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Autore: rolly too    07/10/2012    10 recensioni
Kidd ha tirato troppo la corda, e il suo migliore amico si è trasformato nel nemico più pericoloso con cui abbia mai avuto a che fare. Perché Killer è forte, determinato, e soprattutto è stanco di lui e del suo comportamento. Davanti a una minaccia tanto grande e tanto dolorosa, nemmeno il Capitano Kidd sa più che cosa fare, e forse nemmeno il suo storico nemico e amante può aiutarlo, e anzi, potrebbe anche essere in pericolo.
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Killer | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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 Killer aprì piano gli occhi e Kidd sospirò di sollievo.
Il medico li aveva lasciati soli nella stanza in cui aveva messo a riposare Killer, aveva detto che sarebbe andato a comprare delle medicine adeguate e se n'era andato.
Era un vecchietto arzillo, che non appena aveva visto Kidd che si trascinava in strada, sanguinando e cercando aiuto per Killer, era corso nella sua direzione e l'aveva spronato a seguirlo. Aveva medicato le ferite di entrambi, aveva messo a loro disposizione una parte della casa e poi se n'era andato.
Al pagamento penseremo quando il tuo amico starà meglio, gli aveva detto.
Il suo amico. Il suo migliore amico, l'unico che potesse davvero considerare tale. La persona a cui voleva più bene a questo mondo, la persona che più amava, perché l'amicizia è amore e lui non se n'era mai accorto; la persona che più l'aveva fatto soffrire e quella che lui stesso aveva fatto soffrire tanto, tantissimo.
«Killer.» lo chiamò.
L'altro si voltò verso di lui, fissandolo per un po' con gli occhi azzurri annebbiati, colmi di sonno, di debolezza.
«Kidd?»
«E chi altri, se no?» Kidd sentì che la voce gli tremava di sollievo, perché Killer si era svegliato, e sarebbe stato meglio. Anche se le cose tra loro non sarebbero mai più tornate come prima, mai più.
Ma Killer si sarebbe salvato. Era questa la cosa importante.
«Pensavo... che mi avresti... lasciato lì.» soffiò Killer, sofferente, prendendo fiato tra una parola e l'altra.
«Se fosse successo due giorni fa l'avrei fatto.» confessò Kidd.
«Ti devo... parlare.»
«Sì. Anch'io.» Guardò gli strani macchinari a cui il medico aveva attaccato Killer e per un secondo gli sembrò di essere di nuovo sul sottomarino di Law. Passò subito, ma il pensiero di quell'uomo gli fece stringere lo stomaco. Law... Cos'aveva fatto?
L'hai ucciso. Così aveva detto Penguin. Era vero, lo sapeva, perché uccidere l'orso e uccidere Law era la stessa cosa, e lui aveva ammazzato l'orso. Non avrebbe mai pagato abbastanza per quella colpa. Non c'era nulla da pagare, in fondo. Aveva sbagliato. Aveva fatto il male più grande a una persona che amava, e anche se si fosse ucciso non avrebbe cambiato le cose.
«Ho sentito quello che... ti ha detto Penguin.» mormorò Killer. «Quando ci hanno... buttati... in mare.»
«Sì. Già. Ho ucciso Bepo. Law... È uscito di testa.»
Ma era comprensibile. Anche lui sarebbe uscito di testa se gli fosse accaduta una cosa simile.
«Non stavo nemmeno mirando a lui.»
«E a chi, allora?»
«A te.»
Kidd aveva puntato Killer, quando aveva sollevato la pistola. E l'avrebbe colpito, se la sua mano non si fosse rifiutata di collaborare all'ultimo momento, se non si fosse spostata da sola, colpendo l'orso invece di Killer.
Killer rimase in silenzio.
Kidd lo guardò. Se dovevano parlare, allora tanto valeva iniziare. C'era una cosa che gli premeva sapere.
«Qual è il tuo vero nome?»
Killer lo guardò, fece una smorfia di disappunto e spostò lo sguardo sul soffitto.
«Perché... lo vuoi sapere?»
«Perché non lo conosco. Perché non vuoi dirmelo?»
Seguì un silenzio lungo, teso. Kidd avrebbe voluto insistere, ma decise di non farlo. Era il suo atteggiamento ad aver allontanato Killer la prima volta. Doveva essere più paziente, lasciandogli i suoi tempi e i suoi spazi.
