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Autore: Beauty    26/10/2012    18 recensioni
E se Belle e Rumpelstiltskin si fossero incontrati nella vita reale?
Mr. Gold, attraverso i suoi patti, tiene in pugno l'intera Storybrooke. E' considerato un uomo malvagio e incapace di amare, ma quando Belle French, per saldare i debiti del padre, accetta di lavorare per lui, le cose si rivelano diverse da come appaiono. Ben presto, Belle e Mr. Gold si ritroveranno inaspettatamente a provare dei sentimenti l'uno per l'altra, ma qualcuno intanto sta tramando nell'ombra...
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Belle, Signor Gold/Tremotino
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Rain

 

Moe incespicò, urtando con una spallata la cancellata della villa.

- E guarda dove vai!- biascicò uno dei suoi cinque compari, al che gli altri scoppiarono in una risata sgangherata. Moe ghignò, tracannando un sorso di tequila direttamente dalla bottiglia.

- Ehi, ma che ore sono?- fece un altro.

- Boh, le due, le tre del mattino…Perché, hai qualcuno che ti aspetta?- rise Maurice.

Quello inarcò un sopracciglio.

- Certo che no, non sono io il paparino con una bimba apprensiva a cui badare…

- Pfff!- il fioraio buttò giù un altro sorso.- Quella spaccapalle starà già dormendo, altro che…

- E in dolce compagnia, magari!- tutti risero.

Maurice squadrò il compagno con aria truce.

- Che cazzo stai dicendo, figlio di puttana?

- Io? Niente. Solo che, ehi, è una bella figliola, non mi stupirei se qualcuno se la sbattesse…

- Se solo ci prova le spacco quella faccia da santarellina, parola mia!- urlò Moe, raccogliendo da terra una pietra.

- Io me la farei…- disse un altro.- Sul serio. Anche se credo che qualcuno ci stia già pensando…chi lo sa, magari proprio in questo momento…

- Senti, chiudi quella fogna di bocca, o te la chiudo io per sempre!- ululò Maurice.

- Ehi, calma, calma, sto solo riportando delle notizie. Non lo sai cosa si dice in città di tua figlia e di…

- Ho detto di chiudere la bocca, stronzo!- urlò Moe, la mente annebbiata dall’alcool, e scagliò la pietra in direzione del compare. Quello si scansò appena prima che lo colpisse, e il sasso attraversò la cancellata della villa, andando a schiantarsi contro il vetro di una finestra.

 

***

 

Regina si svegliò di soprassalto, disturbata da un rumore di vetri infranti. Ansimò, esitando solo qualche secondo, prima di scendere velocemente dal letto e indossare la vestaglia. Percorse in fretta il corridoio al buio, a piedi nudi, giungendo fino alla camera di Henry. Socchiuse piano la porta, sbirciando dentro. La lampada da notte di suo figlio proiettava sul muro ombre e figure gialle e rosse. Henry le dava le spalle, rannicchiato sotto le coperte. Non si era svegliato.

Regina tirò un sospiro di sollievo: suo figlio stava bene.

Per un attimo si domandò se non avesse semplicemente sognato, ma era certa di aver sentito un rumore. Richiuse piano la porta, attenta a non svegliare Henry. Si strinse ancora più nella vestaglia, scendendo al piano di sotto. Si affacciò alla cucina: niente. Volse allora la sua attenzione all’ampio salotto, entrandovi lentamente. Sembrava tutto in ordine, non pareva mancare nulla.

Fece per tornarsene a letto, quando sentì uno scricchiolio seguito subito dopo da un bruciore al piede destro. Regina fece una smorfia, abbassando lo sguardo: si era tagliata con dei vetri rotti.

Fece scorrere lo sguardo lungo la scia dei frammenti: il vetro rotto si estendeva in tanti pezzettini dalla finestra sino a quasi il divano. In salotto entrò uno spiffero gelido.

