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Autore: Antony_    19/09/2012    3 recensioni
La mia storia inizia da una sfida.
Sfida che, stupidamente, ho accettato una noiosa mattinata di scuola.
Con la mia compagna di banco.
Ora che ci penso, quasi tornerei indietro. Quasi.
Avevo promesso qualcosa di pericoloso, estremamente pericoloso e avevo giurato che avrei combattuto per ciò in cui credevo, quello che propriamente, la maggior parte delle persone chiama il proprio ideale, comunque, avrei combattuto e, se fosse stato necessario, sarei morta.
Promessa da coglioni, vero? Me ne accorgo ora, ma ora è troppo tardi.
Genere: Azione, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 8

I miei mondi. Certo, bastava un minimo di concentrazione per scovare le parti di mondi di­versi. Uno era quello di cui m'interessava, quello che mi racchiudeva, l'altro era il mondo a me circostante, quello che tutti chiamano a casa, quello in cui mio padre è uno schifoso al­colizzato e tutti lo ammirano estasiati.

Troverò la libreria se lo vorrò, se la farò entrare nel mio mondo, se farò entrare Mr. Cloud. Ormai ero completamente assorta da quell'uomo e mi piaceva talmente tanto come persona che avevo bisogno di lui quanto di un nuovo padre.

Hai ragione, nascondo qualcosa, che ti dirò adesso– dissi rivolta a Diego.

Mi piacerebbe piccola, ma adesso c'è lezione, il temporale si è calmato di botto, strano no?–

Buffo– assentii. Buffo davvero... tutti si stavano dirigendo confusi verso i propri banchi e io mi sedetti piano al mio.

Quel giorno il prof di filosofia disse che il giorno dopo avrebbe interrogato sul primo capi­tolo del nuovo libro. Così fece anche quella di latino e quello di fisica annunciò una verifi­ca.

S'iniziava. Sapevo già come sarebbe finita, sarei arrivata sull'orlo della bocciatura e bum, spinta dalla determinazione l'avrei spuntata, o forse no? Quell'anno non l'avrei neanche fi­nito, ma questo allora non lo sapevo.

Uscimmo dall'aula soffocante e ci crogiolammo al caldo e al sole.

Allora, cosa mi volevi dire?– chiese Diego. Gli sorrisi e lo baciai con tanta passione che, per un momento, tutti stettero a fissarci, io non ne avevo vergogna. Lui era mio, mio sol­tanto.

Gli raccontai ogni cosa. Passando velocemente su mio padre e soffermandomi maggior­mente su Mr. Cloud, come con Guido.

Tuo padre... vorrei picchiarlo e vuoi davvero conoscere meglio quel tizio? Sei sicura che non sarà pericoloso?–

No, mi fido di Mr. Cloud. E non andrò alla libreria da sola, vuoi venire con me e con Gui­do?–

Perché ci portiamo dietro Guido?– mi stupii di quella domanda, lui e Guido erano sempre andati molto d'accordo.

Non lo vuoi?–

No, è che... boh, va bene così– farfugliò lui.

Mi limitai a guardarlo alzando un sopracciglio (l'unico che sapevo alzare era quello destro).

Andiamo? È forte questo tipo?– chiese Guido riferendosi a Mr. Cloud.

Non so se ti piacerà, a me sì, sembra che provenga dal passato, è il mio idolo–

Hai detto che è uno scopritore di talenti, perché ha scelto te?–

Dice che sono speciale, lasciamo stare, risparmia le domande per lui–

Sempre che riusciamo a trovare questa libreria– ipotizzò Diego. Sapevo che lui in fondo in fondo non voleva trovarla. Io, invece, sì, sarebbe stato qualcosa che mi avrebbe risve­gliata da quello stato di torpore che mio padre mi provocava con il suo costante utilizzo dell'alcol.

Bene, siamo fuori dalla scuola, dove andiamo?– chiese Guido. Pensai che se era nel mio mondo sarebbe bastato andare in un posto che desideravo vedere. Ma poi capii che non poteva essere in un posto che avevo già visto, doveva essere un posto strano...speciale... misterioso... antico!

Guido?! Milano ha qualche borgo, tipo qualcosa che faccia sembrare di essere in un'altra epoca... come il tram?–

Ma che dici...?– iniziò Diego.

