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Autore: Frulli    01/05/2007    2 recensioni
Prequel del film "300". Come, secondo la mia fantasia, si sono conosciuti Re Leonida e la Regina Gorgo; come una ragazza, una spartana, deve combattere per la propria libertà, contro suo padre, contro le leggi, contro gli dèi stessi. Tutto per un oracolo...
Genere: Romantico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Terone, Stelios, Delios, Leonina, Gorgo, Ektha, Ebdacle

Capitolo 2: il lupo non sconfitto

- Equilibrate bene il colpo, non affondate senza calcolare bene la distanza, la precisione e la vibrazione! Tenete alto lo scudo se il colpo dell’avversario è alto! Egli si troverà dunque con il petto indifeso e voi potrete ferirlo, se non ucciderlo! – urlò imperioso il Re, mentre allenava i propri soldati. Le spade fendevano l’aria con secchi sibili, i loro colpi risuonavano sordi sugli scudi d’acciaio, i loro piedi schiacciavano il grano, creando come una piccola radura intorno agli alti steli.

– Mio signore! – gridò uno dei giovani soldati, fermandosi e indicando con la spada la città. Tutti, compreso il valoroso Leonida, si volsero in direzione di alcune figure che si dirigevano verso di loro.

– Sono delle giovani, ci stanno portando l’acqua – annunciò quasi seccato Leonida. Gli uomini gettarono le armi e gli scudi a terra, attendendo le tre donne.

Si stupirono, tuttavia, quando videro una di loro, la più grande certamente.

– Lieto giorno, valorosi soldati. Vi abbiamo portato dell’acqua per rinfrescarvi – annunciò questa, chinando rispettosa il capo. Gli uomini la osservarono: indossava solo una bianca tunica retta da fasce di cuoio, sandali semplici e un velo sul capo da cui sfuggiva qualche riccio nero; i suoi occhi erano scuri, colmi di forza ma velati da una profonda tristezza.

Gorgo fece un cenno alle ragazze di servire l’acqua nelle ciotole; lei stessa servì alcuni soldati, fino a giungere davanti allo stesso Leonida. Osservò il suo sguardo fiero, la sua lieve barba, il suo corpo appena imperlato di sudore; chinò infine il capo, rispettosamente, poi riempì la ciotola d’acqua e la porse all’uomo.

Questi bevve più di una volta, si bagnò il capo, le mani, il petto.

– Vi ringraziamo, figlie di Sparta – disse infine il principe, chinando appena il capo. Le tre giovani ricambiarono il saluto. Gorgo si volse, dando le spalle agli uomini, ma uno di loro la fermò con la propria voce:

- Non sei forse tu la ragazza che dicono vinca tutte le gare atletiche e che superi tutte le altre spartane? – chiese indicandola. Gorgo si volse lentamente, osservando il giovane soldato.

– Così dicono, mio signore. Io faccio solo il mio dovere – rispose pacatamente Gorgo, chinando il capo.

– Mia figlia ti ammira molto, donna, afferma che sei abile in ogni arte atletica e che hai lo stesso coraggio di un soldato – insistette un altro uomo più anziano.

– E che sei molto saggia – terminò infine un terzo soldato.

– Così dicono…- rispose semplicemente Gorgo, sollevando appena le spalle.

– Sei modesta, donna, fin troppo per una Spartana… - commentò pacatamente Leonida, incrociando le braccia al petto.

– Non è forse la moderazione una delle virtù del cittadino Spartano? La mia non è modestia, signore: so di essere brava ma non mi ritengo la più brava – rispose senza arroganza la giovane donna, che fece ammutolire tutti gli uomini. Le due ragazze poi si avviarono verso la città. Gorgo chinò il busto in segno di saluto, quindi si unì alle due ragazze.

Nello stesso pomeriggio, Gorgo si diresse al gymnasion, per allenarsi insieme alle altre ragazze per le ultime gare atletiche del tramonto. Erano queste molto importanti per le giovani spartane: davano prova della loro forza e della loro abilità, pari a quella dei ragazzi; se vincevano, erano elogiate dai loro cittadini e se avevano fortuna, durante il banchetto comunitario, avevano la possibilità di essere chiesta in matrimonio da uno degli Spartani. Gorgo sospirò appena, pensando: - Io non avrò mai occasione di sposarmi, né quella di essere felice se uno spartano mi chiede in sposa. Non vedrò la gioia e l’agitazione negli occhi di mia madre, né l’orgoglio in quelli di mio padre, né l’onore e il rispetto in quelli di mio marito…

Varcò la soglia dell’edificio e giunse infine nell’ampio cortile circondato dalle grigie colonne.

