Capitolo 6:
vagabondi e mendicanti
Durante la giornata non si fermarono quasi mai, se non nel
pomeriggio appena inoltrato, presso un ruscello che proveniva dalle lontane
montagne a nord. Si fermarono lì, intesi a ripartire dopo un’ora.
Mentre i quattro soldati si riunirono per mangiare insieme, Gorgo
decise di sedersi su un masso lì vicino, libera di immergersi nei suoi
pensieri.
- Mia signora – la voce di Delios, dietro di lei, la fece tornare
alla realtà. Si volse e vide il soldato porgerle una scodella di cibo.
- Sapete che non mi è permesso mangiare carne e formaggio, mio
signore – disse pacata la ragazza, osservando il soldato che scosse il capo:
- Qui non siamo a Sparta, mia signora. O mangi questo o non mangi
– ribatté con voce seria l’uomo, porgendole ancora la ciotola.
- Bene, vorrà dire che non mangerò – rispose Gorgo e si volse ad
osservare le pianure davanti a sé. Delios osservò i suoi capelli raccolti in
una treccia, il profilo serio e deciso. La guardava e non sapeva che dire per
rincuorarla. Sapeva bene il sacrificio che stava compiendo quella ragazza e una
parola eccessiva avrebbe potuto intaccare il suo precario equilibrio interiore.
Decise così di non dire nulla e di tornare dai suoi compagni, ma la voce di
Gorgo lo fermò:
- Aspetta, mio signore. Vorrei chiederti una cosa – . Delios si fermò e si volse, attendendo.
- Quanto tempo impiegheremo per raggiungere il tempio degli Efori?
– gli chiese la ragazza. L’uomo si sedette al suo fianco, la scodella per mano;
poi rispose:
- Sul tardo pomeriggio raggiungeremo i piedi del monte, ma la
salita sarà molto ardua: la roccia è friabile e bisogna stare molto attenti a
dove si mette piedi; vi sono caverne che possono dare rifugio
ma molte di esse sono abitate da fiere selvagge. Non è una passeggiata,
credetemi. Almeno tutta la notte e l’alba seguente per salire e scendere – .
Gorgo rimase ad ascoltarlo attentamente, poi annuì appena: - Vi
ringrazio. Ora potete tornare dai vostri compagni – rispose appena, chinando il
capo.
Delios si alzò e tornò dai soldati con la scodella.
Ancora un
giorno di libertà. Spero di morire durante la salita, magari cadendo o uccisa
dalle bestie, pensò Gorgo con il viso raccolto nelle mani. Subito il suo
pensiero andò a Sparta, che già le mancava. A
quest’ora mi starei allenando e starei ad ascoltare le lezioni della mia
maestra, le favole di Edoné e le lamentele delle mie amiche che non trovano un
marito. Allora io subito risponderei, come sempre: -
Meglio sole per qualche anno che mal accompagnate tutta la vita! Non abbiate,
fretta! -. E nel mentre, tutte le ragazze mi farebbero eco, per poi scoppiare a
ridere…Oh, se solo potessi tornare a casa! Pagherei qualsiasi cosa pur di
tornare a Sparta! Mi metterei anche a fare la serva del re!.
- Spartana! – una voce autoritaria la chiamò. Gorgo si volse e
vide avvicinarsi a lei proprio il sovrano.
– Sì, mio signore…? – rispose alzandosi Gorgo.
- Delios mi ha detto che non vuoi mangiare. Decisione sbagliata:
il cammino è arduo, faticoso…e non vorrei raccoglierti ogni minuto, mentre saliamo
sul fianco della montagna – disse Leonida, sedendosi al suo fianco.
- Come “non vorrei raccogliervi ogni minuto”? Non verrai tu ad
accompagnarmi, mio signore? – chiese Gorgo perplessa.
- Sì, vengo io. Devo recarmi da quelle bestie lassù per decidere
delle Glancizie e non voglio scomodare un mio soldato per un sacrificio simile.
Loro mi attenderanno ai piedi del monte – spiegò il Re, osservando l’orizzonte
con sguardo mesto.
- Siate felice, mio buon signore…-, sussurrò sospirando Gorgo, -
Tu raggiungi luoghi remoti, ma ben sai che poi tornerai a casa…a Sparta. Io
invece compio un viaggio di sola andata e ben so che non tornerò più dalla mia
famiglia, né mai avrò un marito da aspettare -.