Regina mosse qualche passo, attenta a non tagliarsi di nuovo, e scorse qualcosa di grande e scuro giacere in mezzo al salotto. Si chinò per raccoglierlo: una pietra.

La donna ringhiò di rabbia, uscendo a grandi passi dal salotto. Spalancò la porta d’ingresso e si precipitò in veranda, pronta a rispedire il sasso direttamente al mittente, ma si rese conto di essere arrivata troppo tardi.

Chiunque fosse stato, aveva pensato bene di defilarsi in tutta fretta.

Regina serrò le mascelle, squadrando la pietra con rabbia. Ora chissà quanto tempo ci sarebbe voluto, prima che la polizia trovasse il colpevole, se mai l’avesse trovato, senza contare che il solo pensiero di dover parlare con Emma Swann le dava il voltastomaco, e…

Un altro spiffero gelido la fece stringere ancora di più nella vestaglia. Regina gettò un’ultima occhiata alla strada deserta, afferrando il pomello della porta, fino a quando il suo sguardo cadde su una piccola telecamera installata appena al di sotto del primo piano. Aveva fatto installare quel sistema di sicurezza circa quindici anni prima, spesso dandosi della stupida per aver buttato via così del denaro in una cittadina dove non succedeva mai nulla, ma forse ora poteva tornarle utile.

Qualunque cosa fosse successa, le telecamere l’avevano sicuramente registrata.

 

***

 

Belle e Mary Margaret gettarono all’unisono un’occhiata alla finestra, allorché udirono un tuono in lontananza. I bambini, sia che fossero pazienti del reparto di pediatria, sia che fossero i piccoli assistenti volontari della maestra Blanchard, rabbrividirono vistosamente.

- E dire che oggi doveva esserci il sole…- commentò Mary Margaret, posando un vaso di fiori sul comodino di una bimba con un braccio ingessato.

- Già. Io non ho neanche l’ombrello…- mormorò Belle, dando un bacio sulla fronte a un bimbo attaccato a un respiratore.

- Posso darti uno strappo, se vuoi…Sì, insomma, David viene a prendermi, ma se glielo chiedo…

- Tranquilla, goditi il tuo Principe Azzurro, non sarò certo io a fare da terzo incomodo - ridacchiò Belle. Notò che Mary Margaret aveva inarcato un sopracciglio. - Sul serio, farò una corsa…- rimarcò la ragazza.

Mary Margaret non pareva molto d’accordo, ma presto l’incombenza dei bambini infranse qualunque tentativo di replica.

- Forza, bambini! Mettete in ordine quei giocattoli!- ordinò a gran voce ai cinque alunni che avevano accettato di accompagnarla a fare volontariato. Immediatamente, i bambini iniziarono a raccogliere i giocattoli dal pavimento.

Era un progetto che portava avanti da anni, ormai. Mary Margaret impiegava tutta la domenica in attività di volontariato, sia che fosse al rifugio per animali di Storybrooke, sia all’istituto delle suore, sia, come quel giorno, in ospedale. Aveva iniziato al liceo, su proposta di un’insegnante, e da allora non aveva più smesso. Lo stesso valeva per Belle. Come Mary Margaret, adorava fare volontariato, le piaceva dare una mano a chi stava peggio di lei, la faceva sentire utile. E, all’incirca un anno prima, discutendo di questo progetto, era saltata fuori l’idea di estendere l’attività anche agli alunni della scuola elementare. Mary Margaret aveva proposto il progetto, che era stata accolta entusiasticamente dalla maggior parte dei suoi allievi, cinque dei quali erano diventati ormai delle presenze fisse la domenica in ospedale.

- Ma si sa chi è stato?- bisbigliò Paige, gettando alcuni cubi di legno in una scatola.

- No, non si sa - rispose Henry, chino accanto a lei.- Ma mamma ha detto che le telecamere l’hanno registrato, quindi penso si scoprirà presto…

- E tu non hai sentito niente?

- No.

- Proprio niente?

- No, ho dormito per tutta la notte.