«Quegli uomini... mi chiamavano così. Non so se il nome me l'abbiano dato loro, non me lo ricordo. Non volevo più sentirlo pronunciare. Ecco perché non te l'ho detto. Volevo dimenticare.»
«Se è così, se non vuoi dirmelo va bene lo stesso.»
Forse capiva quello che Killer stava dicendo, quel suo desiderio di proteggersi. Poteva davvero prendersela per una scelta simile?
Guardò Killer e vide che stava riflettendo. Non era abituato a guardarlo in faccia, tra loro c'era sempre stata la barriera creata dal casco. Con quelle cicatrici e quegli occhi malinconici gli sembrava spaventosamente indifeso.
«No, va bene, te lo dico.» decise Killer alla fine. «Ma mi devi giurare che non lo dirai a nessuno. Anche se... probabilmente non vedrò più nessuno degli altri.»
Kidd non rispose. Si limitò ad annuire, cercando di non pensare a quello che Killer gli aveva appena detto.
«Aki.»
Aki. Autunno. Se la situazione fosse stata diversa, Kidd si sarebbe messo a ridere. Poteva esistere un nome più adatto a uno con il carattere ombroso e mutevole di Killer? A volte freddo, a volte caldo.
«Quando ti ho visto per la prima volta...» mormorò Killer, la voce stanca «Ho avuto paura. Pensavo che saresti stato come loro.»
«Anche se li avevo uccisi?»
«Non era la prima volta che capitava.» Un sospiro pesante, sofferente; la voce gli si incrinò e Kidd dovette fare del suo meglio per resistere all'impulso, mai provato prima, di stringergli la mano per fargli coraggio. Ma forse stringere la mano di Killer sarebbe stato un modo per far coraggio a se stesso, era quella la verità. «Si uccidevano tra di loro, ne arrivavano altri... È stato così per tanto tempo. Poi mi hai portato via, e io non capivo perché ti prendessi tanto cura di me. Nemmeno adesso capisco perché l'hai fatto.»
Kidd capì che Killer voleva una spiegazione, ma non era ben chiaro nemmeno a lui.
«Perché eri forte.» si limitò a rispondere. Davanti all'occhiata interrogativa dell'altro, proseguì: «Eri in condizioni pietose. Ed eri ridotto a poco più di uno scheletro, pieno di ferite... Eppure hai ucciso uno di loro, a mani nude. E stavi sopravvivendo a quelle torture. Ho pensato che non avrei mai trovato nessuno forte come te.»
«Devo essere stata... una bella delusione.»
«Idiota.» lo rimbrottò Kidd. «Non mi aspettavo niente. Mi sembravi forte e ti ho portato via, non me ne fregava niente di nient'altro. Non ho mai pensato che ti avrei cacciato se non fossi stato forte come mi aspettavo.»
Killer rimase in silenzio.
«Ma a quanto pare io e te non riusciamo a capirci, perché tu pensavi che l'avrei fatto, vero?» concluse allora Kidd.
Ancora silenzio.
«Se non volevi che ti toccassi, perché non me l'hai detto?» chiese allora.
«Ma te l'ho detto! È per questo che sono infuriato!»
«No, intendevo prima. Quella sera ero ubriaco, non capivo un cazzo e lo sai. Ma non mi avevi mai respinto, prima.»
Killer sospirò ancora, guardò altrove. Ancora tacque.
«Pensavi che me la sarei presa?»
Killer inspirò.
«Ti devo tutto.» disse soltanto.
Kidd si sentì gelare a quelle parole.
«Vuol dire che l'hai sempre fatto per sdebitarti?»
Killer non rispose, ma il suo silenzio era più che sufficiente.
«Non avresti dovuto! Io non volevo nulla da te!» Si passò l'unica mano che gli era rimasta sul volto. Era stata tutta una menzogna, quella loro amicizia. Lui considerava Killer il suo migliore amico, Killer lo considerava un creditore e il suo obiettivo era stato quello di sdebitarsi. Niente di più. Che valore poteva avere un rapporto del genere?
Saltò in piedi e prese ad aggirarsi per la stanza, indeciso se essere furibondo o deluso. O entrambe le cose, magari. Come aveva fatto a non accorgersene? Perché era stato tanto cieco?
«Non hai mai capito niente di me.» gli disse. «Io ti consideravo... Ti considero mio amico.»
