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Autore: bulmasanzo    23/09/2012    4 recensioni
Una riscrittura della storia riproposta in ogni titolo della saga dei fratelli Mario, in uno stile semiserio e tragicomico che diventa progressivamente sempre più impegnato.
Genere: Avventura, Commedia, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Bowser, Luigi, Mario, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Devo avvisarvi che, nel seguente capitolo, alcuni personaggi potrebbero forse risultare OOC. Me ne scuso.



Cap 4


“Guardale e piangi!” dice Peach buttando le sue carte sul tavolo.

“Due coppie di regine? Siete fortunata.” esclama nascondendo la propria irritazione il koopa secondino. È la terza partita di fila che perde e sta iniziando a stufarsi, ma gli è stato ordinato dal suo re in persona di tenere compagnia alla principessa, quindi non può rifiutarsi.

“Era ovvio che lo fossi, al gioco, perché in amore faccio schifo.” commenta la principessa attirando a sé le fiches.

“Oh, non disperate.” dice il koopa senza pensarci “Siete giovane e bella e ricca... di certo troverete presto qualcuno da accalappiare... cioè, da sposare.” si corregge.

“Questa sì che è bella!” sbotta Peach mentre rimescola le carte per una nuova partita “Sono prigioniera di un drago che mi fa la corte e io penso ancora all'amore.”

“Beh, non è detto che riuscirà a portarvi all'altare.” fa il koopa vago.

“Misericordia! Sono proprio lo stereotipo disneyano della principessa sognatrice!” esclama Peach sconcertata “Ci manca solo che mi metta a pulire questo castello insieme ai cerbiatti e a cantare che il mio amore un dì verrà... Come sono felice, sono sola in una casetta nel bosco e faccio una torta di mele...”

Il koopa sorride a quell'allusione “Biancaneve lo abbiamo visto tutti.” pensa.

“Ma a che serve illudersi!” esplode improvvisamente Peach mescolando le carte sempre più in fretta “Queste inutili chiacchiere sul principe azzurro, sul cavaliere che ti salva e ti porta via sul cavallo bianco non sono altro che le fantasie malate di adolescenti represse! Baggianate allo stato grezzo! Il principe azzurro non esiste e se anche esistesse, non arriverà mai. E tu puoi essere la principessa più favolosa, più bella, più leggiadra e più delicata dell'universo, e puoi starlo ad aspettare per un secolo... e intanto lui si sarà già trovato la sua bella gnocca mora, alta e con le tette trasbordanti che fa subito per lui quello che tu ti sogneresti di fare solo dopo anni... e anni... e anni di matrimonio!”

“Cioè, a cosa vi riferite?” chiede il koopa che in realtà ha paura di chiederlo.

“Al fatto di farlo fumare in casa!” grida la principessa facendo volare le carte da tutte le parti “Ma ovviamente solo se c'è la finestra aperta e solo se in quella stanza non ci stanno i bambini... i bambini!” esclama poi presa da un altro pensiero “Chissà, se mi dovessi veramente sposare con quel mostro, che bambini brutti che mi verrebbero! Avranno anche loro le corna e la coda e gli spuntoni sulla schiena!” Peach lascia perdere completamente le carte e si copre gli occhi, affranta “Non riuscirei nemmeno a tenerli in braccio.” continua “Daisy mi verrà a fare visita per mostrarmi la sua vita perfetta, il suo sposo stupendo e i suoi bellissimi pargoli con le guanciotte rosse e io non potrò fare a meno di invidiarla perché i miei invece avranno le squame e sputeranno fuoco!” la prigioniera tace e si raggomitola, sull'orlo di una crisi.

Mentre lei parlava, il koopa si è affrettato a raggiungere in silenzio la porta, per allontanarsi da lei. Sa che potrebbe diventare isterica e non vuole un altro morso in faccia, quello di prima gli ha lasciato un segno vivido sulla pelle che non s'è ancora rimarginato.

Però, Peach si riscuote prima che esca “Aspetta, non lasciarmi di nuovo da sola!” lo implora “Vieni qui, facciamo un'altra partita, ti farò vincere.”

“Credo che per oggi basti, grazie...” rifiuta il koopa “Volete che vi porti da mangiare?” aggiunge cercando disperatamente una scusa per svignarsela.

“Sì! Portami ostriche, caviale e champagne!” grida la principessa tirandogli un cuscino in faccia “Festeggiamo la mia prigionia!”

Il koopa esce immediatamente dalla stanza e la chiude a chiave.

Peach continua il suo sclero rovesciando il tavolo da gioco con un calcio. Si guarda nello specchio che Bowser ha fatto mettere lì per lei e rimane immobile ad ammirare la propria immagine.

Il lungo abito nero da 'Regina delle Tenebre' che le è stato fornito le sta troppo largo, le scivola e, per tenerlo su, ha dovuto stringersi una fascia viola intorno alla vita.

“Non sembro una pesca, sembro una cazzo di prugna rinsecchita!” piagnucola mentre se la scioglie.

La stoffa crolla attorno a lei, che se ne libera con un calcio restando in sottoveste, anch'essa nera. “Rosa, voglio un vestito rosa! È così difficile avere un cazzo di vestito rosa?” strilla.

