Capitolo 2: il
lupo non sconfitto
-
Equilibrate bene il colpo, non affondate senza calcolare bene la distanza, la
precisione e la vibrazione! Tenete alto lo scudo se il colpo dell’avversario è
alto! Egli si troverà dunque con il petto indifeso e voi potrete ferirlo, se
non ucciderlo! – urlò imperioso il Re, mentre allenava i propri soldati. Le
spade fendevano l’aria con secchi sibili, i loro colpi risuonavano sordi sugli
scudi d’acciaio, i loro piedi schiacciavano il grano, creando come una piccola
radura intorno agli alti steli.
–
Mio signore! – gridò uno dei giovani soldati, fermandosi e indicando con la
spada la città. Tutti, compreso il valoroso Leonida,
si volsero in direzione di alcune figure che si dirigevano verso di loro.
–
Sono delle giovani, ci stanno portando l’acqua – annunciò quasi seccato
Leonida. Gli uomini gettarono le armi e gli scudi a terra, attendendo le tre
donne.
Si
stupirono, tuttavia, quando videro una di loro, la più grande certamente.
–
Lieto giorno, valorosi soldati. Vi abbiamo portato dell’acqua per rinfrescarvi
– annunciò questa, chinando rispettosa il capo. Gli uomini la osservarono:
indossava solo una bianca tunica retta da fasce di cuoio, sandali semplici e un
velo sul capo da cui sfuggiva qualche riccio nero; i suoi occhi erano scuri,
colmi di forza ma velati da una profonda tristezza.
Gorgo
fece un cenno alle ragazze di servire l’acqua nelle ciotole; lei stessa servì
alcuni soldati, fino a giungere davanti allo stesso Leonida.
Osservò il suo sguardo fiero, la sua lieve barba, il suo corpo appena imperlato
di sudore; chinò infine il capo, rispettosamente, poi riempì la ciotola d’acqua
e la porse all’uomo.
Questi
bevve più di una volta, si bagnò il capo, le mani, il petto.
–
Vi ringraziamo, figlie di Sparta – disse infine il principe, chinando appena il
capo. Le tre giovani ricambiarono il saluto. Gorgo si volse, dando le spalle
agli uomini, ma uno di loro la fermò con la propria voce:
-
Non sei forse tu la ragazza che dicono vinca tutte le gare atletiche e che
superi tutte le altre spartane? – chiese indicandola. Gorgo si volse lentamente,
osservando il giovane soldato.
–
Così dicono, mio signore. Io faccio solo il mio dovere – rispose pacatamente
Gorgo, chinando il capo.
–
Mia figlia ti ammira molto, donna, afferma che sei abile in ogni arte atletica
e che hai lo stesso coraggio di un soldato – insistette un altro uomo più
anziano.
–
E che sei molto saggia – terminò infine un terzo
soldato.
–
Così dicono…- rispose semplicemente Gorgo, sollevando appena le spalle.
–
Sei modesta, donna, fin troppo per una Spartana… - commentò pacatamente
Leonida, incrociando le braccia al petto.
–
Non è forse la moderazione una delle virtù del cittadino Spartano? La mia non è
modestia, signore: so di essere brava ma non mi ritengo la più brava – rispose
senza arroganza la giovane donna, che fece ammutolire tutti gli uomini. Le due ragazze poi si
avviarono verso la città. Gorgo chinò il busto in segno di saluto, quindi si
unì alle due ragazze.
Nello
stesso pomeriggio, Gorgo si diresse al gymnasion,
per allenarsi insieme alle altre ragazze per le ultime gare atletiche del
tramonto. Erano queste molto importanti per le giovani spartane: davano prova
della loro forza e della loro abilità, pari a quella dei ragazzi; se vincevano,
erano elogiate dai loro cittadini e se avevano fortuna, durante il banchetto
comunitario, avevano la possibilità di essere chiesta in matrimonio da uno
degli Spartani. Gorgo sospirò appena, pensando: - Io non avrò mai occasione di sposarmi, né quella di essere felice se
uno spartano mi chiede in sposa. Non vedrò la gioia e l’agitazione negli occhi
di mia madre, né l’orgoglio in quelli di mio padre, né l’onore e il rispetto in
quelli di mio marito…
Varcò
la soglia dell’edificio e giunse infine nell’ampio cortile circondato dalle
grigie colonne.
