La dichiarazione d’amore più bella dell’ultimo
secolo
Just let me say that I’d like that,
I’d like that.
- The Diary of Jane, Breaking Benjamin
Kaito Kid
era a cavalcioni su di lui, la pistola bianca e luccicante premuta sulla sua
gola, il cappello spostato su un lato, il ginocchio che insisteva lì sull’inguine,
la lingua che inumidiva le labbra.
Shinichi aveva le mani bloccate sopra la testa da un
soffice nastro rosso, la divisa da liceale che premeva forte sul petto, il
cavallo dei pantaloni improvvisamente attillato, una goccia di sudore che
scendeva con lentezza estenuante giù per il collo, lì dove sostava la pistola
di Kid. Quest’ultimo si piegò e raccolse la goccia
con la punta della lingua, i capelli mossi che sfioravano il pomo d’adamo di Shinichi, tutto rigido,
i denti che mordevano con frustrazione le labbra.
Kid spostò la pistola facendola strisciare sul petto
del detective ancora fasciato dalla divisa per poi arrivare più in basso, lì
dove un’imbarazzante protuberanza aveva attirato l’attenzione del Ladro.
«Piccolo solo nell’età, a quanto mi sembra di capire,» rise con quel suo tono
di voce sfrontato, la pistola che premeva sul rigonfiamento dell’altro, che
trattenne il respiro, un’altra goccia di sudore che scendeva dietro la nuca.
«Mi prendi in giro? Hai la mia stessa età,» protestò Shinichi,
il respiro decisamente mozzato, il tono di voce del tutto surreale.
«Errato,» fece Kid soffiandogli sul lato della bocca.
«Sono le esperienze che definiscono la nostra età. E io sono decisamente più
grande di te, piccolo detective,» e mosse la pistola in modo circolare sul
cavallo dei pantaloni di Kudo, il ginocchio che
allargava la gamba di destra, le labbra che si limitavano a sfiorare quelle del
detective, gli occhi che brillavano di una strana luce.
«Kid,» fece allora Kudo
tentando di fermare la voce che vibrava. «togliti di dosso».
«Mi stai dicendo che non ti piace?» con quella domanda, Kid
scese sul suo collo e ci passò la punta della lingua, sempre badando bene a
muovere la pistola in basso e a tenere serrate le mani del detective sopra la
sua testa.
«Certo che no, razza di pervertito,»
«Neanche se faccio così?» Kid lanciò la pistola
giocattolo da un lato e infilò con incredibile rapidità una mano guantata nei pantaloni della divisa di Shinichi,
che contrasse all’istante le dita dei piedi e digrignò i denti, convinto a non
volersi lasciar scappare il minimo lamento. «Ma in questo modo non piace
neanche a me,» ammise poi il Ladro del cielo d’argento un attimo prima di
sfilare la mano dai pantaloni e di togliere il guanto bianco tirando la stoffa
dell’indice coi denti. Dopodichè rimise la mano dov’era
prima, questa volta sotto l’intimo di Kudo, e la
pelle sudata della mano di Kid incontrò quella tesa e
bollente di Shinichi, che dovette mordersi a sangue
le labbra per vietarsi di emettere suoni. Il Ladro si piegò nuovamente sul suo
viso per poi svoltare verso l’orecchio destro, quasi per mormorare qualcosa. E
la sua voce sembrava una vibrazione. No, lo era per davvero, e non diceva
nulla, vibrava e basta, quasi come un cellulare che vibra sul comodino...
«Ma che…!» Shinichi si
accorse di essere in un bagno di sudore quando si svegliò di soprassalto, e
sobbalzò leggermente quando si ritrovò la mano destra infilata nelle mutande e
l’altra abbandonata sul petto. «Non un’altra volta, dannazione!» esclamò,
prendendosela con se stesso e con le sciocche idee che gli ronzavano per la
testa da quando aveva debellato gli uomini in nero ed aveva preso possesso del
suo corpo. Riavere indietro il suo aitante corpo da liceale l’aveva come reso
consapevole della propria sessualità, fino a quel momento tenuta in secondo
piano dal corpo da bambino con cui aveva a che fare ogni giorno. Quando pensava
a Ran in costume o mezza nuda, era una frustrazione
che non avrebbe augurato a nessuno non potersi mettere una mano nelle mutande e
liberarsi dell’eccitazione. A malapena gli si alzava, il cosino. Era
tremendamente imbarazzante, e Hattori e Kid gliel’avevano fatto notare più volte, sfottendolo tra
una risata e l’altra. Ah, già. Kid.
