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Autore: AriTorres9    29/10/2012    2 recensioni
“Ti piacerà, ne sono certa al cento per cento!”
Mi affrettai a scartare il pacchetto, troppo presa dalla curiosità per fermarmi a leggere il bigliettino di auguri, e giuro che mi vennero le lacrime agli occhi vedendo che si trattava di Get Your Heart On, l’ultimo CD dei Simple Plan che non ero ancora riuscita a acquistare. Corsi ad abbracciare Zy e la riempii di “grazie” e di baci.
« Oh cazzo Sky, girati! » la sentii sussurrarmi all'orecchio.
Mi girai di scatto e mi paralizzai alla vista di colui che ammiravo da anni solo attraverso lo schermo di un computer.
Non avevo parole.
Non era possibile.
Lui.
Lì.
Oddio.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Pierre Bouvier
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PIERRE.
 
Appoggiai il cellulare sul divano di casa Stinco, ormai rassegnato al fatto che Schuyler non intendesse/potesse/volesse rispondermi.
Senza riuscire ad evitarlo sbuffai rumorosamente, facendo distogliere l’attenzione dei miei amici dal film che stavamo guardando.
«Ragazzi non trovate molto divertente vedere Pierre in preda all’ansia? » chiese ironicamente Jeff, rivolgendosi a Chuck, Seb e David.
Eravamo tutti sdraiati sui divani del salotto di Jeff e stavamo guardando un film dopo aver mangiato una pizza in compagnia, come eravamo soliti fare ogni domenica autunnale e invernale nella quale non eravamo in tour.
Era piacevole starcene per un po’tra di noi, convincendoci di essere delle persone qualsiasi vivendo la quotidianità di Montreal in perfetta tranquillità.
Non che non apprezzassi il mio lavoro, è chiaro. Però ogni tanto era bello poter staccare dai mille impegni e stare a casa propria con la famiglia e gli amici di sempre, senza angosce e orari da rispettare.
«Eddai, non prendetelo in giro! Guardate quant’è carino tutto preoccupato per la sua bella! » disse David con aria sognante scatenando le risate di tutti quanti, comprese le mie.
Incredibile quanto si divertissero a prendermi per il culo.
«Sta’ zitto Dave, che è tutta colpa di Christin! » lo ribeccai.
«Bouvier, non ricomincerai mica a discutere, eh? Ti ho già detto che non ho idea del motivo per cui si sia comportata così! » ribatté a sua volta David con tono scocciato.
«E va bene, lasciamo stare. » Accordai.
Evitai di continuare la discussione, ne avevamo già parlato e non avrebbe avuto senso prendersela con uno dei miei migliori amici quando il casino madornale l’aveva combinato sua sorella.
Pensare a Christin mi fece tornare in mente le immagini della mattinata appena trascorsa e mi nacque sulle labbra un sorriso sincero, sicuramente dovuto a quanto ero stato felice in compagnia di Schuyler.
Era stata una giornata intensissima tra la partita, l’infortunio della blu, l’averla accompagnata in ospedale e l’attesa con lei. Ma indubbiamente la cosa che più mi aveva scosso erano stati i suoi profondi occhi verdi che catturavano il mio sguardo ogni qualvolta che mi giravo nella sua direzione.
Il colore dell’iride era assolutamente indefinibile, dal momento che variava col tempo, con le stagioni e probabilmente anche con il suo umore.
Durante la pausa tra il primo e il secondo tempo della partita mi erano sembrati di un verde acceso, mentre invece quando l’avevo vista piangere erano più tendenti al grigio.
Anche in ospedale, mentre parlavamo di un po’ di tutto, non riuscivo a smettere di fissarli cercando di capirne il colore esatto.
Sorrisi nuovamente ripensando ai discorsi che avevamo fatto sulle sedie nella stanza d’attesa dell’ospedale.
Io in realtà non avevo detto molto, più che altro avevo cercato di far parlare lei, per conoscerla meglio e per evitare che l’agitazione avesse la meglio sulla sua spontanea spensieratezza.
Mi aveva raccontato dei suoi genitori, di come si erano conosciuti in una vacanza in Italia e di quanto fossero rimasti legati sentimentalmente a quel posto.