“Non ti voglio più vedere!” urla rivolta al vestito che giace per terra, al quale tira un altro calcio “Anche se sei di Gucci e costi una cifra da capogiro! Ti odio! Mi fai schifo!”

Poi si sfila una scarpetta nera dal piede e manda in frantumi lo specchio lanciandogliela contro. Raccoglie un grosso pezzo di vetro e lo usa per strappare l'abito in tante striscioline sottili. Alla fine le lancia in aria come se fossero coriandoli. Si strappa via l'altra scarpa, la sottoveste e l'intimo finché non rimane completamente nuda. Riduce a brandelli anche la sottoveste, il reggiseno e gli slip e lancia anche questi per aria.

Poi si butta sul letto e trafigge il materasso con un altro pezzo di specchio. Continua a colpirlo ossessivamente finché non ne fa uscire fuori tutta l'ovatta contenuta, devastandolo.

Una volta che non ha più niente da distruggere, scoppia finalmente in lacrime.

“Sire, temo che la vostra futura sposa sia un tantino esaurita.” dice il koopa con un tono a metà tra il preoccupato e il seccato entrando nella sala del trono.

Bowser si gira appena, infastidito. È seduto di fronte a un maxi-schermo e ha in mano una grande ciotola di pop corn. Accanto a lui c'è una giovane koopa con il guscio rosa, un fiocco in testa rosa a pois bianchi, una collana di perle rosse al collo, due grossi bracciali d'oro ai polsi, scarpette rosa con un mini tacco ai piedi. È sua figlia Wendy, l'unica femmina. Si sta asciugando gli enormi occhi azzurri con un fazzoletto, rapita dallo show in TV.

“Quante volte te lo devo dire? Io e la mia Cucci-Pucci stiamo guardando la nostra soap opera, lo sai che non devi disturbarci mentre guardiamo la nostra soap opera!”

“Chiedo scusa. Non volevo, ma... temo per la sanità mentale della principessa.”

“Ti ha di nuovo morso?” fa il re in tono scocciato.

“Non gliene ho dato il tempo ma, comunque, pare che stia distruggendo la sua stanza.”

“State zitti!” si lamenta la ragazzina “Patty sta per dire a Matiàs che lo ama, non mi posso perdere questa scena.”

“Ti lasciamo un secondo da sola, tesoro. Poi mi racconti...” dice Bowser intenerito dalle esigenze della sua 'piccola' che in realtà ha già quindici anni.

“Non importa, paparino reale, conosco bene i tuoi impegni.” dice lei annoiata ficcandosi in bocca una manciata di pop corn.

“Ti voglio bene, Cucci-Pucci.”

“Io ti voglio bene un milione di più!” fa lei zuccherosamente, almeno in apparenza.

Bowser le soffia un bacio, poi si apparta con il koopa.

“Sta distruggendo la sua stanza?” ripete a bassa voce.

“Sì, non sentite questo fracasso?”annuisce lui “Quella donna mi terrorizza!”

Bowser ridacchia soddisfatto. Gli piace che la sua prigioniera dia i primi segni di pazzia, vuol dire che sta per cedere.

“Potrebbe arrivare a farsi del male da sola.” dice il koopa riportandolo alla realtà.

Bowser si allarma “Non l'avrai lasciata con qualche oggetto appuntito, spero!”

“No, però c'è lo specchio...”

“Va' immediatamente a toglierglielo!” ordina il re.

Il secondino non è proprio al settimo cielo, ma va a eseguire l'ordine.

Bowser si stira le membra, ma subito nella sala irrompe un paratroopa con un'ala ferita.

“Non c'è un attimo di pace!” esclama il re “Cos'altro è successo, ancora?”

“Sire, è terribile!” urla trafelato il nuovo arrivato.

“Zitti!” grida ancora Wendy arrabbiandosi “Non sento niente!”

“Scusi, principessina.” mormora il soldato, crollando a terra.

Bowser lo raccoglie tra le braccia e stavolta lo porta direttamente fuori.

“Devi annunciarti, come te lo devo dire, in turco?” lo rimprovera, ma viene sorprendentemente ignorato. “Sire, le porto cattive notizie” dice il soldato con un filo di voce “Ci sono due jumpmen che sono in viaggio verso il vostro castello per liberare la principessa Peach.”

“E che cacchio sarebbe un jumpman?” sbotta il re.

“Non ne siamo sicuri, ma le assicuro che sono forti e che hanno già sbaragliato molte delle nostre truppe!”

“Che cosa! Ma se le nostre truppe sono numerosissime... e tu hai detto che sono solo in due...”

“Per la verità, in tutto sono in quattro, con loro ci sono anche due toad... e si servono di dinosauri che ci divorano. Hanno già mangiato metà del nostro esercito!” singhiozza il poveretto.

Bowser impallidisce di fronte all'enormità della cosa.

“Ma non è possibile, in quattro contro un esercito! Mi prendi in giro?”

“Non l'avrei disturbata se non fosse stato importante. Non riusciamo a fermarli. La prego, sire, ci dica cosa dobbiamo fare. Ci stanno sterminando!”

Bowser assume un'aria grave. “Dove si trovano, in questo momento, dov'è che sono arrivati?”

“Attualmente, stanno attraversando la terra dei Torcibruchi. Ma procedono velocemente.”