Killer chinò il capo.
«Non serve a un cazzo parlare se tu non dici niente!» lo aggredì Kidd. «È per questo che siamo arrivati a cercare di ammazzarci a vicenda! Perché non parli!»
Lui non si era mai accorto dei problemi di Killer, era vero ed era colpa sua. Ma se l'altro avesse parlato... Non sarebbero arrivati a quel punto.
«Non so cosa dire.» rispose Killer.
«Di' la verità! È solo che ti senti debitore? Solo questo? Non mi hai considerato tuo amico?»
«Non è così.» Killer sollevò lo sguardo su di lui, poi lo scostò. «Ti considero un amico, il migliore che abbia. Però non è solo questo. Non ci riesco, anche se ci ho provato. Per me resterai sempre quello che mi ha portato via da lì.»
Inspirò a fondo, incapace di pensare. Decise che forse cambiare argomento poteva essere un aiuto per calmarsi, almeno un po'.
«Hai risolto le cose con Penguin? So che avete litigato.» Aveva sentito Law e Penguin che ne parlavano, quando ancora Trafalgar non lo odiava. Pensare a lui faceva male, tantissimo.
Gli occhi di Killer si fecero lucidi ed ebbe il terrore che si sarebbe messo a piangere. Ma non pianse.
«Mi ha rivolto la parola solo quando mi ha buttato in mare. Ha detto...» inspirò e il suo fiato tremò. Kidd, istintivamente, allungò la mano e prima di afferrare quella dell'altro la posò sul materasso, poco distante dall'amico. «Ha detto che andranno via, per un po'. Vogliono tornare nel Mare Settentrionale, almeno finché non capiranno cosa fare con Law.»
Kidd annuì e non disse nulla. E come poteva, d'altra parte? Era stato lui a far impazzire Law. Una parte di lui si disse che si sarebbe ripreso, perché Law era forte. Ma l'altra era perfettamente consapevole che invece non ci sarebbe stato niente in grado di far rinsavire il chirurgo. Sapeva bene che non sarebbe sopravvissuto a lungo, dopo ciò che aveva fatto alla sua ciurma. Sapeva bene che non l'avrebbe mai più rivisto, e quell'idea era insopportabile tanto quanto il pensiero che la colpa era solo sua.
Killer sospirò.
«Anch'io me ne andrò per un po'.» mormorò.
Kidd si voltò a guardarlo. Sì, si aspettava una cosa del genere. E d'altra parte, non voleva nemmeno che tornasse nella ciurma, non dopo tutto quello che era successo.
«Non posso chiederti di tornare.»
«Lo so.» Killer guardò altrove. «Dopo quello che ho fatto...» Gli occhi gli si riempirono di lacrime, ma ancora una volta non pianse «Wire è sempre stato tanto buono con me.» sussurrò con voce rotta.
Kidd non seppe cosa dire.
Avrebbe voluto consolarlo, almeno un po', ma come poteva? Era vero che aveva ucciso Wire, anche se l'aveva fatto nel tentativo di uccidere lui.
«Sarei dovuto saltare in aria io, insieme a quella bottiglia.» disse alla fine.
Se fosse morto allora, tanti problemi si sarebbero evitati.
«No!» soffiò Killer. «No, no. Non avrei dovuto piazzare quell'esplosivo, e basta. Ma è tardi per pentirsi.»
«Sì.» annuì Kidd. Era tardi, e non solo per Killer. Anche lui aveva tante cose di cui pentirsi.
«Dovresti andare.» disse alla fine Killer, dopo diversi istanti di silenzio. «Gli altri ti staranno cercando.»
Kidd inspirò profondamente. Killer aveva ragione. Non restava più nulla da dire, ormai. Non c'era più modo per risanare quella situazione. Alla fine, quello era solo un modo per dirsi che non avrebbero più cercato di uccidersi a vicenda. Si alzò dalla sedia in cui era rimasto accoccolato da quando il vecchio li aveva portati in casa sua e rivolse un ultimo sguardo all'amico.
«Sulla nave non c'è più posto per te.» disse.
Killer annuì, lo sguardo addolorato come non l'aveva mai visto.
«Però se hai bisogno di me chiamami.» concluse Kidd. «Io... correrò ad aiutarti.»
Killer annuì un'altra volta, ma non disse niente.