- Mamma mia, che ghiro!

Belle terminò di riporre alcune bambole di pezza in una sacca, quindi si sfregò le mani con un sorriso soddisfatto. Mary Margaret le lanciò un’occhiata di sottecchi: era trascorsa una settimana dallo spettacolo dell’Epifania e dall’“incidente” che ne era seguito fra la sua amica e il signor Gold, e lei non aveva ancora trovato il coraggio di chiederle nulla in proposito. Belle, dal canto suo, non ne aveva fatto parola. La maestra aveva anche azzardato l’ipotesi che Leroy avesse esagerato con l’alcool, quella sera, e avesse sparato delle scemenze che non stavano né in cielo né in terra, ma da qualche tempo a quella parte la sua amica era strana. Non era cambiata, ma era in qualche modo…diversa, ecco. Il suo carattere allegro e solare si era accentuato, e aveva una strana luce negli occhi, la stessa luce che Ruby diceva avesse lei da quando aveva iniziato a vedersi con David, e la stessa che aveva Ashley da che lei e Sean si erano riconciliati.

Belle era innamorata. Mary Margaret non ci avrebbe trovato nulla di male, anzi, da una parte era anche felice per lei. Era il sospetto dell’identità dell’amato, che la sconcertava.

- Davvero, ragazze, non saprei proprio come ringraziarvi…- fece Sorella Astrid, avvicinandosi a loro. Le due amiche le sorrisero.

- Si figuri, per noi è un piacere…- disse Belle.- Adoriamo fare volontariato, vero, MM?

- Magari le persone fossero tutte come voi…- sospirò Sorella Astrid, abbassando lo sguardo.

Mary Margaret smise di sorridere, perplessa.

- Va tutto bene, Sorella Astrid?- chiese Belle.

- Beh, diciamo che potrebbe andare meglio…- la suora si strinse nelle spalle.- Prima Leroy, e ora…

- Leroy?- fece eco Mary Margaret.

Sorella Astrid arrossì vistosamente.

- Che? Cioè, volevo dire…è che…aspetto una persona…

- Qui?

- Sì…è che…vedete, lui non è molto bene accetto al convento, e…

- Non è né il primo né l’ultimo luogo, Sorella Astrid!

Le tre donne si voltarono all’unisono in direzione della porta. Henry e Paige smisero di mettere in ordine e sollevarono lo sguardo.

- I termini del contratto non stabilivano che io dovessi adeguarmi al suo umore e a quello delle sue sorelle - il signor Gold mosse qualche passo, entrando nella stanza.- Devo forse ricordarle che non c’è nulla che m’impedisca di raddoppiare l’affitto?

Sorella Astrid sgranò gli occhi, iniziando a rovistare nervosamente nelle tasche del pullover.

- Io…mi…mi scusi, è che…La Madre Superiora non si sente molto bene, e…

- Risparmi le sue scuse, Sorella, dire bugie non si addice a una suora - l’interruppe Gold, secco.

- Io…sì, certo - si arrese Sorella Astrid, rossa in viso, porgendogli una mazzetta di dollari.- Dovrebbe esserci tutto…

- Lo spero - Gold prese il denaro senza battere ciglio.

Belle si morse il labbro inferiore, mentre lei e Mary Margaret riprendevano a lavorare, cercando di ignorare la presenza del signor Gold. Questi si limitò a scoccare alcune occhiate ai bambini ricoverati, senza che sul suo volto passasse alcuna traccia di emozione. Belle si chiese che cosa facesse ancora lì; ora che aveva ritirato l’affitto, non c’era più nulla che lo trattenesse.

Una bambina sui sei anni, sdraiata sul lettino con una gamba ingessata, lasciò cadere sul pavimento la sua bambola. Belle fece per raccoglierla da terra, ma il signor Gold la precedette, chinandosi a riprendere il giocattolo. Lo porse alla bambina, la quale gli rivolse un timido sorriso; Belle spostò lo sguardo sul volto di Gold, ma non vi scorse alcun mutamento di espressione se non, alla ragazza parve di vedere, un leggero sorriso, appena percettibile, quasi se ne vergognasse.

