Storie originali > Favola
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Autore: Beauty    12/10/2012    9 recensioni
Nel mondo delle favole, tutto ha sempre seguito un preciso ordine. I buoni vincono, i cattivi perdono, e tutti, alla fine, hanno il loro lieto fine. Ma le cose stanno per cambiare.
Quando un brutale omicidio sconvolge l'ordine del Regno delle Favole, governato dalla perfida Regina Cattiva, ad indagare viene chiamato, dalla vita reale, il capitano Hadleigh, e con lui giungono le sue figlie, Anya ed Elizabeth. Attraverso le fiabe che noi tutti conosciamo, "Cenerentola", "Biancaneve", "La Bella e la Bestia"..., le due ragazze si ritroveranno ad affrontare una realtà senza più regole e ordine, in cui niente è come sembra e anche le favole più belle possono trasformarsi nel peggiore degli incubi...
Inizia così un viaggio che le porterà a scoprire loro stesse e il Vero Amore, sulle tracce della leggendaria "Pietra del Male" che, se nelle mani sbagliate, può avere conseguenze devastanti...
Il lieto fine sarà ancora possibile? Riusciranno Anya ed Elizabeth, e gli altri personaggi delle favole, ad avere il loro "e vissero per sempre felici e contenti"?
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Who is Afraid of the Big Bad Wolf?

 

Elizabeth allungò cautamente una mano in direzione del libro, sollevandolo da terra attenta a non imbrattarsi i jeans con quella strana cosa nera.

- Che cos’è?- ripeté Anya, lanciando un’occhiata al liquido con una smorfia.

- Un libro di favole - rispose Elizabeth.- L’ho preso alla biblioteca qualche giorno fa…

- Fin qui ci ero arrivata, intendevo: che cos’è quella roba?- la ragazza indicò la sostanza liquida.

Elizabeth vi intinse un dito.

- Sembra inchiostro…- mormorò.- Deve essersi sciolto quando l’ho bagnato, prima, sotto la pioggia…

- E da quando in qua un libro stampato perde inchiostro per un po’ d’acqua?

- Io non…

Elizabeth s’interruppe, guardando la copertina. Era di pelle marrone, molto spessa, su cui era incisa una scritta dorata.

Grimm, lesse mentalmente Elizabeth.

L’inchiostro non la smetteva di colare dalle pagine. Anya strappò il libro di mano a sua sorella, aprendolo con decisione. Elizabeth si sporse per vedere meglio: sua sorella aveva aperto sulla prima pagina di una favola. Era Cappuccetto Rosso. Elizabeth spostò lo sguardo dal titolo al foglio. L’inchiostro aveva smesso di colare, e le parole della favola erano quasi cancellate. Non si capiva nulla di quanto vi era scritto, l’inchiostro era sbavato e illeggibile. Elizabeth socchiuse gli occhi, tentando di decifrare le scritte. Man mano che scorreva velocemente le righe, si rese conto che qua e là mancavano dei termini. In particolare, qualcuno sembrava aver cancellato intenzionalmente le parole nonna e Cappuccetto Rosso. Non erano sbavate come il resto del testo. Erano proprio sparite.

Elizabeth lanciò un’occhiata di sottecchi a sua sorella. Anya teneva le sopracciglia aggottate, probabilmente anche lei aveva capito che qualcosa non andava. Elizabeth voltò velocemente una pagina, quindi un’altra, avvicinandosi alla fine della storia. Cercò di decifrare le parole, ma sembrava quasi che, a mano a mano che ci si avvicinava il finale, il testo si facesse sempre più illeggibile. L’inchiostro era così sbavato da rendere impossibile leggere alcunché. Ancora, le parole nonna e Cappuccetto Rosso erano state cancellate.

Elizabeth giunse all’ultima pagina. Sul retro vi era una figura, un’illustrazione ad acquerello, ma stranamente quella non sembrava essere stata danneggiata. L’immagine mostrava una camera da letto, presumibilmente in casa della nonna, così a soqquadro da dare l’impressione che vi fosse appena passato un tornado. Al centro, seminascosto, vi era inginocchiato un uomo, con abiti marroni e lisi, stivali da lavoro, e un’accetta legata alla cintura di cuoio. Reggeva in mano una mantella rossa, e la guardava con occhi cerchiati, ma di uno strano e inquietante colore giallo.

