INNOCENT
epilogo
- Dove ci state portando
mamma?
- Già, perché siamo in città papà?
Continuo a camminare
imperterrito, il giaccone nero sulle spalle che si mimetizza perfettamente con
la notte intorno a noi. Fisso di sottecchi Bella di fianco a me, anch’essa
coperta con un pesante giubbotto scuro. Ormai siamo ai primi di Dicembre, e la
neve è già scesa da un po’. Fa freddo. Tremendamente freddo. Ma non ci do caso,
e continuo la mia marcia secca lungo le strade illuminate solo da qualche
lampione qua e la.
- Perché siamo a Port Angels a quest’ora? Sono le
undici papà, io ho sonno!
Evito di girarmi verso Will, che dopo aver
sbadigliato sonoramente mi rivolge quelle parole stanco. Ma non è il momento di
fermarsi e tornare indietro.
Guardo il nome della via che stiamo per
percorrere. Ventidue, ventitre…
I numeri civici mi passano davanti agli
occhi, e qualcosa in fondo al cuore mi dice di non andare oltre il ventitre.
Perché so che li sarà il principio della fine. L’inizio di una vita crudele e di
un passato fin troppo lontano dalla tranquillità. Una vita predestinata
all’inferno, un destino già prescritto da chissà quale legge spietata. E niente
mi potrà salvare dall’oblio. Nessun ricordo, nessun oggetto. Solo una persona.
Ma quella persona sta passando il mio stesso inferno, e quindi so già che non mi
potrà rincuorare, perché ci ritroveremo entrambi a fissarci doloranti nel nostro
dolore senza spiccicare parola. E’ questa la fine che spetta ai mostri, alle
creature deplorevoli che siamo. E’ questo il destino per i malvagi. Soffrire,
soffrire e basta. E se c’è qualcuno a questo mondo che afferma il contrario,
allora non capisce il mondo orribile che lo circonda.
Tutte le nostre azioni
hanno delle conseguenze… questa è l’unica certezza che ho nel mio piccolo cuore
freddo come il marmo. E so che l’errore che abbiamo fatto io e Bella nel dare
alla luce quei bambini ora ci cadrà addosso pesantemente e crudelmente. Solo e
soltanto per il loro bene.
M’ irrigidisco di fronte ad una porta in legno
antico, seguito a ruota dalla mia compagna.
- Cosa sta
succedendo?
La voce accusatoria di Sydney mi arriva distante. E io,
mantenendo il sangue freddo, le rispondo pacato:
- Da questa sera voi vi
dovrete dimenticare di noi. Dovrete rimuovere dalle vostre memorie ogni singolo
frammento della vostra vita insieme alla nostra famiglia. Non veniteci a
cercare, non chiedete di noi e soprattutto odiateci, odiateci dal più profondo
del cuore per quello che stiamo per fare. Ma sappiate che vi
amiamo.
Schiaccio il campanello della casa, mentre so per certo che i
miei figli mi staranno fissando preoccupati. Ma non posso permettermi di perdere
il controllo. Non ora, non in questo momento. All’istante si apre la porta e mi
ritrovo di fronte ad una donnetta sui trent’anni dalla sguardo dolce e
sereno.
- Che piacere rivedervi Signori Cullen.
Già ci
conosciamo. Ormai sono due settimane che progettiamo tutto. Questa donna non può
avere figli. Lei e il suo compagno hanno appreso la notizia dal loro medico. E
per questo cercavano qualche bambino da adottare.
- Buona sera, scusi
l’ora. – mormoro distaccato.
- Non si preoccupi. – mi dice quasi impaurita
dal mio sguardo freddo. Ma io non posso far altro che porgerle una lettera fra
le mani.
- Tenga. Gliela legga quando ce ne saremo andati. – mormoro a voce
bassa in modo che mi senta solo lei. Annuisce saggiamente. Faccio un sospiro
profondo e mi giro finalmente verso i miei figli che impietriti mi fissano
terrorizzati. Hanno forse capito le nostre intenzioni?