Belle si sentì avvampare, quando Gold la guardò negli occhi.

- Buona giornata, Belle - disse, prima di uscire senza voltarsi.

La ragazza non fu mai tanto grata di aver terminato il proprio lavoro. In genere, quando il suo turno era finito, s’intratteneva ancora con i bambini, oppure chiacchierava con Sorella Astrid o faceva la strada di ritorno con Mary Margaret, ma quel giorno salutò i piccoli pazienti e indossò velocemente la felpa.

La maestra la guardò a occhi sgranati.

- Ci…ci vediamo domani a colazione, okay?- fece Belle, ignorando lo sguardo dell’amica.

- Belle…

- Magari ti chiamo stasera, va bene?

- Belle…

- Ciao!

Belle uscì dal reparto di corsa, guadagnandosi una sfilza di occhiatacce da parte di medici, infermieri, e anziane nonnine che più di una volta era stata sul punto di investire. Raggiunse il signor Gold appena in tempo prima che se ne andasse.

- Come mai tanto trafelata, dearie?- fece Gold.

- Io…- ansimò Belle.- Io…

Io, che cosa?

Perché gli era corsa appresso? Che aveva di così importante da dirgli? Perché ora se ne stava lì impalata come un baccalà chiedendosi perché fosse tanto stupida?

Ah, già…

Belle boccheggiò, chiedendosi se il modo migliore per suicidarsi fosse sbattere la testa contro il muro fino a rompersela in due oppure restare sotto la pioggia battente di quel momento in attesa di una più che meritata polmonite fulminante, mentre il signor Gold continuava a fissarla, apparentemente spazientito.

- Niente, volevo solo salutarla - concluse miseramente Belle.

Gold inarcò un sopracciglio.

- Hai travolto mezzo corridoio solo per questo?

- Oh, andiamo, non ho ucciso nessuno!- Belle scoppiò a ridere, sentendosi improvvisamente il cuore più leggero. Non aveva chiamato gli infermieri perché le mettessero la camicia di forza, beh, era già qualcosa.- Non è poco, per me.

Gold fece la sua solita smorfia.

- Non sapevo facessi…

Un rumore sordo seguito da un’imprecazione interruppe la sua frase. Belle si voltò, sentendo il cuore balzarle fino alla gola, non appena riconobbe la voce.

Gaston stava incespicando nella loro direzione, con un occhio nero, il labbro spaccato e un grosso cerotto bianco all’altezza del sopracciglio. Probabilmente, si disse Belle, doveva essere reduce da qualche rissa. Jefferson, al suo fianco, stava cercando di accompagnarlo a fatica fino all’uscita.

- Per favore, glielo chiedo un’ultima volta: esca da qui!- sbuffò Jefferson, spingendo Gaston verso la porta a vetri dell’ospedale.

- Io quello lo ammazzo!- urlò Gaston, attirando l’attenzione di tutti i presenti.- Altro che il braccio, io gli spezzo il collo!

- Con quello che avete combinato avrete tempo per discutere in tribunale!- Jefferson tentò di spingerlo fuori afferrandolo per un braccio, ma Gaston si divincolò.

- Toglimi le mani di dosso, brutto str…

Lo sguardo del ragazzo incontrò quello di Belle. La ragazza avvertì una strana sensazione, come se stesse cadendo.

- Oggi è il mio giorno fortunato!- grugnì Gaston, spingendo Jefferson di lato.

Belle indietreggiò di un passo.

- Vattene, Gaston!- disse, tentando di apparire decisa, ma più che una minaccia la frase le uscì come una supplica.

- E perché? Sono appena arrivato…- Gaston avanzò a grandi passi verso di lei. Barcollava, probabilmente doveva aver bevuto.- Non ti sei dimenticata di Natale, vero?

