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Autore: Kitty For Peace    11/10/2012    2 recensioni
Fine ha ventiquattro anni,una ragazza come tante,che sta per coronare il suo sogno d’amore. Finalmente è arrivato il gran giorno,ma il destino decide di giocarle un brutto scherzo: pochi minuti prima dell’inizio della cerimonia,il fidanzato Shade rimane gravemente ferito a causa di un incidente stradale. Il ragazzo entra in coma,le possibilità di risvegliarsi sono scarse. Fine ogni giorno si reca in ospedale,facendogli ascoltare canzoni e sfogliando vecchi album,ricostruendo la loro vita insieme.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5





Appena arrivai a casa,mi buttai sul divano e lasciai che lo zaino scivolasse sul pavimento.
Avevo un mal di testa terribile,e di certo le giornaliere due ore di viaggio non mi aiutavano.
Non avevo neanche fame,volevo solo dormire e … dimenticare le urla di mia madre che mi chiamava per pranzare.



Quando mi svegliai,notai che lo schermo del cellulare era luminoso e vibrava a più non posso sul tavolino.
Lo afferrai,non vidi neanche il nome e risposi sbadigliando:
-Pronto?-
-Fine,sono Anita!-
Caspita.
Questa non ci voleva proprio.
 Anita certe volte era tremenda. Attaccava per ore e ore e non sembrava mai annoiata.
Una volta,telefonò Stella mentre eravamo alla festa di laurea della sorella,e incominciò a parlare di un certo tizio del quinto anno. Oltre alla descrizione,raccontò di come si erano incontrati un certo giorno nella palestra e di come giocarono a tennis e chiacchierarono per tutta l’ora,con la conclusione che Anita,finalmente decisa a chiedergli il numero di cellulare,rimase di sasso quando vide che baciò una ragazza di quarta che era appena entrata con la sua classe. Laura,la sorella,la cercò per tutta la festa e la ritrovò in cucina,intenta a preparare una camomilla per combattere la tremenda emicrania,dovuta proprio alla telefonata di un’ora e mezza. Stella,stordita com’era,non si scusò neppure con il risultato che Laura non le rivolse la parola per una settimana.
Respirai profondamente e mi preparai ad affrontare la discussione.
-Che c’è?Vuoi sapere i compiti per domani?-
-No,volevo dirti che mi piace un tizio del triennio.-
Oh no!Le capitava almeno dieci volte al mese!Non poteva essere vero!Com’era possibile che nessuno si interessasse a lei per mandarla da uno psicologo?Non è normale infatuarsi del primo ragazzo che vedi!Chissà chi era,poi.
-Ehm,cosa dovrei fare?-
-Come cosa dovresti fare?Devi aiutarmi nelle mie missioni ‘’top secret’’!-
-Ma che diamine stai dicendo?è passato solo un mese da quando ti infatuasti di un tizio del classico e costringesti Alessia a pedinarlo fino alla fermata,col risultato che lui chiamò i carabinieri perché si spaventò di voi due.-
-Dai,ma questo mi piace veramente,non è una cotta!-
-Sì,come no.-
-Senti,se sei mia amica mi devi aiutare. Devo assolutamente scoprire dove abita. Domani mattina andremo nella sua classe.-
-Ma sei pazza?A far che,poi?-
-Visto che arriviamo un quarto d’ora prima che inizino le lezioni,a quell’ora il nostro piano è deserto e noi andremo nella sua aula e leggeremo sul registro il suo indirizzo. Ti scongiuro,aiutami!-
Sospirai sorridendo. Non era così pericoloso.
-Va bene!-risposi.



