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Autore: AthenaSkorpion    20/10/2012    3 recensioni
E se Teti fosse riuscita a salvare nella sua integrità il corpo del futuro eroe che sarebbe stato Achille?
Se il tallone che lo portò alla morte fosse stato immortale esattamente come tutto il resto?
Gli Dei avrebbero tremato.
P.S. Questa storia è in collegamento fuori trama con "La mela di Eris".
Genere: Avventura, Guerra, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Teti gli corse incontro con gli occhi gonfi. Peleo si affacciò dall'uscio e fissò il figlio con un misto di sorpresa e ammirazione. Madre e figlio si strinsero con una forza inaudita e Teti iniziò a ridere per la felicità.

Achille la guardò in volto raggiante e disse:- Madre, grazie di avermi dato la forza, grazie per...

- Non dirlo neanche, figlio mio. Vieni, ti presento gli Dei-concluse lei sbrigativa.

Rise un'altra volta per la banalità della frase e lo strano contesto e lo prese per mano con gli occhi lucidi. Achille assecondò la madre e prese a studiare il luogo, curioso ed eccitato.

Delle colonne bianche gigantesche si alzavano fino al nulla, la loro circonferenza era tale che l'esercito dei Mirmidoni mano per mano non avrebbe potuto circondarne una e i capitelli erano tanto aggraziati da poter risiedere solo lì, sul monte degli Dei. Sotto un cielo cangiante, di mille colori e movimenti, sotto Luna e Sole che si inseguivano giocosi ad ogni battito di ciglia trasformando la luce e le forme in caleidoscopiche fantasie, dei fiumiciattoli chiarissimi, smeraldini e trasparenti come il cristallo fluivano da una parte all'altra per respingere altri corsi d'acqua verso le loro fonti, dolci e lente ma quasi effervescenti nei loro spiragli di vita. Ad adornarli, come gioielli, ninfee rosee che si aprivano e si chiudevano negli scherzi delle stelle e del Sole.

Achille, pur essendo preparato ai nuovi poteri che aveva ricevuto, non poteva certamente aspettarsi un paesaggio così strano quando mise piede nelle gelide correnti d'acqua.

- Achille! Benvenuto!

Un'entità multiforme, avolto in un'ombra gialla, si avvicinò claudicante ma insieme aggraziata nelle sue strane e irregolari movenze e prese forma umana per stringergli con forza la mano. L'essere iniziò a scuoterlo e a dargli pacche sonore, piene di allegria ed entusiasmo, non giovane, sicuramente, ma di una bellezza lancinante, come ogni dio.

- Efesto, questo zoppo che vedi davanti a te, ti porge i suoi più grandi omaggi!-rise il vecchio. Teti alzò lo sguardo, rassegnata, e sorrise nel salutarlo. Achille fu subito attratto dall'incredibile ilarità con cui Efesto prendeva la vita, nonostante fosse deforme.

Un altro dio, ancora più matto, spinse via Efesto e, tenendo un mantello grigio nell'incavo del braccio, prese di peso Achille e lo portò in cielo un istante sulle sue scarpe alate, gioioso.

- Fratello! Accidenti, ho visto che bel volo hai fatto prima! Per essere la tua prima volta non è niente male! A proposito sono Ermes, piacere di conoscerti, Teti non smette mai di parlare di te.

- Ermes, stupido, mettimi giùùùùùùùù-gridò spaventato il mantello. Il dio messaggero si spaventò, la sua ombra verde si alterò e si ricompose e lui lasciò andare il mantello, che ricadde floscio a terra. Solo in quel momento Achille, sconcertato, si accorse che non era un mantello ma un altro dio.

- Dioniso, questa è l'ultima volta che ti ubriachi, sia ben chiaro!- lo riprese un altro dio.

Achille, per quanto eroico e intelligente, in quella confusione non capiva nulla. Per la prima volta si sentì impotente. Vedeva gli Dei nella loro vera forma, non nelle loro vesti umane. Le loro caduche forme lo costringevano a concentrarsi su ciò e a dover stare attento a quello che accadeva intorno a lui.

Colui che aveva ripreso Dioniso lasciò lo stylo e la tavola che stava utilizzando, prese per mano una donna e scese dalla sommità di una delle colonne per ossequiare Achille. Teti sembrava quasi imbarazzata per la confusione e l'accoglienza così strana.

I due Dei fecero un piccolo inchino elegante, celeste e bianco fusi in un colore eterogeneo, e il maschio parlò:- Achille, ignora questi infanti, sii il benvenuto in queste terre per le imprese che ti hanno portato qui. Dioniso ha sì raggiunto l'Olimpo, ma non ha avuto bisogno di scalare l'Olimpo, tu sei il primo e, ti avverto, questa non è una casualità. Sei inviso, Zeus non ti soffre. Tieni gli occhi...

- Ci sarà tempo per parlarne, fratello, non siamo precipitosi e maleducati. Achille, coraggioso, perdona Apollo, non riesce a smettere mai di pensare.

- Scusami, Artemide, me ne rendo conto. A proposito, volevo ringraziarti per il tuo intervento con Briseide. So che non siamo stati alleati, ma la guerra è finita e tanto vale deporre i vecchi rancori.