- Gaston, lasciami in pace…!

- Ma certo che ti lascio in pace! Ti lascerò in pace, come no, dopo averti spaccato quella faccia da sgualdrina…!

Gaston alzò un braccio per colpirla; Belle serrò gli occhi, ma prima che il ceffone la raggiungesse, il signor Gold aveva bloccato il ragazzo per un polso. Gaston digrignò i denti, tentando di reagire, ma prima che potesse farlo l’uomo lo colpì in pieno stomaco con il manico del bastone.

Gaston emise un gemito soffocato, finendo in ginocchio. Jefferson e gli altri infermieri accorsero, prendendolo per le spalle.

- Me la paghi, bastardo!- ringhiò Gaston.- Io sono Gaston Prince, e tu, bestia, mi hai portato via…

- Ne riparliamo da sobrio!- sibilò Gold, lasciandogli il braccio.

Jefferson e altri due inservienti afferrarono il ragazzo per le spalle, spingendolo fuori dalla porta.

Trascorsero forse trenta secondi, forse dei minuti interi, ma a Belle parvero durare anni.

Espirò impercettibilmente, mentre il sangue riprendeva a defluire. Tenne lo sguardo fisso sulla porta da cui Gaston era appena uscito, senza avere il coraggio di guardare altrove. A mano a mano che la paralisi da spavento passava, si accorgeva che tutti la stavano fissando, aveva su di sé lo sguardo di oltre trenta persone. Si sentì avvampare, sentiva il capo pesante, mentre tutt’intorno si levavano mormorii di curiosità e qualche risatina di scherno. In poche ore quello che era successo sarebbe divenuto di dominio pubblico, tutti a Storybrooke avrebbero saputo di quello che era successo fra il figlio del senatore e lei, la patetica figlia dell’ubriacone della città.

Belle si sentì salire le lacrime agli occhi, anche se non avrebbe saputo dire se per lo spavento o per l’umiliazione. Beh, non voleva saperlo. Non voleva sentire i commenti maligni di chi le stava intorno, né incontrare lo sguardo infastidito o – peggio ancora – sprezzante del signor Gold. Voleva solo correre a casa e nascondersi sotto le coperte, niente di più.

Ricacciò indietro le lacrime, correndo in direzione della porta. Sollevò il cappuccio della felpa sul capo, uscendo sotto la pioggia battente. Scese in fretta i gradini, ringraziando mentalmente che la fermata dell’autobus fosse vicina. Si appoggiò alla colonna sostenitrice del cartello, maledicendo di non aver portato l’ombrello. Non vedeva l’ora che l’autobus arrivasse.

- Cosa stai facendo?!

Belle non si voltò, riconoscendo al volo la voce, né lo fece quando il signor Gold le si avvicinò, abbastanza da poterla riparare con il suo ombrello nero. Non gli rispose; era una domanda retorica, sapeva benissimo che cosa stava facendo. Tenne lo sguardo puntato sulle proprie scarpe.

- L’autobus non arriverà prima di un’ora. Intendi davvero rimanere sotto la pioggia per tutto questo tempo?

- Non ho molta scelta…- mormorò Belle, sperando che non si accorgesse della sua voce incrinata.

Il signor Gold sospirò, forse chiedendosi perché gli fosse capitata proprio una piaga come lei.

- Ho la macchina qui vicino. Ti do un passaggio fino a casa.

Non era una domanda né un invito. Pareva di più un vero e proprio ordine. Belle lo guardò, alla ricerca di una replica gentile per rifiutare.

- Sappi che qualunque scusa accamperai sarà solo inutile e poco credibile, nonché oltremodo nocivo per la tua salute. Andiamo, non mi servi a niente se sei malata!

Ecco, come non detto.

Belle annuì, aggrappandosi al braccio dell’uomo. Andiamo, non mi servi a niente se sei malata!...era per questo che lo faceva? Perché lei gli occorreva al negozio? Probabile, d’altronde ogni sua assenza comportava un giorno in più di lavoro. Ma c’era di più.