Kid.
«Maledetto Kid,» borbottò Shinichi
tra sé, la voce ancora piena di sonno, l’orologio
digitale sul comodino che segnava le tre di notte. Allungò la mano alla sua
destra e prese il cellulare –con tanto di strap con
mascotte regalato da Ran-, per poi controllarlo, come
faceva automaticamente ogni volta che si svegliava. Un messaggio illuminava lo
schermo: ecco cos’è che l’aveva svegliato.
«Ehi, bell’addormentato…» diceva il testo. Il numero,
ovviamente, era sconosciuto. Lo stava osservando, ancora una volta.
«Maledetto,» mormorò Kudo tra sé, nuovamente,
schiacciandosi una mano in faccia, tentando di portare via la stanchezza che si
stava impossessando delle sue membra. «La vuoi piantare? Lasciami stare,
dannazione,» disse ad alta voce, ben conscio del fatto che Kid
lo vedeva e lo sentiva, ovunque egli fosse. E non importa se stava imprecando
più del solito: quella situazione iniziava a infastidirlo. No, forse
infastidirlo non era il verbo più adatto. Confonderlo. Sì, confonderlo andava
bene.
«Mi stavi sognando?»
Gli comparve dal nulla ai piedi del letto, quando ancora Shinichi
si stava guardando a destra e a sinistra, gli occhi appannati dal dormiveglia.
Ma in poco tempo, il detective iniziò a distinguere le figure: il sorriso derisorio,
i pantaloni bianchi che gli si stringevano sulle cosce, visto che se ne stava
seduto con le gambe incrociate e le mani poggiate sulle ginocchia, i capelli
corti che sembravano fluttuare, il bianco della sua tenuta che l’accecava.
«Ti piacerebbe,» mentì Kudo con disappunto, poi agitò
le coperte come a voler scacciare l’ospite indesiderato dal suo materasso.
«Tu dimmi com’era il sogno, e ti dirò se mi piacerebbe o meno,» fece Kid poggiando il mento sulla mano aperta e puntando lo
sguardo luminoso su uno Shinichi piuttosto nervoso. E
Shinichi Kudo non era mai nervoso. Poi arrivava quel Ladro da
strapazzo a rovinargli la reputazione da detective composto e infallibile.
«Ti ho detto che non ti ho sognato, mago da due soldi,» continuò a negare
quello semi disteso sul letto, i capelli che dovevano essere un disastro.
«Vai a raccontare frottole a qualcun altro,» ribattè Kid senza perdere tempo. «non era esattamente silenzioso il
modo in cui ripetevi il mio nome nel sonno,» e si appoggiò con le mani dietro
la schiena, assumendo un atteggiamento ancora più spavaldo. «”Kaito, oh Kaito, togliti di
dosso, lasciami stare…Oddio, sì, sì…”
Sei maledettamente contraddittorio nei sogni, o sbaglio?» Kid
iniziò a imitare la sua voce eccitata alla perfezione, e si sapeva che era un
mago nelle imitazioni. Kudo arrossì di botto,
sembrava di sentire la propria voce in una registrazione, ed era dannatamente
imbarazzante, ancor più di quando Ran lo prendeva con
sé a fare il bagno nella vasca quando ancora era nei panni di Conan.
«Mi stai prendendo in giro,» farfugliò il detective, messo per la prima volta
alle strette.
«Io non direi così, fossi in te. Sai, quei lamenti mi piacevano a tal punto che
ne ho fatto una registrazione, così potrò riascoltarli quando voglio,» replicò il Ladro, un qualcosa di simile a una
chip tra l’indice e il pollice della sua mano sinistra, un sorriso adesso
genuino disegnato sul suo volto. Più che divertirlo, la cosa sembrava fargli
sinceramente piacere.
«Cos’è, adesso mi ricatterai?» domandò Kudo sulla
difensiva, ormai completamente sveglio, le orecchie ancora rosso fuoco. Kid fece una smorfia di disapprovazione mentre si metteva
la chip in una tasca della sua giacca immacolata.