Mi aveva spiegato che suo padre era spagnolo e che proprio da lui aveva ereditato la passione calcistica e l’amore per qualsiasi cosa riguardasse la sua amata Spagna.
Sua madre invece era di Montreal ed era così affezionata al posto da essere riuscita a convincere suo padre a venire a vivere qua con lei.
Non ci eravamo molto soffermati nel parlare della sua famiglia perché poi le chiesi che progetti avesse per il futuro e lì iniziammo un discorso quasi senza fine.
Il suo sogno era sempre stato quello di diventare “qualcuno” nel mondo del calcio e questo sogno si era fatto ogni giorno più importante, spingendola addirittura a fare il provino per entrare nella squadra femminile più importante di Montreal: il Montreal Impact.
Questa passione si era intensificata nel 2008, quando aveva cominciato a seguire Fernando Torres, il suo calciatore preferito che, mi disse, giocava attualmente nel Chelsea, una squadra di Londra.
Mi confessò addirittura che aveva chiamato il suo cane Nando proprio in onore di Torres e arrossendo, aveva riso abbassando la testa.
Lei era così: si apriva lasciandosi andare e raccontandomi spensieratamente tutto quello che le passava per la testa ma poi, rendendosene conto, si richiudeva a riccio, probabilmente per paura di aver detto troppo, di aver esagerato nell’essere espansiva.
Io, che non ero mai stato un appassionato di calcio, avevo ascoltato con attenzione tutto ciò che mi aveva detto.
Era impossibile non essere interessato a tutto ciò che usciva dalla sua bocca, per il semplice fatto che raccontava tutto con così tanto entusiasmo che le brillavano gli occhi, rendendola ancora più bella e intrigante di quanto non lo fosse già.
Con lei mi trovavo spiazzato: ogni discorso che mi frullava nella testa scompariva non appena aprivo bocca; perché con lei mi veniva tutto così naturale da non avere la necessità di prepararmi le risposte mentalmente.
Alla fine perciò parlammo di qualsiasi cosa, senza annoiarci nemmeno un secondo.
Ero arrivato alla conclusione, dopo sì e no un giorno che la conoscevo, che lei mi faceva stare bene.
Con lei sentivo di potermi comportare come una persona normale, non come un cantante famoso, e questo mi faceva stare maledettamente bene da mettermi l’ansia.
Guardai ansioso un’ultima volta il cellulare.
No – sbuffai – nessuna risposta.
 
SCHUYLER.
 
Mi svegliai a causa di un fastidioso prurito appena sopra alla caviglia.
Allungai sbadatamente la mano con l’intenzione di grattarmi ma andai a sbattere contro un qualcosa di duro che mi fasciava una buona parte della gamba.
Ma che cazz…?
Un gesso?
Merda, la partita!
Ora ricordavo!
Quella stronza di Christin, la sorella di David, mi aveva massacrato la caviglia con quell’entrata degna di cartellino rosso.
E Pierre? Ma allora non l’avevo sognato, lo conoscevo sul serio!
Sembrava tutto così surreale che stentavo a crederci, e più me lo ricordavo più mi sembrava fosse frutto della mia contorta immaginazione.
Mi aveva davvero portata in ospedale e aveva davvero fatto un’ora di fila con me aspettando che mi ingessassero la gamba?
A quanto pare sì.
Cazzo, quel ragazzo era proprio perfetto.
Era stato così attento e premuroso che faticavo a pensare che fosse lo stesso della sera prima.
In effetti non mi aveva ancora spiegato che gli era preso quando se n’era andato in quel modo.
Bè, forse era meglio così: avrei avuto una scusa per chiamarlo.
O forse avrei dovuto lasciar perdere, aspettare che fosse lui a cercarmi?
Ma dai, chi stavo prendendo in giro? Lui era Pierre Bouvier, mica un ragazzo qualsiasi!
Con lui qualsiasi “regola” sul come-comportarsi-con-un-ragazzo-con-cui-stai-iniziando-ad-uscire non valeva: lui era tutta un’altra cosa.
Mi alzai dal letto e raggiunsi con molta fatica le stampelle appoggiate allo stipite della porta.