Elizabeth tornò a guardare il testo scritto: il finale della storia era illeggibile. L’unica parola il cui inchiostro non era stato sbavato era comunque deformata: le lettere erano un poco ondeggiate e tremolanti. Elizabeth lesse. La parola era Cacciatore.

- Andiamo via da qui, prima che quella pazza ritorni…- bisbigliò Anya, già dimentica dell’inchiostro colato. Elizabeth sollevò lo sguardo su sua sorella, chiudendo il libro.

- Anya, sta succedendo qualcosa…- mormorò.- Se questo è davvero il Regno delle Favole, allora c’è qualcosa che non va…

- E lo credo che c’è qualcosa che non va, una pazza ha appena cercato di ammazzarci!- Anya si sollevò in piedi.- Non possiamo lasciarla a piede libero…troviamo quel dannato muro e parliamone con papà…

- Papà?

- Va arrestata, Liz, e lo sai anche tu.

- Ma porca vacca, Anya, quella era Biancaneve!- imprecò Elizabeth, sentendosi salire il sangue alla testa. Questa ostinazione di sua sorella nel non voler vedere come stavano le cose le dava sui nervi.- Biancaneve, hai capito? Biancaneve, e ha cercato di farci fuori! E guarda questo coso!- le sventolò il libro di favole davanti.- L’inchiostro non è colato per l’acqua! C’è qualcosa che non va, Anya, c’è qualcosa che non…

- Sì, hai proprio ragione: hai qualche rotella fuori posto!- ringhiò Anya. - Quella non era Biancaneve, Liz, quella era una pazza!

- Ma il libro…

- Non me ne frega niente se quel coso cola inchiostro, va bene? E abbassa la voce, quella squilibrata potrebbe…

- Squilibrata? Suppongo parliate di Biancaneve - gracchiò una voce alle loro spalle.

Anya si voltò di scatto, allungando istintivamente un braccio per proteggere sua sorella, ma si rese presto conto – anche se non sapeva se sentirsi sollevata o no, dati gli ultimi eventi – che non si trattava di Biancaneve.

Elizabeth guardò lo sconosciuto di fronte a loro, alzandosi lentamente in piedi e riponendo il libro di favole nella borsa. Chi aveva parlato era un uomo, abbastanza alto e magro, vestito completamente di nero, fatta eccezione per l’interno del mantello, foderato di rosso. Era ancora giovane, ma i lineamenti del suo viso erano troppo affilati per poter essere bello. Il mento era appuntito, il naso dritto e gli zigomi spigolosi accentuavano ancora di più i suoi occhi neri. Aveva i capelli castani raccolti in una coda dietro la nuca, e un sorriso che pareva lo stesso di una volpe che ha appena individuato il pollaio.

- Ehm…salve…- mormorò Anya, scostandosi una ciocca di capelli. Elizabeth non ci avrebbe giurato, ma sospettava che sua sorella si sentisse parecchio intimidita da quell’uomo, e non poteva darle tutti i torti. Lo sconosciuto, forse per i suoi abiti scuri, o per i suoi lineamenti affilati, le trasmetteva uno strano senso di disagio, misto anche a un certo timore. E dopo quello che era successo con Biancaneve, era meglio tenere le antenne radar bene in funzione.

- Senta, noi…- continuò Anya.- Noi…siamo state aggredite…c’è una donna che…

- Sì, non mi stupisce - fece l’individuo, noncurante.- Povera Biancaneve…da quando il Principe Azzurro l’ha…beh, non si è comportato esattamente da gentiluomo, di fronte al suo bel corpicino addormentato…- ghignò.- Poveretta, da allora è andata fuori di testa…

- Fuori di testa?- ironizzò Elizabeth.

Anya si trattenne dal lanciare un urlo di esasperazione.

- Senta - disse, fermamente.- Noi dobbiamo tornare a casa…Sa dirci se per caso c’è una parete qui intorno che…

Lo sconosciuto schioccò le dita. Anya ed Elizabeth sgranarono gli occhi.

Dio, era sparito!

- Casa? Parete?- fece una voce alle loro spalle.

Entrambe si voltarono di scatto: lo sconosciuto era ricomparso, e se ne stava con le spalle appoggiate a un tronco di quercia. Anya non sapeva se mettersi a gridare o no; l’unica cosa che riusciva a fare era boccheggiare come uno scorfano ritardato.