“La terra dei Torcibruchi!” ripete il re sbiancando ancora di più “Ma è a due passi da qui! E i Torcibruchi non li fermano?”

“Macché! Se li mangiano i loro dinosauri!” dice il soldato sentendosi addosso i brividi.

“Dovete fermarli assolutamente!”

“Ci stiamo provando, ci stiamo provando... ma sembrano dei diavoli venuti dall'inferno!” esagera il sottoposto “Ce n'è uno con il cappello rosso che fa dei salti assurdi, sembra un dannatissimo grillo.”

“Con il cappello rosso?” ripete Bowser “Vuoi dire l'elmo! Dev'essere un guerriero spietato, una bestia!”

“Lo è, spacca tutto quello che tocca! Vede questa ferita?” aggiunge poi mostrandogli l'ala insanguinata.

“È stato lui?” chiede il re dei koopa.

“Mi è saltato addosso e me l'ha ricacciata dentro al guscio. Poi mi ha lanciato come una palla da bowling contro i miei stessi compagni!”

Bowser immagina la scena e vede i suoi fedelissimi crollare come tanti birilli. Una tragedia! Si ritrova a passeggiare nervosamente per il corridoio, cercando disperatamente una soluzione. Poi si blocca. “Se non li potete fermare, deviate il loro percorso.” dice “Mandategli contro l'aviazione.”

“L'aviazione? Intende dire Lakitù?”

“Sì, era quello che intendevo.” risponde sbrigativamente il re “Ora va' in infermeria e fatti curare quell'ala.” lo congeda. Il paratroopa fa il gesto di obbedire e si allontana.

Bowser si prende il maestoso mento tra gli artigli e si chiude nei suoi pensieri funesti. “Chi saranno mai questi jumpmen?” si chiede. “Ci scommetto la coda che deve essere stato re George Toadstool a mandarmeli dietro! Quel vecchio ne sa una più del demonio! Ma certo, deve aver fatto una selezione accuratissima per scegliere i cavalieri migliori a cui affidare la missione di recuperare sua figlia. Avrà indetto un torneo, promettendo al vincitore la sua mano... Sì, sicuramente è andata così.” Poi si riscuote e manda a chiamare un altro soldato. “Telecamere!” ordina “Piazzatene ovunque. Voglio a tutti i costi vedere l'aspetto di questi pazzi che osano sfidare il mio esercito.” Il soldato si avvia in fretta.

Pensando di aver temporaneamente sistemato le cose, il re incrocia le braccia sul possente petto, dà uno sguardo all'orologio e si ricorda improvvisamente che, dopo Wendy, ha ancora altri tre figli a cui deve fare la visita quotidiana. La sua abitudine è di dividersi la giornata dedicando un tot di minuti a ognuno di essi, seguendoli uno alla volta, dal più grande al più piccolo. Lui, essendo un padre single, cerca di fare il meglio che può, ma stavolta sa di essere in ritardo.

Si precipita in camera di Morton, suo figlio di dodici anni, e la trova vuota. Impreca, non è la prima volta che il ragazzino si stufa di aspettarlo e se ne va. È un tipo molto inquieto.

“Non possiamo continuare così!” pensa mentre automaticamente i suoi piedi lo portano nella cameretta di Larry, il suo penultimo figlio di dieci “Quando la cara Peach si deciderà a sposarmi, ce li divideremo meglio.” decide “A giorni alterni. Così nessuno di loro si sentirà ancora meno importante degli altri, finiranno tutte le gelosie, le litigate per accaparrarsi un briciolo della mia attenzione...” Bowser, in particolare, si preoccupa che suo figlio più piccolo, Bowser Junior, di quattro anni, cresca viziato, com'è già successo a Wendy, un'adolescente che a volte riesce a rendersi davvero impossibile, anche se nella vita ha sempre avuto tutto... ma magari non proprio tutto.

“Sistemerò le cose.” continua, convinto “Però, prima devo assicurarmi che tutto vada secondo i piani.”

Entrato in camera di Larry, lo trova seduto a giocare ai videogames e sospira, sollevato, constatando che insieme a lui c'è anche Morton. “Grazie al cielo!” pensa “Così ne prendo due con una visita sola e recupero un po' di tempo.”

“Ciao, ragazzi.” dice in tono gioviale.

Larry emette una specie di mugugno incerto e batte le palpebre, gli occhi stanchi per la prolungata esposizione alla luce diretta dello schermo del televisorino nella penombra della stanza.

“Ciao pa' come stai, come mai così tardi, scusa se non ti ho aspettato, pensavo che avevi saltato il mio turno ma va beh, io e Larry ti abbiamo aspettato insieme, tanto lo sapevo che dovevi passare qui, anche se perdevi tempo, scusa se non ti diamo troppa confidenza ma siamo nel livello più difficile di tutti e dobbiamo ammazzare ancora un sacchissimo di zombie, non ci devi distrarre, a me mi hanno già ammazzato cinquantamila volte, sono ostinati, non vogliono morire, però Larry è in gamba, è più forte di me, li ammazza tutti, e dire che gliel'ho 'imparato' io a giocare, questi fratelli, questi allievi che superano i maestri, non si dice mica per scherzare, no, no, è una cosa che è vera, te la spiego io, credimi a me, vero Larry, diglielo a papà che è vero, è la prova vivente che è vero!” dice Morton tutto di un fiato.

