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Autore: Littlefinger    27/10/2012    0 recensioni
Piacere, mi chiamo Neil McRoberts e sono un mago.
Questo l’avrete capito dal fuoco fatuo che mi ronza intorno, il cappello a punta e il bastone intarsiato che mi porto sempre appresso. Scherzo, ovviamente; non indosso un cappello a punta, sono così fuori moda.
Genere: Azione, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Neil McRoberts'
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Uscimmo nel corridoio, decisissimi a tornare nel salone per chiedere – con gentilezza, ovviamente – a uno degli Occhi Belli dove fosse andata Maria Salis. Volevo ridurre al minimo i danni collaterali. Mi fermai all’improvviso e dissi: «Prima voglio recuperare il bastone!» Mi voltai per andare verso l’atrio.
     Chiara mi seguì e disse: «Tre  uomini neri e la receptionist dai riccioli d’oro.» Anche io lo ricordavo, ma non era male avere un ulteriore aiuto a visualizzare la posizione.
     Arrivammo alla porta  e feci un lieve inchino, invitandola ad entrare per prima. «Pensaci tu con i coltelli, non vorrei che facessimo troppo rumore.»
     «Agli ordini, capo.» Spalancò la porta con un calcio e svanì.
     Tecnicamente avrei potuto usare qualche incantesimo poco appariscente per aiutarla, ma non volevo sprecare troppe energie prima di affrontare la surbile. Lo stesso motivo per cui avevo un fucile.
     Corsi dentro con l’arma spianata, anche se sapevo di non poter competere con la velocità della fata. Due Occhi Belli erano a terra con la gola squarciata da un orecchio all’altro. Il terzo, invece, sembrava aver anticipato Chiara e ora i due se le stavano dando di santa ragione.  Mi mossi verso la teca dov’erano riposte le armi.
     «Gandalf è tornato, baby, e ora ha un fottuto fucile!» gridai verso la reception, che però era vuota.
 Puntai il fucile su Occhi Belli, in caso ci fosse necessità di aiutare Chiara. Non volevo sparare, ma l’eventualità di venire scoperti aumentava esponenzialmente col tempo che rimanevamo là.
     All’improvviso qualcosa mi spinse a terra. Feci in tempo a voltarmi per vedere Riccioli d’Oro con una bacchetta – una di quelle da direttore d’orchestra - puntata verso di me. Accompagnai la caduta con una capriola e mi rialzai nella sua direzione.
     Così mi trovai una pistola puntata  sul viso.
     «Oh, cazzo.» borbottai.
     «Un fucile a pompa» disse Riccioli D’Oro «che arma banale.»
     Sorrisi, ripensando alla nostra precedente conversazione. «Non ho mai detto di essere una persona di classe.» Teneva la bacchetta nella mano sinistra e la pistola,  un’automatica, nella destra.
     «Buttalo a terra.» mi ordinò. Era molto calma e professionale, segno che aveva già partecipato a feste di quel tipo.
     Lasciai andare l’impugnatura e mi mossi lentamente per poggiarlo a terra, quando all’improvviso sentii Chiara gridare. Riccioli D’Oro si distrasse per solo una frazione di secondo, ma fu abbastanza per evocare uno scudo magico davanti a me e saltarle addosso.  Fece fuoco con la pistola, ma la pallottola andò a sbattere sullo scudo e schizzò sul pavimento. Rotolammo a terra e  gettò le sue armi per avvinghiarsi a me. Cercai di colpirla con il calcio dell’arma, ma eravamo attaccati e non riuscivo a dare abbastanza forza al colpo.  Anche io lasciai andare l’arma e rotolai sopra di lei, bloccandole le gambe con le ginocchia. Le fermai anche le mani, ma non prima che mi graffiasse sul volto un paio di volte. Sentii il sapore del sangue sulle labbra.
     «Immagino che per quella cena non ci sia più nulla da fare.»     
     Mi gridò contro qualche epiteto poco simpatico.
     «Comunque, non mi va di uccidere una signorina.» le dissi. Mormorai un paio di parole senza senso e le posai una mano sulla fronte. L’istante successivo dormiva come una bimba. Presi il fucile e mi alzai. Chiara e Occhi Belli stavano ancora combattendo, ma la fata era in difficoltà. L’uomo nero l’aveva appena colpita con un calcio alle costole e ora l’aveva presa per la gola, sollevandola di un paio di piedi da terra.
     Occhi Belli era troppo impegnato nel gustarsi la faccia stravolta della donna, perché non si accorse di me quando mi avvicinai e fece appena in tempo a voltarsi quando gli piazzai la canna dell’arma fra gli occhi.