–
Gorgo! – una voce allegra la richiamò, facendola voltare verso un angolo: una
bambina di appena dieci anni, snella e minuta, le corse incontro fino a
giungere davanti a lei. Gorgo osservò la piccola che ormai da molto riteneva
come una sorella minore.
–
Ciao, Edoné. Hai terminato già il tuo allenamento prima
della gara di dopodomani? – le chiese cortesemente. La bambina scosse il capo:
-
Ancora no, ma manca poco. Tu dove vai? – rispose curiosa. Gorgo non poté non
sorridere, seppur lievemente.
-
Vado anch’io ad allenarmi. Questa sera mi attende la gara più difficile: lotta
– rispose accarezzandole il capo.
–
Buon allenamento! – gridò felice Edoné prima che Gorgo scomparì oltre il
porticato.
La
ragazza raggiunse un altro cortile, più piccolo, dove ci si allenava nella
lotta libera. Le sue compagne erano già pronte, in piedi davanti la sua
maestra, mentre pochi uomini, probabilmente qualche membro del consiglio, erano
seduti sotto il porticato, celati dall’ombra. Quando Gorgo giunse, le ragazze
la salutarono con rispetto. Lei ricambiò e senza attendere altro si tolse le
vesti, facilitandosi così i movimenti nella lotta.
–
Ognuna di voi si riscaldi un po’, poi ci alleneremo sul serio! – annunciò ad
alta voce la maestra, Filorome. Riscaldamento in tal caso significava
immaginare che un sacco di grano fosse il proprio avversario. Gorgo dunque si
posizionò in un angolo e cominciò a riscaldarsi. Cominciava a sentire il sudore
scivolargli sulla pelle nuda, esposta al sole; cominciava a sentire le nocche,
le ginocchia e le gambe doloranti, eppure continua a colpire e colpire e
colpire, fin quando il sacco non si squarciò. I semi del grano caddero a terra,
sparpagliandosi tutti intorno.
Tutti
si volsero verso di lei che era rimasta ancora con i pugni serrati. La maestra
la osservò senza nulla dire ma con uno sguardo ammonitore. Eppure, sotto i
porticati, gli uomini applaudirono la sua forza e la sua precisione nei colpi. Filorome
le si avvicinò, le diede una pacca sulla spalla e le
disse:
-
Raccogli tutto ed allenati con Elafre. Questa sera ti scontrerai con Bias - . Bias era la campionessa indiscussa nella
lotta libera: nessuna allieva era mai stata superiore a lei, nessuna mai
l’aveva sconfitta durante una gara atletica: questo Gorgo lo sapeva. Annuì
e lentamente si avvicinò alla sua compagnia d’allenamento.
–
Elafre, vieni qui – la richiamò seriamente. Subito la
ragazza si posizionò davanti a lei, divaricando le gambe e ponendo gli
avambracci davanti il viso per difenderlo.
–
Si dice che sei stata scelta come oracolo. E’ vero? – le chiese dopo qualche
minuto, quando aveva già ricevuto dei potenti colpi da Gorgo.
–
Sì – rispose semplicemente quest’ultima, affondando un pugno nel suo stomaco. Elafre
arretrò, gemendo, poi tornò di nuovo a colpire.
–
E non sei contenta? Non devi sposarti! Oppure hai già notato qualche spartano?
– chiese insistentemente la ragazza, ridacchiando, mentre il sangue gocciolava
dal suo naso.
– Non sono affari tuoi, Elafre – ribatté
seccamente Gorgo, lanciandole un altro pugno nello stomaco, ma questa volta
l’avversaria lo evitò agilmente.
–
Qualcuno mi ha detto che questa mattina eri con i soldati di Leonida e con il
Re stesso. Mi hanno detto che pendevi dalle sue labbra come una donnina
innamorata...! – incalzò di nuovo Elafre. Per un
attimo Gorgo ricordò la mattina appena passata e comprese subito che quel
“qualcuno” era sicuramente una delle due ragazzine che l’hanno accompagnata. Afferrò
il braccio della ragazza, furiosa; con un movimento agile e veloce la
scaraventò a terra violentemente, sentendo le sue ossa scricchiolare.
