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Autore: FairyCleo    23/10/2012    2 recensioni
"Dean Winchester era stato spezzato tante volte: quando era morta sua madre; quando era morto suo padre; quando Sam aveva esalato l' ultimo respiro tra le sue braccia; quando Alastair lo aveva torturato fino a non lasciarne che qualche minuscolo brandello di carne; quando Jo ed Hellen si erano sacrificate per salvare lui e suo fratello; quando Sam aveva sconfitto il Diavolo, sacrificando la propria vita per il bene dell' universo. [...]
Castiel giaceva in quello stato di incoscienza da tre giorni, ormai, e non accennava a destarsi.
Avrebbe potuto fare tenerezza, sembrare la bella addormentata in attesa del bacio del suo principe azzurro, se non fosse stato per le catene che cingevano i suoi polsi.
Quelle, erano l' unica risposta certa che Dean si era dato ad una delle mille domande postesi nell' ultimo straziante periodo: Castiel aveva perso la sua fiducia.
E che un demone lo scuoiasse vivo, non l' avrebbe mai più riconquistata".
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bobby, Castiel, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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La mossa del diavolo


Erano in macchina da diversi minuti, immersi nel più totale silenzio. Morgan… Colin si era abbandonato contro il sedile, intento ad osservare distrattamente quello che accadeva fuori dal finestrino, perso fra chissà quali pensieri che di certo avevano come protagonista un ex-angelo dagli occhi colore del cielo.

Ian continuava a guidare, rispettando il silenzio che suo fratello aveva scelto per tutti e due.
Quanto paradossale poteva essere quella situazione? Era pur vero che tante persone nel mondo soffrissero del morbo di Alzheimer e non avessero alcuna consapevolezza di chi fossero le persone che gravitavano loro attorno, anche se si trattava dei loro figli e dei loro nipoti. C’erano anche tante persone che avevano perso la memoria in seguito ad un trauma, ma anche quella era una situazione del tutto diversa dalla loro.
Cielo, aveva chiesto lui di fargli perdere tutti i ricordi inerenti al suo passato, e adesso si ritrovava a portare quel fardello tutto da solo. Forse, non aveva spalle abbastanza larghe per affrontare quella situazione. Non era l’uomo di ferro che tutti credevano, evidentemente. Dopotutto, anche il ferro si scioglie ad una temperatura elevata. E, anche se nella macchina era calato il gelo, Ian stava avvampando.

“Per favore, potresti fare più in fretta?” – aveva chiesto Colin, girando il capo verso il ragazzo che stava guidando. Era molto pallido, e si era stretto maggiormente nella coperta che Ian gli aveva costretto a portare. L’effetto dell’antidolorifico stava scemando, era così evidente. Doveva avvertire un male insopportabile, eppure stata stringendo i denti. Forse, il lui c’era molto di più di suo fratello di quanto potesse immaginare.

“Mi dispiace, non posso andare più veloce di così. L’auto non è proprio mia, e l’ultima cosa che voglio è finire in commissariato per furto e guida pericolosa”.
“Perfetto… Sono finito in macchina con un ladro!” – aveva ironizzato il ragazzo, sorridendo come meglio poteva, un po’ per ampliare l’effetto della sua battuta, un po’ per mascherare il dolore che stava provando.
“Ah-ah… molto divertente!”.

Gli piaceva sentire il suono della sua voce. Sarebbe stato ancora più bello sentire il suono della sua risata, ma non poteva pretendere tanto.
Avrebbe dovuto pazientare un po’. Magari, nel frattempo, avrebbe capito se fosse il caso o no di dirgli la verità sul loro rapporto. Era davvero un bel problema.

“Ian…”.
“Sì?”.
“Che ne è stato della tavoletta?”.
“Che-che vuoi dire?”.
“Voglio dire che la tavoletta non si trova nelle nostre mani. Se così fosse stato, mi avresti lasciato con Cass da questo dottor Robert e avresti cercato di risolvere il problema dei Leviatani. Che cosa è successo?”.