     Sorrisi. «La signora ha detto che non gradisce.»
     Premetti il grilletto e la materia cerebrale di Occhi Belli si sparse per tutto l’atrio.
     Chiara cadde a terra insieme al cadavere, ma si rimise subito in piedi, massaggiandosi la gola.
     «Forza.» esclamai. «Altri Occhi Belli saranno qui fra poco.»
     Andai alla teca per recuperare  il mio bastone e nel mentre tirai fuori il cellulare per chiamare Big J.
     Rispose al primo squillo. «Cambio di programma.» dissi. «Abbatti subito tutti i bersagli che hai sotto tiro. È possibile che vengano a prenderci nell’atrio.»
     «Roger.» rispose Jebediah. Dopo un attimo aggiunse: «Il settore giallo è libero. Verdi e rossi in arrivo verso di voi. Evil Witch è nel settore blu.» Tradotto in termini umani significava: la sala della festa è libera da nemici; persone che non c’entrano nulla stanno scappando verso l’uscita e cattivoni che vogliono farvi la pelle sono dietro di loro; Maria Salis è al piano superiore.  Capite perché è più comodo comunicare in codice?
     «Ricevuto, Handsome Bear.» Corsi verso le scale e mi misi l’auricolare per continuare a comunicare con Big J. In quel momento era un po’ il nostro angelo custode. Nell’istante in cui arrivammo sull’ampio pianerottolo, la porta da cui eravamo arrivati si spalancò e una dozzina di persone si riversò nell’atrio. Alcune correvano e gridavano in preda al panico, altre  - quelle più abituate a quelle situazioni  - cercavano di fuggire più ordinatamente. Nessuno però era intenzionato a fermarsi e combattere. Del resto chi glielo avrebbe fatto fare? Chi aveva un po’ di sale in zucca probabilmente aveva capito che questa era la punizione che l’Areu Afadau aveva comminato per la surbile. Chi invece era all’oscuro di tutto, beh… affari suoi. Entrambe le categorie comunque si preoccupavano esclusivamente di uscirne vivi.
     Poi cominciarono a entrare  gli Occhi Belli. Erano parecchi, molti più di quanti avessimo preventivato.
     I primi non capirono nemmeno cosa stesse succedendo. A due esplose la testa; un terzo si fermò a fissarsi un buco in mezzo al petto. Un altro si buttò a terra e un proiettile lo colpì alla schiena. Quando si viene attaccati con un fucile di precisione da un chilometro di distanza è difficile capire cosa stia succedendo: i proiettili sono supersonici, per cui si muore prima di sentire lo sparo – ammesso che tu sia abbastanza vicino da poterlo sentire.
      Gli Occhi Belli vedevano alcuni dei loro compagni cadere a terra come frutti maturi ed erano rimasti spaesati. Aggiunto a ciò, Chiara e io scaricammo le armi nella loro direzione. Bastò per farli uscire dall’atrio e ad avanzare più lentamente.
     «Altri cattivoni in arrivo dal settore blu.» sentii nell’auricolare.
     «Roger.» Anche Chiara si era messa l’auricolare e annuii nella mia direzione.
     Gettai a terra il fucile. Ormai avevo recuperato il bastone e, soprattutto, non potevo portare in giro due armi così ingombranti. A volte mi piacerebbe tanto essere come Guybrush Threepwood e potermi infilare una scala a pioli nei pantaloni.
     Continuammo a salire per le scale. Due Occhi Belli comparvero in cima ad esse, ma Chiara li freddò subito. Qualcuno avrebbe dovuto rivelare a Maria Salis l’esistenza della armi da fuoco e come sia contro produttivo mandare orde di sgherri disarmati verso gente che sa sparare.
     «Evil Witch si è nascosta in una stanza difesa da cattivoni armati pesantemente.»
     Ok, qualcuno le aveva rivelato l’esistenza delle armi da fuoco, chiedo scusa. «Roger. Puoi eliminarli?»
     «Negativo. Hanno mangiato la foglia e stanno chiudendo tutte le tende.»
     «Ricevuto, Handsome Bear. Procediamo, per ora guardaci le spalle. Nel momento in cui non puoi più far nulla da là, raggiungici.»
     «Roger.»
     Arrivati in cima alle scale, la porta si aprì improvvisamente e un Occhi Belli saltò fuori. Preso alla sprovvista, la prima cosa che mi venne in mente fu di colpirlo con la punta del bastone. Probabilmente non gli diede più fastidio di una puntura di zanzara, ma lo distrasse abbastanza da permettere a Chiara di sparagli a bruciapelo.
