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Autore: shelovesHG    22/10/2012    8 recensioni
Questi sono i 22esimi Hunger Games, raccontati dal sadico punto di vista del tributo femminile del distretto1.
Dal testo (3 cap)
''Ucciderò, so che lo farò. Non ci penserò due volte, pianterò l’ascia in testa agli alleati inutili e fastidiosi, smembrerò i tributi che mi ritroverò davanti.
Metterò fine alla vita di Mason.
Da domani, tutto tornerà alla normalità. Tornerò la ragazza che ha picchiato il suo mentore prima della mietitura, la ragazza che ama uccidere, quella che vede il sangue sgorgare da ferite altrui e prova un senso di benessere. Tornerò la Maya di sempre.
La forza dell’1."
Genere: Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Afferro lo zaino, ma lo tiro troppo forte, così la tela si straccia, e tutto quello che c’è dentro, ne fuoriesce.
Afferro solo la bottiglia, inquanto ha un gancio e posso attaccarla alla mia cinta.
Mi dirigo ancora una volta alla Cornucopia.
Appena entro nella sua bocca, un freddo bestiale cala sull’arena.
Sono affamata, assetata, ora anche infreddolita e, la cosa che mi fa stare ancora più male, sola.
Mi accovaccio a terra sul fondo della Cornucopia e porto le ginocchia al petto per tentare di stare calda.
Il freddo aumenta sempre di più, ed io addosso ho una magliettina ed il pantalone senza una gamba.
Vedo fiocchi di neve entrare all’interno del mio alloggio.
Mi sporgo fuori dalla Cornucopia e vedo che, ancora una volta, è tutto innevato, ma adesso non ho niente per difendermi dal freddo.
Perfetto, non sono morta prima, morirò adesso, con una delle morti più brutte che esistono.
Per terra ci sono dei legnetti , ma non ho fiammiferi per poterli accendere.
Mi guardo intorno e cerco di trovare qualcosa per poter accendere un fuoco, ma non c’è nulla.
-per favore…
Sussurro quasi a me stessa, infatti mi meraviglio nel sentire il tintinnio che precede un paracadute.
L’oggetto arriva direttamente dentro la Cornucopia, sarà per colpa del vento, ma, in ogni caso si adagia direttamente tra le mie mani.
Apro tremante il cofanetto e dentro vi trovo una scatoletta di fiammiferi.
-grazie
Sussurro ancora una volta senza guardare da nessuna parte.
Come lo accendo il fuoco con questo vento?
La risposta arriva immediata dal fatto che il vento cessa.
Mi avvicino alla bocca della Cornucopia e allungo una mano fuori da quella per sentire se il vento avesse cambiato direzione, peccato che la mano fuori non ci arriva, il mio braccio viene sbalzato indietro appena la mano arriva al bordo.
Un campo di forza mi ha chiusa qui dentro.
Mi rassegno e mi avvicino ai legnetti per poter accendere il braciere, perché nonostante il vento non ci sia più, il freddo che avvolge la Cornucopia c’è lo stesso.
Una cosa che mi rincuora è il fatto di poter dormire tranquillamente, nessuno può entrare qui dentro, così mi sdraio di fianco al fuoco e cado in un sonno leggero.
Il cannone spara. Una, due, tre volte!
Cosa?! Tre tributi!
Cosa può averli uccisi? Il freddo? Un ibrido? Entrambe le cose? Erano in tre, non necessariamente dovevano trovarsi tutti nello stesso luogo…
Mi alzo in piedi e il senso di fame invade il mio stomaco. Ho bisogno di andare a caccia, le provviste le ho perse tutte, così controllo se è ancora presente il campo di forza. Allungo una mano come la sera prima ma non c'è nulla a fermarla, così esco dalla Cornucopia e mi guardo intorno.
Torno nella foresta, ora di nuovo innevata.
Il posto è pieno di conigli, e non è difficile prenderli, così riesco ad ucciderne due.
Mi metto a sedere su un tronco di un albero coricato a terra ed inizio a scuoiare una delle due bestie. Mentre il sangue dell’animale scorre delicatamente tra le mie dita, torno a pensare ai morti di stamani, ma stavolta non penso a cosa possa averli uccisi, mi concentro di più sul numero dei tributi. Tre tributi sono rimasti uccisi, ciò vuol dire che, a separarmi da Mason, c’è un solo tributo.
