlo… pericoloso.
Per un istante, Molly ebbe voglia di scalciare via i sandali e fuggire via da tutto, da quel locale pieno di criminali, uomini armati e trafficanti, via dalla musica che trapelava attraverso le porte chiuse. Via da Sherlock Holmes, dal fantasma spietato che era diventato.
Rifugiarsi nella quiete bianca e ovattata del suo obitorio, dei golfini di lana fatti da sua zia Adele, dalle patatine mangiate in fretta compilando referti. Era quella la sua vita.
Non era Cenerentola e quello non era il ballo del Principe. Era lì per fingere di essere una prostituta d’alto bordo e lui stava impersonando un faccendiere irlandese.
Nulla di tutto ciò che stava provando era vero.
Ma la mano dell’uomo la stringeva senza lasciarle via di scampo. Il cuore le batteva all’impazzata, come mai prima d’ora. 
E per nulla al mondo, si rese conto, lei avrebbe rinunciato a quella notte con lui.


Ps: Questo capitolo è una goccia Het nell'oceano dello slash. So già che vado molto controcorrente, ma l'idea di scrivere questa scena attraverso gli occhi di Molly era troppo forte. Spero che la lettura vi coinvolga ed emozioni. Io ho fatto un po' di fatica a mantenere il sangue freddo immaginando lo sguado di questo personaggio.
Infine, vi è un piccolo omaggio a Torchwood, che spero gradirete... so...
Enjoy!!

   
 
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