     Il piano superiore, il settore blu, sembrava essere disabitato. I mobili erano coperti da lenzuola e la polvere regnava ovunque. Maria Salis aveva problemi di denaro e non poteva permettersi abbastanza membri della servitù per tenere pulita la villa?
     Attraversammo un paio di stanze senza trovare resistenza, ma poi fummo costretti a fermarci all’ingresso di un corridoio. La porta era spalancata e ciò non prometteva nulla di buono. Ci spostammo ai lati e, non appena chinammo un pochino la testa per guardare, raffiche di mitra risuonarono nella stanza.
     Fucili d’assalto. Controllai Chiara, per vedere se non fosse stata colpita. Naturalmente no, con i suoi riflessi da supereroe. Alzò tre dita della mano sinistra e due della destra.
     Annuii. C’erano cinque Occhi Belli, tre a sinistra e due a destra. Avevano costruito una specie di barricata con delle poltrone e dei tavolini: un fortino dei poveri. Feci il gesto di lanciare una granata.
     Scosse la testa, confermandomi che non ne avevamo portate. Non ci aspettavamo così tanti Occhi Belli. L’unica soluzione era di prendere la stanza con la forza. Non mi andava però di consumare troppa energia - bloccare le raffiche di cinque fucili d’assalto non è affatto un’inezia – ma del resto si doveva avanzare.  Non avevamo portato nemmeno i sacchi a pelo per dormire sul pavimento.
     Feci segno a Chiara di seguirmi e poi uscii dal riparo.
     I fucili d’assalto ripresero a suonare la loro letale melodia, ma le pallottole s’infransero sullo scudo che avevo evocato. Aveva l’aspetto di un vetro spesso,  deformava lievemente  la visione, con l’unica differenza che i proiettili ci rimbalzavano sopra. Era un incantesimo complesso e dispendioso.  Certo, era ottimo per bloccare proiettili di piccolo calibro o armi a bassa cadenza di tiro, ma in questo caso era altamente inefficiente. Però se tutto fosse andato come prevedevo non avrei dovuto tenerlo attivo per molto tempo. Nel momento che avrebbero esaurito i proiettili e si sarebbero fermati per ricaricare, sarebbero toccato a noi.
     Chiara stava alle mie spalle e attendeva il momento giusto per intervenire.  Avrei voluto muovermi più velocemente per ridurre la distanza dai nemici, ma l’incantesimo richiedeva abbastanza concentrazione da impedirmelo.
     Le cose non andarono come avevo sperato. Anziché continuare a bersagliarci dalla lunga distanza, tre degli Occhi Belli sfoderarono un machete e ci corsero incontro, mentre gli altri due ci tenevano sotto tiro.  A quel punto lo scudo diventava inutile: era fatto apposta per bloccare oggetti dalla piccola massa, non tre giganti armati di coltellacci.
     «Occupati dei due col fucile.» ordinai a Chiara e disattivai lo scudo. Mi lanciai a tutta forza contro i tre, in modo tale da sparire dalla linea di tiro degli altri, mentre la jana si mosse abbastanza velocemente da scomparire dalla mia vista.
     Gli Occhi Belli alzarono le armi per colpirmi ma io puntai avanti il bastone e liberai tutte l’energia che vi avevo accumulato a causa dei proiettili che si erano scontrati sullo scudo. Una specie di KERS magico, se mi passate la metafora. Non era un attacco fenomenale, ma pensavo sarebbe bastato per far cadere i tre energumeni. Invece quelli barcollarono un attimo ma subito si ricomposero.
     Sentii un machete passarmi a un pollice dal naso.  Mi buttai all’indietro ed evocai un altro incantesimo: l’aria davanti a me comincio a solidificarsi e un sottile muro di ghiaccio comparve fra me e gli Occhi Belli. Due ci andarono a sbattere contro, mentre l’altro lo dribblò con agilità. Non fu un bene per lui, visto che prese  una palla di fuoco dritta in faccia. Si buttò a terra mentre le fiamme lo divoravano e le sue urla quasi coprirono i suoi degli spari che arrivavano dall’altra parte del salone.
     Preparai un’altra palla di fuoco e arrostii un secondo gigante, ma non riuscii a schivare il terzo che mi caricò, colpendomi in petto con una spallata. Non sono mai stato investito, ma credo che l’effetto sia molto simile. Volai per qualche metro e andai a sbattere pesantemente contro il muro. Non contento, Occhi Belli continuò a correre verso di me con il machete sollevato.  Non feci in tempo a rialzarmi, ma parai il colpo con il bastone. Il machete si piantò nel legno e penetrò fino a bloccarsi all’anima di metallo.