Larry bofonchia qualcos'altro di indecifrabile senza staccare gli occhi dal personaggino sullo schermo che mena fendenti con la sua spada e mozza in continuazione le teste dei suoi nemici.

Bowser è rimasto sconcertato, come sempre, di fronte al fiume di parole sgrammaticate riversatogli addosso da Morton e, nel contempo, perplesso per il perenne e rabbioso mutismo di Larry. Gli guarda il ciuffo blu tutto ingellato e sbuffa. Non lo sopporta, gli sta troppo ritto sulla testa e lo fa assomigliare a un gallo. Glielo va a scompigliare deciso con una mano e il bambino fa un gesto esasperato allontanando il padre. È ancora in quella fase del 'Non-mi-toccare'. A Bowser questa cosa non darebbe tanto fastidio se suo figlio, pur respingendolo, si degnasse per lo meno di parlargli, anche solo per dirglielo chiaramente che non vuole essere toccato. Ma il bambino non vuole in nessun modo aprire bocca quando c'è lui, e questo suo ignorarlo e concentrarsi solo ed esclusivamente in quel suo dannato, violentissimo videogioco, comincia seriamente a preoccuparlo. Come vorrebbe non averglielo mai comprato! Lo usa come una scusa, vi si rifugia per evitare qualsiasi forma di dialogo. Forse, si comporta in questo modo perché, inconsciamente, vede nel padre la causa della fuga della propria madre, una fuga che gli è costata tanta, troppa infelicità, gli ha lasciato dentro una sensazione perenne di vuoto, lo ha fatto sentire rifiutato e abbandonato, come se lei non lo avesse mai voluto, come se la sua nascita fosse stata un errore. La cosa peggiore e più triste è, per Bowser, rendersi conto che non sa come aiutarlo e doversi accorgere di aver fatto e di continuare a fare sempre gli stessi errori con tutti quanti i suoi figli. È anche per questo motivo che gli serve una moglie!

“Ahhh sono morto di nuovo!” grida Morton mentre il suo personaggino perde letteralmente la testa “Ma nel prossimo turno glielo faccio vedere io a quello zombie chi è che comanda qua, sì che glielo faccio vedere, gliela faccio passare la voglia di tagliarmi la testa!” continuando a borbottare, il ragazzino si alza sulle sue zampette tozze e va da suo padre. Di colpo, diventa serio. “Hai convinto la principessa a diventare la nostra mamma?” gli chiede sbattendo le sue lunghe ciglia.

“Quasi.” risponde Bowser, mentendo.

“Quasi significa no, giusto?” dice lui sconsolato e a bassa voce “Lo sapevo, ci avevo sperato troppo, ma che mi pensavo, era impossibile...”.

A Bowser dispiace sentirgli dire queste cose, sa bene quanto tremendamente gli manchi una figura materna, riconosce perfettamente quanto sia improbabile che Peach accetti di rinunciare alla propria principesca vita per combinare un matrimonio con lui e, soprattutto, di ricoprire il ruolo di madre per ben otto ragazzi. Ma sa anche che non vuole in nessun modo deludere quelli che per lui sono solamente i suoi bambini, quindi ci proverà in tutti i modi, a convincerla.

Mette una mano sulla spalla del ragazzino e lo costringe ad alzare gli occhi per guardarlo. “Quasi significa quasi! Non significa no!” gli assicura.

“Ma quasi sì... o quasi no?” insiste Morton.

Bowser non sa cosa rispondere e gli strofina la stellina tatuata sull'occhio sinistro. Il ragazzino la prende come una coccola e capisce che deve smettere di fare domande.

Dopo aver passato il suo quarto d'ora con i due, tra le grida isteriche di Morton che muore sempre nel gioco e gli impenetrabili silenzi di Larry, Bowser si congeda e si reca nella cameretta del suo ultimo figlio, ma prima si assicura di avere con sé un enorme lecca-lecca da portargli.

Si mette il pince-nez sul muso enorme, si siede sulla sua poltrona e apre il grosso libro di favole che era stato lasciato sulla scrivania.

“Allora, signorino, dov'è che eravamo rimasti?” dice a voce alta per stanarlo.

Da sotto le coperte del letto, tutto imbacuccato, fa capolino la testolina cornuta di un minuscolo koopa con un ciuffetto ribelle di capelli scarlatti e due occhietti vispi. Assomiglia terribilmente a Bowser ed è per questo che è stato chiamato allo stesso modo. Il piccolo guarda il padre con attenzione e mette su il broncio.

“Sei in ritardo.” lo accusa.

“Lo so, scusami, non è stata colpa mia, lo sai che prima devo andare dai tuoi fratelli.” si giustifica il re.

“Sei sempre in ritardo.” continua il bambino, facendo sentire Bowser in colpa “Pensavo che non venivi più!”

“Scherzi?” dice il koopa “E come facevo, dobbiamo ancora leggere la fine della storia! Se no, poi come faccio a dormire se non mi levo il dubbio!... Non vuoi scoprire come va a finire?”

Il piccolo si gira dall'altra parte. Bowser si abbassa su di lui.

“E dai, 'Jun, lo sai che sono impegnato, faccio il re, mica mi giro i pollici!”

“Sei sempre impegnato!” ripete Bowser Junior con lo stesso tono di rimprovero di prima.