– Gorgo! – una voce allegra la richiamò, facendola voltare verso un angolo: una bambina di appena dieci anni, snella e minuta, le corse incontro fino a giungere davanti a lei. Gorgo osservò la piccola che ormai da molto riteneva come una sorella minore.

– Ciao, Edoné. Hai terminato già il tuo allenamento prima della gara di dopodomani? – le chiese cortesemente. La bambina scosse il capo:

- Ancora no, ma manca poco. Tu dove vai? – rispose curiosa. Gorgo non poté non sorridere, seppur lievemente.

- Vado anch’io ad allenarmi. Questa sera mi attende la gara più difficile: lotta – rispose accarezzandole il capo.

– Buon allenamento! – gridò felice Edoné prima che Gorgo scomparì oltre il porticato.

La ragazza raggiunse un altro cortile, più piccolo, dove ci si allenava nella lotta libera. Le sue compagne erano già pronte, in piedi davanti la sua maestra, mentre pochi uomini, probabilmente qualche membro del consiglio, erano seduti sotto il porticato, celati dall’ombra. Quando Gorgo giunse, le ragazze la salutarono con rispetto. Lei ricambiò e senza attendere altro si tolse le vesti, facilitandosi così i movimenti nella lotta.

– Ognuna di voi si riscaldi un po’, poi ci alleneremo sul serio! – annunciò ad alta voce la maestra, Filorome. Riscaldamento in tal caso significava immaginare che un sacco di grano fosse il proprio avversario. Gorgo dunque si posizionò in un angolo e cominciò a riscaldarsi. Cominciava a sentire il sudore scivolargli sulla pelle nuda, esposta al sole; cominciava a sentire le nocche, le ginocchia e le gambe doloranti, eppure continua a colpire e colpire e colpire, fin quando il sacco non si squarciò. I semi del grano caddero a terra, sparpagliandosi tutti intorno.

Tutti si volsero verso di lei che era rimasta ancora con i pugni serrati. La maestra la osservò senza nulla dire ma con uno sguardo ammonitore. Eppure, sotto i porticati, gli uomini applaudirono la sua forza e la sua precisione nei colpi. Filorome le si avvicinò, le diede una pacca sulla spalla e le disse:

- Raccogli tutto ed allenati con Elafre. Questa sera ti scontrerai con Bias - . Bias era la campionessa indiscussa nella lotta libera: nessuna allieva era mai stata superiore a lei, nessuna mai l’aveva sconfitta durante una gara atletica: questo Gorgo lo sapeva. Annuì e lentamente si avvicinò alla sua compagnia d’allenamento.

– Elafre, vieni qui – la richiamò seriamente. Subito la ragazza si posizionò davanti a lei, divaricando le gambe e ponendo gli avambracci davanti il viso per difenderlo.

– Si dice che sei stata scelta come oracolo. E’ vero? – le chiese dopo qualche minuto, quando aveva già ricevuto dei potenti colpi da Gorgo.

– Sì – rispose semplicemente quest’ultima, affondando un pugno nel suo stomaco. Elafre arretrò, gemendo, poi tornò di nuovo a colpire.

– E non sei contenta? Non devi sposarti! Oppure hai già notato qualche spartano? – chiese insistentemente la ragazza, ridacchiando, mentre il sangue gocciolava dal suo naso.

– Non sono affari tuoi, Elafre – ribatté seccamente Gorgo, lanciandole un altro pugno nello stomaco, ma questa volta l’avversaria lo evitò agilmente.

– Qualcuno mi ha detto che questa mattina eri con i soldati di Leonida e con il Re stesso. Mi hanno detto che pendevi dalle sue labbra come una donnina innamorata...! – incalzò di nuovo Elafre. Per un attimo Gorgo ricordò la mattina appena passata e comprese subito che quel “qualcuno” era sicuramente una delle due ragazzine che l’hanno accompagnata. Afferrò il braccio della ragazza, furiosa; con un movimento agile e veloce la scaraventò a terra violentemente, sentendo le sue ossa scricchiolare.

