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Autore: FairyCleo    14/10/2012    4 recensioni
"Dean Winchester era stato spezzato tante volte: quando era morta sua madre; quando era morto suo padre; quando Sam aveva esalato l' ultimo respiro tra le sue braccia; quando Alastair lo aveva torturato fino a non lasciarne che qualche minuscolo brandello di carne; quando Jo ed Hellen si erano sacrificate per salvare lui e suo fratello; quando Sam aveva sconfitto il Diavolo, sacrificando la propria vita per il bene dell' universo. [...]
Castiel giaceva in quello stato di incoscienza da tre giorni, ormai, e non accennava a destarsi.
Avrebbe potuto fare tenerezza, sembrare la bella addormentata in attesa del bacio del suo principe azzurro, se non fosse stato per le catene che cingevano i suoi polsi.
Quelle, erano l' unica risposta certa che Dean si era dato ad una delle mille domande postesi nell' ultimo straziante periodo: Castiel aveva perso la sua fiducia.
E che un demone lo scuoiasse vivo, non l' avrebbe mai più riconquistata".
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bobby, Castiel, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Come back to me


Si era svegliato con estrema fatica, rendendosi conto di aver invocato il suo nome più di una volta. Ricordava perfettamente ciò che era accaduto nella casa in cui erano entrati per recuperare la tavoletta. Ricordava la crudele lotta con il Leviatano, il cadavere in parte divorato di quella povera donna, e ricordava con chiarezza il dolore avvertito dopo il micidiale morso che gli era stato inferto dal mostro.
Esitava nel toccare il proprio fianco, temendo di non trovare più la carne attaccata al resto del corpo.
Ma la cosa che gli destava maggiore preoccupazione non era il fatto di poter morire dissanguato da un momento all’altro, no. La sua maggiore preoccupazione era il non aver ricevuto alcuna risposta alla sua chiamata. Perché Cass non gli aveva parlato? Perché non si era avvicinato a lui? Perché non lo aveva raggiunto e rassicurato? Che fosse… Che fosse…?

Aveva girato la testa con fatica, prima a destra, scoprendo di essere in una stanza sconosciuta, forse di un hotel, illuminata solo dalle luci dei lampioni stradali, e poi a sinistra, rendendosi conto che c’era qualcuno accanto a lui, qualcuno girato di spalle.

Istintivamente, aveva tirato un sospiro di sollievo. Castiel stava dormendo di gusto, in un letto accanto al suo.
Che stupido che era stata ad aver pensato che un Leviatano avesse potuto ucciderlo. Cass era scaltro e ne aveva passate troppe per farsi atterrare da uno stupido mostro uscito dal Purgatorio! Lui doveva essere svenuto dopo il mostro che gli era stato dato, il suo amico doveva essersi ripreso e doveva averlo portato lì. E, a giudicare da quello che aveva sentito dopo aver trovato la forza di tastare, doveva anche averlo ricucito. Che cosa avrebbe fatto senza Castiel non riusciva proprio ad immaginarlo.
Era troppo debole per alzarsi dal letto, ma aveva tanta, tantissima voglia di stendersi un po’ accanto a lui.
Non gli importava più di niente. Né dei Leviatani, né di quella stupida tavoletta, né di Crowley. Voleva solo trascorrere più tempo possibile accanto al suo angelo, per proteggerlo nelle sue possibilità.
Proprio per questo, aveva stretto i denti e si era messo seduto, prendendo un profondo respiro. Aveva avvertito proprio un gran bel capogiro, ma non si sarebbe fermato.
Non vedeva l’ora di stringere Castiel e tenere fede alla promessa che gli aveva fatto la prima volta che l’aveva visto.

Ma, proprio mentre, con estrema fatica, si era messo sulle proprie gambe, la persona che si era addormentata nel letto accanto al suo si era girata, mostrandogli il suo viso e facendolo fremere di paura.
Quello che era accanto a lui non era il suo Castiel.

*


"Morgan" - aveva sussurrato la prima volta, incapace di capire se fosse sveglio o se stesse sognando - "MORGAN!" - aveva urlato la seconda, balzando immediatamente seduto sul letto per poi provare a saltargli addosso. Voleva abbracciarlo, stringerlo, confortarlo! Finalmente avrebbe riavuto suo fratello accanto. E finalmente avrebbe avuto uno spiegazione.