Non era propriamente esatto, perché era suo fratello e non lo avrebbe abbandonato per nessuna ragione al mondo, ma doveva ammettere che la sua sagacia fosse rimasta del tutto intatta.
Era inutile mentirgli, o girarci attorno. Doveva sapere come stavano le cose. Era giusto così.

“E’ andata. Quel bastardo di Crowley l’ha presa proprio mentre tu e Cass eravate a terra, feriti. Mostro. Come avrà fatto a sapere che eravamo tutti sulle tracce della tavoletta?”.

Colin aveva chiuso gli occhi e preso un bel respiro, prima di rivelare la sua verità.

“Lo sapeva perché io e Cass stavamo lavorando per lui”.
“Che cosa?? Colin… ma perché?!”.

Era sconvolto. Come poteva essere che Castiel fosse caduto di nuovo nello stesso errore? Lavorare di nuovo per il Re dell’Inferno era da pazzi, da persone che avevano perso il senno.

“Perché non avevamo scelta. E perché Cass voleva provare a sistemare le cose. Tu sei un cacciatore, non è vero? Lui non è cattivo. Lui è l’essere più buono e gentile di questo mondo, e voleva solo risolvere il guaio che ha combinato. Io ho fiducia in lui…” – aveva detto, fra le lacrime – “Lui è tutto quello che ho… E non lo posso abbandonare”.

Colin non sapeva che il cuore di Ian stava sanguinando.

*


Dean si era addormentato accanto a Castiel. Aveva pianto a lungo prima di crollare fra le braccia di Morfeo.
Era stato un pianto liberatorio. Troppe cose lo avevano sconvolto nell’ultimo periodo, troppe cose lo avevano cambiato. Travolto dagli eventi, aveva perso di vista le cose importanti, ed era arrabbiato con se stesso per aver ammesso quali fossero i suoi reali sentimenti quando probabilmente era troppo tardi per poterli vivere.
Era stanco. Era veramente stanco. Aveva sempre creduto che non ci fosse niente di più importante oltre agli affari di famiglia, oltre a Sam e a Bobby, ma si era reso conto che quella era solo una bugia che si era raccontato per tanto tempo. Gli piaceva cacciare, era vero. Lo faceva sentire vivo, utile, ma mai come allora avrebbe desiderato essere una persona normale, almeno per una volta nella vita. Aveva provato a vivere una vita vera al fianco di Lisa e Ben e non c’era riuscito. Alla fine, aveva deciso di andare via, ma solo stando al capezzale di Castiel aveva capito perché. Non era stata la monotonia della vita quotidiana a farlo ritornare sui suoi passi. Era stata la monotonia vissuta accanto a Lisa.
Non era lei che avrebbe voluto avere vicino ogni notte. Per quanto potesse sembrare assurdo, non era sul suo seno morbido che avrebbe voluto addormentarsi, ma su quei pettorali glabri e candidi deturpati da ustioni e cicatrici che aveva osservato per tanto tempo prima di addormentarsi.

Dio mio, si era innamorato di un angelo, ma chiunque avesse conosciuto Castiel come lo conosceva lui avrebbe capito perché un eterosessuale convinto come Dean Winchester aveva donato il cuore ad una persona del suo stesso sesso.
Non erano gli uomini a piacergli. Era Cass. Solo e soltanto Cass.
Ricordava bene il piccolo angelo di porcellana che la sua mamma aveva messo nella cameretta in cui aveva dormito negli anni più felici della sua vita. Aveva visto giusto sin dall’inizio la sua amata mamma.
Era certo che Castiel le sarebbe piaciuto tantissimo e che non l’avrebbe giudicato per quella sua scelta, perché era stata una scelta fatta con il cuore.

Erano stati questi pensieri fatti prima di addormentarsi che avevano stimolato il suo subconscio al punto di fargli sognare un’intera vita insieme. Una vita che forse non avrebbero mai e poi mai potuto vivere nel mondo reale.