- Non ci sono pareti, nella Foresta Incantata - disse lo sconosciuto.- Non so chi ve l’abbia detto, ma è la più grossa delle menzogne. Avete mai provato a immaginare un muro di mattoni che spunta dall’erba come le radici di un albero? Vi pare possibile? No, non credo proprio.

- Io so che è vero!- insistette Anya. Era sicura al cento per cento che quella faccia da furetto le stesse prendendo in giro. Non poteva essere altrimenti. Il procuratore Crawford era stato chiaro, perché avrebbe dovuto mentire? Era nel suo interesse, le era parso di capire, che loro se ne andassero fuori dai piedi.

- Se ne sei convinta, cara…- concesse lo sconosciuto con voce melliflua, ma con un ghigno che dimostrava tutta la sua sicurezza e il suo scherno. Schioccò un’altra volta le dita, e scomparve.

Elizabeth si voltò all’unisono con sua sorella; sgranò gli occhi. Ora lo sconosciuto se ne stava allegramente appollaiato su un salice piangente, la schiena poggiata al tronco e le gambe distese lungo uno spesso ramo. A Elizabeth ricordava molto Jareth, il Re dei Goblin dell’ultimo film che aveva visto insieme ad Anya e a suo padre, un fantasy intitolato Labyrinth, in cui una ragazza doveva affrontare una serie di prove assurde per salvare il fratellino rapito dal suddetto Re. In quel momento, si sentì esattamente come la Sarah del film.

- Come hai fatto ad arrivare fin lassù?- domandò, superando una stralunata Anya. Si chiese se quel numero da circo fosse bastato per convincere finalmente quella testona di sua sorella.

- Magia, mia cara - ghignò lo sconosciuto.- Mai sentito parlarne?

- Solo nei libri…- ammise la ragazza, ma subito se ne pentì. Si stava facendo prendere un po’ troppo dalle circostanze, si disse. Era vero che era nel Regno delle Favole, ma questo non significava che poteva abbassare la guardia. Quello che era successo con Biancaneve ne era una prova più che sufficiente, tanto più che questo sconosciuto che le stava di fronte non aveva certo l’aria innocente della bella principessa. Il suo volto era innocente quanto poteva esserlo il muso di una lince.

L’individuo ghignò, quindi saltò giù dal ramo, atterrando sull’erba con un balzo molto aggraziato. Si avvicinò alle due ragazze.

- Intendi dire, libri come quello, raggio di sole?- indicò la borsa di Elizabeth. Anya prese istintivamente sua sorella per un braccio, tirandola indietro. Lo sconosciuto sorrise, scoprendo due file di denti bianchissimi, e tese loro una mano aperta.

- Suvvia, non c’è bisogno di allarmarsi tanto - disse.- Voglio solo dare un’occhiata al tuo libro, nulla di più.

Elizabeth aprì la bocca per rispondere, ma sua sorella le marciò davanti, arrivando a pochi centimetri dallo sconosciuto.

- Senti un po’, fenomeno da baraccone - ringhiò Anya. - Non m’incanti con i tuoi giochi di prestigio! Chi ti conosce, eh? Cosa credi di fare? Noi vogliamo solo delle informazioni, e se non ce le vuoi dare, allora puoi anche andartene!

Lo sconosciuto non si scompose, ma arretrò di un passo.

- Ma che maleducato!- esclamò.- Hai proprio ragione, tesoro. Dunque, mi presento - detto questo, si esibì in un inchino a dir poco plateale, facendo ondeggiare il mantello.- Il mio nome è Tremotino, lieto di fare la vostra conoscenza - alzò lo sguardo su di loro.- Quanto alle informazioni…- sorrise.- Sì, posso darvi delle informazioni.

- Bene, sentiamo - Anya si piantò le mani sui fianchi.

Tremotino…, pensò Elizabeth. Dove aveva già sentito quel nome? In una favola, certo, non poteva essere diversamente. Ma non riusciva a ricordare che favola. Doveva averla letta di sfuggita da qualche parte, Elizabeth ricordava solo vagamente che c’entravano una bella fanciulla e un bambino.

E che Tremotino non era esattamente l’eroe.