Eppure, le cose non stavano andando come aveva previsto o sperato: appena aveva cercato di toccarlo, il ragazzo di fronte a lui aveva estratto da una tasca dei jeans un piccolo coltellino a serramanico, puntandoglielo dritto alla gola.

"Ma cosa...".
"Prova a toccarmi anche solo una volta e giuro che ti sgozzo" - gli aveva detto, senza mezzi termini, cercando di apparire il più tranquillo possibile.

Ian era rimasto senza parole. Come poteva pensare che volesse fargli del male?

"Morgan, io...".
"SMETTILA DI CHIAMARMI COSI’!" - aveva urlato - "Io non mi chiamo Morgan! Chi diavolo sei tu? Dove mi hai portato? Dov'è Castiel?".

E finalmente tutto ea stato chiaro: suo fratello non sapeva ancora chi fosse in verità. Quel ragazzo aveva solo l'aspetto del suo Morgan, ma non aveva più niente di lui. Quel ragazzo non sapeva chi lui fosse. Non sapeva che lui fosse il fratello che lo amava più della sua stessa vita.

*


Era oltremodo soddisfatto!
Davvero non riusciva a credere di esserci riuscito!

"Quando si suol dire un colpo di fortuna!" - aveva asserito, guardando il proprio riflesso - quello autentico, non quello del povero bastardo che stava possedendo - e compiacendosi per la propria astuzia.
Quei due idioti non si erano resi conto che lui stesse monitorando ogni loro mossa. Meglio per lui! Aveva avuto il tempo di recuperare la tavoletta con tutta calma mentre i suoi cagnolini venivano salvati dal solito Dean Winchester e da quell'altro cacciatore che gli faceva ribollire in sangue. Era davvero un gran bel pezzo di manzo... Avrebbe davvero voluto fare un bel giro di valzer insieme a lui!

"Magari quando tutto questa storia sarà finita potrei divertirmi un po' con tutti e quattro! Sarebbe bello avere degli schiavetti... Ogni re se li merita! Ma per il momento credo che sia meglio aspettare, vecchio mio" - si era detto, sistemandosi il nodo della cravatta - "Per ora, hai una profezia da far tradurre".

*


Due degli uomini di Crowley gli avevano portato l'altra parte della tavoletta qualche ora addietro, e lui si era messo d'impegno per finire di tradurla il prima possibile. Aveva ancora difficoltà a vedere con chiarezza il messaggio che vi era scritto, ma aveva fatto del suo meglio per tener fede alla sua promessa: solo se avesse finito di tradurre quella maledetta profezia avrebbe rivisto la sua famiglia. Voleva riabbracciare sua madre, suo padre e la sua fidanzata.
Non aveva chiesto lui tutto quello. Non aveva chiesto lui di essere speciale. Lui era solo Kevin Tran, uno studente che aspirava al massimo, e niente di più.
Invece, all'improvviso, si era trovato ad essere un profeta del Signore. Prima o poi gli sarebbe cresciuta una folta barba bianca e avrebbe recuperato un vecchio bastone di legno con cui sorreggersi, e dopo aver indossato un saio sarebbe stato davvero il profeta perfetto.
Si odiava per quello. Odiava il destino che si era accanito tanto con lui. Ma sapeva di non poter fare molto. Doveva solo tradurre quella tavoletta, e poi avrebbe potuto riavere la propria famiglia e la propria libertà. Crowley gliel'aveva promesso. E Crowley sembrava essere proprio un uomo di parola. Ammesso sempre che fosse un uomo e non qualche altra assurda creatura.

"Ciao amico mio. Hai finito di fare quel lavoretto per me?".

La voce calma e pacata di Crowley lo aveva distratto dai suoi pensieri, facendolo trasalire.
L'uomo vestito di nero era apparso dal nulla, come faceva di solito, sfoggiando uno dei suoi sorrisi più soddisfatti.

"Salve. Sì... Ho finito" - aveva risposto lui, serio e ancora un po' impacciato.
"Davvero? E che cosa dice, amico mio?".

La sua curiosità era palpabile. Voleva sapere come agire contro i Leviatani, e voleva saperlo subito.