Era rientrato a casa dopo una giornata tremenda. Sul cantiere di cui era diventato responsabile c’era stato un furto di alcuni materiali edili, e gli era toccato rimanere fino a tardi per stilare un resoconto dell’accaduto.
Avrebbe voluto scaricarsi un po’ in palestra, per questo aveva deciso di passare da casa solo per infilarsi la tuta e dire a Cass di non aspettarlo per cenare, che avrebbe mangiato più tardi un toast o qualcosa del genere.
Ma le cose erano cambiate quando era entrato in salotto, trovandolo addormentato sul divano perfettamente vestito con la tv accesa sul canale del fai da te. Dietro di lui, la fioca luce di una candela illuminava la tavola apparecchiata per due, con tanto di servizio buono e una rosa bianca che aveva riempito l’aria con il suo delicato profumo.
Aveva preparato la cena per loro due. E non una semplice cena, ma una di quelle fatte apposta per una ricorrenza. Era tipico di Cass tenere a mente anche il più piccolo degli eventi, così come era tipico di Cass volerli festeggiare uno ad uno. Un campanello di allarme si era acceso nella testa del giovane capocantiere. Era evidente che avesse dimenticato un qualche anniversario.

‘ Fai mente locale Dean. Fai mente locale. Che giorno è oggi? E’ il tuo compleanno. No, certo che no cretino! L’avresti ricordato! E’ il suo? Ma certo che no! Cass esisteva prima della creazione dell’universo. Allora, è il vostro anniversario? Ma no. Quello era a dicembre e noi siamo a luglio. O era ad aprile?
Maledizione a lui e alla sua mania di ricordare tutto! ‘.

Aveva allora provato a raggiungere il calendario appeso in cucina, ma nella fretta era inciampato nel tappeto all’ingresso, cadendo rovinosamente a terra.

“AHI!” – aveva esclamato, massaggiandosi il deretano dolorante – “Stupido tappeto! Siamo uomini! Che cavolo dobbiamo farcene di un tappeto??”.

“Dean!” – la voce assonnata di Castiel aveva raggiunto le sue orecchie, spronandolo ad alzarsi all’istante. La sua neo-umanità lo aveva fatto diventare più apprensivo di quanto non fosse stato quando era un essere piumato, e voleva evitare che minacciasse di portarlo al pronto soccorso.
“Tutto bene Cass!” – aveva asserito, avvicinandosi al divano non senza qualche problemino.
Eccolo lì il suo angelo sulla spalla. Nonostante avesse gli occhi gonfi dal sonno, i capelli tutti arruffati e la camicia spiegazzata, era bello come non lo era mai stato prima di allora.
Solo lui poteva sapere quanto lo amasse. E solo lui poteva sapere quanto Cass lo amasse a sua volta.

“Va tutto bene?” – aveva chiesto lui, preoccupato.
“Divinamente…” – era stata la sua risposta, mentre si chinava per catturare le sue labbra ruvide e asciutte in un bacio pieno di passione e desiderio.
“Emm… forse prima dovremmo cenare... O finirà per raffreddarsi tutto!” – aveva consigliato Cass, cercando di sfuggire a quelle attenzioni per nulla spiacevoli.
“C’è qualcos’altro che si raffredderà se non starai buono”.

Lo aveva spogliato del suo bellissimo completo nero senza neanche rendersene conto. La prima cosa che era andata via era stata la camicia, e lui aveva potuto saggiare la consistenza del suo collo e del suo petto, soffermandosi a lungo ad ascoltare i battiti crescenti del suo cuore e il suo respiro che galoppava veloce ad ogni tocco.
Si era tolto la maglietta con un gesto veloce, lasciando che Cass vagasse con le sue mani esperte sul suo petto, per poi passare impaziente alla cintura dei suoi pantaloni. Avevano troppa urgenza per poter fare le cose come andavano fatte.
Per questo, senza dirsi una parola, avevano deciso di rimandare a più tardi i giochi seri, limitandosi, per così dire, a darsi piacere l’un l’altro solo con il movimento esperto di quelle mani che conoscevano così bene il corpo della persona amata.
Dean era stato il primo ad iniziare quel gioco che non aveva programmato. Il suo compagno aveva pigolato contro il suo collo, aggrappandosi forte ai boxer che ancora non gli aveva sfilato, godendo per quel contatto che aveva tanto bramato. Dopo aver preso un lungo respiro, aveva ricambiato lo stesso favore, stringendo forse con un briciolo di intensità di troppo l’intimità dell’uomo che amava.
 
