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Autore: Neko no Yume    30/09/2012    2 recensioni
Un'accozzaglia di case multicolore a cui qualcuno ha dato il nome di Skjiord.
Un ragazzo che ama il rumore delle mareggiate.
Un uomo che viaggia da troppo tempo.
Mentre le sterne migrano instancabili.
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Dino Cavallone, Kyoya Hibari, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Per Hibari era sempre stato facile addormentarsi, lasciarsi scivolare in un torpore piacevole e sentire la stanchezza accumulata durante il giorno scorrere lungo i suoi muscoli, fino a dissolversi.
Sua madre si vantava sempre di come non l'avesse mai svegliata nel pieno della notte, neanche quando era appena nato.
La cosa poteva sembrare vagamente preoccupante e innaturale, ma lui la considerava una sorta di vanto.
Per questo il suo cervello si rifiutava di elaborare ciò che stava succedendo in quel momento, ovvero il fatto che fosse passata la mezzanotte da parecchio tempo e i suoi occhi aperti stessero ancora fissando il soffitto con espressione corrucciata.
Il problema, rifletté con una punta di disappunto che gli fece stritolare le lenzuola tra le dita, era che non riusciva a smettere di rivivere mentalmente il pomeriggio passato nel faro.
Sentiva ancora il picchiettare della pioggia nelle orecchie, che si mischiava alla risata di Dino, di nuovo allegra davanti al suo viso congestionato.
Si girò bruscamente su un fianco, cercando di distrarsi col pensiero di come l'avrebbe riempito di lividi il giorno dopo per avergli fatto passare una nottata del genere.
E per ripagarlo della fitta improvvisa che gli aveva trapassato lo stomaco nel vederlo di nuovo sereno, nonostante il rombare delle onde.


Indossava una maglia che stava parecchie volte, non riusciva quasi a tenere gli occhi aperti e aveva perso il conto delle volte in cui aveva sbadigliato nel tragitto verso il promontorio.
Alla fine aveva optato per iniziare con una ginocchiata alla bocca dello stomaco, seguita da qualsiasi cosa gli venisse in mente per sfogarsi, ma i suoi propositi svanirono come nebbia al sole quando raggiunse il tetto.
Ormai erano già passati un paio di mesi dall'arrivo del Cavallone e Kyoya si era rassegnato a trovarlo rannicchiato a disegnare ogni volta che si rifugiava al faro, che invece l'accolse con lo stesso silenzio in cui era sempre stato immerso prima dell'arrivo dell'altro.
Niente saluti irruenti, solo lo sciabordare della marea sotto di sé e la brezza salata che gli frustava il volto, improvvisamente meno assonnato.
Mosse qualche passo incerto sul pavimento del tetto, mentre cercava di pensare a dove potesse essere andato il bersaglio della sua furia omicida.
Per un attimo lo sfiorò il pensiero che avesse rotto la loro promessa e abbandonato quel posto a se stesso, ma salendo aveva visto le sue cose da una delle finestrelle, quindi scartò l'ipotesi con uno sbuffo.
Avrebbe volentieri sfruttato quell'improvvisa solitudine per accasciarsi a terra e recuperare ore di sonno, ma si era ripromesso di pestarlo e così avrebbe fatto, a costo di girarsi tutta Skjiord.
E poi il silenzio gli martellava le orecchie, ma questo era assolutamente secondario.
Scese le scalette arrugginite con un cipiglio contrariato che si acuiva ogni volta che le sue scarpe colpivano con un secco tonfo metallico un gradino dopo l'altro.
Arrivò al villaggio quasi a passo di marcia, facendo scappare un paio di ragazzini seduti in piazza con una sola occhiata.
Si aspettava di trovare Dino in piazza, magari a fare uno schizzo della statua al centro o attaccare bottone con chiunque gli passasse a tiro, ma le uniche persone che trovò erano un gruppetto di anziani seduti a giocare a carte e impegnati in un'accesa discussione sulla validità o meno di un poker di cinque assi.
Sentì l'irritazione crescergli nel petto sino a livelli pericolosi e imboccò il primo vicoletto che si trovò davanti, uno stretto ritaglio di strada tra le facciate delle case nel quale aleggiavano gli odori del mercato, creando una cappa soffocante.