Belle era quasi certa che lei fosse la prima persona da moltissimo tempo ad aver avuto l’onore di salire sulla Cadillac nera del signor Gold, nonché forse l’unica verso cui avesse mostrato…qualcosa di vagamente somigliante a gentilezza. Tuttavia, Belle aveva ancora paura a credere che lui la considerasse più di una semplice assistente provvisoria raccattata per pietà in una squallida catapecchia di periferia. Bastava soltanto pensare a come aveva trattato Sorella Astrid solo poco prima. Le suore erano benvolute da tutti, a Storybrooke, eppure il signor Gold non si sarebbe fatto alcuno scrupolo a cacciarle via dal convento solo per un ritardo dell’affitto. Belle sapeva come aveva fatto a costruire la sua fortuna, e di come mantenesse il suo potere in città, e questo la spaventava. Si rese conto che il signor Gold era così solo per scelta. Se manteneva sempre quella muraglia invisibile dietro cui nascondersi, era perché non voleva che nessuno si avvicinasse, che nessuno lo ostacolasse o lo distogliesse da quello che era il suo obiettivo principale. Il denaro. Il potere.

- Quando ti deciderai a denunciare quell’imbecille?- chiese all’improvviso il signor Gold, riportandola alla realtà. Belle non si era nemmeno accorta che aveva iniziato a guidare.

Proprio una bella domanda.

Belle non sapeva che rispondergli. Non sapeva come dirgli che non l’avrebbe denunciato, né ora né mai. Non sapeva come ammettere di essere una perdente. Lo era sempre stata, nella sua vita. Non aveva mai potuto fare niente, qualunque cosa le accadesse, non ne aveva mai potuto nulla. Non aveva potuto salvare il Game of Thorns senza cedere a dei ricatti. Non aveva potuto far sì che suo padre smettesse di bere. Non aveva potuto fermare Gaston. Non aveva potuto guarire la leucemia di sua madre. Non aveva mai potuto nulla.

Aveva ripreso a piangere. Si asciugò nervosamente le lacrime, maledicendosi con tutta se stessa.

Gold accostò l’auto, fermandosi di fronte a casa French. Belle si sentì infinitamente sollevata.

- Grazie…- mormorò, senza guardarlo, facendo per aprire la portiera. Gold la fermò toccandole piano un braccio.

- So di non essere la persona migliore a cui fare delle confidenze…- fece una smorfia.- Ma credevo che quell’idiota avesse imparato la lezione…

- A Natale mi ha inviato un messaggio - disse Belle.- Credevo fossero solo minacce, ma…

- Se ti da fastidio ancora, devi venire da me, intesi?

Belle rimase interdetta, ma annuì.

Il signor Gold le prese una mano.

- Non sono un uomo buono, ma avrai capito che su di me si può contare - ghignò come al suo solito.- Abbiamo un accordo?

Belle ridacchiò.

- Affare fatto - concesse.- Lei dice di non essere un uomo buono, ma ha fatto una bella cosa, oggi…- aggiunse poi.

- Una lezione agli imbecilli non fa mai male…

- Vero. Ma non mi riferivo solo a Gaston. Quella bimba le era molto grata, lo sa?

- Ho solo raccolto un giocattolo.

- Ma quando le ha sorriso, lei ha ricambiato. Impercettibilmente, ma l’ha fatto. L’ho vista, sa?- Belle sorrise.- Le piacciono i bambini?

Gold sospirò, prima di rispondere.

- Anche se potrò sembrare un pervertito, ammetto che i bambini mi stiano simpatici. Sono gli unici a non agire mai con un doppio fine, a differenza di tutte le altre persone…

- Pensa questo anche di me?

Gold la guardò, ma non rispose. Belle arrossì.

- Io…beh, grazie del passaggio…- mormorò, aprendo la portiera ed uscendo dalla macchina.