Interrompo il lavoro che sto facendo e guardo fisso davanti a me. Pregusto già la morte di quel bastardo. Perché si, lui morirà. Lui morirà ed io vivrò, io tornerò a casa e lui resterà tra le mani di queste persone schifose che ci tengono qui dentro. Un ghigno sadico si pronuncia sulle mie labbra, e con quest’espressione dipinta in volto, abbasso lo sguardo e torno a scuoiare l’animale.
Ho talmente fame che dopo aver acceso il fuoco e avervi messo la carne sopra, non aspetto neanche che sia cotta che la infilo in bocca.
Ho freddissimo, ho le mani e le labbra viola, la gamba scoperta è di una strana tonalità di rosso, tende al violaceo anche questa.
Massimo tre giorni Maya, tre giorni e sarai fuori di qui, resisti!
Ho bisogno di una coperta, di una giacca, di un nuovo pantalone… insomma, di qualcosa che possa tenermi al caldo, se dovessi restare così, non supererò la notte!
Perché non mi fa arrivare qualcosa? Non capisce che ne ho bisogno? Si è lasciato convincere da Mark a non mandarmi paracadute con qualcosa di più utile che non posso trovare qui dentro? Non ho più sponsor? Improvvisamente un’altra idea balena nel mio cervello… Non vuole che torni a casa?
Scuoto insistentemente la testa per far allontanare quegli orribili pensieri il più possibile, però, forse si, vuole che non torni a casa… dopo che Mason mi ferì ed io gli dissi esplicitamente che sarei morta, lui non mi ha mandato nulla… Mi ha mandato i fiammiferi giusto per non farmi morire di freddo, senza essere stata ferita da nessuno, sempre che sia stato lui a farmeli arrivare e non quelli di Capitol City che vogliono vedermi combattere contro Mason.
Trascorre gran parte del pomeriggio e mi decido ad arrampicarmi su un albero pur di non restare così in vista agli occhi dei due tributi che sono ancora vivi oltre a me, inoltre perché sono debole a causa del freddo.
Saluta tutti Maya, stai morendo.
Lo so, morirò e non ci sarà nessuno pronto ad impedirlo, stavolta morirò come gli altri, perché loro non ci saranno a tenermi in vita, ed è meglio così, l’unica cosa che avrei voluto fare prima di morire, sarebbe stato uccidere un’ultima volta… uccidere Mason, ma a quanto pare non potrò farlo…
Qualcosa di duro mi colpisce la testa, mi volto e vedo un paracadute impigliato al ramo sopra a quello dove mi trovo io e il cofanetto adesso è più grande. Lo sgancio dai fili e lo apro, all’interno c’è un sacco a pelo come quello che avevo nello zaino.
-non morirò… non stasera…
Sussurro, poi scendo dall’albero, trovo un cespuglio e mi adagio dietro di questo all’interno del sacco a pelo.
L’inno risuona nell’arena e in cielo compaiono tre volti, il maschio e la femmina del 5 e la femmina del Distretto 8.
Passo la notte sveglia, ma al caldo nel sacco a pelo e con lo stomaco pieno grazie al coniglio che ho mangiato, e questo mi fa riacquistare parte delle forze.
Mi accorgo che sta per arrivare la mattina quando il cinguettio degli uccelli inizia ad armonizzare la quiete della notte, così decido di alzarmi e mettermi già alla ricerca degli ultimi due tributi.
Due vittime, Maya, solo altre due vittime e poi sarai più che libera di tornare a casa. Tornerai a casa e sarai una vincitrice, sarai ricca, riceverai onori…
Io non cerco gli onori… no, non è questo che voglio, io se uccido Mason, lo faccio per me, lo faccio per la mia famiglia… è bastardo quanto colui che ha ucciso mia cugina. Stessa stirpe, non potevano essere tanto diversi.
Cammino per quei sentieri e mi volto ad ogni minimo rumore che percepisco, ma dei due tributi non c’è traccia.
L’arena è grande e noi siamo solo in tre, le probabilità di essere molto distanti sono parecchie, ma non penso che gli strateghi si faranno problemi nel cercare un modo per farci incontrare e combattere.
Arriva la sera anche di questo giorno e sono costretta ad aprire il sacco a pelo, che ho scoperto che si può mettere in spalla come uno zaino, e mi ci adagio al suo interno, e mentre sono sdraiata al caldo, un urlo agghiacciante smorza la quiete che a quest’ora è già calata insieme al sole, e lo succede l’attesissimo ultimo colpo di cannone prima della fine dei giochi.