Achille si scurì in volto e non proferì parola. Molti Argivi erano morti e ora lo stesso loro assassino offriva la sua amicizia. Non riusciva a capire la gravità dela situazione? Quel dio che si diceva essere saggio, come molti altri, per un niente, per assecondare i propri capricci aveva giocato con la vita dei mortali, pieno del suo potere.

Teti intuì i suoi pensieri e gli strinse un braccio a monito. Artemide notò il gesto e non disse nulla, lanciando uno sguardo pieno di domande sottintese al nuovo dio. Apollo era distratto da Dioniso, che stava trattenendo i conati, quindi non badò allo scambio di sguardi.

Artemide svanì e Achille la ritrovò sulla stessa colonna di prima.

- Madre, conosciuti tutti, dovrò parlarti-mormorò flebile Achille. Teti annuì seria.

- Sto tenendo d'occhio Zeus-disse l'Oceanina preoccupata.

- Non ci sono buone notizie-aggiunse.

Achille ignorò il dio in questione e si mosse a conoscere gli altri Dei.

Due figure, visibilmente più possenti delle altre, si avvicinarono. Erano giovani come le altre, eppure Achille sapeva per certo che erano delle creature primigenie, i primi occhi del mondo.

- Forestiero, ti sei perso?-chiese sarcastico il primo dei due. Una foschia rossastra emanata dalla sua stessa persona attrasse Achille, che per un istante sembrò allucinato.

Il secondo, che dal proprio aspetto lasciava trasparire un grande rispetto e una sorta di umiltà, nell'ombra rosata che lo caratterizzava, guardò scocciato il fratello. Dopodiché, rivolgendosi ad Achille, disse:- Achille, Ade e io, Poseidone, ti auguriamo una buona permanenza. So quanto possa essere confusionaria la tua visione di questo posto e dei suoi abitanti, ma presto ti renderai conto che è il vero posto per te.

Si avvicinò all'eroe e gli posò una mano sul capo. La sua fronda di capelli bianchi e ricci superava di tre teste intere la già considerevole altezza di Achille, che si sentì intimorito. Un improvviso calore si avviò dal cuore alla testa, dove la mano di Poseidone era posata.

Quando tolse la mano, Achille si sentì bene come non era mai stato. Vide le onde sommergerlo, esseri sconosciuti abbracciarlo con lo sguardo e in parte si sentì a casa. L'aria iniziò a mancare, si agitò e, per l'ennesima volta, in preda al panico, soffocò. Gli occhi appannati si soffermarono sulla figura di Poseidone, nuovamente nitida, e si rese conto che tutto ciò era stato una visione.

- Non ho trovato la tua vera forma, ma non riesco neppure a farla emergere. Non ho pieno potere su di te.

Teti si sporse e indicò debolmente Ade, che sorrise e annuì.

- Fratello, quest'umano è rinato nel fiume della morte, è indirettamente figlio mio. Completerò io il suo viaggio.

Ade si avvicinò e Achille, in quel momento, si rese conto che tra tutti gli Dei incontrati fino ad allora era quello che più lo intrigava. Era l'unica figura che non cambiasse ma anzi sembrasse svanire. Degli occhi vecchi, dolci e cinici allo stesso tempo sfumavano su un volto di radiosa bellezza, immerso in un perenne stato di penombra, da qualunque angolazione lo si guardasse. Gli arti fatti di nebbia permeavano la luce circostante e l'atmosfera intorno a lui non era ovattata come con Poseidone, che sembrava ancora in acqua, ma aveva l'aspetto di una tela sul punto di lacerarsi.
Ade, senza preamboli, compresse lo sterno di Achille con la mano destra, provocandogli una fitta lancinante. La vita defluì attraversando il braccio di Ade e le mani di Achille sbiancarono fino ad apparire ossa scoperte e poi polvere. La pelle rinsecchiva, ogni pensiero scivolava nella perfetta e inarrestabile consapevolezza della morte che stava arrivando. L'eroe chiuse ciò che rimaneva delle palpebre e vide, nel buio, due occhi, di ghepardo, fissarlo luminosi e distinguibili nel freddo e deciso nero che si trovava intorno. I due occhi si avvicinarono, vorticarono e, nella loro folle corsa, lucenti e radiosi, descrivere ampi vortici fino a creare immagini finite, impossibili da seguire a quella velocità. La figura che crearono fu quella di un'ombra color oro con piccole macchie nere simili a splendidi arabeschi di rampicanti stilizzati.

La visione fu bruscamente interrotta. Achille si riprese e trovò tutto l'Olimpo ad osservarlo attonito. Qualcosa li aveva incuriositi. E spaventati.
 

 

Oggi mi sono dilungata, dovevo descrivere bene bene ogni dio, anche se me ne mancano alcuni... Ogni dio ha un'ombra, di colore diverso l'uno dall'altro, a rappresentare anima e mente e, come al solito, gli umani non possono vederla.
Cosa ha incuriosito tanto gli Dei? Quali scoperte farà Achille?

P.S. Se i capitoli sono troppo lunghi, provvederò ad accorciare! 

   
 
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