Si coprì il viso con la manica della maglia e affrettò il passo cercando di ignorare l'aumentare dell'intensità degli odori man mano che si avvicinava alla fine della via.
Sapeva per esperienza che, una volta uscito all'aria aperta, la puzza sarebbe stata dispersa dal vento e il sale provenienti dal porto, quindi inspirò a pieni polmoni non appena ebbe messo piede fuori dalla stradina.
Il mercato del suo paese sembrava tutto tranne un luogo dove fare acquisti, come al solito.
I banchi erano disposte senza uno schema preciso, o meglio, nel modo più congegnale ai venditori per darsi fastidio a vicenda, e nell'aria tra le tende bianche che li riparavano dal sole volavano mercanzia e insulti di ogni tipo.
In realtà la maggior parte dei mercanti era tranquilla e avrebbe voluto solamente racimolare pacificamente qualche soldo, ma la cosa risultava assolutamente impossibile a causa di alcuni membri.
Il peggiore di tutti era una montagna di cicatrici e pessimo carattere, coronata da un quanto meno improbabile pendente di pelo e piume tra i capelli, nota come Xanxus.
Aveva un comunissimo banco del pesce, solo che aveva scelto come fornitore ufficiale di merce fresca Squalo ed era perennemente assillato da un biondino con la frangia sugli occhi, un'altro ragazzino con un cappello di lana a forma di ranocchia e la sua sorellina, anche lei con un cappello tirato sin sotto il naso.
I tre si divertivano a rincorrersi tra le bancarelle e provocare il loro "Boss del mercato", che puntualmente, se non era impegnato a maltrattare il suo pescatore di fiducia per qualche questione di poco conto, iniziava a lanciare pesce in direzioni imprecisate.
Hibari era capitato in uno dei momenti in cui Xanxus era impegnato a discutere con Squalo, quindi gli unici oggetti volanti in aria erano i coltellini che il biondino lanciava all'altro ragazzo, che rispondeva a frecciatine e ogni tanto qualcosa preso da un banco.
Accanto al pescatore, notò Kyoya senza riuscire a impedirsi di sgranare appena le pupille, c'era Dino.
Osservava la litigata in corso con aria sorniona, limitandosi a qualche commento sporadico ogni tanto, quando i loro sguardi di incrociarono e le labbra gli si incurvarono in un sorriso da orecchio a orecchio.
-Kyoya!-, lo salutò a voce sin troppo alta per farsi sentire sopra il frastuono.
Il ragazzo lo ignorò, dirigendosi verso il banco di Xanxus e afferrando con entrambe le mani il pesce più vicino, per poi avvicinarsi con espressione imperturbabile al guardiano e, con espressione ancora più imperturbabile, tirarglielo sul naso.
Per un attimo sul mercato calò un silenzio quasi religioso.
Poi il Cavallone scoppiò a ridere come la prima volta che Hibari l'aveva chiamato "erbivoro" e cadde per terra con le lacrime agli occhi, incurante di avere gli sguardi di tutti puntati addosso.
Riuscì a calmarsi solo quando Squalo, al limite della sopportazione, gli sferrò un calcio sul fianco, che si affrettò a evitare mettendosi a sedere a gambe incrociate.
-Di solito la gente non viene presa da attacchi di ridarella per una pesciata-, gli fece notare Kyoya in tono quasi rassegnato.
-Di solito la gente non si prende proprio a pesciate, credo-, rispose lui con l'ultimo strascico di risata.
-Sì, se questa gente se ne va in giro, invece di fare il proprio lavoro-.
Dino aprì la bocca per replicare, ma fu preceduto dal pescatore.
-Ragazzino, quello stupido del mio aiutante è a letto con una caviglia slogata-, esordì, inchiodandolo con uno sguardo improvvisamente professionale -Ma non posso permettermi di perdere una giornata di pesca così-.
Il Boss del mercato emise un grugnito di approvazione.
-Tu mi sembri il meno incompetente qui attorno...-.
-Aspetta un secondo!-, lo interruppe il Cavallone, improvvisamente in piedi -Gli stai chiedendo di darti una mano in barca?-.