–
Non m'importa cosa dicono delle stupide ragazzine…Ma
prova a ripetere quello che hai detto, se ne hai il coraggio, e ti ritroverai
presto nell’Ade – sussurrò furente Gorgo, fissandola negli occhi. Elafre la
fissò spaventata, mentre nelle orecchie d'entrambe risuonavano gli applausi degli uomini
spettatori.
Gorgo
si sollevò e si sedette su una panca, ansante. Un’allieva più piccola le portò
dell’acqua e una pezza con cui la ragazza portò via dal corpo nudo il sudore e
il sangue. La sua istruttrice le si avvicinò
lentamente:
-
Vai a casa, Gorgo, riposati. Bias è molto più forte d'Elafre, molto più grande,
più esperta e più crudele. E’ l’unica che tu non hai battuto. Riposati, lava e
cura le tue ferite. Per questa sera devi essere in piena salute – le ordinò
pacatamente, poi tornò al suo lavoro. Gorgo sospirò appena, scuotendo il capo e
ricordando le parole di Elafre: ma come si poteva definire l’oracolo una buona
“via”? Avrebbe preferito sposare Terone che divenire oracolo degli Efori!
Irritata
si rivestì e si diresse verso l’uscita.
–
Devi avere davvero molta forza se riesci ad atterrare una persona in così poco
tempo – commentò una voce nell’ombra, una volta giunta nel corridoio. Gorgo si
volse intorno e vide giungere davanti a sé la figura di Terone, il giovane
spartiato figlio di un membro del Consiglio.
– Mi stavo semplicemente sfogando, signore –
rispose pacatamente la ragazza, avanzando verso l’uscita del gymnasion.
–
Ma davvero? E per cosa? Per il destino che ti attende? Povera Gorgo… - rispose
ridacchiando l’uomo, accarezzandole i capelli neri. Gorgo si volse di scatto e
l’osservò furiosa.
–
Devo ricordarti, ancora una volta, che non sono la tua donna né la tua concubina
e che quindi non hai il diritto di toccarmi…! - sussurrò calma ma con una nota
di disprezzo nella voce.
–
Attenta a come parli, donna! – ribatté seccato l’uomo, afferrando con violenza
il collo della ragazza.
–
Terone! – esclamò una voce in fondo al corridoio. Subito l’uomo lasciò la presa
e Gorgo chinò il busto in avanti, tossendo. Colui che aveva parlato era il Re.
–
Mio signore…- borbottò rispettoso Terone, chinandosi profondamente.
–
Se ti vedo ancora maltrattare un altro Spartano o un’altra Spartana, aspettati
una mia visita – disse pacato il guerriero con la sua profonda e autorevole
voce. Terone chinò il capo, poi andò via velocemente.
Per
la seconda volta, Gorgo poté ammirare il Re e generale spartano, in quel
momento in una veste più splendida e solenne. “Pendevi dalle sue labbra come una donnina innamorata…!”: ricordò le
parole di Elafre e la sua voce beffarda. Non
è vero, io non sono una donnina innamorata né tanto meno pendo dalle labbra di
nessuno spartano!, pensò irritata la ragazza. Senza
nulla dire fece per camminare verso l’uscita dell’edifico.
–
Non dare confidenza a Terone, spartana. Non è molto raccomandabile – disse
Leonida, osservando la ragazza andare via. Gorgo si fermò sulla soglia.
–
Non ho bisogno d'avvertimenti, né del tuo aiuto, mio signore…Me la sarei
comunque cavata anche da sola – rispose pacata Gorgo, chinando il capo.
-
Oh, non ne ho alcun dubbio, spartana. Mi hanno detto che sei la più forte delle
ragazze. La tua avversaria però è molto più forte di tu,
non è mai stata battuta…- rispose Leonida osservandola ancora.
–
Questo lo so. Anche tu sapevi che il lupo non era mai stato battuto, eppure
l’hai sconfitto, mio Re…Lieta giornata…- rispose Gorgo, prima
di chinare il capo e di varcare la soglia dell’edificio.
Leonida
la osservò, colpito da quell’astuta risposta. Poi si avviò verso il cortile
interno.
–
Anche questo è vero…- sussurrò pensieroso tra sé, con un barlume d’orgoglio
negli occhi scuri.