Come al solito l’inno e il volto della vittima che stavolta è quello del ragazzo del Distretto 8.
Un tributo e tornerò a casa. Mason, e tornerò a casa.
Un brivido di adrenalina percorre tutta la mia schiena, inizio a digrignare i denti per l’eccitazione, ed ogni muscolo del mio corpo si contrae e genera piccoli tremiti.
Resto anche questa notte completamente sveglia, in balia dei miei pensieri, senza sentire i rumori degli animali notturni che abitano questa foresta, solo pensando al fatto che lo ucciderò, proprio come ho detto all’inizio, io lo ucciderò e lui non potrà farci nulla, sarà un tributo come tutti gli altri e morirà proprio come loro.
Scivolo fuori dal sacco a pelo e mi metto in piedi, appena il sole inizia ad illuminare l’arena tra le foglie degli alberi.
-preparati Mason Price…
Sussurro a me stessa afferrando l’ascia e iniziando a camminare.
Dov’è?  Devo trovarlo! Cammino guardandomi intorno insistentemente, come fossi una psicopatica, e infondo lo sono. Cambio continuamente idea,  sono buona, sono cattiva, amo essere sadica, mi pento di aver ucciso…
Non so cosa sono e non lo saprò mai, non qui nell’arena, ma neanche fuori. No, resterò col dubbio finchè vivrò…
Senti l’eccitazione, Maya?
Senti la voglia di uccidere, Maya?
Senti l’adrenalina che sale e ti fa tremare le mani, Maya?
Senti la cattiveria, Maya?
Senti il sadismo, Maya?
Senti tutto questo, Maya?
Un sorriso malizioso comprare sul mio viso.
-certo, certo che lo sento.
Sussurro.
Beh, Maya, è tutto sbagliato.
La frase che esce dai miei pensieri mi lascia spiazzata, mi immobilizzo improvvisamente e mi metto in posizione eretta guardando dinnanzi a me.
Si, Maya, tutto sbagliato. Provi tutto ciò?
Non sei umana, Maya.
Sei un animale, addestrato ad uccidere, o, se non uccidi, sarai destinato al macello, ma sarai pur sempre un animale.
-non è vero.
Cerco di convincermi rispondendo a quella voce e successivamente riprendo a camminare.
Quei pensieri affollano ancora il mio cervello nel silenzio dell’arena. Scuoto la testa, chiudo gli occhi, ma non vanno via in nessuna maniera.
-DOVE SEI?
Urlo al vuoto dell’arena. So che può sentirmi, abbiamo superato la metà giornata, se fossimo lontani gli strateghi avrebbero già posto rimedio a questo problema.
-buon giorno.
Una voce risuona alle mie spalle e mi volto improvvisamente. Ritrovo Mason identico a come è entrato nell’arena. Non un graffio, senza gli abiti impregnati dallo sporco dell’arena, non un chilo in meno…
Le sue labbra si tendono nel solito sorriso.
-e così… sapevo che saremmo arrivati io e… te.
Pronuncio l’ultima parola con disprezzo.
-che dici, vogliamo fare un pic-nic?
Dice ironico.
-dipende tutto da te, se sei pronto a morire la finiamo ora.
-mia carissima signorina Shepperd- inizia a parlare con tono superiore avvicinandosi a me mentre stringe un pugnale nella sua mano destra. Di conseguenza stringo la mano all’impugnatura dell’ascia e avvicino l’altra al gancio del mio pugnale –fino a prova contraria, nell’ultimo affronto che hanno avuto le nostre famiglie, negli indimenticabili 19esimi Hunger Games, a morire è stato un membro della vostra famiglia, per mano di uno della mia, dimmi un po’, perché ora dovrebbe essere diverso?
Sfiora il mio braccio con la punta del coltello e sorride.
-forse perché io non sono mia cugina, Mason.
Dico gelida guardando dritta davanti a me.
-quindi non morirai?
Chiede fingendo un tono dispiaciuto.
-non per mano tua.
Lascio cadere l’ascia e afferro bruscamente la mano con cui tiene il coltello e che stava avvicinando al mio corpo, mi giro verso lui e blocco anche l’altra mano, con la quale stava per darmi un pugno.
Fa pressione sulle mie braccia verso il basso, e, a causa del peso, le mie gambe iniziano a piegarsi ed il mio corpo inizia a tremare per lo sforzo. Goccioline di sudore imperlano la mia fronte ed anche la sua.