"L'osso dell'uomo retto andrà immerso nel sangue dell'angelo caduto, in quello dell' Alfa e in quello del re dell'Inferno. E poi... Bè... Bisognerà trapassare il corpo del re dei Leviatani in modo che si crei un legame fra tutti gli altri e contemporaneamente aprire la porta del Purgatorio. Solo allora si potrà esercitare il proprio volere su di loro e poterli così costringere a tornare indietro".

Era stato lineare e conciso. Prima avrebbe detto come stavano le cose, prima avrebbe riavuto la propria libertà. Cominciava già ad assaporarla in tutta la sua dolcezza. Sì... Presto sarebbe stato di nuovo libero.

"Dunque, questo è tutto, amico mio?" - gli aveva domandato Crowley, avvicinandosi a lui e posandogli una mano sulla spalla destra - "E' così che li fermeremo?".
"Sì. Almeno, questo è quello che dice la profezia. Sono stato molto attento a tradurla in ogni sua parte. Volevo fare presto per vedere tutti i miei cari e...".
"Va bene amico mio, va bene. Sei stato davvero bravo. Ti faccio i miei complimenti!" - aveva ripetuto, girandogli attorno - "Io sono un uomo di parola, e non ho intenzione di venire meno ai miei doveri" - e aveva cominciato a guardare un punto impreciso dietro le spalle di Kevin costringendolo a voltarsi.
 
Quello che avevano visto i suoi occhi gli aveva riempito il cuore di gioia.

"Mamma!" - aveva urlato, cercando di andarle incontro. Stava bene, era serena, ed era finalmente lì con lui. Quasi non ci credeva. Sapeva di potersi fidare di Crowley, lo sapeva.

Ma, proprio mentre Kevin stava per alzarsi in piedi e raggiungerla, si era bloccato all'improvviso, inorridendo per quello a cui aveva appena assistito: gli occhi di sua madre erano inspiegabilmente diventati neri come la notte.

"MAMMA! MA CHE COSA TI E' SUCCESSO??? MAMMA!!".

Ma lei non aveva risposto alle sue disperate domande, cominciando a ridere di gusto.

"Quella non è più tua madre, amico mio. Ah, e noi non siamo più amici, ad essere precisi" - aveva detto il re dell'Inferno, mettendosi dietro al ragazzo e posandogli una mano sulla scapola - "E, che Dio non me ne voglia, ma tu non mi servi più".

Un istante dopo, il cuore pulsante di Kevin si era trovato fra le sudice mani di Crowley.

*


Aveva tentato di farlo calmare più volte, ma non c'era stato modo di farlo ragionare.
La verità era che non sapeva bene cosa fare. Da una parte era sollevato dal sapere che non ricordava chi fosse, ma dall'altra parte ciò comportava una serie di complicazioni non irrilevanti.

Morgan, se così poteva ancora chiamarlo, si spostava continuamente da una parte all'altra della stanza, cercando di evitare ogni genere di contatto con lui. Non si era disfatto del suo coltellino, e nonostante Ian gli avesse ripetuto più volte che non voleva fargli del male continuava a puntarglielo contro.

"Dov'è Castiel?? Che cosa gli hai fatto??".
"Ascoltami! Ti dirò ogni cosa, ma ti prego, metti giù il coltello!".
"Dimmelo! ADESSO!".
"Va bene! Va bene! Te lo dirò. Però stai calmo, o la ferita potrebbe riaprirsi".
"Dimmi dov'è Castiel" - gli aveva ripetuto un'ultima volta, con il fuoco negli occhi e con una voce così disperata che sembrava non appartenergli.
A quel punto, non aveva più potuto tergiversare. Senza distogliere lo sguardo dal suo, si era seduto sul letto, cominciando a raccontare tutto ciò che sapeva.

"Ascolta, io mi chiamo Ian. Castiel è stato gravemente ferito. Lo abbiamo portato da un medico che lo ha operato e...".
"E lo hai lasciato solo?? Dio mio... Chi c'era con te?".
"Un suo amico":
"Ma perché fai così? Perché dici le cose a metà? Chi è questo amico? Giuro che se non me lo dici...".
"Dean Winchester. E' con Dean Winchester!" - aveva urlato ad un certo punto Ian, esasperato. Morgan non lo aveva mai aggredito in quel modo, e nonostante sapesse che quello non era più suo fratello, proprio non ce la faceva a fare altrimenti. Era troppo doloroso quello che stava vivendo per poterlo completamente ignorare.