Squalo represse l'istinto di farlo cadere nuovamente a terra con una pedata, mantenendo lo sguardo fisso su Hibari, che lo sosteneva senza battere ciglio.
-Per me va bene-, decretò -Basta che qui torni tutto tranquillo-.
-Non va bene per niente!-, esclamò Dino, il volto che virava a un certo pallore.
-Fatti gli affari tuoi, erbivoro-.
-Sono affari miei! Non ti reggi in piedi, sarebbe pericoloso mandarti in mare-.
Kyoya si strofinò gli occhi di riflesso, era convinto di aver perso almeno in parte l'aria da notte in bianco e andare in giro come se si fosse appena scollato dal cuscino avrebbe decisamente minato la sua reputazione.
-Sono sveglissimo-, borbottò contrariato -E poi tu non ci puoi andare, vomiteresti tutto il tempo nel migliore dei casi-.
Nello sguardo dello straniero balenò un lampo di panico, ma sparì in fretta.
-Non è affatto vero-, affermò, scuotendo la testa più volte per sembrare più convincente -Andrò io-.
Squalo emise uno sbuffo spazientito e Hibari si limitò a osservarlo mentre si trascinava dietro un Cavallone sempre meno spavaldo a ogni passo verso la riva del porto.
Fissò l'imbarcazione caracollante del pescatore finché non scomparve oltre i frangiflutti, poi si lasciò cadere su una vecchia cassa di vimini e appoggiò la schiena alla parete di una casa.
-Che hai intenzione di fare lì?-, si informò Xanxus, impegnato a riportare l'ordine nei banchi attorno al suo con occhiate poco rassicuranti.
-Lo aspetto-, rispose lui, le palpebre chiuse contro il sole -Qualcuno dovrà pure riportarlo al faro e assicurarsi che faccia il suo lavoro-.
La risposta del mercante si perse nel mormorare delle barche a pelo dell'acqua, mentre Kyoya si lasciava scivolare in un sonno leggero.


Fu un "Voi" leggermente più moderato del solito a svegliarlo, intorpidito e dolorante per le ore passate in quella posizione.
Squalo lo scrutava dall'alto in basso, con Dino appoggiato a una spalla e l'aria di chi ha passato la giornata più snervante della sua snervantissima vita.
Raccolse tutta la forza di volontà che riuscì a racimolare dai meandri del sonno e si alzò in piedi, limitandosi a scrutare il pescatore per un attimo e poi caricarsi addosso il guardiano.
-...Visto che c'è l'ho fatta?-, lo sentì biascicare a un soffio dal suo orecchio.
-Zitto e cammina, razza di idiota-.
Lo straniero gli diede retta per una volta e si limitò a qualche lamento isolato durante il tragitto, finché, arrivati al faro, non guidò Hibari verso la sua camera e si gettò sul letto a faccia in giù.
-E poi ero io quello che non si reggeva in piedi-, commentò il ragazzo, sedendosi sul bordo del materasso.
Dal cuscino arrivò una risposta soffocata dal tono indignato.
Nell'aria risuonò il suono strascicato di uno sbadiglio di Kyoya, seguito da una risatina stanca e il tonfo di un colpo tirato di malavoglia.
-Non ero poi così stanco, prima-.
Altro mugugno, leggermente sarcastico.
-Ti sei ridotto in questo stato per nulla-.
Questa volta solo silenzio, spezzato dopo un lasso di tempo che sembrava interminabile dal fruscio delle braccia di Dino che avvolgevano i fianchi dell'altro, mentre il volto sbattuto si sollevava appena per osservare la sua reazione.
Hibari stava cercando di reprimere contemporaneamente l'istinto che gli urlava di frantumargli le ossa seduta stante e quello che gli impediva di farlo, con l'unico risultato di sembrare una statua di sale dagli occhi sgranati e il respiro leggermente irregolare.
Il Cavallone di solito avrebbe riso fino alle lacrime davanti a uno spettacolo del genere, ma in quel momento aveva la mente immersa negli anni e solo il mare intorno a sé.
Le onde lo sballottavano da ogni parte, facendogli pizzicare la pelle e il naso, accecandolo con il riverbero della luce del sole che danzava leggera sull'acqua, ma accanto a lui c'era la sua ancora, il suo Leo.