- Facciamo un accordo - disse Tremotino.- Io vi darò le informazioni a patto di poter vedere il vostro libro. Che ne dite?

Anya ci pensò su. Elizabeth avrebbe voluto gridarle di non accettare, ma la voce le si era come mozzata in gola.

- Andiamo…- la incitò Tremotino.- Mi sembra ragionevole, non trovi, carina?

- E va bene - concesse Anya. - Daglielo, Liz.

Elizabeth estrasse il libro dalla borsa, e lo porse all’uomo. Tremotino glielo strappò di mano con una velocità sorprendente, quindi iniziò a sfogliarlo. Fece scorrere velocemente tutte le pagine nel giro di pochi secondi, quasi senza guardarle. Infine, lo richiuse e lo restituì a Elizabeth.

- Come immaginavo - commentò.- Era prevedibile, dopo quello che è successo alla povera piccola Cappuccetto Rosso e alla vecchietta…

- Allora?- incalzò Anya, senza badargli.- Le informazioni?

- Oh, sì, giusto! Dunque, vediamo…- Tremotino si accarezzò il mento, pensando a cosa dire.- Bene, ecco qui: come avrete già intuito, madamigelle, le cose nel Regno delle Favole non stanno andando come dovrebbero. Non so se questo sia un bene o un male per il sottoscritto, ma si vedranno gli sviluppi, immagino. Che altro? Beh, c’è una profezia, qualcuno che vuole che quei due simpaticoni dei Grimm tornino a sconvolgerci la vita e l’Oscurità dietro l’angolo. Il tutto, naturalmente, orchestrato da lei.

- Lei, chi?- mormorò Elizabeth, stralunata, più interessata alle farneticazioni di Tremotino che a capire come tornare a casa.

- Brutto bastardo!- sbottò Anya, infuriata.- Mi stai prendendo in giro?! Sarebbero queste le informazioni?!

Tremotino alzò le mani come per difendersi.

- Tu non hai specificato che genere di informazioni volevi, tesoro. Fossi in te, mi accontenterei di quello che vi ho detto e lo terrei a mente. Non si sa mai, nella vita qualunque cosa potrebbe tornare utile…

- Stammi a sentire, stronzo! Dicci come tornare a casa, o io ti…

Un ululato squarciò l’aria. Anya ammutolì. Elizabeth sentì il sangue ghiacciarsi nelle vene. Era lo stesso ululato che aveva udito appena prima di entrare nella casa di Biancaneve. L’ululato si ripeté, cupo e agghiacciante, e più vicino di prima.

- Vorrei tanto, raggio di sole…- ghignò Tremotino.- Ma purtroppo, non avete più nulla che m’interessi. Senza contare che non vorrei privare della vostra compagnia il nuovo arrivato. Spero vi piacciano i cani…- sorrise beffardo, arretrando di qualche passo.- E’ stato un piacere conoscervi, bellezze. Arrivederci…o almeno, lo spero per voi!

Detto questo, schioccò nuovamente le dita, sparendo nel nulla.

L’ululato tornò a farsi sentire, vicinissimo.

Elizabeth voltò il capo, afferrando il polso di sua sorella. Anya indietreggiò, e fu sul punto d’incespicare. Un rumore di foglie secche e rami calpestati seguì l’ululato, accompagnato da un ringhio sommesso. Un fruscio fece sollevare in volo alcuni uccelli.

- Anya, andiamo via…- implorò Elizabeth sottovoce, ma sia lei che la sorella erano paralizzate. La ragazza sentiva le gambe pesantissime, come se gliele avessero inchiodate al terreno.

Qualcosa nel buio ringhiò di nuovo. Le foglie di un cespuglio vibrarono. Infine, dall’oscurità spuntarono due grandi occhi gialli.

Elizabeth fece per gridare, ma l’urlo le morì sulle labbra. Le due ragazze indietreggiarono di qualche passo, vedendo spuntare la bestia dal buio.

Si trattava di un lupo, ma non era un lupo normale. Era piuttosto un ibrido, una via di mezzo fra lupo e uomo. Le zampe, la testa, il muso e le orecchie erano lupeschi, e l’intero corpo era ricoperto di un folto pelo nero, ma gli arti della bestia erano visibilmente formati di muscolatura umana, le mani erano sì pelose e mancanti di un dito, ma con degli artigli affilati, era privo di coda, ed era alto almeno due metri.