Abbassai la maniglia e schiusi la porta per permettere ai miei urli di arrivare fino alle orecchie di mio fratello, che (ci avrei scommesso) stava giocando alla PlayStation.
«Juan! Mi aiuti a scendere le scale? » gridai.
«Che palle che fai venire, Sky! » brontolò dal piano di sotto «finisco la partita e arrivo. Non posso spegnere adesso, sto vincendo! »
Sorrisi, immaginavo che mi avrebbe risposto così.
Quando giocava a Fifa era irremovibile e il salotto diventava di sua proprietà.
A ventitré anni si presumeva che un ragazzo avesse altri interessi oltre alla Play, alle ragazze e al calcio. E invece la sua vita girava esattamente intorno a quelle tre cose.
Bè, riguardo al calcio non avrei potuto rimproverargli niente perché condividevamo entrambi la stessa passione.
Non potevo proprio lamentarmi in realtà, Juan era un bravo ragazzo: lavorava in un negozio di articoli sportivi da quando aveva smesso di andare a scuola ed era fidanzato con Grace da… più o meno da sempre.
Avevo sostenuto fin da piccola che prima o poi si sarebbero sposati, sono sempre stati una bella coppia e non sarei mai stata in grado d’immaginare mio fratello con qualcun’altra.
Mi era sempre piaciuto pensare che, in qualche modo, si completassero a vicenda: così diversi ma così indispensabili l’uno per l’altra.
Gettai un’occhiata all’orologio appeso alla parete color pesca, l’unica senza poster attaccati.
Erano le 9.20 di sera e dovevo ancora mangiare, avevo dormito tutto il pomeriggio.
Dovevo essere stata proprio stanca.
In effetti ultimamente non avevo dormito molto: la sera del mio compleanno ero arrivata a casa tardi e a furia di pensare e ripensare a Pierre ero finita per addormentarmi alle quattro, e la mattina seguente mi ero dovuta svegliare prestissimo per la partita.
Ero stata così concentrata sul match che avevo lasciato perdere la stanchezza ma, una volta arrivata a casa, ero letteralmente crollata.
«Juan, muoviti che ho fame! » gli urlai sperando che per una volta mi desse retta.
Il suono familiare dei suoi passi che salivano le scale mi confermò che stava arrivando.
«Eccomi, brontolona. » Disse non appena entrò in camera.
«Ah, comunque oggi pomeriggio ti hanno cercata sul cellulare» mi avvisò passandomelo.
«Uhm, ok. Dai, scendiamo che così mi mangio qualcosa. » proposi, afferrando il cellulare e infilandolo nella tasca destra della tuta.
Non volevo che mio fratello si insospettisse, era molto geloso e poi.. bè, non c’era nessuno motivo per cui potesse ingelosirsi, dal momento che alla fine avevo chiamato Zoey dall’ospedale non appena era riuscita a staccare dal lavoro e mi ero fatta portare a casa da lei per evitare qualsiasi tipo di malinteso e per permettere a Pierre di andare finalmente a casa.
«Certo. Vieni dai, ti prendo in spalla. »
«Ma sei scemo? Peserò due quintali e mezzo! »
Juan rise «e come pensi di scendere le scale Signora GuardateQuantoSonoObesa? Rotolando? »
Mi chiese prendendomi in giro e ridendo come un matto.
«ah-ah, davvero spiritoso. » Constatai con sufficienza, trattenendomi dal ridere a mia volta.
«Eh va bene, l’hai voluto tu. Attento che salto» lo avvertii e, senza dargli neanche il tempo di rendersene conto, mi aggrappai alla sua schiena, attaccandomi come un koala.
In meno di un minuto eravamo già sulle scale a cantare a squarciagola “Born In The USA” divertendoci come solo noi due sapevamo fare.
C’era sempre stata una grande intesa tra di noi ed eravamo così attaccati l’uno all’altra che ero quasi certa di poterlo definire il mio migliore amico.
Mi sedetti a tavola mentre continuavo a rimuginare su quanto fossi fortunata ad avere un così bel rapporto con Juan e a quanto gli volessi bene quando non faceva altro che farmi ridere, proprio come in quel momento, permettendomi di distrarmi dalle preoccupazioni che ultimamente non mi lasciavano un attimo in pace.