“Sei… sei…”.
“Baciami…” – gli aveva sussurrato Cass a fior di labbra, schiudendole in attesa di ricevere ciò che aveva chiesto.
E lui non l’aveva fatto attendere. Aveva accontentato il suo compagno, catturando ancora una volta, senza smettere di massaggiarlo, quelle labbra che sin dal loro primo incontro avevano tanto attirato la sua attenzione.
Da secche e screpolate quali erano, si erano tramutate in due morbidi cuscinetti umidi fatti di velluto, cornice perfetta dell’amore che li legava.
Dean succhiava e leccava, rammaricandosi solo di non poter sfiorare quel viso meraviglioso e stravolto dal piacere con la mano libera, troppo impegnata a mantenerlo in un seppure precario equilibrio.
Eccoli lì, l’ex-cacciatore e l’ex-angelo, intenti a godere dello stesso piacere, intendi a donarsi un amore troppo grande che per molti sarebbe stato impossibile da comprendere o accettare.
Ma a loro non importava. L’importante era stare insieme finché il tempo glielo avrebbe permesso.

“Cass…” - aveva cominciato a sussurrare Dean, ormai prossimo all’apice – “Cass…”.
“Dean…” – aveva a sua volta sussurrato l’ex-angelo, cingendo forse le sue spalle con il braccio sinistro per comprimere ancora di più il viso rosso e sudato contro il suo collo accaldato – “Dean… Dean…”.

Ma poi, come l’uragano che sferza improvviso d’estate, il gemito di piacere si era trasformato in un lamento a cui ne era susseguito un altro, e poi un altro ancora.
Quando Dean aveva aperto gli occhi e sollevato il capo, del suo Cass non c’era più niente all’infuori del bellissimo corpo freddo che lo osservava con gli occhi spalancati.


Si era svegliato di colpo, temendo il peggio. Quel sogno che tanto lo aveva rilassato, lo aveva improvvisamente scosso dal suo torpore, facendogli credere di aver dormito accanto ad un corpo ormai privo di vita.
Ma i miracoli accadono. Solo che Dean lo dimentica sin troppo spesso, perché, anche se stanco e tremendamente affaticato, Cass, il suo Cass, era vivo e lo stava chiamando con la sua voce roca e bassa e gli occhi velati dalle lacrime.

“Dean…”.
“CASS! Cass! Ehi, no, non parlare. Non ti affaticare! Va tutto bene! Va tutto bene! Sei salvo! DOTTOR ROBERT! DOTTOR ROBERT! VENGA QUI! SUBITO!”.

Era in preda ad una miriade di sensazioni che non riusciva a spiegarsi. Gioia, dolore, sollievo e paura si erano scatenati all’improvviso, impedendogli per un lungo attimo di pensare lucidamente.

“Dean…”.
“Non di devi affaticare, mi hai capito? Non ti devi affaticare. DOTTOR ROBERT! Ma dove diavolo è finito!? Aspetta un attimo!”.
“No! No! No! Non lasciarmi” – lo aveva supplicato, afferrando il suo braccio come meglio poteva con l’esigua forza che aveva in corpo – “Non lasciarmi”.

Non riusciva a vederlo in quelle condizioni. Voleva solo aiutarlo, ma non poteva lasciarlo. Non dopo quella supplica.