 

***

 

Il signor Gold passò al negozio, quella domenica, prima di tornare a casa. Lo faceva spesso, nei giorni in cui non lavorava, per assicurarsi che fosse tutto in ordine. Fece una smorfia non appena sentì la porta aprirsi.

- Siamo chiusi!- disse, senza voltarsi.

- Ma lei è qui - replicò una voce femminile, calma e impassibile.

Gold sogghignò, riconoscendo il tono deciso e perentorio del sindaco Mills. Si voltò; la donna sorrideva, come sempre apparentemente sicura di sé, ma lui sapeva che era disperata. Solo i disperati si rivolgevano a lui.

- Mi faccia indovinare - ghignò.- Lei è qui per chiedermi di nuovo di concederle un altro prestito, prestito che sa che non potrà ripagare, data la falla che ha già aperto nelle finanze della città. E temo proprio, dearie, che anche questa volta mi vedrò costretto a rifiutarle il mio aiuto.

Si sarebbe aspettato che il sorriso della donna le morisse sulle labbra; invece, Regina non si scompose, e avanzò verso il bancone. Si sporse verso di lui.

- Glielo chiedo un’ultima volta: mi conceda quel prestito.

Regina abbassò lo sguardo, scorgendo una tazzina bianca e blu poggiata sul bancone. Aveva il bordo scheggiato. Quasi senza pensarci, la prese in mano e iniziò a esaminarla.

Con sua grande sorpresa, Gold gliela strappò di mano.

- Altrimenti?

Regina sbatté le palpebre, frastornata, ma subito s’impose di riprendere il controllo. Tornò a sorridere.

- Non mi sottovaluti, Gold. Chiunque ha delle debolezze.

Il signor Gold ghignò nuovamente.

- Lei crede, dearie?

Regina non gli rispose, ma continuò a sorridere. Si avviò verso l’uscita, sentendo il ghigno dell’uomo ancora su di sé, ma s’impose di ignorarlo. Chiunque aveva delle debolezze, pensò. E lei credeva di essere molto vicina a scoprire quelle del signor Gold.

E queste erano in qualche modo collegate a quella tazzina sbeccata.

 

Angolo Autrice: Questo è un capitolo di mezzo, ma ha un suo perché. Diciamo che mi serviva dare un po’ di spazio ai cattivi, ovvero Regina – the master, diciamo XD –, Gaston (che tornerà a rompere, anche se verso la fine) e Moe. Ora, sarebbe stato inverosimile che tutta Storybrooke sapesse della storia fra Belle e Gold e Maurice facesse la figura del povero pirla che non si accorge di nulla mentre sua figlia gliela sta facendo sotto il naso. Qui ha avuto un mezzo sentore di ciò che sta accadendo, e quando verrà a sapere la verità saranno dolori. Ha un perché anche il fatto che abbia rotto la finestra di Regina e, alla pari di Rumpel, anche Gold ha l’ossessione del potere, anche se in maniera diversa…

Bene, detto ciò…The Crocodile mi ha fatto schizzare il livello di fluff alle stelle, quindi nel prossimo capitolo ci sarà un po’ di romanticismo…

Ringrazio Alessandrina95, areon, Deademia, Dresda, Drop_of_Moon, Eruanne, h o r o, jarmione, jenny95k, PiccolaSerpe, S n o w, Silvie de la nuit, strega_del_lago, tykisgirl, Valby e vultur per aver aggiunto questa ff alle seguite, momichina92 per aver aggiunto questa ff alle seguite e per aver recensito, Christine_Heart per averla aggiunta alle ricordate, ANIMAPERSA, B_SomebodyToldMe, Ele 95, MsBelle, StillAnotherBrokenDream per averla aggiunta alle preferite, Ginevra Gwen White per averla aggiunta alle preferite e per aver recensito, kagura, LadyPalma, Samirina, historygirl93, Valentina_P, Nimel17, LadyAndromeda e Sylphs per aver recensito.

Ciao, al prossimo capitolo!

Dora93

  
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