– Non m'importa cosa dicono delle stupide ragazzine…Ma prova a ripetere quello che hai detto, se ne hai il coraggio, e ti ritroverai presto nell’Ade – sussurrò furente Gorgo, fissandola negli occhi. Elafre la fissò spaventata, mentre nelle orecchie d'entrambe risuonavano gli applausi degli uomini spettatori.

Gorgo si sollevò e si sedette su una panca, ansante. Un’allieva più piccola le portò dell’acqua e una pezza con cui la ragazza portò via dal corpo nudo il sudore e il sangue. La sua istruttrice le si avvicinò lentamente:

- Vai a casa, Gorgo, riposati. Bias è molto più forte d'Elafre, molto più grande, più esperta e più crudele. E’ l’unica che tu non hai battuto. Riposati, lava e cura le tue ferite. Per questa sera devi essere in piena salute – le ordinò pacatamente, poi tornò al suo lavoro. Gorgo sospirò appena, scuotendo il capo e ricordando le parole di Elafre: ma come si poteva definire l’oracolo una buona “via”? Avrebbe preferito sposare Terone che divenire oracolo degli Efori!

Irritata si rivestì e si diresse verso l’uscita.

– Devi avere davvero molta forza se riesci ad atterrare una persona in così poco tempo – commentò una voce nell’ombra, una volta giunta nel corridoio. Gorgo si volse intorno e vide giungere davanti a sé la figura di Terone, il giovane spartiato figlio di un membro del Consiglio.

– Mi stavo semplicemente sfogando, signore – rispose pacatamente la ragazza, avanzando verso l’uscita del gymnasion.

– Ma davvero? E per cosa? Per il destino che ti attende? Povera Gorgo… - rispose ridacchiando l’uomo, accarezzandole i capelli neri. Gorgo si volse di scatto e l’osservò furiosa.

– Devo ricordarti, ancora una volta, che non sono la tua donna né la tua concubina e che quindi non hai il diritto di toccarmi…! - sussurrò calma ma con una nota di disprezzo nella voce.

– Attenta a come parli, donna! – ribatté seccato l’uomo, afferrando con violenza il collo della ragazza.

– Terone! – esclamò una voce in fondo al corridoio. Subito l’uomo lasciò la presa e Gorgo chinò il busto in avanti, tossendo. Colui che aveva parlato era il Re.

– Mio signore…- borbottò rispettoso Terone, chinandosi profondamente.

– Se ti vedo ancora maltrattare un altro Spartano o un’altra Spartana, aspettati una mia visita – disse pacato il guerriero con la sua profonda e autorevole voce. Terone chinò il capo, poi andò via velocemente.

Per la seconda volta, Gorgo poté ammirare il Re e generale spartano, in quel momento in una veste più splendida e solenne. “Pendevi dalle sue labbra come una donnina innamorata…!”: ricordò le parole di Elafre e la sua voce beffarda. Non è vero, io non sono una donnina innamorata né tanto meno pendo dalle labbra di nessuno spartano!, pensò irritata la ragazza. Senza nulla dire fece per camminare verso l’uscita dell’edifico.

– Non dare confidenza a Terone, spartana. Non è molto raccomandabile – disse Leonida, osservando la ragazza andare via. Gorgo si fermò sulla soglia.

– Non ho bisogno d'avvertimenti, né del tuo aiuto, mio signore…Me la sarei comunque cavata anche da sola – rispose pacata Gorgo, chinando il capo.

- Oh, non ne ho alcun dubbio, spartana. Mi hanno detto che sei la più forte delle ragazze. La tua avversaria però è molto più forte di tu, non è mai stata battuta…- rispose Leonida osservandola ancora.

– Questo lo so. Anche tu sapevi che il lupo non era mai stato battuto, eppure l’hai sconfitto, mio Re…Lieta giornata…- rispose Gorgo, prima di chinare il capo e di varcare la soglia dell’edificio.

Leonida la osservò, colpito da quell’astuta risposta. Poi si avviò verso il cortile interno.

– Anche questo è vero…- sussurrò pensieroso tra sé, con un barlume d’orgoglio negli occhi scuri.

  
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