“Io…”.
“Mi dispiace Dean… Mi dispiace tanto. E’ tutta colpa mia…”.
“Ssshh… ssshhh… Non importa Cass, non importa” – aveva sussurrato, inginocchiandosi accanto a lui e accarezzandogli i capelli con la mano – “E’ passato. Non piangere”.
“Scusami…” – aveva singhiozzato ancora una volta, cercando di rimanere sveglio.
“Basta Cass… Va tutto bene… Sono qui Cass… Non ti lascerò mai più. Te lo giuro. Io… io ti…”.

“CASS!”.

Qualcuno era entrato come una furia nella stanza in cui si trovavano proprio nell’attimo in cui Dean stava per confessare i suoi sentimenti all’uomo a cui aveva donato il cuore.
Questo qualcuno, era un ragazzo dagli occhi blu che aveva una profonda ferita ad un fianco.

*

“Tu!” – aveva berciato Colin, che nonostante il dolore sembrava carico di energia – “Lascialo stare!”.
“Ma che diavolo…??”.

Dean non riusciva a capire. Sembrava che si fosse scatenato un improvviso tornado su di lui, un tornado stanco e dall’aspetto di un fantasma ma che aveva ancora la forza di urlare e di lottare per la persona che era evidentemente più importante della sua vita.
Nonostante Ian avesse cercato di fermarlo, Colin, o qualsivoglia Morgan, aveva dato un pugno in pieno viso a  Dean, cominciando a colpirlo ad un fianco con lo stivaletto anfibio nero.

“Non lo devi toccare maledetto! E’ colpa tua se è finito così! Tu non meriti di stare accanto a Castiel! Non te lo meriti! Devi lasciarlo stare! LASCIALO STARE!”.

Se non fosse stato per l’ennesimo intervento di Ian che gli aveva bloccato le braccia cingendolo da dietro con il proposito di fare non troppa pressione sulla ferita, Dean si sarebbe trovato con la milza spappolata.
Ma se non fosse stato per la supplica accorata di Castiel, Colin non avrebbe mai ritrovato la calma e la serenità che avevano sempre contraddistinto quel buffo ragazzo dalle grandi orecchie al momento rosse come il fuoco.

“Colin… Colin… Lascia stare Dean… Per favore Col… Per favore…”.

Il ragazzo si era accasciato fra le braccia di quello che non sapeva fosse suo fratello, piangendo lacrime amare.
Lo aveva perso. Aveva perso Castiel. O forse, si era solo reso conto di non averlo mai avuto.
Per quanto avesse potuto amarlo, per quanto continuasse a provare per lui ciò che non aveva mai provato per nessuno, non sarebbe mai stato suo. Quella creatura meravigliosa aveva donato il suo cuore tanto tempo fa, e il fortunato era appena andato a riprenderlo.
Non lo meritava. Dean non meritava quell’amore così puro che gli era stato più volte dimostrato. Castiel era caduto per lui, era morto, si era alleato con un demone solo per non addossargli altre responsabilità, e quel maledetto cacciatore ingrato lo aveva ricambiato allontanandolo dalla sua vita.
Eppure, alla fine, Cass aveva scelto ugualmente lui. Aveva scelto nuovamente il dolore.

Il Winchester non capiva cosa diavolo avesse catenato una simile furia in quel ragazzo apparentemente così fragile. Gli aveva spaccato un labbro, che copioso continuava a sanguinare, e sicuramente gli aveva fatto venire una contusione al fianco sinistro. Davvero un bel lavoro! D’accordo, aveva capito che Morgan sapesse di quello che era successo fra lui e Castiel, ma quella era una reazione davvero spropositata!
Ma a chi voleva darlo a bere? Sapeva di meritarlo. Sapeva che ogni pugno, calcio, insulto, non sarebbe stato abbastanza per fargli pagare l’errore più grande della sua vita.

“Hai ragione… Io sono solo un bastardo… Non merito di avere il rispetto o l’affetto di Castiel. Meriterei di bruciare all’Inferno ma… ma io… non so cosa farei senza di lui. Purtroppo, l’ho capito solo adesso e non posso fare altro che punirmi per la mia stupidità. Spero che lui possa perdonarmi un giorno, e spero che possa farlo anche tu… Mi dispiace Morgan… Mi dispiace”.