La bestia ruggì, puntando gli occhi gialli sulle due ragazze. Si piegò sulle zampe posteriori, in posizione d’attacco.

- Sta’ giù!- strillò Anya, mentre il Lupo si avventava su di loro con un balzo. La ragazza spinse Elizabeth di lato, gettandosi a terra prima che l’animale le fosse addosso. Il Lupo mancò il bersaglio, atterrando sulle quattro zampe a pochi metri dalle due ragazze. Le guardò scoprendo le zanne, ed emise un altro ruggito.

Elizabeth mugolò, sollevandosi su un gomito. Cercò sua sorella con lo sguardo: Anya era accasciata sull’erba a pochi metri da lei, lo sguardo puntato in quello selvaggio del Lupo.

La bestia si piegò nuovamente sulle zampe posteriori. Annusò l’aria, quindi ringhiò, puntando gli occhi gialli in direzione di Elizabeth. Spiccò il balzo, scoprendo le zanne con un ruggito. Elizabeth gridò, rotolando di lato un attimo prima che il Lupo si avventasse su di lei. Questi si sollevò, assumendo una posizione quasi eretta, come un uomo, e alzò una zampa, pronto a colpirla.

Anya scattò in piedi, afferrando una pietra posata sull’erba. Senza pensarci troppo, la scagliò in direzione del Lupo, colpendolo su una scapola. L’animale ringhiò, voltandosi a guardarla.

Aveva cambiato il suo obiettivo.

- Vai, scappa!- strillò, rivolta a sua sorella.

Il Lupo le si avventò contro. Anya si scansò appena in tempo, prendendo a correre in direzione opposta a quella della sorella; la bestia le fu subito alle calcagna.

Anya si addentrò nel folto della foresta, correndo a perdifiato, ma si rese ben presto conto che non era abbastanza. Il terreno era pieno di radici, arbusti e pietre affilate che la intralciavano, senza contare che quell’animale, qualunque cosa fosse, era più veloce di lei. Lo sentiva avvicinarsi sempre di più alle sue spalle. E poi, dannazione, stava correndo alla cieca! Era buio, non vedeva pressoché niente, non sapeva dove stava andando, non sapeva se avrebbe trovato un riparo o un posto in cui nascondersi.

E il Lupo le era sempre più vicino.

Anya incespicò, cadendo in avanti. Finì distesa sull’erba, ma non si era fatta nulla. Cercò di rialzarsi, ma si accorse che qualcosa le stava bloccando le caviglie. Volse il capo alle sue spalle, e vide che delle radici le si erano aggrovigliate intorno ai polpacci. Dimenò le gambe per liberarsi, ma non servì a nulla: le radici non si spezzarono, anzi, le parve quasi che si stessero fortificando. Sembrava che fossero dotate di vita propria. Anya vide con orrore che altre radici stavano inspiegabilmente sbucando dal terreno, e le si stavano aggrovigliando intorno alle gambe, bloccandole anche le cosce. La ragazza si sollevò con i gomiti, quindi tirò in avanti le gambe con quanta forza aveva. Le radici si ritrassero, liberandola, ma subito altre sbucarono dal terreno, attorcigliandosi intorno al suo braccio. Anya scattò in piedi, liberandosi anche da quella stretta, ma presto si rese conto che il terreno non era l’unica cosa di cui preoccuparsi. Nello stesso istante in cui sentì un ululato farsi sempre più vicino, si accorse che i rami degli alberi, sopra la sua testa, avevano iniziato a muoversi. Non era un movimento dovuto al vento, erano quasi delle…braccia! Braccia che tentavano di afferrarla! Un albero si piegò in avanti verso di lei; Anya indietreggiò, cercando di evitare i colpi e le prese dei rami.

Un ringhio sommesso si fece strada fra gli arbusti; quindi, riecco quei due occhi gialli.

Anya lanciò un grido, mentre il Lupo le si avventava contro. La ragazza indietreggiò velocemente, incespicando in una pietra alle sue spalle.

In un attimo, si ritrovò bagnata fradicia.

Era caduta nell’acqua, ma non era una pozzanghera o un laghetto. Era uno stagno, la cui acqua fangosa insozzava le canne e le ninfee. Anya boccheggiò, completamente ricoperta di fango.

