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Autore: _Nazariy_    11/10/2012    0 recensioni
Allora, è la prima volta che scrivo una FF.
Il protagonista ha il mio carattere, quindi cerco di far andare la storia come se fossi io al posto suo, perciò avrà dei risvolti diversi dal gioco, inoltre è una 'What if?' perché Amata lo seguirà fuori dal Vault. u.u
All'inizio, nel Vault, sarà simile al gioco, ma poi ci saranno problemi amorosi e tutte 'ste cose. Comunque alla fine la potrebbe leggere anche una persona che non conosce il gioco, dal momento che è descritto tutto dall'inizio. ^^
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
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Ero nell’atrio. La sala delle riunioni era a poche aree da dove mi trovavo. Mi fermai per un attimo per riprendere il fiato. Intorno a me continuavo a sentire il continuo rumore dell’allarme e la voce del Sovrintendente che si ripeteva ogni volta. Vedevo solo luci rosse che lampeggiavano e mi accorsi del mio dolore alla testa. La misi tra le mie mani e mi sedetti a terra in un angolo.
   Dopo un po’ mi rialzai, non potevo rimanere lì a perdere tempo. Tuttavia qualcosa mi disse che dovevo rimanere giù ancora un po’: due persone stavano correndo come me verso la direzione dell’ingresso del Vault.
«Mary, ascoltami.», l’uomo mise entrambe le mani sulle spalle della donna, «Non possiamo tornare! È la nostra possibilità!»
«Dobbiamo tornare!», la voce della donna era agitata, sembrava che continuasse a tremare.
«Ma non capisci? Possiamo fare come il dottore! Non voglio che i nostri figli crescano in questo posto, non vedranno altro che questo! Se lui c’è riuscito, possiamo riuscirci anche noi!»
    Ora ne ero sicuro. Erano Tom e Mary Holden, una giovane coppia che si era sposata da poco. La donna tremava con le lacrime agli occhi. I lunghi capelli castani le ricadevano sulle spalle mentre l’uomo li accarezzava.
«Ora stai tranquilla, va bene?», Tom la baciò e si diressero entrambi verso una porta, che si trovava a sinistra di quella che conduceva verso la sala delle riunioni. Però non fecero in tempo ad avvicinarsi nemmeno di dieci passi, che questa si aprì da sola.
   Una pioggia di proiettili percosse i corpi delle due persone. L’uomo non si accorse nemmeno di quello che accadde, ma Mary, che era dietro di lui, era stata colpita solo alle gambe e ad un braccio. Iniziò a strillare. Probabilmente il dolore non lo sentiva nemmeno. Strillava per lo shock. Il viso di Tom ora era vicino il suo braccio, che fissava il vuoto, immerso nel sangue. Dai due buchi sulla sua fronte sgorgava il sangue denso e si mescolava con quello che era a terra. La donna perse la luce negli occhi e smise di strillare, continuò solo a fissare gli occhi del marito. Un altro sparo. Mary cadde sul corpo dell’uomo. Il loro sangue si stava unendo.
   Era questo quello che intendevi dire per ‘molto severamente’, stronzo?
   Dalla porta uscì un agente della sicurezza, perlustrando l’area. Mi vide. Impugnava già la pistola in mano, mentre io dovetti alzare il fucile e prendere la mira. Non era la cosa migliore da fare, però. Lo capii subito, non appena un proiettile mi sfiorò la gamba. Più che dolore, percepii un forte bruciore.
   «Oddio, guarda chi abbiamo qui...», la guardia mi riconobbe.
Il suo momento di distrazione era perfetto per me. Avevo progettato di sparagli per distrarlo e fuggire. Però il piombino lo colpì alla testa. Perforò la visiera di vetro e gli entrò nell’occhio. In un attimo era coperta di sangue, che continuo a scorrergli sul volto e tra le mani, con le quali si stava stringendo la ferita. Cadde in ginocchio. Sarebbe morto? Sarei stato felice se fosse successo.