Mi lascio cadere a terra per non dare più un appoggio a Mason e funziona. Il ragazzo perde l’equilibrio e faccio appena in tempo a rotolare di lato che cade affondando le braccia nella neve.
Afferro di nuovo l’ascia e inizio a sfrecciare tra gli alberi, ma non cerco di allontanarmi da lui, voglio solo che mi segua.
Ai miei passi veloci e rumorosi, voglio che li senta, voglio che sappia dove stia andando, si aggiungono i suoi che non sono tanto lontani.
Supero alcuni cespugli e mi ritrovo proprio dove volevo andare.
Ho davanti il pendio del lago di sangue. Mi sporgo e vedo il rosso.
I passi si avvicinano, fino a quando la figura del ragazzo non raggiunge il luogo.
-credevo fossi più sveglia, Maya, ti sei intrappolata da sola.
Una risata sadica proviene dalla bocca del ragazzo. Io gli sorrido.
-sorridi? Maya, sei morta. Basta, è finito tutto per te.
Sorride anche lui e si avvicina a me, poi mi da una spinta. Non me l’aspettavo e perdo l’equilibrio, l’unica cosa che riesco a fare è aggrapparmi al braccio del ragazzo e tirarlo giù con me.
Scivoliamo giù per il pendio molto velocemente, la mano del tributo spinge la mia testa contro il terreno, e la guancia mi inizia a bruciare immensamente, ed un urlo fuoriesce direttamente dal mio stomaco.
Arriviamo poco più in basso da dove siamo caduti, su una piattaforma come quella, sdraiati io da un lato e lui dall’altro.
Ho ancora stretta tra le dita la mia ascia.
Vedo la sua figura alzarsi e avvicinarsi a me. Mi fa alzare e mi avvolge le spalle con un braccio, poi mi punta il coltello alla gola.
Sento il suo respiro affannoso smuovermi i capelli.
-sei pronta a dire addio a tutti?
Dice facendo delle pause.
Il mio respiro è come il suo.
-non lo farò mai.
Lentamente sgancio il coltello dalla mia cinta e cercando di muovermi il meno possibile lo conficco nella coscia del ragazzo.
Appena la lama penetra il muscolo, mi lascia andare e si china in avanti per controllare.
L’istinto mi fa avvicinare a lui.
-saluta tutti, Mason.
Dico. Il ragazzo, che è sul ciglio della piattaforma, alza il volto e mi guarda negli occhi, gli ultimi occhi che vedrà.
Afferro il secondo coltello, quello che tengo in tasca, e glielo conficco all’altezza dello stomaco, poi, con entrambe le braccia afferro le sue spalle e lo spingo giù dal pendio.
Il silenzio mi avvolge e poi l’ultimo sparo.
Fisso con sguardo perso un punto difronte a me, mentre mi inginocchio.
Brava. Hai ucciso tutta questa gente, ora sei contenta? Sei stata davvero una fantastica assassina. Assassina. Quella parola rimbomba nella mia testa. Ti è piaciuto uccidere, vero? Dillo, dillo che sei fiera di te.
-NO!
Metto le mani sulle orecchie e premo sempre più forte nel tentativo di non udire più quella voce. La voce che prima mi diceva di uccidere ed ora mi rinfaccia tutto quello che ho fatto.
No? A me è parso il contrario, la cattiveria brillava nei tuoi occhi quando facevi una nuova vittima.
-Non sono un’assassina!
Urlo al vento, l’unica cosa che mi tiene compagnia in quell’arena.
Si Maya, lo sei, e lo sai, ma non vuoi rendertene conto. Quante persone hai ucciso? Sbaglio o le hai uccise senza un attimo di esitazione?
-non sono un’assassina! Basta, BASTA!
Urlo disperatamente, poi infilo le dita tra i capelli sporchi del sangue che cola dal mio volto e mi siedo a terra con le gambe tirate al petto e i gomiti poggiati sulle ginocchia.
Non puoi negarlo!
Lacrime salatissime iniziano a scendere dai miei occhi e sciolgono quello strato di sangue che ricopre metà del mio viso, e bruciano, bruciano sulla guancia consumata dal terreno del pendio.
Non sei la forza o la potenza del Distretto, sei semplicemente un’assassina. L’assassina dell’1.
Resto in silenzio, guardando il terreno dritto davanti alla mia visuale, con gli occhi pieni di lacrime, e con gli avvisi degli streghi che rimbombano nelle mie orecchie e mi dicono di salire su quella scaletta che è scesa al mio fianco, ma non li ascolto. Resto ferma a riflettere.