     Occhi Belli lo strappò senza fatica e m’indirizzo un ghigno famelico. La botta sul muro mi aveva stordito e non riuscivo a concentrarmi abbastanza per preparare un incantesimo. Nel momento in cui riuscivo ad evocare un po’ di energia, quella mi scivolava fra le mani come sabbia.
     «Fossi in te mi guarderei le spalle.» dissi con ironia.
     Quello rise e fece calare il machete.
     Chiara gli piantò due colpi in testa e il cadavere mi cadde addosso. «Cazzo, Neil!» esclamò la fata. «Cosa ti è saltato in mente? Volevi farti uccidere?»
     «Avevo la situazione sotto controllo.» risposi, mentre sgusciavo da sotto il cadavere del gigante e mi rialzavo.  Dall’altra parte della sala c’erano i corpi senza vita degli ultimi due Occhi Belli.
Gli ultimi se avessimo escluso quelli appena arrivati dalla parte da cui eravamo entrati. Erano almeno una dozzina, ma almeno non avevano armi.
     «Tu vai avanti. Questi li tengo a bada io.» disse Chiara, mentre infilava gli ultimi caricatori nelle pistole. «Dì a Jebediah di sbrigarsi e di portare un bell’SMG per la sottoscritta.»
     Le diedi una pacca sulla spalla e corsi via. Riferii a Big J la situazione e gli suggerii di muoversi. Percorsi un altro corridoio e trovai Barbetta che mi ostruiva il passaggio.
     Mi fermai e dissi: «Deduco che dopo quella porta ci siano le stanze private della tua padrona.»
     Barbetta non sembrava avere nessun’arma a portata di mano. Teneva le braccia conserte e mi guardava con una certa intensità. Se devo essere sincero, sembrava il presentatore di un quiz show che attende un’eternità prima di dire se se la risposta è esatta.
     «Perché vuoi ucciderla?» mi chiese.
     Alzai le spalle. «Lavoro, nulla di personale. Non ho niente contro di te, puoi fuggire se vuoi.»
     «Fuggire?» esclamò, trattenendo una risata. «Perché dovrei fug…»
     S’interruppe perché l’aculeo di ghiaccio che avevo evocato gli si era piantato nell’addome. Biascicò qualcosa riguardo lealtà e onore, mentre la bocca gli si riempiva di sangue. Come ho già detto, non sono un Cavaliere della Tavola Rotonda e nemmeno un tipo sportivo.
     Barbetta sembrò cadere su un ginocchio, ma resistette e mi corse contro.
     Ammetto che era un duro, uno con le palle, ma comunque un pazzo suicida. Non corri incontro a un mago pronto a riceverti. Un conto è caricarlo mentre i tuoi amici lo minacciano con dei fucili d’assalto, in quel caso puoi aver successo, come avevano dimostrato poco prima gli altri Occhi Belli. Quella di Barbetta, invece, era solo una corsa verso la morte. Forse era troppo legato a Maria Salis e si sentiva in dovere di sacrificarsi per lei. Oppure era solo troppo stupido per vivere.
     Ricordate che vi dissi che volendo avrei potuto far esplodere una persona? Era troppo dispendioso e non volevo sprecare energie, però usai un incantesimo simile. Caricai un po’ di energia nel bastone  e poi lo feci roteare con tutta la forza che avevo a disposizione. Una delle estremità si scontrò in pieno con il petto di Barbetta e l’uomo nero si frantumò in più parti. Il torace e la testa quasi mi colpirono, se non mi fossi spostato di lato. Le braccia partirono in direzioni opposte, lasciando una scia di sangue a segnare la loro traiettoria. Le gambe continuarono a muoversi per inerzia e si accasciarono dopo un paio di passi.
     Un incantesimo banale dai risultati fin troppo scenografici e cruenti. Avevo semplicemente concentrato l’energia contenuta sul bastone su una dell’estremità  e, da un certo punto di vista, Barbetta era come stato colpito dalla palla di ferro di un gru da demolizione.
     Entrai nella stanza e trovai il mio obiettivo. Maria Salis era seduta su una poltrona e sul divano accanto a lei si trovavano Greta e le Victoria’s Vampires.
     Non era per nulla buono. Una strega e uno, due, tre, quattro, cinque vampiri. Male, molto male. Guardando la situazione dal lato positivo, però, c’era un vantaggio: erano tutti ammucchiati al centro della stanza, per cui avrei potuto eliminarne un paio con un solo attacco. Mi misi una mano in tasca e strinsi i gemelli.