Le parole di Dean venivano dal cuore. Solo lui sapeva quanto fosse in pena per Castiel e per tutta la spiacevole situazione che si era venuta a creare. Quanto avrebbe voluto che il suo sogno non fosse solo una serie di immagini frutto della sua fantasia! Non sarebbe stato lì, a terra, dolorante per il pestaggio appena subito, pregando uno sconosciuto di perdonarlo per qualcosa di imperdonabile.

Ian aveva serrato le palpebre, sorridendo amaramente. Dean stava soffrendo quasi quanto lui. Ma almeno, aveva ritrovato la persona amata che, anche se moribonda, non riusciva a staccargli gli occhi di dosso.
Presto avrebbe dovuto spiegare a Colin perché tutti lo chiamavano Morgan.
Non aveva fatto in tempo a fermare Dean e ad avvisarlo di non chiamarlo con il suo vero nome, ma mai avrebbe pensato di trovarsi davanti ad una scena del genere.
Era sempre più convinto che suo fratello fosse lì, anche se non lo ricordava, perché quella era la reazione estrema che Morgan spesso aveva nelle situazioni più disperate. Solo in preda alla disperazione aveva reagito in quel modo sconsiderato e, purtroppo, Ian aveva più di un sospetto sul perché avesse fatto quello che aveva fatto.

“Io non mi chiamo Morgan…” – aveva detto in un sussurro, a capo chino – “Io mi chiamo Colin. Mi avete portato via Castiel, perché volete portarmi via anche il mio nome?”.

Dean non capiva. Quello che aveva appena detto non aveva alcun senso. Ma il viso stravolto di Ian lo aveva aiutato a comprendere che la situazione fosse molto diversa da come avrebbe mai potuto immaginare.

“Col…” – lo aveva debolmente chiamato Castiel – “Vieni qui, per favore…”.

Il ragazzo non se l’era fatto ripetere due volte: aveva superato Dean, e con delicatezza si era seduto al fianco del suo angelo, prendendogli la mano nella propria.

“Grazie per quello che hai fatto… Ma non dovevi…”.
“Non potevo lasciarti Cass… Non potevo. Sei troppo importante…”.
“Tu sei troppo buono…” – gli aveva detto l’angelo, sorridendo per nascondere una smorfia di dolore. Era un dramma persino fare una cosa semplice come respirare.
“Sta tranquillo Cass… Devi riposare… Sta buono…” – doveva cercare di non piangere, e doveva cercare di essere forte. Era l’unico modo per provare ad infondergli coraggio.
“Ha preso la tavoletta, non è così?”.
Il sangue si era gelato nelle vene di Colin. Come poteva averlo capito? Doveva sicuramente averlo visto, doveva aver visto quel bastardo di Crowley che si approfittava della situazione. Maledetto. Gliel’avrebbe fatta pagare prima o poi. Non sapeva come, ma lo avrebbe fatto.
“Mi dispiace Cass… Non sono riuscito ad impedirglielo”.

“Già…” – aveva esclamato Dean, conscio finalmente di quello che era successo – “Crowley”.

L’aveva visto. Il cacciatore aveva visto quel bastardo afferrare la tavoletta e sparire, ma era stato troppo preso dall’incidente di Cass per pensarci.
Erano in una situazione che rasentava l’incredibile. Non avevano più niente. Non avevano la tavoletta, non avevano le forze per lottare.
“Sapevamo che fidarci di lui era rischioso…” – aveva detto Cass, a fatica – “Mi dispiace Dean… Non volevo farlo ancora… Speravo solo di fermarlo una volta per tutte. Ma, purtroppo, non ci sono riuscito”.

Cominciava a dubitare che Crowley volesse solo rispedire i Leviatani da dov’erano venuti. Se così fosse stato, sarebbe andato a riprenderlo. Aveva detto che solo chi li aveva tirati fuori poteva rispedirli a casa, no? E allora perché non era ancora andato lì per reclamare il suo micino?