Sì... ce n'è uno in cui vado... andavo spesso con lei– lo ignorò Guido.

Qual è?–

Vieni–.

Camminammo per due ore buone sempre fermandoci a perlustrare. Finalmente arrivam­mo, ma quel luogo era grande e si diradava in diverse ramificazioni come nelle antiche cit­tà. Come a Siena.

E ora dove andiamo?– chiese Diego.

Feci vagare lo sguardo stanca e accaldata.

Beh, potremmo prenderci un gelato, tanto per riposarci un po'– risposi. Sembravano felici della pausa. Io non lo presi, nonostante lo volessi con tutta me stessa, preferivo la libreria e Mr. Cloud. Mi accasciai su una panchina in ferro battuto e mi resi conto che era l'unica non in legno. Guardai avanti e vidi un lampione senza luce artificiale, c'era lo spazio adibi­to al lume di candela. La testa scattò a destra fulminea e vidi subito una strada di ciottoli e un'insegna che diceva: Giovanna D'Arco al rogo. Giovanna D'Arco al rogo?

Non riuscii a non pensare che Giovanna D'Arco era un'eretica, diversa da me, ma pur sempre tale.

Percorsi la stradina ripida verso l'alto e notai una porta. Non c'erano finestre, solo la porta di legno spesso. Era spoglia, nuda e grezza. Accanto, abbandonato a terra, un libro. Mi chinai e lo raccolsi: Chi Vuole Può.

Era quella. Quella era la libreria. La porta pendeva, percorsi l'angolo di muro a cui era ad­dossata e trovai una finestrella sporca ai lati e pulita al centro. Si scorgevano cataste di libri con le copertine colorate ammucchiati. Mi appoggiai alla finestrella e si aprì cigolando, sbatté dietro contro il muro. Mi sporsi e, sotto di me, vidi una scrivania dello stesso legno della porta, sopra c'erano scartoffie sporche d'inchiostro umido, una penna e un calamaio. L'ambiente era estremamente luminoso, una scia di luce si alzava esattamente nel centro della libreria e placide le particelle di polvere vorticavano. Era magico. La libreria non fini­va lì, dall'altro lato della stanza una scala a chiocciola si attorcigliava. Com'era bella quella stanza, paradisiaca...

Mr. Cloud dov'era però?

Che hai trovato?– m'irrigidii, non era né la voce di Guido né quella di Diego, era la voce di Cloe. Quella ragazza passava tutta la sua vita a pedinarmi?

Interessante, una libreria antica, entriamo?–

No, stavo solo curiosando, vado a prendere un gelato–

Non ora, aspetta, perché non vuoi entrare? I libri di scuola non t'interessano, ma so che faresti follie per quelli lì dentro–

Sbagli, nemmeno mi conosci– mi prese un braccio e mi mise davanti alla faccia un cellula­re aperto sulla pagina di Facebook del... don? C'era scritto nell'ultimo link: “ragazza sver­gognata ci mostra com'è diventata la maggior parte degli adolescenti. Non ha rispetto per la religione e istiga giovani creature (con la foto della bambina di 7 anni che si era procla­mata atea difronte alla madre) a unirsi al suo depravato gruppo di atei.

Fortunatamente abbiamo dei giovani che s'interessano alla dottrina e all'amore per ciò che abbiamo di più caro al mondo: la Fede. Per cui invito ogni giovane dotato di una coscienza (e so che sarete la maggior parte) a mettere un semplice “mi piace” alla nostra pagina, così da sostenerci”. Ero ammutolita, e la voce se ne andò del tutto, ne fui certa, quando lessi i commenti e vidi il numero di “mi piace”: 340 000!

Vinceremo, tesoro– recitò la strega.

Non mi chiamare tesoro–

Ciao– disse lei e svanì. Cloe cominciava a inquietarmi seriamente.

 

Hai deciso di unirti a noi, eretica?– sobbalzai, credevo di avere difronte a me un qualche bigotto, invece, mi trovai davanti Mr. Cloud e mi rilassai subito. Vederlo mi metteva di buon umore, mi ricordava tanto un nonno, dolce, ma esigente e misterioso.

