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Autore: rolly too    23/09/2012    6 recensioni
Kidd ha tirato troppo la corda, e il suo migliore amico si è trasformato nel nemico più pericoloso con cui abbia mai avuto a che fare. Perché Killer è forte, determinato, e soprattutto è stanco di lui e del suo comportamento. Davanti a una minaccia tanto grande e tanto dolorosa, nemmeno il Capitano Kidd sa più che cosa fare, e forse nemmeno il suo storico nemico e amante può aiutarlo, e anzi, potrebbe anche essere in pericolo.
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Killer | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Due degli uomini della ciurma di Law lo afferrarono sotto alle braccia senza troppi complimenti. Si mosse di scatto, tentando di liberarsi, ma era troppo debole.
Uno dei due lo guardò, serio, e Kidd non fece in tempo a fare né dire nulla, con la bocca impastata e il corpo pesante, che quello gli fece un'iniezione che, lo sapeva, non serviva a farlo sentire meglio.
Perché avessero deciso di curarlo nonostante ciò che aveva fatto, per lui era un mistero, ma quello di cui era certo era che quel trattamento di favore era finito.
Era riuscito a mettere le mani su Killer, però. Non l'aveva ucciso, ma non importava. Probabilmente l'aveva ammazzato Law dopo aver messo fuori gioco lui, quando era impazzito.
Solo che, a quanto pareva, il tempo dei giochi era finito.
Si rese conto che quella roba che gli avevano dato gli aveva fatto passare il dolore, ma anche la capacità di muoversi. Lo sollevarono dal letto e lui non poté fare nulla per liberarsi, non poté nemmeno parlare.
Riuscì a scorgere i volti dei due uomini che lo stavano portando fuori dalla cabina e vide che uno dei due era Penguin.
«Hai ucciso Bepo, sai?» gli disse con voce secca. «Trafalgar ha perso la testa. È un miracolo che non ti abbia ucciso con quel colpo, ma va bene così. Tanto, stai per morire. Spero solo che tu ti renda conto di quello che gli hai fatto. Puoi dire quello che ti pare, so bene che il mio capitano è importante per te. Mi chiedo se lo sia ancora, ecco. Per quello che ho capito di Law in questi anni, ti posso assicurare che non si riprenderà mai più. Capisci quello che ti dico? Non è solo che hai ucciso Bepo. Quello che sto cercando di farti capire è che, uccidendo Bepo, tu hai ucciso Trafalgar. Respira, si muove, ma è come se fosse morto. E l'assassino sei tu. Pensaci, mentre aspetti di morire. Che razza di uomo sei, se uccidi la persona che ami?»
Era la prima volta che Penguin gli rivolgeva la parola tanto a lungo, ma avrebbe preferito fosse stato zitto. Aveva ucciso l'orso... Sì, sapeva che cosa comportasse.
Sapeva quanto quell'animale era importante per Trafalgar, quanto avesse bisogno di lui. Trafalgar, senza Bepo, non era nulla. E lui aveva ucciso l'unica creatura vivente che fosse in grado di dare serenità al chirurgo.
Le parole di Penguin l'avrebbero irritato, in una situazione diversa. Ma ora, mentre quei due – l'aveva capito – lo portavano verso la murata del sottomarino per buttarlo nell'acqua, si sarebbe volentieri messo a piangere. Sarebbe voluto correre da Trafalgar, perché non era giusto che le cose tra loro finissero così.
Sarebbe voluto andare da Killer, per chiarire, per capire dove avesse sbagliato.
Adesso che sapeva che per lui era la fine, mentre l'acqua del mare si avvicinava sempre di più e lui non si poteva muovere, era pieno di rimorsi. Aveva sbagliato tutto con le due persone che aveva amato di più nella sua vita, ed era tardi anche solo per tentare di spiegare loro che quella cattiveria non era voluta.
Ma tanto, si disse mentre i due lo lasciavano andare e lui sprofondava nel mare, a che cosa sarebbe servito?