Il Lupo avanzò, pronto ad attaccare. Anya indietreggiò, toccando con la schiena il tronco di un albero. Era un tronco cavo, abbastanza grande da poterci entrare. La ragazza non ci rifletté troppo, infilandosi dentro la cavità un attimo prima che il Lupo le fosse addosso.

La bestia ringhiò, iniziando a colpire a morsi e a zampate la corteccia dell’albero. Anya gridò, stringendosi le ginocchia al petto nel tentativo di ripararsi. Si rese conto solo in quel momento dell’errore che aveva commesso: quello non era un nascondiglio, era una trappola per topi!

Il Lupo ruggì, allungando una zampa artigliata verso di lei, graffiandole un polpaccio. Le divelse la stoffa dei jeans, lasciandole sulla gamba tre tagli lunghi e profondi, che iniziarono a sanguinare. Il Lupo ringhiò, pronto al secondo attacco. Anya gridò, volgendo il capo in attesa di una zampata che non arrivò mai.

Il Lupo ringhiò, voltandosi di scatto.

Elizabeth brandì il pezzo di legno con cui l’aveva colpito per difendersi, ma sapeva che era solo un appiglio fasullo. Non c’era modo che lei, da sola, potesse far fronte a un bestione grande e grosso come quello. Era come con Jessica e le sue scagnozze. Ma da questo scontro non sarebbe uscita solo con qualche livido.

Indietreggiò, puntando il pezzo di legno contro il Lupo. La bestia ringhiò, e colpì l’arma con una zampata, mandandola in mille pezzi. Elizabeth cadde nel fango, inerme. Il Lupo sollevò nuovamente la zampa artigliata. La ragazza chiuse gli occhi, alzando un braccio come ultima difesa.

D’un tratto, udì il Lupo guaire. Elizabeth fece per aprire gli occhi, ma non ci riuscì. Intorno a lei c’era una luce abbagliante, fortissima, che le impediva perfino di vedere.

Il Lupo guaì di nuovo, quindi indietreggiò. Si voltò, correndo via.

Lentamente, la luce cessò.

Elizabeth si stropicciò gli occhi, cercando di scacciare le macchie violacee dalla vista.

Volse il capo, scorgendo una figura poco distante da lei.

Si trattava di una donna, vestita con un lungo abito azzurro, e i capelli biondi sciolti sulle spalle. Era molto giovane, e bella, il suo viso era molto dolce. A Elizabeth ricordava molto quello di sua madre. Il viso di sua madre com’era prima che iniziasse a venir rigato di lacrime, prima che s’indurisse, prima dell’ultimo giorno. Il giorno più brutto.

- Ti senti bene?- domandò la donna, e la sua voce era dolce e gentile almeno quanto il suo viso.

Elizabeth annuì, cercando di rimettersi in piedi.

- Grazie…- mormorò. Se fosse stata un’altra situazione – o se lei fosse stata Anya – avrebbe iniziato a tampinare quella donna di domande, su cos’era successo e perché, chi era lei, come aveva fatto a mettere in fuga quella bestia, ma ormai si stava in un certo senso abituando a quelle stranezze. Era nel Regno delle Favole, tanto valeva farsene una ragione e accettare le cose per come stavano. Era normale che succedessero delle cose strane, rispetto a New York.

Si voltò a guardare nella direzione in cui il Lupo era fuggito.

- Non temere…- disse la donna.- Non siete più in pericolo, ormai. La luna piena sta passando - e indicò il cielo. L’alba si stava facendo strada fra le nuvole.

Elizabeth udì un mugolio. Vide Anya strisciare al di fuori del tronco cavo, barcollando, con la gamba sanguinante. La ragazza cadde nel fango, ansimando.

La donna le si avvicinò, chinandosi su di lei.

- Sei ferita?

Anya boccheggiò, ma non rispose. La donna esaminò brevemente la sua gamba, quindi estrasse dalle pieghe dell’abito un bastoncino bianco e sottile. Mormorò qualcosa a mezza voce, avvicinandolo alle ferite di Anya. Dalla bacchetta si sprigionò un bagliore molto simile a quello di poco prima, ma meno intenso.

Quando cessò, Anya sgranò gli occhi alla vista della sua gamba sana oltre la stoffa divelta.

- Chi…chi è lei?- trovò il coraggio di chiedere Elizabeth.