Solo che non aveva previsto quale potesse essere la reazione di Morgan nel sentir pronunciare quel nome. Alle parole Dean Winchester, i suoi occhi si erano spalancati tanto da far paura, e le forze gli erano venute meno. Per questo, si era lasciato cadere seduto sul letto, mollando la presa anche sul manico della sua piccola arma.

Castiel era con Dean. Castiel era con Dean Winchester. Sapeva che fosse giusto, che era quello il suo posto, ma allo stesso tempo non riusciva ad accettarlo. Cass era con Dean, e lui non c'era. Cass stava male e lui lo aveva abbandonato. Si sentiva un mostro.
E poi, chi era quel ragazzo che gli stava dando tutte quelle informazioni? Perché lo aveva portato lì? Dio mio, il suo cuore stava sanguinando.

"Dove sono loro, adesso?" - aveva chiesto ad un certo punto, cercando di riordinare le idee e di placare il dolore che sentiva nell'anima.
"Sono rimasti in quella specie di magazzino dove opera il dottor Robert. Non ti mentirò. Castiel non sta bene. Aveva la cassa toracica gravemente danneggiata e i polmoni ne hanno risentito... Mi dispiace ma... E' difficile che lui possa...".
"Non lo dire. Non lo devi dire" - lo aveva zittito, cercando di frenare le lacrime.
Ian non aveva aggiunto altro, dandogli il tempo di elaborare quella terribile notizia. Da come aveva reagito sembrava che avessero trascorso molto tempo insieme. Cielo quanto avrebbe voluto sapere ogni singolo attimo della sua vita. Ma non poteva osare. Doveva aspettare che Morgan, o qualunque fosse il suo nuovo nome, si fidasse di lui. Solo dopo avrebbe potuto chiedergli qualcosa, anche come si chiamasse, semplicemente.

"Cass non può morire. Lui... lui non può e basta. Noi dobbiamo trovare la tavoletta e fermare i Leviatani. Dobbiamo fermarli!".

E poi, non ce l'aveva più fatta. Il viso del suo Morgan si era rigato di lacrime silenziose. I suoi occhi si erano liquefatti e le sue labbra avevano cominciato a tremare. Ma non un solo gemito era fuoriuscito da esse. Non uno.

"Mi dispiace..." - aveva detto allora, facendo di tutto per non rimanere in silenzio. Non poteva abbandonarlo. Non poteva fingere che non gli importasse. Era pur sempre suo fratello.

"Ian, devi portarmi da lui, adesso" - aveva detto ad un certo punto, pulendosi le guance - "Io non posso abbandonarlo" - e si era alzato in piedi, incurante del dolore che acuto si era impossessato di lui.
"D'accordo. Ti porterò da lui. Ma per favore copriti, e mangia qualcosa".

Quanta premura aveva quel ragazzo nei suoi confronti. Quasi gli dispiaceva di averlo trattato così male.

"Va bene... Grazie Ian... E io sono Colin, comunque. Ora, però, portami da Castiel".

*


"Ragazzo, dovresti riposare... Non puoi andare avanti così. Di questo passo finirò per dover ricoverare anche te!" – aveva ripetuto il dottor Robert a Dean per la trecentesima volta, inutilmente.
Dean non si era mosso di un millimetro, e non sembrava intenzionato a farlo. Contrariamente a tutti i pronostici, Cass era stabile. Sembrava proprio che non volesse mollare per alcuna ragione al mondo. Aveva dimostrato di essere forte, molto più forte di quello che avrebbero mai pensato. Proprio per questo Dean non voleva spostarsi dal suo capezzale. Voleva stargli accanto, perché se c’era la seppur minima speranza che si svegliasse e potesse dirgli tutto quello che si era tenuto dentro tutto quel tempo, lui doveva essere pronto ad aiutarlo.

“Non posso lasciarlo” – era stata la sua risposta, mentre cercava una posizione più comoda sulla piccola e sgangherata sedia verde che era diventata il suo trono – “Combina solo disastri quando è da solo… E’ una cosa che vorrei evitare”.
 