Kidd uscì dalla stanza. Lanciò sul tavolo tutte le monete che si era trovato in tasca, come compenso per il vecchio; uscì dalla casa e richiuse la porta alle spalle.
Era stato così difficile, si disse, che gli sembrava quasi impossibile che andarsene fosse tanto semplice. Qualcuno avrebbe dovuto fermarlo, ma chi? Sapeva fin dall'inizio che le cose sarebbero andate così.
A quel punto, Killer non faceva più parte della sua ciurma.

Vide che c'era scompiglio al porto, e si diresse lì istintivamente, in cerca di qualcosa con cui distrarsi. Magari era una ciurma sconosciuta, con cui avrebbe potuto sfogare la rabbia e il dolore.
Invece, quando arrivò, si rese conto che non era così fortunato da aver tregua nemmeno per un secondo.
I suoi uomini avevano intercettato il sottomarino di Law che aveva attraccato, forse per fare rifornimento, e sembravano essere del tutto intenzionati a farli colare a picco.
Si avvicinò alle due ciurme camminando lento, attirando a sé le armi con il suo potere. Si voltarono tutti verso di lui.
La sua ciurma sembrò rilassarsi nel vederlo vivo, non proprio incolume ma almeno in grado di camminare; gli uomini di Law si irrigidirono e sembrarono prepararsi  a combattere.
«Lasciateli stare.» ordinò alla propria ciurma.
I contendenti di entrambe le parti sgranarono gli occhi, stupefatti.
«Capitano, questi ti hanno buttato in mare! Volevano ucciderti!» protestò Heat.
«Non basterà a farti perdonare, Kidd.» lo apostrofò invece Penguin con tono duro.
«Non mi aspetto di essere perdonato.» replicò Kidd. Gli si avvicinò, e quando gli fu abbastanza vicino da parlargli senza dover urlare si fermò. «Come sta Trafalgar?»
«Con che coraggio chiedi una cosa del genere?» lo aggredì Shachi.
Kidd lo guardò. Era pallido, sfatto; sfinito come se non avesse dormito per giorni, come se non stesse mangiando. Si chiese se fosse lui quello che si stava prendendo cura di Law. Doveva essere sfiancante, adesso.
«È tutta colpa tua!» urlò ancora.
Penguin lo zittì con un cenno della mano. Era lui che comandava, adesso?
«Se gli avessi sparato in testa avresti fatto meno danni.» commentò. «È distrutto. Per il momento non riusciamo nemmeno a farlo mangiare, e non parla più. Forse sopravvivrà, forse no. Visto come sono le cose, forse è meglio di no.»
Annuì. Avrebbe voluto dire qualcosa, ma non c'era niente da dire. Non aveva nemmeno la forza di sentirsi in colpa. Si sentiva solo vuoto dentro, e basta. Killer, Law. Le due persone a cui più teneva al mondo. Le aveva ferite, allontanate. Non riusciva nemmeno a sentirsi un mostro.
Si voltò verso i suoi uomini.
«Salpiamo.» ordinò.
«Capitano... Che cosa è successo a Killer?» si azzardò a chiedere Heat.
«Sta bene.» replicò. «Se ne è andato. Se lo rivedremo, e non credo... Lasciatelo stare.»
Qualcuno della sua ciurma mise su una faccia contrariata, Penguin sospirò di sollievo.
Nessuno disse nulla.
I suoi uomini risalirono sulla nave, curandosi solo di riservare occhiate truci alla ciurma di Law.
In poco tempo furono pronti a partire. La nave si mosse lenta, allontanandosi dall'isola su cui aveva lasciato Killer e Law.
Sospirò, poggiò il braccio sulla murata e vi poggiò la fronte.
Era stato un disastro. Era andato tutto male, e sarebbe andata peggio con il tempo, quando la mancanza di quei due uomini si sarebbe fatta sentire.
È tardi per pentirsi, così aveva detto Killer.
Aveva ragione.

-FINE-
 

E anche questa è finita. Mi mancherà, lo ammetto.
Ci tengo a ringraziare di cuore tutti quelli che mi hanno seguita fin qui, tutti quelli che hanno commentato e quelli che hanno letto in silenzio; quelli che hanno inserito la storia tra le seguite, le preferite e le ricordate.
Grazie a tutti.

Baci,
rolly too

   
 
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