E' vero che non ami i libri di scuola?– chiese lui. Annuii.

Sei intelligente, te l'ho già detto– iniziò con un sorriso –prova ad impegnarti–

Io lo faccio, giuro, ma fatico– parlai, trovando una scusa.

Ti aiuterò io, vedrai che ce la farai, sei determinata, non ho dubbi– nemmeno io ne avevo, basta volerlo...

Entri?– mi girai cercando Guido e Diego e facendo cenno con la testa nella loro direzio­ne.

Rimase in silenzio e senza aspettare corsi da loro.

Ciao...– salutò ben poco conciliante Diego.

Forte! Ma guarda che posto! Ah, dovresti vendere vinile qua dentro, sembra fatto appo­sta!...– disse Guido.

Vinile eh? Quanti segreti nascondeva quel pazzoide? In confronto con Mr. Cloud, Guido era completamente diverso: il completo gessato contro il giubbotto di pelle e i jeans strap­pati tutti pieni di borchie; i capelli argentati e impomatatati contro la cresta colorata; il pro­fumo di fiori contro l'odore di fumo. Però il mio affetto per loro era uguale. E Diego? Die­go era la mia vita, nonostante non sembrasse il mio cuore batteva più forte ad ogni passo in più che lui faceva verso di me.

Non me li presenti, Ronny, questi bei giovanotti?– classico vocabolario di un anziano, quanto mi piaceva quel modo di parlare, mi piaceva perché in fondo io ero nata negli anni novanta e noi del '90 ci sentiamo un po' come dei giovani vecchi. Ricordiamo le lire (che rimpiangiamo tanto), le videocassette che si rompevano e gracchiavano a furia del nastro che girava e girava mille volte nel registratore, ma noi le guardavamo lo stesso perché ma­gari c'era il re leone o la sirenetta o Bambi. Noi che urlavamo di felicità per una nuova macchinina o un animale di plastica. Noi che conosciamo la vita alta nei pantaloni e la di­sprezziamo altamente. Noi giovani vecchi.

Ronny?–

Oh sì, ehm, lui è Diego– mi vergognavo di dire a Mr. Cloud che era il mio ragazzo perché di fronte a lui sarebbe stata un'esclamazione quasi bambinesca e subito riconsiderai quelle parole.

Si strinsero la mano con rispetto.

E lui è Guido– loro due sembravano capirsi, fondere i loro mondi diversi.

Li guardai, affascinata dalla subitanea amicizia.

In questa catapecchia ci sono libri forti?–

Scommetto che se tu gli tirassi un pugno, la copertina ti farebbe male–. Guido aggrottò la fronte mentre notai che le labbra (quelle bellissime labbra) di Diego si stavano pie­gando dolcemente.

Mr. Cloud, ora che mi ha fatto scoprire la libreria cosa mi vuole dire?–

Devo conoscerti e qui avrò modo di conoscere ciascuno di voi. Ne sono molto curioso– ammise Mr. Cloud scrutando Diego.

Mentre entravamo fui pervasa da un profumo di carta e di pulito. La luce mi colpiva, ma non mi dava fastidio.

Bene vediamo, io so che Ronny è atea, come la pensate voi?– cominciò Mr. Cloud.

Io anche lo sono, gliel'ha detto Ronny di quello che stiamo facendo contro i bigotti di... ehm contro i bigotti?–

Non me l'ha detto, l'ho visto su Facebook– fui stranita da come pronunciò Facebook, di solito quando gli adulti lo dicevano sembrava fuori luogo, lui invece lo pronunciava con di­sinvoltura. Rimembrai che l'aveva nominato pure sul tram, ma non ci avevo fatto caso.

Ho visto anche quanti “mi piace” ha la pagina–

Sono tanti indubbiamente– dissi.

Non è un problema, dovete superarli– io, Guido e Diego spalancammo gli occhi: superare 340 000 “mi piace”? Sarebbe stato impossibile!

Io non ho dimestichezza con Facebook, il mio profilo fa pietà e nemmeno mi piace– dissi. Ed era vero, lo detestavo, lo avevo perché lo avevano tutti e per parlare con alcune perso­ne, ma niente di che. Potevamo trovare una soluzione...

Non esiste solo Facebook– valutò Diego.