 Il giorno seguente,io e Anita ci incontrammo alla fermata e ci dirigemmo insieme a scuola.
Quando entrammo,non c’era nessuno. Neanche il bidello che distribuiva i registri. Forse era già passato.
Ci dirigemmo verso uno dei mille corridoi che componevano quel labirinto chiamato liceo,e finalmente ci fermammo davanti a una porta,con sopra una targhetta bianca.
Il mio cuore si fermò.
-Dai,entriamo!-disse Anita strattonandomi per un braccio.
Anita intanto si legò i capelli nel solito chignon e aprì il registro.
-Fine!Controlla se arriva qualcuno!-
Mi ridestai immediatamente e feci capolino dalla porta nel corridoio.
-Ecco!L’ho trovato!-esclamò sorridendo e scrivendo l’indirizzo.
Contemporaneamente,vidi una figura proveniente dall’atrio avvicinarsi a noi. Riconobbi i capelli ricci e la borsa color panna. Azzurra!
Cavolo,non ci voleva proprio!
Entrai precipitosamente nell’aula e feci segno ad Anita che era troppo tardi per scappare.
Caspita,ci eravamo cacciate in un bel guaio!
Se uscivamo,Azzurra ci avrebbe viste.
Se saremmo rimaste in classe,peggio ancora.
Nonostante fossimo al pianterreno,non potevamo scappare dalle finestre:c’erano delle sbarre così strette che neanche il gatto più piccolo e abile sarebbe riuscito ad attraversarle.
I passi dell’arpia si fecero più vicini a noi.
Mi guardai disperata intorno,e finalmente la lampadina si accese.
Certo,non era molto ingegnoso ma forse poteva funzionare.
Afferrai Anita per un braccio e la trascinai nell’enorme armadio grigio. Per fortuna,nonostante la mia altezza,entrai dentro. Anita,era di un anno più grande di me,era leggermente troppo alta e fu costretta a piegare la testa. Con un gesto fulmineo chiusi dall’interno l’anta a scivolo,lasciandola leggermente socchiusa.
Dopo un secondo,sentii i passi di Azzurra nell’aula,accompagnati dal tonfo dello zaino sulla sedia.
Anita mi indicò di guardare attraverso lo spiraglio.
Vidi l’arpia uscire.
Aprii velocemente l’anta,afferrando Anita per il braccio e catapultandomi nel corridoio.
Tirai un sospiro di sollievo,mentre la fissai.
-Abbiamo rischiato di farci scoprire!E di morire per claustrofobia. Per fortuna che c’è quell’armadio e se ne è andata subito!-
-Non avrei mai pensato di nascondermi lì dentro.Sei una genia!Comunque,visto che usciamo prima,lo seguiamo!-
Sorrisi. Anita  non mollava mai.


Appena uscimmo,ci sedemmo sul muretto e aspettammo che uscisse.
Per non dare nell’occhio,parlavamo animatamente tra di noi,in modo da nascondere il fatto che stessimo aspettando qualcuno.
Finalmente,uscì. Ovviamente aveva l’arpia sotto braccio.
Diedi una gomitata ad Anita e le indicai con un lieve cenno della testa Shade.
Lui salutò Azzurra e fece per andarsene,ma lei lo afferrò per il braccio e lo baciò.
Mentre Anita mordeva le unghie dalla rabbia,io guardai in un’altra direzione.
Attraversò la strada e si diresse verso piazza Portanova.
Entrambe ci alzammo e incominciammo a seguirlo a distanza.
Dopo aver attraversato varie stradine,giungemmo in piazza,e lui si sedette sulla panchina della fermata della navetta. Noi fingemmo di leggere gli orari su un cartello affisso su un palo a lato della panchina.
Dopo cinque secondi,sentimmo un clacson suonare e vedemmo la navetta. Ci catapultammo dentro,confondendoci tra la gente. Ci sedemmo tre posti dietro di lui,sperando che non si voltasse indietro.
-Anita,siamo fregate!Non abbiamo il biglietto,né siamo abbonate!E se passa il controllore?-chiesi in preda all’ansia.
-Non passerà,fidati.-
Non so come fece ad azzeccare,ma il controllore non salì.
Dopo dieci minuti la navetta si fermò.
Appena lo vedemmo scendere,ci precipitammo fuori,rischiando di venire schiacciate dalla porta.
Notai che eravamo le uniche,insieme a Shade,a scendere lì.
La navetta partì di gran carriera,lasciando dietro di se un alone di fumo.
Ci ritrovammo in una strada solitaria,non un’anima passeggiava.
I negozi avevano le saracinesche abbassate a causa dell’orario,mentre dalle case proveniva un delizioso odore di sugo.
Un viale alberato costeggiava i due lati della strada.
Ai due lati,una fila di case e condomini si susseguivano ininterrottamente.
Ci nascondemmo sulla soglia di una casa disabitata e fatiscente,appoggiando la schiena al portone.
Mentre Shade cercò le chiavi di casa nello zaino,lessi un cartello che si trovava sulla parete della casa affianco.


Benvenuti a Fratte.
  
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