     «Come osi?» disse Maria Salis, alzandosi in piedi. Notai che, nonostante l’aria di superiorità di cui si circondava, le tremavano le mani. «Dov’è Francesco?»
     Supposi si riferisse a Barbetta. Scrollai le spalle e dissi: «È rimasto nell’altra stanza. Un pezzo da una parte, un pezzo dall’altra…» La guardai negli occhi e sorrisi.
     La surbile stava quasi per saltarmi addosso, ma Greta la fermò, posandole una mano sulla spalla. Le sussurrò qualcosa all’orecchio. Ero restio a completare subito il lavoro, perché non sapevo come le Victoria’s Vampires avrebbero reagito. Se potevo, avrei preferito eseguire un intervento chirurgico, piuttosto che un bombardamento a tappeto.
     «Perché vuoi ucciderla?» chiese Greta. «Non c’è niente che possiamo fare per dissuaderti?»
     «Te l’ho detto, è una criminale.»
     «E Maskinganna manda te a fare il lavoro sporco.» Maria quasi sputò le parole. Poi sembrò calmarsi e con voce più suadente aggiunse: «Ti faccio un’offerta.»
     Alzai la mano. «Ferma là. Non sprechiamo tempo, il mio contratto è con Lord Maskinganna e solitamente rispetto gli accordi.»
     «Sai che non ti permetteremo di ucciderla, vero?» disse Greta. Le altre vampire si stavano lentamente allargando, per circondarmi.
     «Lo so, lo so.» risposi. «Ma non cambia nulla.»
     «Vuoi inimicarti la metà di vampiri d’Europa?»
     «Sono un rappresentante della corte sarda. Interferire col mio lavoro equivale a interferire con la politica interna dell’Areu Afadau
     «Maria è una della Madri! Non ha nulla a che vedere con la corte sarda!» gridò Greta.
     Una Madre! Una fra i primi umani a diventare un vampiro. Era molto differente rispetto a “uno dei più antichi membri della nostra specie”. Differente come il cielo e la terra.
     Dovete sapere che esistono due tipi di vampiri: quelli che chiamiamo con quel nome, come Maria e le Victoria’s Vampires, sono il tipo più comune. Il secondo tipo invece è molto più raro e sconosciuto ai più. Diciamo semplicemente che i vampiri sono una brutta copia di questi ultimi. 
     Il tipo raro si ciba di esseri umani e solitamente nel processo uccide la preda. I pochi fortunati che sopravvivono acquisiscono un simulacro del loro potere; la magia del sangue, ossia la possibilità di estrarre energia magica dal sangue. Una specie di carburante extra che si può ottenere con facilità se non si è schizzinosi nel succhiarlo dalle vene altrui. Fra quei pochi che muoiono, non tutti si accorgono di quel “dono”e non tutti sono in grado di sfruttarlo.  Le Madri – suppongo esistano anche i Padri – sono le prime che hanno imparato a utilizzare quel tipo di magia, diventando quindi ciò che chiamiamo “vampiri”.  Se ne conoscono molto poche e la maggior parte sono a capo di diversi clan. Maria, probabilmente a causa dello strapotere dell’Areu Afadau nella sua terra, era sempre rimasta in una posizione di sottomissione.
     Ecco perché Greta era tanto interessata a lei. Probabilmente la surbile conosceva anche il rituale per formare nuovi vampiri. Contrariamente al quel che si pensa non si generano nuove reclute via morso. Se così fosse, ora il mondo sarebbe popolato da vampiri e mannari.
     Scossi la testa. «Non m’intendo di politica, ho stipulato un contratto e devo risolverlo. Nulla di personale, è solo una questione di lavoro.»
     «Non te lo perm…»
     La interruppi. «Se mi ostacoli, è come se dichiarassi guerra all’Areu Afadau. Sai cosa significa?»
     Greta lasciò andare Maria Salis e fece un passo indietro.
     «Vedo che hai capito.» Sorrisi e diedi un colpetto a terra con il bastone. «Una dichiarazione di guerra formale farebbe scendere in campo anche le altre corti fatate.»
     «Che significa, Greta?» chiese Maria, voltandosi verso la vampira tedesca. «Avevate promesso di aiutarmi!»
     «Maria, se Maskinganna ha deciso di giocare duro, c’è poco che io possa fare.»
     «Potete andare via.» proposi.