Hai ragione,– intervenne Mr. Cloud –dobbiamo trovare qualcos'altro di altrettanto...–

fico– suggerì Guido –Twitter? Netlog? Myspace?–

No... blogger!– tutti guardammo Mr. Cloud con aria interrogatoria.

Non sapete cos'è un blog? Una pagina tutta vostra che viene seguita, credetemi, con quel­lo farete una fortuna ed è meglio di qualsiasi social network, potete creare ciò che volete, vi verrà bene, io vi aiuterò, ma in quel caso si tratterà solo di avere creatività e quella non vi manca–

Mr. Cloud lei è un genio!– saltai in piedi sulla sedia.

Certo cara, lo so, ma dammi del tu– disse ridendo. Mi risedetti con il collo rosso d'imba­razzo.

E ora, girate, girate per la libreria, non abbiate paura, fatelo separati e scegliete un libro, uno, quello che vi ha colpito di più, qualsiasi– propose marcando sul “qualsiasi”.

Questo mi piace!– esclamai.

Anche a me!– disse Guido di rimando.

Facciamolo– mi sorrise Diego e in quel momento seppi che Mr. Cloud si era accorto di me e lui.

Mi diressi seguendo il vago odore di caffè che avevo percepito prima. Volevo vedere cosa c'era sopra quella scala a chiocciola e la salii. Quasi mi girò la testa e rischiai di cadere, alla fine la vidi: libri su libri su libri ammucchiati dappertutto. Le pareti nemmeno si vedevano, i mobili ne erano strapieni. Vagai seguendo l'odore di caffè, di quella che pareva cenere e la luce. Mi ritrovai in un punto cieco, una libreria altissima mi ostacolava il passaggio. Ero si­cura che c'era un modo per superarla, il mio olfatto era sempre stato acutissimo e gli odori che avevo sentito provenivano da lì, adesso c'era anche un leggero profumo di vaniglia.

Tastai i libri riposti senza nessun risultato. Poi mi allontanai in modo da avere la visione più ingrandita e notai che erano posti in un ordine preciso, solo che non capivo quale. Una specie di simmetria... un domino! Mi accorsi che spingendone uno sarebbero automatica­mente caduti tutti, seguii l'ordine e arrivai ad un libro che si sarebbe arrestato, lo misi in posizione esatta e caddi giù. Mi sentii risucchiata sotto così lanciai un urletto, non c'era da aver paura, caddi su una morbida poltrona di pelle marrone scuro un po' rat­toppata e scu­cita. La poltrona proseguì su delle rotaie fino ad arrivare ad un'ulteriore stan­za... mi brilla­rono letteralmente gli occhi!

Quello era un sogno, vero? Ero accerchiata da libri e libri e piante, tantissime, ricoprivano le pareti con dei rampicanti verdissimi. Notai pochi arredi di mobilia su cui erano abban­donati alcuni libri e su di uno c'era anche un computer ultra moderno, un Apple. Su un ta­volino basso davanti a dove si era fermata la poltrona c'era una moca con del caffè bollen­te, biscotti, zucchero e panna. Un sigaro alla vaniglia era stato lasciato incustodito e la luce, oh la luce: davanti a me una porta finestra con i bordi di legno smaltato di bianco era spalancata su un balconcino con piastrelle di marmo grezzo e vasi di fiori nei portavasi in ferro nero. Affacciandosi da lì una brezza dolce e leggera ti sfiorava e ti portava indietro nel tempo... come il tram. Sogghignai.

Mi riscossi leggermente, dovevo scegliere un libro. Quello più bello era sicuramente “fuori dalla portata dei bambini”. Buttai giù libri che andarono a cadere rovinosi sul terreno, poi lo trovai: Sii Chi Sei! Diceva la copertina e nella quarta di copertina: Lui non è normale, in molti glielo dicono e lui risponde quasi sempre, scrollando le spalle: io sono così. Ma un giorno ha risposto: non sono normale perché non sono una pecora! Da quell'istante tutti nel villaggio lo detestano.

Sì, era il volume giusto. Lo misi sotto il braccio, riempii una tazza di caffè, m'infilai il sigaro in bocca e scesi la scala a chiocciola trionfante.

   
 
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