Il sorriso che si era allargato sul suo viso era mesto. Erano troppi i ricordi che si stavano agitando nella sua mente. Ricordi di lui e Cass insieme e delle cose che avevano fatto, e ricordi dei momenti in cui si era sentito solo, completamente sperduto. Chissà se a lui era successa la stessa cosa.

“Ti sei sentito solo, Cass?” – gli aveva sussurrato all’orecchio, lieve – “Anche io stupido pennuto sacro… Ma comincio a pensare che non sia stata solo colpa tua” – aveva aggiunto, allungandosi con il busto sulla piccola porzione di materasso disponibile, fino a circondargli il capo con un braccio.
A quel punto, il dottor Robert aveva deciso di andare via, lasciandoli soli. Dean aveva troppe cose da dire a Castiel era così evidente. Non sarebbe stato giusto restare ed ascoltare.
Si augurava solo che quel povero ragazzo riuscisse a stupirli ancora riaprendo gli occhi. Era un lottatore. Doveva esserlo fino alla fine.

Dean aveva sentito la porta alle proprie spalle chiudersi. Il dottor Robert era stato così gentile da lasciarlo da solo con Castiel. Quell’uomo era sempre stato molto disponibile con lui e la sua famiglia. Era rimasto davvero scosso dalla morte di John, e Dean non lo avrebbe mai ringraziato abbastanza per l’aiuto che gli aveva più volte dato senza volere nulla in cambio.
Un altro, al suo posto, avrebbe preteso dei fruscianti verdoni per fare ciò che aveva fatto il dottor Robert. Mio Dio, aveva aperto Castiel su quel misero tavolo operatorio, e lui lo aveva aiutato. Avevano estratto le costole dal polmone, lo avevano riparato e poi le avevano riattaccate, proprio come lui aveva fatto tante volte con la sua bambina. Ma Cass non era la sua bambina. Cass non era una macchina – seppur non si parlasse di una macchina qualunque ma della SUA macchina – no. Cass era una persona, proprio come lui. Cass aveva un cuore, un cervello, Cass aveva un’anima. E sperava con tutto il suo cuore che quell’anima decidesse di rimanere ben attaccata al corpo del suo tramite.

Il bel viso era molto pallido, e i capelli erano ancora sporchi di sangue ormai incrostato. Avrebbe avuto bisogno di una bella doccia, una volta svegliatosi. Avrebbe avuto bisogno di una doccia anche se fosse spirato lì, su quel letto. Perché nonostante fosse stato causa di grandi, enormi problemi, era il suo Castiel, e doveva ricevere il trattamento migliore in ogni caso.

Cielo, da quando aveva cominciato a pensare a Castiel come a qualcosa di suo? Come a qualcosa, o meglio qualcuno, da avere accanto, da proteggere, da amare?
Aveva ripetuto a tutti di odiarlo. Aveva ripetuto a se stesso di odiarlo, asserendo di non poterlo perdonare. Ma come si poteva fare una cosa del genere ad una simile creatura? Come? Lui era Dean Winchester, non un mostro. E, anche se era stato ferito, piegato, spezzato, si era sempre rimesso in piedi. E, l’ultima volta che era stato davvero distrutto, lo aveva fatto proprio grazie a quell’angelo stralunato che Dio aveva deciso di affiancargli.

“Sai Cass…” – gli aveva detto, posandogli con timore una mano fra i capelli. Si era reso conto solo in quel momento di quanto avesse sempre desiderato farlo. Aveva sempre creduto che fossero morbidi, nonostante fossero molto arruffati. E lo erano. Lo erano nonostante il sudore e il sangue rappreso. Erano i capelli più belli che avesse mai visto o taccato prima di allora – “Io me lo ricordo quando sei venuto a salvarmi da quella merda in cui ero finito. Ricordo ogni istante. Eri bellissimo Cass… Così bello da fare male agli occhi. Splendevi di luce. La stessa luce che ha sempre brillato negli occhi del tuo tramite, e nonostante il dolore, non riuscivo a smettere di guardarti” – aveva detto Dean, arrampicandosi sul piccolo e scomodo letto, fino a sdraiarsi al suo fianco. Non poteva mettere la mano sul suo torace, anche se avrebbe voluto farlo. Ma non si era arreso: aveva fatto scorrere il braccio sinistro fino a quando la sua mano non aveva incontrato quella tiepida e immobile di Castiel.
“Ti prego Cass… Apri gli occhi… Apri gli occhi e lasciami vedere ancora quella luce. Ne ho bisogno Cass. Ho bisogno di te Cass… Ti prego… Torna da me… Torna da questo idiota che ha capito solo ora quanto tu sia importante”.