«Non voglio ricattarti, mi fai così meschino? Mi deludi, piccolo detective,»
disse quindi con finta espressione triste.
«E allora cos’è che vuoi?» fece Shinichi spazientito,
una mano che andava ad asciugare il sudore sulle tempie, le gambe che s’allargavano
piano per lasciar respirare la dannata erezione causata dal sogno.
«Rubare. Quello che so fare meglio,» rispose Kid con
naturalezza, e si rimise a fissare il detective con il mento sul palmo della
mano, il gomito sul ginocchio.
«Non ho nulla di prezioso in casa, come ben sai, visto che ormai sembri
conoscerla come le tue tasche,» fece Kudo, messo in
soggezione da quello sguardo perforante.
«Chi ha detto che voglio rubare oggetti materiali?»
Shinichi lo guardò di sottecchi, senza realmente
capire. Era stato sempre una frana nelle questioni sentimentali, se ne rende
conto. I sentimenti non potevano essere compresi con l’ausilio di una formula
matematica o di una deduzione logica, quindi per lui era come esplorare un
campo del tutto sconosciuto. Probabilmente aveva ragione Kid
a dire di avere più esperienza di lui.
«Cosa vuoi rubarmi?» provò quindi a chiedere, i pensieri che tentavano di
incastrarsi l’un l’altro. Compito arduo, con quei due occhi chiari che ti
puntano, e la luna che gli colora i capelli, e il monocolo che brilla come un
gioiello prezioso sul suo volto.
Kid puntò il suo dito guantato
sul petto di Shinichi, da cui partì una scossa che
contagiò schiena, braccia e gambe.
«Questo,» disse quindi, con un sorriso ad occhi chiusi alla fine.
Il suo… cuore?
«…Che diavolo dici, playboy da strapazzo?! » sbraitò
il detective, convinto di essere preso in giro. «Tu e le tue frasi fatte! Non
ti metto le manette ai polsi solo perché sono reduce dal sonno,» aggiunse
agitando nervosamente le braccia, con Kid ai piedi
del letto che se la rideva di gusto.
«O dal sogno?» propose Kid, gli occhi chiusi nella
risata. «Le manette possiamo sempre usarle, se desideri,» mormorò poi, già più
piano, ‘che solo al pensiero venivano i sudori freddi anche a lui.
«Senti, Kid,» Shinichi si
mise a sedere del tutto, le coperte che si gonfiavano sotto i suoi movimenti. «Non
so che idee tu possa esserti fatto, ma io non ho di quelle tendenze. Sai
benissimo chi mi interessa,» fece tentando di essere serio, ma con un tic sul
sopracciglio che lo tradiva.
«Quello schianto asso del karate?» domandò Kid con
una mano sul mento e i ricordi che correvano a Ran Mouri.
«Proprio lei. E evita la parte dello “schianto”.»
Shinichi si rese conto di non sembrare poi così
geloso, e se ne assicurò quando Kid scoppiò a ridere
facendo attenzione a tenere basso il volume della voce.
«E dimmi, a che tappa siete arrivati?» chiese quindi, e Shinichi
lo guardò col capo inclinato di lato, senza capire più di tanto. «A – bacio, B –
preliminari, C – rapporto completo,» si spiegò il Ladro, le labbra
costantemente piegate in un sorriso.
«Che…che ti importa?!» s’alterò Shinichi,
lo sguardo che fuggiva svelto.
«L’hai mai baciata?» chiese quindi Kid, che sembrava
leggere Kudo quasi fosse un libro aperto. «Stavo per
riuscirci persino io!»
«Chiudi la boc-» iniziò il detective liceale,
convinto a dirgliene quattro ben piazzate, ma fu Kid
quello che si piazzò per bene. Più precisamente, sulla sua bocca. Le labbra del
Ladro si incastrarono perfettamente a quelle mezze aperte dell’altro che,
spiazzato da quel contatto improvviso sognato troppe volte, cadde all’indietro,
la botta ammortizzata dal cuscino sotto di lui. Il pollice di Kid andò ad aprire maggiormente la bocca di Shinichi spingendo giù il mento con gentilezza e il Ladro, trovandosi la strada libera, infilò
la lingua morbida lasciandola muovere in modo fluido su quella dell’altro, poi
sotto, e la fece girare a un ritmo lento e pacato, con Shinichi
che si muoveva appena, tramortito dal gesto.