     Greta scosse la testa. Guardò le altre vampire, che aspettavano solamente un segnale per attaccarmi. «Mi spiace, Neil, è una delle Madri. Non possiamo abbandonarla. È troppo importante.»
     «Sei seriamente disposta a metterti contro gli Aes Sidhe? Per lei? Per quel po’ di conoscenza che può possedere?» Le Victoria’s Vampires si erano equamente distribuite lungo la stanza, pronte a colpirmi da più fronti.  Se le mie abilità dialettiche non avrebbero persuaso Greta, mi sarei trovato in una situazione piuttosto imbarazzante.
     «Se ti eliminiamo ora nessuno al di fuori di questa stanza saprà chi ti ha ucciso e non avranno prove per poter intervenire contro di noi.»
     «Andiamo, Greta, non fare la stupida. Pensi che a Maskinganna importi qualcosa di me? La mia morte al massimo ritarderà la punizione.»
     «E non ci sarà il rischio di una guerra totale.»
     «Secondo te non ci siamo preventivati per una simile evenienza?» Stavo cominciando a scaldarmi. La tedesca era fin troppo testarda.
     «Sono pronta a rischiare.» rispose.
     La guardai negli occhi. Era sincera. Dovevo convincerla che non era la soluzione migliore per il suo clan.
     «Sei pazza.» dissi, senza metterci troppa enfasi, come se stessi enunciando un dato empirico. «Hai mai incontrato un sidhe
     «Non ho avuto la sfortuna.»
     «Quindi non hai idea del loro potere.»
     «Conosco delle storie» rispose «ma sono storie, appunto.»
     Sorrisi. Era venuto il momento di istruire la vampira. «Tunguska.» dissi, ancora col sorriso sulle labbra. «Conosci l’evento di Tunguska?»
     Fece cenno di sì. «La meteorite del 1908, no?»
     «Esatto. Solo che non era una meteorite.»
     Greta mi guardò, il volto colmo di dubbio. «E cosa è successo allora? Sono stati gli alieni?» Si mise a ridere, ma era una risata forzata.
     «No, no, no.» risposi. «Niente alieni. Lasciamo queste cose ai film e ai fumetti.»
     «Cosa vuoi dirmi?» Stava cominciando a capire dove stessi andando a parare.
     Cominciai a raccontare la mia bella favoletta: «Nei primi anni del Novecento, in Russia esisteva un circolo di arcimaghi. Era una cosa molto simile al Dipartimento di Studi Magici di Xiam, una specie di precursore. Questi arcimaghi era molto potenti ma un giorno decisero di stipulare un accordo con un aes sidhe, una leanan sidhe. La fata rispettò la sua parte, ottemperando alla richiesta fattale dai maghi, ma loro decisero che il prezzo stipulato in partenza era troppo alto e si rifiutarono di pagare.»
     Greta si passò una mano sulla fronte. «Mi stai dicendo che l’evento di Tunguska non è stato causato da una meteorite ma da una sidhe adirata?»
     «Così però togli tutta la poesia dal racconto.» mi lamentai. «Comunque sì, quel circolo aveva sede vicino al Podkamennaja Tunguska. Furono abbattuti sessanta milioni di alberi in più di duemila chilometri quadrati. L’esplosione si sentì a seicento chilometri di distanza e a Londra, dov’era mezzanotte, il cielo era così chiaro che si poteva leggere un giornale senza bisogno di luce artificiale.»
     «È solo una storia.» replicò Greta. «Pensi di spaventarmi con una favola per bambini? E, se anche fosse vero, allora perché tutti i racconti ufficiali parlano di un meteorite?»
     «Perché me l’ha raccontata il padre di quella sidhe.» replicai. «E si parla di un meteorite perché nessuno si è scomodato a raccontare cos’è successo veramente. Lei preferisce tenere un basso profilo. Idem per il padre.»
     «Non ti credo. Stai solo cercando di farmi scappare.»
     «Può darsi.» risposi. La cosa stava andando per le lunghe. Infilai la mano in tasca e tolsi fuori i due gemelli, facendo bene attenzione a non mostrarli. «Può darsi che stia mentendo o può darsi che stia dicendo la verità. Ciò non toglie che gli Aes Sidhe siano degli esseri che è meglio non provocare.» Continuai a maneggiare i gemelli e aggiunsi: «Quindi puoi provare a uccidermi e rischiare di morire per mano mia o di una fata,  oppure puoi consegnarmi Maria e andare via senza problemi di sorta.»
     Sul suo viso si leggeva l’indecisione. Alzò una mano e le Victoria’s Vampire arretrarono.