Non poteva crederci… Stava piangendo. Dean Winchester stava piangendo per un uomo. Ma non per un uomo come tutti gli altri. Quello era il suo Castiel, il suo angelo con l’impermeabile. E niente e nessuno avrebbe mai potuto cambiare le carte in tavola.

Soffocando le lacrime sul collo di Castiel, non si era reso conto di essersi praticamente aggrappato a quella mano così grande e tiepida, e a quei capelli che tanto lo avevano sorpreso e affascinato. Nonostante il naso non svolgesse al meglio le sue funzioni per via del pianto, era perfettamente in grado di percepire il suo odore, scoprendo così che gli piaceva da impazzire. Non c’era odore migliore di quello. Non c’era ragazzo migliore di quello che aveva accanto.

“Non ce l’ho con te per quello che è successo. Dico davvero Cass… Dimentica tutte le cattiverie che ti ho detto… Dimenticale…Sono un idiota amico mio. Ma questo lo sapevi già, non è vero? Non è vero Cass? Ti prego… Ti prego…” – e, a quel punto, aveva aperto gli occhi, sollevandosi quanto bastava per osservare il suo viso.
Era così bello, nonostante il dolore, nonostante fosse così sconvolto e fragile.
“Se ci fosse stato Sam avrebbe detto che sembri la Bella Addormentata, ne sono sicuro. Ed io avrei fatto la faccia schifata per non fargli sapere che conosco quel cartone forse meglio di lui, perché piaceva ad una delle mie ragazze. E allora, non avrei potuto non dargli ragione: anche se lei era bionda, sembri davvero la Bella Addormentata” – aveva detto, posandogli una mano vicino, molto vicino alle belle labbra screpolate.
Che sapore avrebbero avuto quelle labbra? Che consistenza? Di certo, non sarebbero state morbide come velluto, morbide come quelle di una donna. Ma Dean sospettava che fossero mille volte meglio.
Per questo, si era avvicinato maggiormente, osservandole con gli occhi socchiusi.
“Aspetti il tuo principe per svegliarti, Cass? Lo stai aspettando, non è così?” – e si era avvicinato ancora, fermandosi a pochi millimetri da esse, fino a sentire il suo respiro sulle proprie – “Però non dire a nessuno che sono io principe azzurro. Soprattutto perché nessuno ti crederebbe”.

Quel contatto insperato era stato la cosa più strana e allo stesso tempo più bella e straordinaria che fosse capitata a Dean Winchester nell’ultimo anno. Le labbra di Cass non erano neanche lontanamente come avrebbe potuto immaginare, e non capiva come fosse possibile, visto che lui non aveva potuto ricambiare quel bacio rubato. E non si trattava solo della loro consistenza, o del loro sapore. C’era stata una sorta di scossa elettrica che aveva attraversato la schiena del cacciatore nell’attimo in cui si erano sfiorati, e aveva cominciato a sentirsi improvvisamente, inaspettatamente completo e felice, così felice da stare quasi male.
Avrebbe voluto rimanere sulla sua bocca per sempre, facendogli respirare la propria aria, il proprio spirito, il proprio amore.

“Ti amo” – gli aveva sussurrato, ringraziando il cielo che non avesse potuto sentirlo – “Credo di averti sempre amato, pennuto idiota. E ti prego Cass, ti prego… Torna da me”.

Continua…
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Oh mio Io - come direbbe il fidanzato di mia sorella -  finalmente ce l’abbiamo fatta!
Posso piangere disperatamente?? Sì! =’)
Ragazze, siamo in dirittura d’arrivo! Vedremo come sarà questo tanto agognato finale!!
Perdonatemi per Kevin… =( Mi sta tanto simpatico poverello… Ma dovevo far capire chi è il vero Villain in questa serie che tanto amiamo – ovviamente, ora che non c’è Lucifer in giro!!
Come avete potuto vedere, ho cambiato l’esito della profezia. Capirete presto perché!
Scappo family!! Grazie di tutto!
Un bacione
Cleo

 

   
 
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