Bowser riesce a rubargli un bacino sulla guanciotta e lui se la sfrega con la zampina.

“Guarda cos'ho per te!” dice Bowser tirando fuori il lecca-lecca. Era la sua arma segreta e con quella sì che il piccolo finalmente si volta, interessato. Bowser sa perfettamente che è sbagliato attirarlo in questo modo, ma per il momento gli viene più comodo fare così, rimandando il momento del pentimento. Quando tende la manina minuscola per prenderlo, glielo allontana. “Prima dai un bacino a papà.” lo esorta indicando con un artiglio la propria guancia. Junior decide di perdonare il padre e, con una smorfia, vi appoggia leggermente le labbra. Poi, ottenuto il suo dolce premio, cambia subito umore e inizia a saltellare sul letto, tutto contento.

“Sta' giù, se no non ti leggo più niente.” lo minaccia Bowser senza però saper nascondere il suo tono divertito.

“No, no, faccio il bravo.” promette il bambino “Papà, mi sei mancato!” esclama poi abbracciandolo inaspettatamente. A Bowser si scioglie il cuore per questo gesto.

Junior, eccitato, rimbalza sul materasso. “Storia!” grida.

“Vediamo...” comincia Bowser nascondendo l'imbarazzante rossore delle sue guance dietro l'enorme volume “Però sta' buono!”

Il piccolo si acquieta, ubbidiente, e rimane ad ascoltare la storia succhiandosi il suo lecca-lecca gigante. Non lo finisce, si addormenta cullato dal suono della voce del padre, il quale, interrompendo la favola, gli rimbocca le coperte e gli lascia un altro veloce bacio sulla fronte.

Uscito dalla stanza, il grande koopa sospira.

“È dura.” mormora con lo sguardo perso nel nulla. Poi si distrae, quando gli tornano in mente i suoi doveri di re e ricomincia a malincuore a pensare ai suoi nemici. “Allora, queste telecamere?” grida in direzione dei suoi servitori.

Lasciamolo da solo ad arrovellarsi, tanto non ci arriverà mai che quelli di cui si sta preoccupando sono dei semplici idraulici, né ci crederebbe mai se glielo dicessero. Torniamo dai nostri veri protagonisti.

Dunque, nella terra dei torcibruchi.

“Torcibruco buono, Yoshi mangia torcibruco!”

“Di questo passo estingueranno la specie.” esclama preoccupato Wolley mentre guarda i dinosauri che divorano in continuazione ogni singolo brucone rosso che incontrano.

“Nah, tranquillo che questi sono come le zanzare.” lo rassicura Luigi “Ce ne sono fin troppi.”

“Tutti gli animali hanno diritto alla vita, anche le zanzare.” dice indispettito il toad giallo “Ecco perché sono vegetariano.”

“Sei vegetariano perché sei un fungo.” gli dice Yvan.

“Questo sterminio è completamente gratuito!” gracchia Wolley ignorandolo.

“Sei venuto con noi per farci sentire in colpa o per salvare la principessa?” sbotta Mario scocciato dalle sue prediche. “È una guerra, non si può pretendere che nessuno si faccia male.”

“E poi, se non ci sgombrassimo la strada come potremmo andare avanti?” aggiunge Yvan “Non arriveremmo più!”

“Non dico che non sia così, però... questi dinosauri non fanno altro che mangiare e cagare!”

“Ma cagano potenziamenti!” dice Mario che ha sulle spalle un sacco pieno di uova di Yoshi “È per questo che li adoro.”

Mentre ancora discutono, una nuvoletta bianca sorridente sembra scendere dal cielo e venire loro incontro.

“Vuole mettersi a piovere.” dice Yvan anche per cambiare discorso, ma ecco che da quella nube arriva qualcosa che non è affatto pioggia, né neve, né grandine, ma una palla spinosa che lo becca in testa.

“Un uovo di koopaspino!” dice Luigi che, per via del libro di Daisy, si sente molto erudito e crede di avere il diritto di definire tutto quello che riesce a riconoscere.

Boshi si spaventa, disarciona Yvan e inizia a scappar via.

“Ma dove vai!” gli urla dietro il toad blu, inutilmente perché è già sparito. “Meno uno!” si sente dalla nuvola. Toccando terra, l'uovo si 'apre' e gli spuntano le zampine.

Yvan salta su per il disgusto. “Cosa diavolo è questo affare!” strilla mentre quello gli sale di sopra.

“Un koopaspino, te l'ho detto!” dice Luigi. Non ha ancora capito quanto questo suo definire risulti irritante per i suoi amici. “Aiutalo in un altro modo.” lo rimprovera Mario, poi dà un colpo di tallone a Yoshi il quale raccatta il mostriciattolo con la lingua, ma non riesce a trattenerlo in bocca e lo deve sputare. Quello prende a rotolare e gli altri devono saltare per evitarlo. Ma dalla nuvola ne cadono altri, in successione, e la stessa scena si ripete.

“Mettiamoci al riparo!” strilla Wolley. Non erano preparati per un attacco dall'alto. Luigi prende Yvan per mano e lo porta in salvo facendolo salire con lui sul suo Woshi prima che venga colpito ancora.

