Il ragazzo
lanciò distrattamente un’occhiata fuori dalla finestra e osservò la
luna. Pensieroso disse – Credo che il banchetto sia finito, molti
degli ospiti se ne saranno già andati… che ne pensi…li
raggiungiamo?-. Rhea annuì – Si, meglio non far preoccupare troppo
mio padre!- e con una breve risatina scattò agilmente in piedi e
uscì fuori dal loro piccolo nascondiglio. Dopo qualche secondo Marco
la imitò e uscì anche lui dal rifugio. Inizialmente fu sopraffatto
dalla luce intensa del corridoio, e impiegò qualche secondo a
recuperare la vista. Intanto Rhea era qualche passo avanti a lui che
lo aspettava. Quando finalmente poté tornare a vedere, Marco rivolse
istintivamente lo sguardo verso la ragazza, e quello che vide lo
lasciò di sasso. Non se lo sarebbe mai immaginato. Era incredibile
quello che aveva davanti agli occhi.
Davanti a
lui c’era Rhea, e per la prima volta dopo dieci anni la poteva
ammirare. Ed era semplicemente…bellissima. Non c’erano altri termini
per definirla. Bellissima. Se l’era immaginata piccola e innocente.
Ma quella che aveva davanti non era ne piccola ne innocente. Era una
donna meravigliosa. La prima cosa che venne in mente a Marco era che
quella doveva essere la donna più bella che avesse mai visto in vita
sua. E lui di donne ne aveva viste davvero tante. Era perfetta,
completamente diversa dall’idea che aveva in mente. Non era più la
bambina di un tempo. Quella ragazzina ingenua si era trasformata in
una donna terribilmente sensuale e attraente, la cui bellezza lo
colpì come un pugno in pieno petto. Non aveva affatto un fisico
minuto e infantile, tutt’altro. Era alta quasi quanto lui, quindi
ben più della norma. Aveva un corpo sensuale, magro e snello, ma con
tutte le curve al posto giusto. Flessuoso e raffinato. Aveva un’aria
di eleganza innata, che la faceva sembrare una regina. Indossava un
abito rosso lavorato con fili d’oro e perle preziose, ma
leggerissimo e con un’abbondante scollatura sul seno generoso. Non
volgare, ma magnifica. La pelle era di una deliziosa tonalità
dorata, all’apparenza morbida e setosa. Il viso era un opera d’arte,
veramente. Un ovale perfetto, fine e delicato. Marco notò subito che
gli occhi non erano cambiati. Erano sempre profondi, verdi,
penetranti. Lo stregavano, lo facevano perdere nella loro immensità.
E poi…quei capelli. Dannazione, erano ancora rossi. Lui impazziva
per i capelli ramati, erano la sua passione, il suo punto debole.
Adesso come avrebbe fatto a resisterle? Erano rossi scuro, come il
sangue, come le fiamme.
Erano come se li ricordava, mossi e scuri, ma ora li teneva
lunghi fino alla vita, lucenti e morbidi come lingue di fuoco
ardenti. Marco già immaginava di poterli sfiorare, anche solo per un
attimo. Era davvero troppo bella. Non più una bambina, ma una donna.
Una donna straordinaria, sensuale, attraente, affascinante… si sentì
arrossire davanti a tanta grazia ed eleganza. Pensò subito che
sarebbe stata la modella perfetta per una statua di Venere: alta,
sinuosa, raffinata, bella…e lui avrebbe potuto essere il suo Marte,
al suo fianco e…no, ora stava divagando. Rhea gli ispirava troppi
pensieri inopportuni…eppure non riusciva a non sentirsi eccitato
alla sua presenza. Da un certo punto di vista avrebbe preferito
fosse rimasta infantile come un tempo, magari anche bruttina.
Sarebbe stato più semplice starle accanto ed esserle amico. Invece
era diventata la ragazza più bella e sensuale che avesse mai
visto…
- Cosa fai?
Non vieni?- lo incitò con aria scocciata. Marco annuì senza
staccarle gli occhi da dosso, che ormai vagavano lascivi e senza
pudore per il suo corpo e la seguì per il
corridoio.
Effettivamente
avevano avuto ragione. Quasi tutti gli ospiti se ne erano andati,
solo una mezza dozzina erano rimasti semi svenuti sui divanetti
troppo ubriachi per camminare. La sala intera portava gli evidenti
segni del banchetto: macchie di vino ovunque, cibo sparso per terra,
cuscini dimenticati in ogni angolo…insomma, vera devastazione. Ma
oramai sia Rhea che Marco erano abituati a tutto ciò. Senza indugi
si diressero verso il giardino interno della casa dove sapevano di
trovarvi i loro padri. Infatti erano entrambi lì, sotto un grande
albero da frutta intenti a discutere di politica, probabilmente. Un
giovane e prestante schiavo siriano stava intanto massaggiando
maliziosamente le spalle di Caio, e non si fermò neppure quando vide
sopraggiungere i due ragazzi.
Caio era un
esteta, amava le bellezza in tutte le sue forme. Nulla che non fosse
bello e perfetto poteva essere sottoposto al suo insindacabile
giudizio. Al suo cospetto potevano giungere solo raffinatezze e
opere d’arte, la mediocrità non era contemplata. Lui adorava il
bello, nell’arte, nell’architettura, nella letteratura, nel mondo, e
ovviamente nelle persone. A lui interessava solo la bellezza, nei
maschi tanto quanto nelle femmine. Si poteva definire il maggior
esperto in questo campo, un esteta al cento per cento. E quando
quella sera vide per la prima volta dopo dieci anni la piccola Rhea
capì subito di essere in presenza di qualcosa di raro e magnifico.
Era bellissima, una delle donne più seducenti e affascinanti che
avesse mai incontrato.
Anche suo
figlio la pensava allo stesso modo naturalmente. Rhea lo eccitava,
lo lasciava senza fiato, lo mandava in estasi con la sua sola
presenza. Ecco perché quando il padre della ragazza la portò via con
se quella sera dopo il banchetto, si sentì miserabilmente solo e
vuoto, stranamente malinconico. Prima di uscire dalla villa Rhea si
avvicinò al ragazzo, che l’aveva accompagnata fin sulla soglia e gli
sussurrò all’orecchio, facendolo sussultare – Domani perché non
vieni a trovarmi? Così parliamo ancora un po’… ci sono tantissime
cose che voglio sapere su di te!-. La sua voce bassa ed eccitante lo
mandarono momentaneamente in Tilt, tanto che quando si riprese si
rese conto che se ne era già andata.
Quella notte
Marco dormì pochissimo. Non riusciva a non pensare a lei, alla sua
migliore amica d’infanzia e alla donna stupendamente provocante che
era diventata. Quando infine si addormentò per qualche ora, spossato
ed esausto dalle emozioni provare, non poté evitare di pensare alla
sua piccola Rhea.