     «Non puoi abbandonarmi!» strillò Maria. «Me l’avevi promesso!»
     «Non pensare sia finita così, Neil McRoberts.» disse Greta.  Gesticolò tracciando alcuni segni nell’aria e un Portale si aprì  accanto a lei. «Farai bene a guardarti le spalle.»
     Bene, mi ci voleva proprio un altro nemico. Le vampire modelle sfilarono lungo la stanza e attraversarono il Portale.
     Maria Salis prese Greta per un braccio e disse: «Non puoi abbandonarmi!»
     Quella si liberò con uno strattone e ignorò la surbile. Poi si rivolse a me e disse: «Avrai mie notizie.» Entrò nel Portale, che si richiuse subito dopo.
     «Bene, bene, bene.» dissi. Senza perdere altro tempo lanciai uno dei gemelli verso Maria. Come vi ho detto, qualsiasi oggetto può contenere un incantesimo. I gemelli avrebbero dovuto produrre un’onda d’urto come quella di un’esplosione.
     Maria non era certo rimasta a guardare e anche lei aveva lanciato qualcosa: una piccola fialetta che s’infranse ai miei piedi. Non feci in tempo a far nulla, perché l’onda dell’urto del mio incantesimo colpì pure me e mi scaraventò indietro. Indubbiamente avevo tarato male l’energia, ma fu una fortuna: evitai di respirare i fumi di quella sostanza, che sicuramente non era un profumo alla lavanda. In cambio però mi andai a schiantare su una cassettiera. Essendo un vero mobile in legno massiccio, e non un oggetto di scena del set di un film d’azione, non si sfondò e l’impatto mi fece parecchio male. Mi toccai la testa e la mano s’imbrattò di sangue.
     Non c’era tempo di giocare al dottore, perché la surbile si stava avvicinando con un’altra fiala in mano. Rotolai di lato, evitando l’ennesimo attacco. Sentii un intenso puzzo di bruciato provenire dalla cassettiera e mi voltai, per vederla in fiamme. Maria Salis forse non era potente o abile nell’arte magica, ma si sapeva difendere egregiamente.
     «Pensavi che mi sarei fatta sgozzare come un agnellino?» mi gridò contro. Sembrava che mi avesse letto nel pensiero. Aveva rallentato e preso in mano un coltellaccio dall’aspetto poco rassicurante. «È passato molto tempo dall’ultima volta che ho bevuto il sangue di un adulto.»
     Barcollai all’indietro, mentre con lo sguardo cercavo il mio bastone. L’onda d’urto me l’aveva fatto sfuggire di mano. Quell’incantesimo non era stata per nulla una buona idea.
     Congiurai una piccola sfera di fuoco e gliela lanciai contro per testare le sue difese.
     La surbile agitò una mano e il dardo infuocato si dissipò prima che arrivasse a toccarla. Mi guardò e sghignazzò. «Sul serio?» disse. «Impegnati di più, ragazzino.»
     Mi concentrai per accumulare più energia possibile, raggranellando tutta quella che mi era rimasta. Volevo lanciare un ultimo incantesimo e speravo che le uccidesse. Oltretutto la stanza, per quanto grande, non era infinita e non potevo indietreggiare per sempre.
     Maria fece uno scatto improvviso e provò a colpirmi con un affondo, che evitai per un soffio. Anzi non lo evitai, perché sentii qualcosa colare lungo il fianco e vidi la punta del coltello sporca di sangue. La vampira smise d’inseguirmi e pulì l’arma col bordo del grembiule.
     Ero stato appena avvelenato. Non ne ero certo, ma conoscendo la passione della strega per le pozioni era probabile che la lama del coltello fosse imbevuta di qualche porcheria. Quello e il fatto che la scalfittura bruciava come se ci avessero versato sopra del whisky. Magari la lama era imbevuta di whisky. Poco probabile.
     Comunque la situazione non era poi così grave. Probabilmente il veleno non era letale – i vampiri non sono necrofagi, al contrario dei ghoul – e ne avevo ricevuto una quantità così modesta che gli effetti ci avrebbero messo un po’ a manifestarsi. Inoltre, Maria era così arrogante – o forse poco abituata a combattere – che si era fermata, come ad attendere che il veleno facesse effetto. Grave errore, mia simpatica succhia sangue.
     Mi fermai anche io e completai l’incantesimo. Era molto più difficile farlo senza bastone, ma c’era poco da lamentarsi. L’aria cominciò a farsi fredda, molto fredda. Il vapore acqueo presente nell’aria cominciò a condensarsi e si formò una nebbiolina sul fondo della stanza. Contemporaneamente, io cominciai a sudare come se stessi partecipando a una maratona nel deserto.