Poi Mario sente una risata, si accorge che la nuvoletta è molto bassa e si insospettisce. Così scende dalla groppa di Yoshi e salta su un cubo. Da lì, si dà lo slancio per saltare ancora e raggiunge la nuvola. Quasi non ci crede quando riesce ad aggrapparvisi.

“Questo non l'avevi previsto, vero?” dice al koopa con gli occhiali che vi si nascondeva sopra. Ha un aspetto buffo che nasconde la sua aria feroce, e Mario fa l'errore di sottovalutarlo. “Chi ti credi di essere per startene su una nuvola con quella faccia cattiva, il re scimmia?” lo provoca. Issatosi a bordo, cerca subito di buttarlo giù con una spallata. Il koopa però lo schiva e, senza preavviso, reagisce mollandogli un uovo di koopaspino in faccia. Colto di sorpresa, Mario crolla all'indietro, ma il nemico lo acchiappa dalla maglietta e si attacca a lui.

In un secondo, Mario si trova immobilizzato, schiacciato sul fondo della nuvola con un braccio del koopa che gli stringe il collo. Il suo potenziamento svanisce e lui si sente subito più debole e non riesce a reagire a sua volta. “Chi sei?” grida con voce strozzata.

“Mi chiamano Lakitù.” risponde il koopa freddamente. Poi tira una leva nascosta e la nuvola si innalza nel cielo.

“Mario!” grida Luigi spaventandosi quando la vede allontanarsi. Lascia Yvan alla guida di Woshi e cerca di seguire il fratello, ma non riesce a raggiungerlo perché ormai è salita troppo in alto. Le corre dietro disperatamente, ma i koopaspini lo attaccano e lui è costretto a difendersi.

“Mario!” grida di nuovo, più debolmente tendendo una mano guantata verso di lui, poi cade e Yoshi lo acchiappa con la lingua mettendoselo in groppa.

La inseguono insieme, ma sulla loro strada c'è un tubo dal quale esce fuori una pianta piranha che azzanna Luigi a un braccio facendolo urlare per il dolore e facendogli perdere il potenziamento.

Yoshi la ingoia in fretta, ma ormai la nuvola è sparita dal cielo e non si vede più.

Su di essa, Mario sta lottando, o per lo meno ci prova. Lakitù gli s'è seduto di sopra, gli comprime lo stomaco e lui non riesce a muoversi.

“Com'è che sei così pesante?” gli grida senza fiato.

“Ho rinforzato il mio guscio con l'acciaio.” si vanta il koopa.

“Lasciami stare, dove mi stai portando?” chiede l'idraulico spaventandosi per il suo tono.

“In un luogo dal quale non potrai tornare.” replica Lakitù con una risata crudele. Le lenti ingrandiscono a dismisura l'immagine dei suoi già grandi occhi, conferendogli un aspetto da pazzoide.

La nuvola si dirige dolcemente verso una collinetta, sulla cima della quale c'è un grosso cannone.

Quando Mario capisce quello che vuole fare, si dibatte furiosamente, ma Lakitù lo tiene giù senza sforzo.

“Se avessi i miei power up...” mormora, ma li ha lasciati a ingombrare la sella di Yoshi.

Lakitù lo caccia a forza dentro la bocca del cannone, poi vola ad accendere la miccia prima che possa uscire. A nulla valgono le sue proteste. Il cannone spara, il suo corpo viene proiettato in alto. Mario riesce a sentire solo un fischio assordante che gli intasa le orecchie e la polvere da sparo che gli entra nei polmoni soffocandolo. Eppure non prova un dolore eccessivo, gli sembra che la sua pelle si tiri tutta e che si schiacci contro le ossa. Poi atterra, anche se in realtà non si può dire che 'atterri', perché non è che finisce a terra, ma nel cielo. Non capisce su cosa è finito, ma non ha nemmeno il tempo di chiederselo perché l'impatto è così violento che sviene.

Nel momento in cui ha realizzato che non avrebbe più potuto fare niente per raggiungere suo fratello, Luigi è crollato a terra e si è ritrovato a piangere e a picchiare i pugni contro il suolo per la rabbia. Yoshi cerca di farlo calmare battendogli incoraggiante una mano sulla spalla e gli lecca teneramente la ferita al braccio. Ma Luigi ormai non riesce a sentire più alcun dolore fisico, perché la perdita di Mario ha assorbito tutte le sue emozioni.

Dopo questo iniziale, comprensibilissimo momento di sconforto, Luigi decide di raccattare i pezzi e di proseguire.

In un certo senso, ciò che è successo gli è servito da lezione. Nonostante tutto, era risultato incredibilmente semplice arrivare fino a quel punto e lui, volente o nolente, era stato contagiato dall'ottimismo di suo fratello. Avevano pensato di essere inarrestabili. Ci avevano creduto davvero, di poter arrivare fino al castello di Bowser, fino alla principessa.

Luigi sa perfettamente il motivo per cui hanno deciso di separarli da Mario. Lui è un leader naturale e sperano che, ora che non è più con loro, si scoraggino e abbandonino la missione.

Ma si tratta pur sempre di una principessa rapita e di un'altra che conta su di loro per salvarla. Non può deludere nessuna delle due. Se Mario fosse stato al suo posto non si sarebbe mai sognato di abbandonarle. “Nossignore, Mario è un uomo di parola, preferirebbe morire piuttosto che deludere qualcuno cui ha promesso qualcosa. E io devo prendere esempio da lui.” si dice Luigi “Non mi perdonerebbe mai se mi arrendessi. Non posso farlo. Devo continuare, per lui.”