Avrebbe potuto spiegarglielo solo l’entità che si era magicamente materializzata in quella stanza.

*


Le cose non sarebbero potute andare meglio. Aveva l’osso dell’uomo retto, aveva il sangue dell’angelo, quello del demone e quello dell’Alfa! E soprattutto, aveva la profezia. Doveva solo andare a trovare il capo dei Leviatani, e tutto sarebbe andato esattamente come aveva previsto.
E sì, doveva ammetterlo! Era un vero genio. Un vero e proprio genio del male.

Rintracciare Dick Roman non sarebbe stato un problema, visto che non si stava esattamente nascondendo. Lui e la sua maledetta razza superiore, come amavano definirsi, si trovavano sparsi per tutto il globo, intenti a divorare per primi coloro di cui non si sarebbe mai denunciata la scomparsa.
Avevano cominciato dai drogati e dalle prostitute, per poi passare agli alcolisti, agli orfani e alla popolazione del terzo mondo. In meno di un mese, erano scomparse più della metà delle tribù africane, per non parlare dei monaci e degli asceti.
Solo di recente erano passati a qualcosa di più visibile, ed ecco come si spiegava il quadruplicarsi dei decessi negli ospedali di tutto il mondo degli ultimi quindici giorni.
Dick Roman si era barricato in una villa a Malibu, circondato da lussi e agi di ogni tipo. Non scendeva in campo personalmente, se non per gli affari più importanti. Il re dei Leviatani preferiva pasteggiare sdraiato sull’erba del suo splendido giardino, a bordo piscina, aiutando la tenera carne di bambino a scendere giù con una buona dose di vino d’annata. Pareva che adorasse i piccoli obesi americani.
Il loro sangue denso di colesterolo rendeva la carne molto prelibata, a quanto sembrava.
Non sarebbe stato facile avvicinarlo, ma Crowley era pur sempre il Re dell’Inferno, e sapeva fin troppo bene come aggirare anche i più difficili ostacoli. Proprio per questo, aveva portato con sé qualcosa per blandirlo e per persuaderlo a farsi ricevere. Qualcosa di morbido e rotondo che dormiva fra le sue braccia demoniache.

“Sai, di solito vi trovo disgustosi, ma devo ammettere che tu sei piuttosto carino” – aveva detto al neonato che reggeva saldamente –“Spero proprio che ti uccida subito. Non sopporterei di sentire le tue urla mentre comincia a divorarti dalle cosce”.

Aveva bussato, proprio com’erano soliti fare gli umani. Non sarebbe stato educato materializzarsi nel suo salotto senza essere stato invitato. Soprattutto, non sarebbe stato saggio, e lui non voleva di certo finire in malora. Era lì per raggiungere l’apice, non per toccare il fondo.
Così, quando la suadente voce di una signorina dall’accento dell’est gli aveva chiesto di indentificarsi, lui si era mostrato più umile e gentile possibile, aspettando il momento di tirare fuori il vero se stesso.

Doveva ammettere che si fosse trattato proprio bene il mostriciattolo disgustoso. Sarebbe stata proprio un’ottima casa in cui vivere come un autentico re. Già immaginava il salone saturo di meravigliosi giovanotti in costume adamitico che vivevano solo con lo scopo di compiacerlo. Sì. Sarebbe stato meraviglioso. Soprattutto quando fra di loro avrebbe visto anche i Winchester, i Wesley e soprattutto il piccolo Castiel.

“Il Re dell’inferno!” – aveva esclamato Dick Roman, seduto nel suo studio su di un’enorme poltrona d’epoca, bellissimo nel suo abito d’alta moda –“Quale onore!”.
“Signora Roman… Sono così felice che lei mi abbia ricevuta. Direi quasi… onorato”.

Era bravo a fare il lecchino, quando voleva. Era molto, molto bravo. E quella volta, aveva deciso di dare il meglio di sé.