In men che non si
dica mi vengono alla memoria i ricordi dell’estate di quest’anno – l’ultima che
ho passato con loro sapendo che un giorno non molto lontano li avrei lasciati –
e non posso che sentirmi un verme. Gli ho fatto credere dopo che gli ho detto
tutta la storia che sarebbero stati con noi per sempre. L’ennesima bugia uscita
dalle mie labbra di marmo freddo. Ma ora non posso abbandonarmi a quei ricordi
così dolorosi. Li sorpasso seguito da Bella. Fisso per un’ultima volta i loro
volti: Sarah, William e Sydney. Così uguali e così diversi; così vivi e così
liberi; così dannatamente fragili. I
miei bambini. Il sangue del mio sangue. Il frutto del mio amore con la mia
compagna. I miei tre miracoli: i miei
figli.
- DOVE STATE ANDANDO?!
Sydney
scoppia in lacrime terrorizzata, mentre io e Bella acceleriamo il passo lontano
da loro. Presumo che sia sopraggiunto anche il marito della donna a tenerli
stretti a loro, perché non sento nessuno correrci dietro.
- PAPA’!
MAMMA!
Li sento urlare in coro i nostri nomi, e il mio cuore mi rimbalza nel
petto. Vi stiamo abbandonando, non ve lo dimenticate. Ma non dimenticatevi
neanche che lo stiamo facendo per voi, per garantirvi un futuro. Per far sì che
crescerete, che avrete tutto quello che io e Bella non potremo mai avere: una
vita normale. Pensate a noi come quelli che vi hanno fatto nascere e a quelli
che vi amano. Pensate a noi come quelli che vi hanno salvato dalla morte di
diventare un vampiro.
***
Sono passati venti anni. E ancora
ricordo chiaramente cosa ho provato quando Bella mi è svenuta fra le braccia
appena siamo tornati a casa dopo aver lasciato i nostri figli in custodia a
quelle persone. Non aveva più forze. E appena ha riaperto gli occhi, tre ore
dopo, è impazzita. Urlava, si dimenava, cercava di farsi del male da sola. E io
non ho fatto altro che tenerla stretta a me, mentre mi graffiava il petto e mi
lacerava il cuore. Mentre mi mordeva con tutta la forza che aveva assaporando la
mia pelle cercando di provocarmi dolore. Ma so che non era quella l’intenzione.
Voleva che io reagissi per ucciderla. Ma com’era prevedibile io sono sempre
rimasto immobile, limitandomi a tenerla stretta con forza, non facendole male.
Dopo tre settimane si è calmata.
Sospiro e fisso l’immagine dell’uomo di
fronte a me: occhi ambrati, capelli rossi, pelle bianca. Non sono cambiato. Sono
sempre io. Edward Cullen. Forse con venti anni in più, ma d’altronde non penso
che si veda molta differenza. Anzi, non ce ne è affatto. Sospiro e distolgo lo
sguardo dallo specchio per posarlo su una foto appoggiata al mobiletto di questa
piccola stanza.
Sorrido amaramente, prendendola in mano. I miei bambini
insieme a me e Bella quell’ultima estate. Chissà come saranno diversi adesso.
Ormai hanno già trent’anni. E’ dura ammetterlo, ma i miei figli hanno tredici
anni più di me. Da ridere, vero?
Deglutisco l’eccesso di veleno in bocca e
riposo quella foto che mi sono portato da casa per darmi un po’ di coraggio per
quello che sto per fare. Dopo trent’anni mi sono infatti deciso a sposare Bella.
Giusto per darle un attimo di serenità e felicità dopo questi anni dolorosi
lontano dai nostri pargoli. Sento la porta di questa stanzetta aprirsi, e il
profumo di Alice si spande nell’aria.
- Sei molto bello. – mi dice sorridendo
mia sorella, avvicinandosi a me ad accarezzarmi una spalla. Mi guarda con
affetto e di slancio mi abbraccia.
- Ti voglio bene Edward. Te ne ho sempre
voluto.
Mi lascia un attimo interdetto. Non è da lei fare simili uscite ne
abbracciarmi in quel modo.
- Anch’io Alice.
Appoggio il volto sulla sua
spalla. E’ incredibile quanto sia piccola. Eppure sento il suo abbraccio forte e
saldo intorno alla vita.
Alla fine si stacca da me e la vedo commossa.