Fino a questo momento della sua vita, Luigi è sempre rimasto alla sua ombra, sempre cinque passi dietro di lui. Adesso, tocca finalmente a lui prendere il comando. Dove arriverebbero i suoi amici toad se non ci fosse più nessuno a guidarli? Si sono uniti a loro spontaneamente, pur sapendo che non avevano nessunissima garanzia di arrivare, né tanto meno di vincere. Fermarsi adesso significherebbe tradirli, non può e non deve farlo. Deve continuare anche per loro.

Stringendo i denti, asciugandosi le lacrime e tenendosi il braccio ferito, Luigi torna mesto mesto sui suoi passi insieme a Yoshi che non dice mezza parola.

Yvan e Wolley che intanto lo aspettavano, dopo aver fermato l'attacco dei koopaspini, lo guardano sconsolati.

“Che avete da guardare con quelle facce da ebeti?” li apostrofa Luigi nascondendo la propria angoscia “Continuiamo.”

“Luigi, credi di stare bene?” si preoccupa Yvan indicando il sangue che gli impregna la maglietta.

“Sì, è solo una ferita superficiale.” risponde lui sbrigativamente. Mente, in realtà è piuttosto profonda.

“Prendi un fungo 1-up.” lo esorta il toad “Dovrebbe bastare per risanarla.”

Luigi annuisce e fruga nel sacco dei power-up e tira fuori un preziosissimo fungo verde. Si sente una specie di musichetta (Sì, quella!) e il suo braccio torna come nuovo e anche lui si sente meglio, anche se solo fisicamente.

“Ma dov'è Mario?” chiede Wolley in tono incerto.

Luigi si rabbuia in viso “È andato.” dice semplicemente “Ma non crederanno di averci fermati per questo.” aggiunge.

“Che vuol dire che è andato?” insiste il toad giallo prima che Yvan gli dia un pizzicotto per farlo stare zitto. Ha visto l'espressione di Luigi, ha sentito la sua tensione, ha capito.

“Risali su Poshi.” mormora al suo compagno che lo guarda senza capire. Lui stesso monta sul dinosauro giallo, tornare indietro a cercare quello smarrito sarebbe inutile. Bisogna accettare la realtà, sono rimasti solo in tre.


…..........................................…...…...


Quando Mario si risveglia, prova la spiacevole sensazione di essere finito a faccia in giù sopra una durissima lastra di ghiaccio. Dato che è rimasto svenuto per qualche ora, la temperatura del suo corpo si è notevolmente abbassata, e lui ha l'impressione di essere mezzo assiderato.

Nel tentativo di rialzarsi, si accorge che la guancia gli è rimasta appiccicata alla superficie, per staccarla deve farsi leva con le mani e ciò gli costa un gridolino di dolore, ma non c'è più fiato in lui, non lo sente nessuno anche perché non c'è nessuno, sembra essere completamente in solitaria.

Costretto a rimanere in ginocchio, si abbraccia da sé in cerca di un po' di calore, ma non ne trova così si strofina le braccia cercando di fare un po' di attrito. Rabbrividendo, si guarda intorno, spaesato, e tutto ciò che gli si presenta agli occhi è un bianco opprimente, più opprimente del buio, gli sembra di essere finito al polo sud.

Poi si ricorda di colpo tutto quello che è successo e la rabbia che gli viene da dentro è tale da scaldarlo e rimetterlo in piedi. “No, ora dovrò ricominciare tutto daccapo.” pensa impallidendo al solo pensiero “Ma da che parte devo andare?”

Ma le sue gambe stanno per cedere, un dolore acuto lo pervade rapidamente, non riesce a fare più di un paio di passi che cade e deve fare uno sforzo per tenersi in equilibrio e non finire di nuovo lungo disteso a terra.

Poi si sente una sorta di sibilo che attira la sua attenzione.

Da lontano, scorge un puntino arancione che spicca benissimo in mezzo a tutto quel bianco. Il puntino si avvicina repentinamente fino a rivelare quello che è. Mario rimane senza parole quando capisce di stare guardando il becco di un enorme pinguino imperatore.

L'uccello gli si sta avvicinando a grande velocità slittando sul suo ventre.

Mario aspetta che gli arrivi a due centimetri di distanza prima di spostarsi di lato per non essere investito dalla sua carica.

Sorpreso di averlo mancato, il pinguino blocca la sua lunghissima scivolata, si rizza in piedi e, dondolando goffamente, gli va incontro lanciandogli addosso un “Quack!” rabbioso.

Mario non ha alcun potenziamento, quando si accorge che l'animale vuole beccarlo, si costringe a dargli le spalle e a correre. Sarà anche ridicolo scappare di fronte a un pinguino, ma Mario non ha alcuna intenzione di fare la conoscenza di quel becco.

Il pinguino ricomincia a scivolare e a caricare e Mario è costretto ancora a scansarsi.

Ma ecco che il terreno scivoloso vuole fare uno scherzo a Mario, il quale prova a fingere di avere ai piedi un paio di sci, ma inesorabilmente cade e sbatte il sedere per terra.