   Di nuovo mi misi a correre. Aprii la porta verso la Sala delle Riunioni. Il corridoio era lungo, ma mancavano ancora pochi passi.
   La Sala era alla mia sinistra, dovevo percorre almeno altri dieci metri per raggiungerne la porta.
«… pericoloso per noi!»
«E che vuoi fare? Mandare altri uomini fuori? Non se ne parla! Sicuramente non sopravvivrà là fuori.»
«Guarda che non è la prima volta, anche se sono passati molti anni, di sicuro non ha dimenticato come muoversi.»
   Le due voci continuarono a parlare, mentre io mi abbassai per passare sotto la finestra. Era almeno due metri in lunghezza, quindi non sarei potuto passare velocemente ed inosservato. Quando, però, sentii quel nome, mi appoggiai contro il freddo metallo per ascoltare meglio la conversazione.
«… che James potrebbe tornare?», disse la voce più giovane.
«Avrebbe ragioni valide, ma non credo proprio che tornerà, quel bastardo.», parlò il Sovrintendente. Le due voci si fecero meno chiare e fu difficile seguire il discorso. Si erano spostati in un’altra stanza, probabilmente.
Sbirciai. La Sala delle Riunioni era vuota, a sinistra c’era la porta aperta, da dove le voci provenivano ancora.
   Gli amiconi vanno a pisciare insieme.

Mi fiondai velocemente verso la porta e la girai la leva e questa cominciò a scorrere in alto, aprendosi. Fece più rumore di quanto mi aspettassi. Di solito queste dannate porte non fanno così casino, cazzo.
«Abbiamo detto di non entrare, Dolan!», l’altro uomo che era nella sala risultò essere l’agente O’Brian, uno capi responsabili. Appena mi vide, inarcò un sopracciglio e fece una breve risata. «Non è Dolan, signore!»
Il Sovrintendente uscì, allacciandosi la cintura e tenendo lo sguardo fissò su di me. «Il ragazzo è più intelligente di quanto pensassimo», poi guardò il fucile ad aria compressa che tenevo stretto in una mano. «O sei soltanto stupido?», chiese, facendo divenire il suo tono di voce più serio.
   «Io … Mi serve la password. Per l’uscita.»

Di certo avere un uomo che ti punta la pistola addosso e il responsabile del casino che si è venuto a creare di fronte a me non mi aiutava a far uscire le parole dalla bocca e a formulare frasi complete. Mi dava ancora di più sui nervi il fatto che il Sovrintendente sorridesse e fosse nella calma più assoluta. Devo avere un’arma vera, cazzo. Avrei dovuto prendere la pistola da Dolan Richards, l’agente semi morto che aveva ucciso Mary e Tom, ma non mi era passato di mente che ne avrei avuto bisogno, in fondo dovevo solo parlare. E per ora lo stavo facendo. Strinsi ancora di più il fucile e una goccia di sudore mi cadde dalla fronte. Si schiantò leggera al suolo, frantumandosi in altre gocce. Tutto questo accadde come al rallentatore. Mentre la goccia cadeva, Alphonse Almodovar  faceva un passo indietro, O’Brian tendeva il braccio con la pistola verso di me e io spostavo il mio sguardo dal Sovrintendente verso l’agente. Ancor prima che tutto accadesse, avevo capito tutto. Mi lasciai cadere a terra e si sentì uno sparo. Il proiettile colpì la porta e io sbattei il mio didietro sul freddo pavimento metallico e subito dopo scivolai verso il divano. Altri tre colpi lo colpirono, senza perforarlo però. I vecchi divani Lerciume&Zecche vecchi duecento anni erano abbastanza solidi da trattenere i colpi. Dovevamo parlare? Certo. Con le armi. Solo che la mia arma… non era esattamente un’arma, anche se, forse, aveva ucciso un uomo.  
  
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