- Io sono la Fata Turchina - rispose la donna.- Venite: non è prudente rimanere nella Foresta Incantata. Non più.

Anya sembrava lobotomizzata. Elizabeth si sollevò a fatica, raggiungendola e afferrandola da sotto le ascelle per tirarla su. Dopo tutto quello che era successo, forse non avrebbero dovuto fidarsi di quella donna, ma diceva di essere la Fata Turchina e, se non altro, le aveva salvate da quel mostro.

Anya guardò sua sorella, mentre s’incamminavano in silenzio al seguito della Fata Turchina.

- Sei convinta, adesso?- bisbigliò Elizabeth, accennando alla sua gamba.

Anya distolse lo sguardo, puntandolo fisso di fronte a sé.

E’ assurdo. E’ assurdo!

 

***

 

La Regina percorreva velocemente il lungo e stretto corridoio, facendo strusciare l’orlo dell’abito nero sul pavimento di marmo delle prigioni sotterranee, incurante delle suppliche e delle urla di dolore dei prigionieri. Il Primo Ministro la seguiva in silenzio, senza guardare ciò che gli stava intorno, ben consapevole di dove si stessero dirigendo.

La Regina si arrestò di fronte a una cella, la quale presentava sbarre più numerose e più spesse delle altre, e diversi lucchetti. Da essa, provenivano schiocchi di frusta e urla di dolore lancinanti.

Il volto della Regina venne attraversato da una malcelata smorfia di stizza, e si allontanò dalla cella. Il Primo Ministro si soffermò a guardare le sbarre, quindi l’aprì.

Si fermò sulla soglia. Sollevò in fretta una mano aperta, impassibile, frenando la guardia prima che potesse affondare l’ennesimo colpo di frusta. I soldati si misero sull’attenti; il Primo Ministro fece loro un breve cenno, ed essi si affrettarono a uscire, lasciandolo solo con il prigioniero.

Il Cacciatore ansimò, sollevandosi sulle ginocchia. Alla parete erano infisse delle lunghe catene, quattro delle quali erano legate intorno ai suoi polsi e alle sue caviglie, e una intorno al collo. Era madido di sudore a causa della trasformazione appena avvenuta, e la casacca era squarciata sulla schiena a causa delle frustate ricevute.

Era quello che spettava a chi come lui non portava a termine il suo compito.

- Che cosa vuoi?!- ringhiò il Cacciatore.- Che cosa vuoi?

L’espressione del Primo Ministro rimase impassibile; si avvicinò al Cacciatore, inginocchiandosi di fronte a lui in modo che i loro volti fossero alla stessa altezza.

- Che cosa vuoi?- ripeté il Cacciatore.- Perché sei qui? Che cosa vuoi da me?

Il Primo Ministro sorrise, un sorriso carico di superiorità, scherno e disprezzo.

- Volevo solo vedere come ti eri ridotto - sussurrò.- Peggio di un animale.

- Bastardo!- ululò il Cacciatore.- Eri…eri mio amico! Eri mio amico, maledetto!

- E’ vero. Ricordo bene le giornate passate con te. Io e te, tutti i giorni, nella foresta, estate e inverno, a spaccare legna e ad ammazzare animali per sopravvivere, soffrendo la fame e il freddo, senza mai neanche un briciolo di gratitudine, una ricompensa per i nostri sforzi. Quanto tempo è passato? Dodici anni?- la voce del Primo Ministro faceva quasi paura, tanto era calda e profonda ma nel contempo calma e priva di qualunque traccia di emozione.

- Bastardo!- ripeté il Cacciatore.- Ti sei venduto! Ti sei venduto a quella strega! Preferisco mille volte essere incatenato che diventare come te! Sei il cane da guardia della Regina, sei uno sporco traditore!

- Tu credi?- il Primo Ministro si aprì in un ghigno beffardo.- Io non sono più schiavo di quanto lo sia tu. La tua schiavitù è questa. Lupo e assassino nel plenilunio, uomo e prigioniero in ogni momento. Hai già ucciso due persone che amavi, e non trascorrerà molto tempo prima che tu lo faccia di nuovo. Sei diventato una bestia, un assassino.