-
Il mio fratellino si sposa.
Mi lascio scappare una risatina.
- Il tuo
fratellino ha più di cent’anni. – replico sarcastico. Lei mi fissa con un
ghigno.
- Complimenti, te li porti bene.
- Grazie, lo so. Mi tengo in
allenamento.
Ride e mi aggiusta la cravatta cinerea, facendola cadere bene
sulla camicia sotto bianca. Poi passa ad abbottonarmi la giacca anch’essa
grigia.
- Penso possa andare. – le dico. In fatto di vestiti lei diventa
pignola. Se vedesse una sola piega nel mio completo mi farebbe spogliare per
fargliela stirare tutta.
- D’accordo. Però sbrigati. – la vedo fremere. Cosa
le prende?
- Stai bene? – le chiedo preoccupato. Lei annuisce sorridendo. E’
tristezza quella che vedo nei suoi occhi?
- Sì Edward, sto benissimo.
Mi
rivolge un sorriso caloroso, posando gli occhi sulla foto che fissavo poco prima
che arrivasse.
- Mi mancano.
Il mio stomaco fa una capovolta.
- Anche
a me.
- Ti piacerebbe rivederli?
Mi fissa illuminandosi, con uno strano
luccichio negli occhi, quasi sapesse qualcosa che io ignoro.
- Certo. Ma so
già che non devo, per cui non bisogna ricucirci su qualche fantasticheria.
Le parole mi sono uscite più dure di quanto volevo. Ma lei pare non
prendersela e, anzi, mi sorride.
- Non fare il duro Edward. Sappiamo tutti e
due che se te li ritrovassi davanti te ne fregheresti alla grande di ciò che è
giusto e ciò che è sbagliato. Ti butteresti fra le loro braccia e
basta.
- Può darsi.
- Già, può darsi.
Comunque è ora di andare pen di carota.
- Ti odio quando mi chiami così.
- Pen di carota.
- Smettila.
- Pen di carota.
- ... Mostriciattolo!
- Vuoi tu, Edward Anthony Masen
Cullen prendere la qui presente Isabella Marie Swan per onorarla e rispettarla
finchè morte non vi separi?
- Lo voglio.
- Vuoi tu Isabella Marie Swan
prendere il qui presente Edward Anthony Masen Cullen come tuo legittimo sposo
per onorarlo e rispettarlo finchè morte non vi separi?
- Lo
voglio.
Sorrido come uno stupido, mentre Bella, la mia Bella
nell’abito più mozzafiato che io abbia mai visto, mi infila al dito l’anello. E’
stupenda: i capelli legati da una complicata pettinatura dietro alla testa le
lascia libero il viso cristallino. Gli occhi, profondi pozzi ambrati, mi fissano
con amore.
- Puoi baciare la sposa.
Non me lo faccio ripetere
due volte. Le sorrido sghembo e la attiro a me posandole le labbra sulle sue.
Dolci e talmente freddi da lasciarmi senza fiato.
Resto un attimo vicino
a lei, aspettandomi applausi e riso volare, ma non arriva niente. Allora mi
stacco un attimo da mia moglie e fisso tutti. Ci stanno fissando con uno sguardo
intriso di malinconia. Cosa succede? Perché si comportano così?
Sento Bella
irrigidirsi sotto il mio abbraccio. La vedo fissare tremante qualcosa
all’ingresso della chiesa. Piano, alzo gli occhi verso quello che le ha attirato
l’attenzione.
Mi sento mancare.
Laggiù, all’ingresso, sta avanzando
piano una donna sui trent’anni con un vestito semplice, color bianco, con in
mano dei fiori. Cammina a testa alta, col sorriso sulle labbra perfette, i
capelli soffici castani le cadono sulle spalle. Gli occhi sono come due
smeraldi, da cui traboccano lacrime sottili. Riconoscerei quel profilo fra
milioni al mondo. Preso dall’emozione non mi accorgo che oramai è di fronte a
me, con lo sguardo intriso di amore e tristezza trattenuta. Poi mi rivolge solo
poche parole:
- Mi avevi promesso che al tuo matrimonio sarei stata la
damigella.
Voce spezzata dai singhiozzi ma comunque sguardo fermo e
luminoso.