Leo l'aspirante zoologo, Leo che ogni mattina si svegliava all'alba per dare da mangiare ai gatti randagi del paese e osservarli con quello sguardo che ti faceva una radiografia completa ogni volta, Leo che era cresciuto assieme a lui in un vicolo polveroso di una cittadina polverosa.
Leo che lo teneva per mano mentre si gettavano ridendo nel turbinio del mare agitato perché, del resto, era il suo ragazzo.
Si erano messi insieme due estati prima, davanti a un falò di fortuna e con la sabbia sotto i vestiti.
Dino si divertiva a osservarlo mentre prendeva appunti meticolosi e fitti di schizzi sugli animaletti della zona (era lui che gli aveva insegnato a disegnare così bene), gli piaceva il sorriso sereno e allo stesso tempo concentrato che gli incurvava le labbra, un attimo prima che lui le baciasse a tradimento e venisse scherzosamente spinto via.
Poi, all'improvviso, Leo non c'era più.
Aveva sentito dire al porto che sulla scogliera vicina aveva nidificato un cormorano e ci si era spinto a nuoto senza neanche controllare le previsioni.
Si era scatenata una tempesta e probabilmente era finito contro gli scogli, questo il Cavallone non l'avrebbe mai saputo con certezza.
L'unica cosa che sapeva era che da quel momento non era più riuscito a restare nello stesso posto.
Credeva di doversi allontanare dal suo paese perché gli ricordava troppe cose, ma la smania disperata di scappare via non si era fermata, continuava a tormentarlo ovunque andasse.
Tornava nel volto di Leo, nella sua voce che gli bisbigliava frasi di una tenerezza imbarazzante tra una risatina e l'altra, nei suoi sogni che diventavano incubi.
E tornava a Skjiord, dove si era appena reso conto di aver raccontato tutto a un ragazzino che stava stringendo a sé come se stesse per affogare.
Kyoya aveva l'espressione di chi è costretto a osservare qualcosa cadere e lentamente infrangersi al suolo senza poter fare nulla, l'espressione di chi sta perdendo terreno e non riesce a capire perché, e gli stava stritolando una mano.
Ricambiò debolmente la stretta di quelle dita così sottili, mentre il fragore della mareggiata si attenuava, sino a perdersi del tutto e lasciarlo respirare.
Hibari avvertì il suo petto alzarsi e abbassarsi con lentezza contro un fianco e  riuscì ad allentare la presa sul suo palmo, lasciandosi trascinare verso il basso dall'abbraccio di Dino e ritrovandosi disteso accanto a lui.
Per una volta non sentiva il bisogno di distanziarsi, di trincerarsi dietro una barriera di aculei minacciosi; aveva solo voglia di godersi il tepore del corpo del guardiano e abbassare la guardia, navigare in acque calme.
Alzò lo sguardo verso di lui e non si ritrasse quando gli sfiorò le labbra con le proprie.
Non si soffermò a pensare se fosse giusto o sbagliato, chiuse le palpebre e si lasciò baciare dall'uomo che aveva distrutto la sua routine di apatia.
Fu un bacio leggero, umido e fugace come la spuma delle onde sulla battigia dopo la mareggiata, quasi impacciato, poi lo straniero poggiò la fronte contro la sua e sprofondò in un sonno stremato, senza smettere di tenerlo stretto a sé.




Yu's corner.
Buondì, miei piumosi Hibird!
I più coraggiosi e stoici di voi che sono arrivati fino a questo punto si staranno chiedendo "COS'È QUESTA COSA?" e non posso darvi torto. OTL
Questo capitolo è stato abbastanza difficile da scrivere e, anche se interessante (ma comunque terribile, ho maltrattato Dino gratuitamente ;w;), avevo costantemente la sensazione di stare sforando nell'ooc più nero.
Comunque! Spero che queste siano solo mie paranoie e che in realtà questo capitolo possa esservi piaciuto quanto o più dei precedenti. In caso contrario non disperate, il prossimo sarà l'ultimoh.
Un grazie infinite a chiunque mi abbia seguita, verrete santificati.
Bye bye,
Yu.
  
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