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Autore: cenerella    26/10/2012    1 recensioni
Storia prima classificata al contest "Si sarebbero amati in qualsiasi storia fossero andati a finire" indetto da Postergirl sul Forum di EFP.
Penisola Olimpica 1860. Isabella Cullen, sposa annoiata, non immagina quali sorprese le riserveranno le sue passeggiate nella foresta.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black | Coppie: Bella/Edward, Bella/Jacob
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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- Questa storia fa parte della serie 'Giorni'
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Aprile 1861

 

Ci fu un accenno di disgelo, verso la fine di marzo.

Il ghiaccio cedette sotto la neve umida e dal fiume si sentivano provenire i colpi della crosta gelata che si spaccava, tanto forti da mettere in fuga gli uccelli come fossero colpi di fucile.

Una mattina presto fui svegliata da un rumore secco.

E' solo il ghiaccio, pensai.

Ma mi avvolsi nella trapunta e corsi alla finestra. Accostai il palmo al vetro appannato e cercai di scrutare attraverso il giardino, ebbi un sussulto e per poco non cacciai un urlo. C'era un uomo sul viale di casa, una figura scura nella luce livida. Rimase fermo, in attesa, mentre l'alba impercettibilmente schiariva il cielo dietro di lui. Aveva le spalle ricoperte di pelliccia di lupo e una lunga carabina dalla canna ancora fumante stretta nella mano destra. Guardò in direzione della casa poi, raccolta la sua preda, si voltò lentamente e sparì lungo il sentiero ricoperto di neve.

Un picchiettare sommesso sui vetri mi fece sospirare rassegnata: aveva ricominciato a nevicare. Osservai assonnata i fiocchi che cadevano obliqui contro la finestra.

C'era neve dappertutto, cadeva ovunque sulla pianura, si fermava soffice contro il profilo dei primi alberi della foresta, oltre il giardino, sulle punte del cancello.

Nevicò ancora, per giorni, una compatta, densa nevicata con una rabbiosa nostalgia dell'inverno.

Era già aprile quando il ghiaccio si sciolse ma c'era ancora troppa neve per avventurarsi oltre le assi sicure del portico di casa.

Infine, la morsa dell'inverno finalmente si allentò.

Dal bosco si udiva in lontananza il rumore dei tronchi morti che cozzavano tra loro e precipitavano a valle galleggiando sulle acque impetuose del fiume.

La neve finalmente si scioglieva rivelando un paesaggio desolato, sporco, grigio di fango.

Stentavo a riconoscere il territorio verde e rigoglioso che mi aveva accolta mesi prima, ma con il passare dei giorni e il mitigarsi delle temperature l'inizio della primavera si fece strada prepotente.

Curiosa e smaniosa di ritrovare i luoghi segreti a me familiari, mi spinsi fino in fondo all'orto, sbirciando oltre la staccionata.

Azzardai qualche passo e valutai il sentiero ricoperto di neve pestata.

Corsi in casa e indossai gli stivali, afferrai uno scialle e tornai sui miei passi.

Nel bosco non c'era movimento alcuno.

Sotto le spesse fronde degli alberi la neve si era già sciolta, o forse non si era mai fermata. Avanzavo, un passo dopo l'altro, su un fragrante tappeto di foglie cadute.

L'aria era calma e ferma, tutto era asciutto, profumato, silenzioso. Nella foschia gli alberi luccicavano, il bosco era immobile, muto e pieno di mistero. Dai tronchi secolari emanava una calma antica: silenziosi e immobili, immaginai che mi avessero attesa per tutti quei mesi.

La consapevolezza del lungo inverno trascorso al chiuso, avvolta nelle chiacchiere delle donne vicino al camino mi investì.

Come in un sogno avanzai tra le felci. Ritrovai il sentiero e credetti di riconoscere nei minuscoli fiori bianchi che punteggiavano il sottobosco la promessa che di lì a poco avrei nuovamente assaggiato le prime aspre fragoline.

Trovai il ruscello e il lago dalle pietre bianche sul fondo, la riva muschiosa sulla quale mi ero addormentata in un pomeriggio di ottobre.

Rimasi ferma ad ascoltare i suoni che provenivano dall'altra parte della radura. Tutto era fermo e il sole ormai era alto.

Mi sedetti in riva al lago e scrutai tra le fronde, non sapendo nemmeno io che cosa stessi aspettando.

Di colpo il ricordo attraversò la mia mente e mi fu chiarissimo quali fossero i miei desideri segreti. Arrossii ma non feci nulla per sottrarmi a quel pensiero illecito.

Posai lo sguardo sul tronco dietro al quale mi ero nascosta e sentii una fitta di disagio al pensiero dell'uomo dagli occhi selvatici.

Sentii nuovamente il sangue affluire al mio viso, arrossandolo, e provai il desiderio di incontrarlo ancora.

Il tempo scorreva con lentezza, come in un sogno, e lui non si faceva vedere. Non che lo aspettassi, ma dovetti fare uno sforzo per alzarmi ed andarmene.

All'improvviso lo vidi attraversare rapido la radura. Mi lanciò una breve occhiata e scomparve tra le felci. Si chinò silenzioso, forse per controllare una trappola, infine lentamente mi si avvicinò.

Per la prima volta lo guardai dritto negli occhi.

Immobili.

In attesa.

Il verso di un animale, forse l'ululato di un lupo risuonò nella foresta.

Si voltò e scomparve velocemente, così come era apparso, nel fitto del fogliame.

   
 
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