“Cosa ti porta qui, insulsa creatura immonda? E cosa porti con te, soprattutto! Sento un odorino delizioso”.
“Un regalo per lei… Il migliore che ho trovato in circolazione. Maschio, come mi hanno detto che preferisce, di sei mesi. Pare che il suo nome sia John”.
“John…” – aveva detto Dick, alzandosi in piedi e prendendo la creatura fra le braccia – “Sì, John… Mi piace. Ha davvero una consistenza perfetta… Complimenti… Non vedo l’ora di rimanere un po’ da solo con lui”.
“Ne sono convinto” - non provava rimorso per quello che aveva fatto. Dopotutto, anche gli uomini vendono i bambini, e per motivi molto meno importanti di quello.

“Cosa ti porta davvero qui, Crowley?” – era stata la domanda di un Dick Roman che si stava divertendo a cullare e a lasciare dei teneri baci sul capo cosparso di capelli biondi del bambino che gli era stato donato.
“Affari”.
“Che genere di affari?”.
“Vogliamo discuterne davanti ad un buon bicchiere di scotch?” – aveva suggerito il Re dell’Inferno, puntando il minibar che aveva visto accanto al camino.
“Perché no… Credo che tu te lo sia meritato”.

Fino ad ora, le cose erano andate piuttosto bene. Poteva ritenersi soddisfatto, ma il bello doveva ancora venire.

“Sa, vostra altezza, mi domando come abbiamo fatto a non pensare prima ad una collaborazione. Fra di noi, intendo”.
“Collaborare con un demone? E perché dovrei?”.
“Perché vogliamo le stesse cose, o quasi. Voi volete tanti umani grassocci da divorare, io voglio tante anime luminose da collezionare nel mio bellissimo Inferno completamente ristrutturato. Ma se voi divorate tutto in una sola volta, io avrò presto finito la mia collezione”.
“Voi demoni pensate sempre al vostro tornaconto, dico bene?”.
“Che vuole che le dica? Siamo uomini d’affari!”.
“Già… E quale sarebbe esattamente l’affare che vorresti stipulare con me, Crowley?”.

Sorridendo beffardo, il Re dell’Inferno aveva preso in mano i due bicchieri, porgendone uno al re dei Leviatani.

“Io voglio solo continuare a fare quello che ho fatto fin ora, tutto qui!”.
“E come pensi di fare, sciocco demone puzzolente?”.

Ma, appena Dick aveva posato il bicchiere alle labbra e aveva mandato giù un sorso di liquore, aveva sputato un misto fra liquido vischioso e schiuma, urlando di dolore.
Il bambino si era svegliato a quel trambusto, e aveva cominciato a piangere, terrorizzato.
Crowley, allora, prima che arrivassero i rinforzi, aveva preso in braccio la creatura e aveva tirato fuori da chissà dove l’arma che poteva fermare i Leviatani.

“Così!” – aveva detto, e con un solo potentissimo colpo, aveva trafitto il collo di Dick Roman.
I suoi occhi erano diventati completamente gialli per un lungo istante, prima di tornare del loro normale colore.
Aveva vinto. C’era riuscito.
“Adesso, tu e i tuoi amichetti siete sotto il mio controllo, Dick. Mai prima d’oggi fu dato un nome più appropriato. Il bambino lo riporto da sua madre… Non avrei mai potuto darlo ad un cazzone come te”.

Continua…
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Crowley, sei… sei…. No comment va!! Menomale che ha rispariamo il bambino!!
Non avrei mai potuto fare una cosa del genere a quella creaturina!! =(
Ora voglio vedere come si evolveranno le cose! Gli sta bene a quel DICK di DICK! U.U

Dean… Vogliamo parlare del sogno di Dean??
Sciocco umano… Dovresti davvero ringraziare per la fortuna che ti è capitata!

Povero Colin… Che pena mi fa! E lo stesso vale per Ian…
Ragazze, scappo!
Spero che vi sia piaciuto!
Un bacione
Cleo
   
 
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