Leonida non rispose, non sapendo cosa dire. La ragazza aveva
ragione: non poteva darle nessun conforto. Chinò a terra il capo e notò
qualcosa, nella sacca della ragazza, catturare i raggi del sole. Allungò appena
lo sguardo, giusto il tempo di vedere l’elsa di una spada, prima che la giovane
afferrasse la sacca e la posasse altrove. I due si osservarono negli occhi, per
qualche istante, poi l’uomo si alzò e catturò su di lui l’attenzione dei
soldati:
- Smontate tutto, ripartiamo – annunciò.
- Mio signore! – esclamò un soldato, indicando una nuvola che
camminava verso di loro.
- Cos’è? – chiese perplesso un secondo soldato.
- Un gruppo di vagabondi o qualcosa di simile. Rimaniamo uniti:
potrebbe essere una trappola – rispose Leonida una volta che distinse il carro
e le poche figure che si stavano avvicinando.
Aveva ragione Leonida: poveri vagabondi e mendicanti che andavano
in cerca di rifugio. Vedendo che nessun soldato si fermava, nemmeno per uno
sguardo, Gorgo si avvicinò appena, un po’ indifferente.
– E’ inutile che vi
fermiate, buona gente. Non abbiamo nulla per voi – annunciò con tono pacato,
scuotendo il capo. Dall’unico carro che trasportavano quegli straccioni, uscì
una donna armata fino ai denti. Alla sua apparizione, tutti i mendicanti si
tolsero i mantelli strappati, mostrando affilate spade.
– Tu dici, mia signora? Oh, io credo proprio di no! – esclamò
ridendo la donna, saltando giù dal carro e correndo verso Gorgo.
– Leonida!! – gridò quest’ultima, estraendo dalla sua sacca la
spada che segretamente aveva condotto con sé. Subito gli Spartani corsero verso
i briganti e si disposero in cerchio gli scudi a difendere il busto e le lance
poste in orizzontale, pronte a colpire. Più i banditi colpivano, più ne
cadevano. Il piccolo gruppo di Spartani nemmeno dovette scomodarsi a rompere le
file, tanto quei poveracci erano inesperti di tattica militare. In breve tempo
sulla distesa erbosa giacevano i cadaveri dei mendicanti, mentre gli Spartani
uscirono indenni dallo scontro. Leonida si aggirò tra i cadaveri
ma non riconobbe nessuno di loro.
– Cani rognosi – sussurrò irritato, poi sputò su un cadavere e
sollevò il pugno in alto per raccogliere a sé i propri uomini.
– State attenti, aguzzate bene la vista: potrebbero essercene
altri – annunciò osservandoli uno per uno. Si volse poi verso Gorgo, un po’ più
distante dal piccolo gruppo.
- Stai bene? – le chiese, mentre lei riponeva nella sacca la sua
spada.
- Sì, sto bene – rispose subito la ragazza, osservandolo negli
occhi.
- Bene – rispose l’uomo e subito sollevò la mano destra per poi
arrivarle un forte schiaffo. Gorgo, sorpresa dal colpo, cadde a terra e subito
cominciò ad uscirle sangue dal naso.
- Questo è per esserti allontanata da noi e per aver disubbidito
ad un mio ordine. Avevo detto di rimanere uniti…non hai eseguito il mio ordine
– sussurrò osservandola dall’alto, oltre il terribile elmo. Poi andò via,
mettendosi alla testa dei suoi tre uomini. Delios, con la scusa di aver visto
uno dei briganti muoversi, le si avvicinò appena:
- Mia signora… – sussurrò tendendole una mano. Gorgo scansò con
violenza l’aiuto dell’amico, si sollevò e posando una mano sulla bocca e la
gengiva sanguinante, si avviò verso il gruppo di uomini, ancora confusa dal
colpo.
Delios non rimase per nulla colpito da quella reazione, conoscendo
bene l’orgoglio della ragazza, quindi raggiunse in silenzio il fianco
dell’impassibile Leonida che stava conducendo il piccolo gruppo verso le vette
innevate della dimora degli Efori.
Bene, eccovi il
sesto capitolo. Che ve ne pare? E’ leggermente più lungo degli altri capitoli e
contiene l’unico vero “combattimento” del racconto. Spero vi sia
piaciuto…commentate mi raccomando!