Il pinguino non demorde e gli è quasi addosso.

Nel rialzarsi, Mario si accorge di essersi aggrappato a quello che gli era sembrato un ciuffo d'erba, ma, guardandolo meglio, nota che si tratta di un vero fiore. È come quello di fuoco, ma è blu, e lo guarda con i suoi occhietti microscopici.

Dopo averlo solo toccato, Mario si è subito sentito rinforzato, mentre il suo berretto da rosso è diventato celeste. “Ma è un power up nuovo!” pensa tutto contento della sua scoperta. Non era mai uscito fuori né dalle uova di Yoshi né dai cubi volanti.

Poi Mario punta il braccio e dalla sua mano (o, se credete, dal suo naso) esce fuori una specie di palla di neve. Il pinguino si ritrova istantaneamente intrappolato in un blocco di ghiaccio, ma si muove ancora, seppur debolmente.

Mario decide di non volere stare lì a vedere quanto tempo ci vorrà prima che si scongeli o che si liberi. Le sue scarpe sembrano un po' più salde, così sceglie di fare la cosa che gli viene meglio, comincia ad avanzare a forza di saltelli, sempre più lunghi e sempre più alti, finché non si accorge che sta facendo dei veri e propri salti mortali.

Il tratto scivoloso e insidioso è terminato, adesso inizia il vero sentiero. Mario è molto sollevato di sentirsi finalmente stabile. Ma il suolo ha una consistenza strana, è insolitamente gommoso, a starvi sopra troppo pesantemente vi rimane impressa l'impronta della scarpa.

In lontananza, Mario scorge finalmente qualcuno, qualcuno di molto luminoso.

Siccome non ha una direzione, in barba al luogo comune secondo cui i maschietti non vogliono mai chiedere indicazioni, si prende di buona volontà e gli va incontro.

“Buon uomo!” grida, pur dubitando che quella cosa sia veramente un uomo “Scusi, sa da che parte devo andare per raggiungere il castello di Bowser?”

“Il castello di Bowser?” risponde lui dando subito dopo in una risata calda, irresistibile “Dubito che se continui per di qua lo potrai mai raggiungere.”

La nebbiolina che riempie l'aria si dirada un po' e l'idraulico riesce a vedere con chi sta parlando.

Non è un uomo, senza dubbio. Sembra proprio essere una stella, ma non una stella come quelle che lo rendono invincibile per due secondi, una stellina bianca, paffutella e con un faccino dolce dolce...

Nel guardarla, Mario non può fare a meno di provare istantaneamente un innato senso di tenerezza.

“Ma come sei sfavillante!” gli dice, quasi ipnotizzato dalla sua dolcezza.

“Per forza, sono uno Sfavillotto.” dice lo sconosciuto notando la sua espressione estasiata e lo saluta agitando una delle sue punte ridacchiando “E tu, invece, chi sei?”

“Sono Mario!” risponde lui “Mi chiamano... il Jumpman... Com'è che non mi conosci? Pensavo che ormai mi conoscessero tutti!”

“Le notizie di sotto qui non arrivano.” spiega la stella.

“Scusami, cosa intendi dire quando dici 'notizie di sotto'?” chiede Mario.

“Beh, hai idea di dove ti trovi?”

“Effettivamente no... Mi stai dicendo che non sono più nel Regno dei Funghi?”

“Tu cosa ne dici?” fa la stella aprendo le braccia e indicando l'atmosfera gelida intorno a lui.

“Per quello che ne so, potrebbe anche essere l'Antartide.” ammette Mario.

“Nemmeno. Ci troviamo nel pianeta Starline.”

A questa rivelazione, Mario si fa prendere dall'angoscia “Un pianeta? Sono addirittura finito su un altro pianeta?!” grida “Sono stato esiliato su un altro pianeta!”

“È una cosa brutta?” fa la stella guardandolo preoccupata.

“È una disgrazia! Come posso salvare la principessa Peach se sono su un altro pianeta?” Mario deve fare uno sforzo per non strapparsi i capelli “E Luigi! E Yvan e Wolley! Come faranno da soli?!”

“Ti porterò dalla mia mamma!” dice la stellina nel tentativo di rincuorarlo.

“Dalla tua mamma?” ripete l'idraulico come inebetito.

“Lei saprà come aiutarti!” esclama convinta la stellina.

“Sarà una stella gigante?” si chiede Mario tra sé “E come potrebbe mai aiutarmi?”

Ma non ha molte alternative, e inizia a seguire la stella che si è già alzata in volo e gli indica la strada, ma quando si accorge che sta uscendo fuori dall'atmosfera si mette a gridargli dietro.

La stellina torna da lui e gli si infila sotto il cappello. I piedi di Mario si sollevano da terra. “Sto volando!” esclama incredulo.

Il suo corpo viene proiettato in avanti, ma stavolta molto dolcemente, oltre l'atmosfera, oltre il cosmo, oltre lo spazio e il non-spazio, verso l'Osservatorio Cometa, dove vive la principessa Rosalinda.





(continua... forse! Datemi una spinta per continuare... ah, già LO SO che quelli che tira Lakitù si chiamano Koopistrici, ma a me è venuto di chiamarli koopaspini e l'ho lasciato così xD chiedo scusa ai pignoli.)

  
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