Le labbra di Kid si racchiusero completamente sulla
bocca di Shinichi, con la lingua che continuava a
girare in quel movimento decisamente snervante, il rumore della saliva che
schioccava e sembrava assordante. Si staccò solo due volte, Kid,
non tanto per prendere il respiro, quanto per tirare coi denti il labbro
inferiore di Kudo e mugolare rumorosamente nella sua
bocca, le vibrazioni che arrivavano fino all’inguine del detective, che adesso
bruciava, bruciava e pizzicava fastidiosamente.
Kid fece un altro giro di lingua, provocò un ultimo
schiocco rumoroso e poi separò le labbra da quelle di Shinichi,
un sottile filo di saliva che ancora univa le due bocche.
«Quando finalmente vi bacerete,» gli sussurrò poi, a pochi centimetri dalla
bocca. «vorrei che riportassi alla mente questo bacio. E se le mie previsioni
sono esatte,» si sollevò leggermente per prendere un pezzo di carta dal
taschino della giacca ed infilarlo sotto alla maglia del pigiama di Kudo, all’altezza del petto. «mi chiamerai a questo numero,»
si allontanò e si mise in ginocchio, con Shinichi
sotto di lui che ancora doveva riprendersi del tutto: sentiva la testa girare,
ma per davvero. «E’ del mio cellulare privato,» aggiunse Kid
prima di fare un occhiolino al detective. Dopodichè
sorrise nuovamente, lanciò per terra un qualcosa di molto simile a un fumogeno
che fece tossire Shinichi fino alle lacrime, e in
quel modo sparì nella notte di luna piena.
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«Ehi, dolcezza».
«Non chiamarmi così».
«Ti sei deciso a chiamarmi, finalmente!»
«Saltiamo i convenevoli, per favore».
«Oh, vuoi passare direttamente alla fase C?»
«Ti vuoi far vedere sì o no? Mi dà sui nervi parlarti senza vedere la tua
faccia da schiaffi».
«Guarda che sono dietro di te da mezz’ora».
Shinichi guardò davanti a sé con disappunto, poi
sbuffò e chiuse la chiamata infilando il cellulare in tasca. Si voltò e vide
davanti a sé il solito sorriso strafottente, gli occhi azzurro cielo, i capelli
leggermente scompigliati. Solo che adesso, il Ladro aveva addosso una divisa
nera da liceale e non indossava un monocolo, un cilindro o un paio di guanti
bianchi. «Cos’è, hai deciso di consegnarmelo di persona?» esordì Kaito, il sorriso radioso stampato in faccia.
«Che cosa?»
Kuroba puntò nuovamente l’indice sul petto di Shinichi, proprio come aveva fatto un paio di settimane
prima, e l’effetto fu lo stesso, una scossa attraversò in modo repentino il
corpo di Kudo.
«Il cuore, stupido,» disse quindi, come fosse una risposta scontata. Shinichi lo guardò col capo inclinato, e quella volta fu
lui a sorridere dopo aver alzato leggermente le spalle.
«Di che diavolo parli? Pensavo te lo fossi preso già da un po’,» disse genuinamente,
e Kaito alzò un sopracciglio sorpreso.
«Devo ammetterlo: è la dichiarazione d’amore più bella dell’ultimo secolo».
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Questi due sono un’ossessione, li ho dappertutto,
stanno lì, sempre davanti ai miei occhi ;_; Qualcuno mi salvi.
Comunque, la shot è un piccolo omaggio a questa
coppia che DEVE ESSERE CANON PER FORZA PERCHE’ SONO PERFETTI INSIEME E SONO COSI’
OVVI E PALESI E QUELL’ATMOSFERA DI SFIDA CHE LI CARATTERIZZA E POI STHSDNMYFMBTV.
No, sono sana, lo giuro. E’ solo che a volte mi faccio prendere, ma non succede
sempre.
Alla prossima, comunque, spero di scrivere ancora su questo fandom
<3
Mirokia