Sbiascico solo il suo nome fra i tremiti.
- Sarah.
Annuisce,
respirando irregolarmente. Deglutisce a fatica. Io rimango immobile, con Bella
fra le braccia. E poi sento una voce squillante echeggiare nella chiesa:
-
Noi vi amiamo, ed è per questo che mi abbandoniamo.
Chiudo gli occhi pronto
a lasciarmi andare completamente a quella voce che sta pronunciando parole a me
famigliari. Famigliari perché io e Bella le avevamo scritte in una lettera tanti
anni fa…
- Non vogliamo che viviate un inferno. Dovete crescere, avere una
vita normale. Andare per le vostre strade. Non vi stiamo facendo questo perché
vi odiamo, lo facciamo semplicemente perché odiamo noi stessi. Scusateci se
potete. Vi vogliamo bene. E vogliamo grandi cose da voi… ti amiamo Sarah, ti
amiamo William e infine, ti amiamo Sydney.
Una voce straziata finisce di
parlare fra le lacrime che sento scendere dai loro occhi.
- Anche noi vi
amiamo.
Apro gli occhi e quello che vedo sono i miei tre figli.
Cresciuti, con accanto degli sconosciuti probabilmente loro compagni di vita. E
riconosco quasi a stento quel viso sbarazzino di Sydney, o lo sguardo tenero di
Will. Sono cambiati. Sono cresciuti. Ma il loro sguardo è lo stesso. Dall’ultima
volta che li ho visti sono diventati due donne e un uomo in piena regola. Come
volevo che fosse. Come doveva essere fin dal principio.
Sorrido. Sono qui
perché ci volevano rivedere. Lo so. Lo so perchè mi stanno fissando tutti con
uno sguardo eccitato. Perché ci amano come amiamo noi. Perché in fondo noi
saremo sempre i loro genitori. Quelli che gli hanno dato la vita e quelli che
gliela hanno lasciata vivere. E mentre corrono tutti e tre ad abbracciarci, non
posso che sentirmi completo, anche se so che non potremmo mai stare insieme. Ma
a me basta che in questo momento siamo insieme… non importa sapere come hanno
fatto a trovarci o a sapere che ci stavamo sposando, e non mi importa neanche se
questo incontro imprevisto possa nuocere anche solo per un attimo alla loro
vita. Voglio solo stare con la mia famiglia, non importa se per due ore o due
anni. Questo piccolo frammento di felicità che mi sale su per il cuore me lo
ricorderò in eterno. Qui con Bella, la mia ragione di vita; con la mia famiglia,
quella che mi ha cresciuto.
E infine con i miei figli tornati per vederci
un’ultima volta, ormai trentenni ma pur sempre nel mio cuore
bambini innocenti.
- The end -
+++
Che
dire? Anch'io sono tristissima per questo finale, che so essere particolarmente
cupo. Tuttavia alla fine spero si capisca che Edward e Bella l'hanno fatto per
il loro bene, e comunque ho voluto anche sottolineare il fatto che loro non si
sono dimenticati dei loro genitori. Li hanno cercati e alla fine è successo
tutto quello. Spero di cuore che questa fanfiction vi sia veramente piaciuta
come è piaciuta a me scriverla. Lo ammetto, mi ha preso fin dal principio da
matti. E sono a dir poco commossa, avendo notato che nel capitolo precedente mi
hanno commentato in venti. Ragazzi, siete fantastici, grazie ancora di tutto!
Non so se scriverò un'altra fanfiction a più capitoli, perchè non sono sicura
che potrà essere alla pari con questa che personalmente ho adorato scrivere
tantissimo! Comunque - per vostra sfortuna - sarete invasi da qualche
one-shot!
Per ora è tutto. Voglio salutare ancora i lettori e i recensori.
Un bacione, quindi, a:
_Nefer_
Laja
Meky
Shirahime88
___darklily___
kikka_hachi
ARAS
Pinefertari85
Amy89
kitty
summers001
mouse
Franceskina
vampire
knight
kiki91
francy91
rosy61
Fede3333
Miriel
Samy
Grazie ancora a tutti! Ci vedremo!
Un
bacione
Lore-Minako