Ormai i giochi sono finiti, ed io ho ucciso molte persone. Troppe persone.
-sono un’assassina…
Sussurro, e quando torno a fare silenzio, anche le voci nella mia testa si sono zittite.
“Maya! Maya hai vinto! Sali sulla scala adesso!”
Dopo vari tentativi di chiamarmi, questo mi fa rimanere di sasso. La voce che mi chiama e che rimbomba in tutta l’arena è quella di Joseph.
-Jos!
Dico con sguardo meravigliato, e altre lacrime rigano nuovamente il mio volto mezzo maciullato.
Mi alzo in piedi e afferro la scaletta, poi vengo immobilizzata su questa con una scossa elettrica e mi tirano su, fino ad arrivare all’interno dell’hovercraft.
Alzo lo sguardo e davanti a me ci sono tre uomini vestiti in camice bianco.
-dov’è Joseph?
Dico piangendo. Non ricevo risposta, in compenso due di loro mi immobilizzano mantenendomi per le braccia.
Io piango dalla disperazione, e mi dimeno tra le loro mani. Tiro calci e pugni a quegli uomini che non mi lasciano andare. Sembro una bambina che fa i capricci, ma in verità sono una ragazza che ha ucciso ed è spaventata per colpa di tutto ciò che ha fatto. Sono praticamente in preda ad una crisi isterica, non capisco niente, sento che sto per impazzire. Ho bisogno di vederlo, di vedere Joseph.
-lasciatemi andare!
Urlo con le lacrime che sgorgano dai miei occhi come fossero due rubinetti aperti, poi tiro indietro la testa e con le braccia cerco di spingere via i due uomini che mi tengono.
Poi qualcosa mi punge sul braccio destro, e l’ultima cosa che sento è un urlo agghiacciante che fuoriesce dalla mia bocca.
Quando mi sveglio sono in una stanza chiara, illuminata da lampade bianche. È come una camera di ospedale. Sono lì che mi guardo intorno. Guardo la mia gamba, quella che una volta era ferita, e non c’è l’ombra di una cicatrice, lo stesso sulla mano e sul collo. Non ho un graffio. Non sembra che io abbia partecipato agli Hunger Games. Tocco lo zigomo che mi ferì Mason, e resto meravigliata del fatto di sentire sotto i polpastrelli qualcosa.
Mi alzo dal letto e mi dirigo ad uno specchio appeso al muro, e quando vedo la mia immagine riflessa, quasi mi spavento.
Una parte di viso è rigata da una sola cicatrice, quella inflittami da Mason, l’altra metà è sfigurata. Avranno tentato di ricostruirla al meglio, ma non ci sono riusciti. Da quel lato, le labbra pendono in una smorfia e le palpebre e il sopracciglio seguono la stessa linea. Numerose doppie cicatrici e toppe di pelle nuova, ricoprono tutta la metà del viso. Non sembro più io.
La porta si spalanca e giro bruscamente il volto in quella direzione. Joseph è sulla soglia.
Occhi naso e gola iniziano a bruciare e altre lacrime scendono copiosamente lungo le mie guance.
Corro incontro al ragazzo e gli getto le braccia al collo. Tantissimi singhiozzi percuotono il mio corpo, e tento di parlare, ma non ci riesco, quindi mi limito ad affondare il volto nel suo petto, come per nasconderlo.
Inizia ad accarezzarmi la schiena dolcemente, poi china il viso e avvicina le labbra al mio orecchio.
-basta, è finito tutto. Ora ci sono, sono qui per te.
Sussurra, e poi mi stringe forte a sé.
 
Buon ciao popolo! (?)
Ebbene si, gli Hunger Games sono terminati, ma la storia no.
Ci saranno altri capitoli, non so quanti, dipende da quanti giorni dopo l’arena ho intenzione di descrivere, ma ci saranno.
Ho scritto il prima possibile questo perché questa settimana ho di nuovo scuola il pomeriggio ed è un casino… e.e
In ogni caso, spero sul serio che vi sia piaciuto questo capitolo, anche perché ho provato a metterci tutta me stessa qui dentro. Sicuramente la prima parte è monotona, ma penso che da quando Maya si mette alla ricerca di Mason, un po’ d’azione al capitolo sia riuscita a donarla…
Okay, ora basta perché sennò diventa un papiro ed il capitolo già non è corto.
Un bacione!
-Gà
   
 
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