Il Cacciatore boccheggiò, incapace di dire alcunché. Il Primo Ministro si rialzò da terra, uscendo dalla cella. Quando la porta di ferro sbatté, il Cacciatore scoppiò il lacrime, accasciandosi al suolo.

 

***

 

- Desideravate parlarmi, Vostra Maestà?- domandò il Primo Ministro, richiudendo alle sue spalle la porta della camera da letto della Regina. Tutt’intorno era di colore nero, fatta eccezione per le coperte e le tende del grande letto a baldacchino e per l’avorio della cornice dello specchio in cui, in quel momento, la Regina stava osservando la propria immagine riflessa.

- Sì, è così - la Regina guardò negli occhi il Primo Ministro attraverso il riflesso.- Primo Ministro, sapreste dirmi qual è lo svantaggio di utilizzare un lupo mannaro per i propri piani?

- Che esso è solo attivo nei giorni di luna piena, Vostra Maestà. Per tutto il resto del tempo, è un peso inutile.

- Esattamente.

La Regina si voltò, avanzando verso di lui.

- Ho dato ordine di punire il Cacciatore con cinquanta frustate. Avrebbe meritato la morte, per aver fallito, ma mi sono resa conto che, nonostante tutto, la sua vita mi è ancora utile. In fondo, ha ucciso Cappuccetto Rosso e la nonna, e il prossimo plenilunio sarà di nuovo un feroce assassino. Tuttavia, come avete giustamente osservato, per tutto questo tempo egli sarà un peso inutile. E io ho bisogno di un intervento immediato - la Regina sorrise, lisciandosi i capelli. Gli occhi azzurri del Primo Ministro ebbero un guizzo, non appena capì che cosa ella volesse da lui. La Regina iniziò a passeggiare per la stanza.- Già una volta mi sono affidata ai suoi servigi, Primo Ministro, e non ne sono rimasta delusa. Confido che non lo sarò nemmeno questa volta. La situazione è parecchio scottante, il Dipartimento Favole è entrato in azione dopo l’omicidio della nonna e di sua nipote, ma ho già preso le mie precauzioni, ho buoni motivi per credere che la mia spia non fallirà. Quello che mi preoccupa sono le due ragazze. Temo…temo che la profezia sia vera…- la Regina esitò.- Ma ciò non significa che si debba avverare. Voi sapete cosa sto cercando, Primo Ministro, e anche a questo ho già provveduto. L’importante è che loro non arrivino prima di me. E’ questo il vostro compito. Siete un abile combattente e conoscete alla perfezione la Foresta Incantata. Non dovrebbe esservi difficile trovarle. Le voglio morte, Primo Ministro - la Regina tornò a guardarlo.- Non so chi delle due sia quella di cui parla la profezia, ma non posso permettermi di rischiare. Trovatele e uccidetele, Primo Ministro. Voglio i loro cuori su un piatto d’argento. Sono certa che non fallirete.

Il Primo Ministro sorrise. Si trattava di scovare e ammazzare due ragazze sole e indifese. Non sarebbe stato troppo difficile. E la ricompensa, lo sapeva, sarebbe stata altissima.

La caccia era cominciata.

 

Angolo Autrice: Questo capitolo è fatto apposta per confondere le idee a Sylphs XD. Allora, dearie, chi dei tre? XD. Scherzo, dai ;).

Dunque, il Lupo era il Cacciatore…non si capiva? *piange*. E abbiamo tre nuovi personaggi: Tremotino (sono una fan di Once Upon a Time, non poteva mancare), la Fata Turchina e il (non poi tanto nuovo) Primo Ministro, del quale si sa qualcosa in più…In più, salta fuori una profezia e una spia nel Dipartimento Favole? Come se la caveranno Anya e Liz? Il Primo Ministro riuscirà a trovarle? E nel frattempo, che succede a New York?

Spero di avervi incuriosito, come sempre, rate & comment :).

M’è presa la fissa delle immagini, quindi, ecco come potrebbe essere un’eventuale Regina Cattiva:


  

 

Ringrazio Hylia93, NevilleLuna, ninfa_marina94 per aver aggiunto questa ff alle seguite, Poseidone358 per averla aggiunta alle seguite, alle preferite e per la sua recensione, e LadyAndromeda, little_drawing, Imalonewolf, Nymphna e Sylphs per aver recensito.

Ciao a tutti, al prossimo capitolo!

Dora93

  
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