L'acqua lo avvolgeva, annebbiava i suoi sensi.
Gli mancava il fiato, ma quasi non se ne accorgeva. Quella era una sensazione che aveva dimenticato. Il mare lo tirava giù e lui stava per morire, ma stava bene. Quell'assenza di forza era assenza di tutto.
Le ferite si erano aperte, l'acqua intorno a lui si tingeva di rosso, ma non gli importava. Non provava dolore. Se a morire si provava quello, sperava di morire presto. Sperava che il potere che il mare aveva su di lui facesse effetto in fretta, e cancellasse anche i suoi ultimi pensieri. Voleva perdere tutti i propri ricordi. Smettere di pensare a Law, a Killer...
Sentì la gola stringersi. I volti dei due uomini gli traversarono la mente e fu doloroso, molto più di qualunque ferita. Quanto aveva sbagliato, nella sua vita! Fino a che punto era arrivato!
Avrebbe fatto qualunque cosa per tornare indietro. Ma era tardi per pensarci, ormai.
Glielo diceva sempre Trafalgar: alle cose bisognava pensarci prima.
Lui non ne era mai stato capace, e quello era il risultato. Ah, ma presto sarebbe finito tutto. Presto sarebbe morto, e lui non aspettava altro...
Si sentì all'improvviso trascinare verso l'alto. Sentì la pressione del mare che diminuiva e presto fu in superficie. Il suo corpo cercò istintivamente l'ossigeno, tirò un profondo respiro e riempì i polmoni in modo quasi doloroso.
Ma come c'era arrivato lassù? Com'era possibile? Il Frutto del Diavolo gli impediva di galleggiare.
Vide i capelli biondi e si rese conto che era Killer, era lui che l'aveva tirato su e che ora stava cercando, con le poche forze che gli rimanevano, di trascinarsi verso la spiaggia. Law li aveva fatti buttare in mare entrambi, dunque? Ma quanto lontani erano dalla riva? E quanto poteva resistere Killer, in quelle condizioni?
Era vero che era successo tanto tra di loro. Era vero che aveva desiderato uccidere Killer con tutte le sue forze. Ma solo poco prima si era pentito, e allora doveva comportarsi di conseguenza.
«Lasciami andare.» riuscì a dire. Si sentiva la bocca intorpidita e non era certo che le sue parole fossero state comprensibili, ma almeno qualche suono era uscito.
«Sta' zitto.» ansimò Killer continuando a nuotare.
«Mollami. Che cazzo stai facendo? Ho cercato di ucciderti.»
«Anch'io.» Dei respiri affannati, ancora qualche metro percorso con immensa fatica e «Dobbiamo parlare.»
«Non arriverai mai alla spiaggia portando anche me. Lasciami qui.»
«Sta' zitto.» ripeté Killer in un ansito. «Fammi un favore e sta' zitto. Sei capace solo di dire cazzate.»
Kidd tacque. Killer lo stava trascinando con sé, lasciando nell'acqua una scia di sangue. Di chi fosse, Kidd non avrebbe saputo dirlo. Probabilmente di entrambi.
Non sapeva quantificare il tempo che ci stavano mettendo a raggiungere la terra, ma iniziava ad avere freddo. Oltre all'acqua, anche la perdita di sangue stava iniziando a far sentire i suoi effetti. La ferita aveva ricominciato a fare male. Ma doveva sopportare in silenzio, si disse. Chissà che sforzo stava facendo Killer trasportando entrambi nelle condizioni in cui era.
Chissà quanto soffriva.
Chissà quanto aveva sofferto, fino a quel momento.

Killer perse i sensi nel momento esatto in cui finì di trascinarsi a riva.
Kidd crollò sopra di lui e gli ci volle diverso tempo per capire che lo stava soffocando, e che l'avrebbe ucciso se non si fosse tolto subito da lui. Fece del proprio meglio per rotolare su un fianco e riuscì a spostarsi sul terreno.
Chiuse gli occhi e si accorse che riusciva a muoversi un pochino. Forse l'effetto del farmaco stava svanendo, o forse aveva perso talmente tanto sangue che anche quel medicinale era uscito dal suo corpo. Non ne aveva idea e non gli interessava. Quello che era importante era, innanzitutto, vedere se poteva fare qualcosa per fermare il sangue, e poi controllare in che condizioni fosse Killer.
Lui l'aveva salvato. Aveva detto che dovevano parlare e aveva ragione, perciò intendeva fare del suo meglio per riuscirci.
Si fasciò come meglio riuscì, tenendo un lembo della stoffa che aveva strappato dai propri vestiti con i denti, e quando ci riuscì era sfinito e sudato.
«Dannazione, Killer.» brontolò. «La prossima volta evita di tagliarmi le braccia. Mi servono.»
Si chinò sul suo vice e con il braccio fece forza, per quanto possibile, per voltarlo.
Crollando supino sulla spiaggia, il volto sfigurato di Killer si era riempito di sabbia. Kidd lo guardò, indeciso, e alla fine gli passò un dito sulle labbra per farla cadere, per evitare che la ingoiasse; gli ripulì le guance, la fronte e le palpebre chiuse, guardando per la prima volta per davvero le cicatrici che solcavano il viso dell'altro uomo.
Studiò a lungo le bruciature, i tagli profondi. Alcuni erano deformati e Kidd si rese conto che era perché glieli avevano procurati da bambino, e crescendo erano cambiati.
Quanto aveva sofferto, Killer, a causa di quegli uomini? Aveva pregato di morire, mentre lo torturavano? E che cosa aveva pensato quando l'aveva visto per la prima volta? Aveva pensato che anche lui gli avrebbe fatto del male? Cosa gli era passato per la testa in tutti quegli anni?
Si chinò su di lui e ascoltò attentamente il suo respiro affannoso. Poggiò l'orecchio sul suo petto e sentì il cuore che batteva velocissimo, come impazzito.
Gli sollevò la maglia, vide la ferita che gli aveva procurato Law e vide che era stata medicata con cura, come se non fosse successo nulla, come se nessuno dei due avesse causato tutti quei guai.
Era stato bendato, e anche se le fasce erano sporche di sangue Kidd si disse che non era il caso di mettere le mani su una medicazione del genere. Avrebbero trovato un dottore, se fossero riusciti a sopravvivere abbastanza tempo per farlo.
Ma dovevano sopravvivere abbastanza. Dovevano.
Si alzò in piedi a fatica, cercò di caricarsi Killer sulle spalle e ci riuscì, anche se dopo molti tentativi. Gli girava la testa, e il peso di Killer gravava su di lui, minacciando in ogni momento di farlo crollare a terra.
Ma non sarebbe crollato.
Avrebbe salvato Killer, non importava come.



Grazie a tutti per i meravigliosi commenti che mi avete lasciato.
Scusate se non ho risposto singolarmente a ognuno di voi.
   
 
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