     Maria si accorse dell’incantesimo e cominciò a gesticolare e cantare. Stava preparando un contro incantesimo e dovevo sperare che non fosse abbastanza svelta.
     Piccoli cristalli di ghiaccio cominciarono a formarsi sulla pelle della surbile. La sentii strillare e provò a scappare. Dico provò perché sotto di lei si era formato un leggero strato di ghiaccio che la fece scivolare. Cadde malamente a terra e vista il suo fisico da donna anziana non mi sarei stupito se si fosse fratturata un femore.
     Il sudore mi colava sugli occhi ed ero costretto a sbattere ripetutamente le palpebre. Sentivo che la mia temperatura corporea si stava alzando molto in fretta e cominciava a girarmi la testa. Dovevo chiudere la partita il più presto possibile, se non volevo andare in shock.
     Mi avvicinai a Maria Salis. Tutte le sue gambe erano ricoperte da uno strato di ghiaccio, ma continuava a cantare, cercando di combattere l’effetto dell’incantesimo.
     «È finita.» le dissi, chinandomi su di lei.
     Non l’avessi mai fatto. La strega estrasse un’ennesima fiala dalla camicia e me la tirò contro.
     Alzai il braccio destro per difendermi e la ruppi. Il liquido incolore si sparse sulla pelle e urlai. Sentivo la carne sfrigolare, come l’acido la consumava. Il dolore era ai limiti della sopportazione, ma dovevo continuare.  Posai la mano sulla faccia di Maria e concentrai tutta l’energia dell’incantesimo su di lei. Mi morse il palmo, come ultimo atto di difesa, ma non servì a nulla. Dopo qualche secondo la sua testa era diventata un blocco di ghiaccio, il viso immobilizzato in un’espressione di terrore. O forse era stupore. Il mio ego mi suggerì di optare per “terrore”.
     Interruppi l’incantesimo e mi buttai a terra. Ero sfinito e pieno di dolori. In particolare quello al braccio era terribile. Non stavo urlando solo perché non avevo energie per farlo. Lo alzai per verificare il danno. Non era una bella vista. La pelle era stata consumata e in alcuni punti potevo vedere il bianco delle ossa. Provai a stringere il pugno e non sembravano esserci problemi motori. Sarebbe rimasta una bella cicatrice da mostrare alle signorine.
     Presi il telefono e chiamai Jebediah.
     «Evil Witch è morta, ma ho bisogno di aiuto. Com’è la vostra situazione?»
     «Ricevuto, Bagpiper. Stiamo arrivando, i rossi sono fuggiti.»
     «Roger, Handsome Bear. Vi aspetto con trepidazione.»
     Dopo qualche minuto, Big J e Chiara entrarono nella stanza. L’uomo posò la mitraglietta, prese il kit del pronto soccorso  e mi prestò le prime cure.
     «Che diavolo ti è successo al braccio?» mi chiese mentre lo medicava.
     «Maria Salis si divertiva a giocare al piccolo chimico.»
     «E perché c’è così freddo?» domandò Chiara, sfregandosi le braccia scoperte. Vide il cadavere dell’obiettivo e aggiunse: «No, lascia stare. Non rispondere.»
     «Credo di avere un brutto taglio sulla testa. Sto sanguinando come una fontana.» dissi. «Avete avuto problemi con gli Occhi Belli?»
     «Certo che no.» rispose la jana. «Erano tutti disarmati a parte qualcuno con un machete. Sembrava di essere al luna park.»
     «E hai vinto un orsacchiotto?» Cercai di sorridere, ma la stanchezza stava prendendo il sopravvento. «C’è qualcosa da mangiare in quello zaino?»
     Jebediah tolse fuori una tavoletta di cioccolato fondente e me la passò. La divorai in dieci secondi. Poi mi caricò sulle spalle e disse: «E ora di svignarcela prima che arrivino le forze dell’ordine.»
     «Portatemi fuori di qua e vi apro un Portale per le Hawaii.» Ci ripensai un attimo e feci fermare Big J. «Passami la pistola.»
     Mi diede la sua arma e sparai un paio di colpi alla testa della surbile. Il ghiaccio si frantumò in mille pezzi. «Per sicurezza.» commentai.
     «A proposito, una curiosità.» disse Chiara, mentre ci allontanavamo dal luogo del misfatto. «Perché diavolo i pezzi dell’uomo nero qua fuori sono sparsi per tutta la sala?»
   
 
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