 
 
Dopo aver cenato convinsi Juan a guardaci assieme American Pie Il Matrimonio che, a parer nostro, era e rimarrà sempre il migliore di tutta la serie.
Quando anche American Pie finì diedi la buonanotte a mio fratello che era steso sul divano in uno stato quasi comatoso e, armandomi di molta pazienza, salii le scale aiutandomi con le stampelle.
Dopo un periodo che mi era sembrato un’eternità arrivai in camera e, mentre mi lasciavo cadere sul mio amato letto da una piazza e mezzo, ripensai interamente a quello che era successo in una sola giornata.
Era tutto così strano che non potevo credere fosse accaduto davvero.
Pierre, l’avergli parlato, l’essere stati così vicini a lungo, il suo sguardo penetrante, il suo modo di fare che mi faceva impazzire, i suoi capelli, la dolcezza che esprimevano le sue guance, il suo buffo modo di aggrottare le sopraciglia, la sua voce indescrivibile, il movimento delle sue labbra, i suoi caldi sorrisi… mi era sembrato un sogno, decisamente troppo bello per essere vero.
Poi però pensai alla caviglia, a Christin, al calcio, al dolore, a come avrei fatto a recuperare, a quando sarei potuta tornare a giocare… e la giornata così da un fantastico sogno prendeva le sembianze di un tremendo incubo.
Sospirai ed estrassi il cellulare dalla tasca.
Quattro chiamate e due messaggi.
Cliccai velocemente su visualizza, spinta dalla curiosità.
Quattro chiamate da: Zoey.
Ah, rimasi un po’ delusa.
Io e Pierre ci eravamo scambiati i numeri e sinceramente mi aspettavo che si sarebbe fatto vivo anche lui, ma probabilmente mi sbagliavo.
Forse non gli importava di me, o forse non provava i sentimenti che ero certa crescessero in me ogni secondo che passavo in sua presenza.
Mi sentii una povera illusa. – Cogliona. Cogliona! – pensai, sbattendomi una mano in fronte.
Stavo già troppo male per il fatto che non sarei tornata in campo per molto tempo, perdendo una delle poche cose che mi faceva stare veramente bene: il calcio.
E in più, come se non bastasse il dolore che mi provocava staccarmi per chissà quanto dalla mia grande passione, mi ero attaccata ad un’illusione, a una falsa speranza.
Mi ero convinta del fatto che potessimo funzionare, che almeno ci avremmo provato, che per lui significavo qualcosa.
Ma come potevo pensare certe cose dopo solo un giorno che lo conoscevo?
Ricacciai indietro le lacrime che mi pizzicavano gli occhi, e mi decisi a ributtare lo sguardo sullo schermo.
Due messaggi ricevuti.
Visualizza.
Zoey:
«Dove cazzo sei finita? E’ tutto il pomeriggio che ti chiamo! Dimmi che stai bene! Dobbiamo parlare di Tu Sai Chi! Mi devi finire di raccontare…»
«Ti chiamo domani, sto benino. Comunque non penso ci sia molto da raccontare. ‘Notte. » Risposi frettolosamente, convinta che di aver espresso per bene la mia amarezza anche attraverso un messaggio.
Sbadigliasi, ero distrutta e avevo davvero bisogno di dormire se l’indomani sarei voluta arrivare a scuola in orario e con un aspetto decente, magari senza sembrare uno zombie.
Un messaggio ricevuto.
Aprii il messaggio convinta che fosse della mamma che, come ogni sera da quando era partita, chiamava per salutarci o mandava per messaggio la buonanotte anche da parte di papà, ma quando lessi il mittente rimasi paralizzata.
Pierre:
«Ciao Sky, sono Pierre. Volevo sapere come stavi e se eri arrivata a casa sana e salva. Fammi sapere, ho voglia di sentirti. »
Avevo letto bene? Pierre?!
Sentii il battito cardiaco accelerare e le mani che pian piano stavano cominciando a tremare mentre cercavo una risposta adeguata da mandagli.
Oddio, che deficiente.
Avevo appena fatto una scenata per niente!
Mi aveva pensato e addirittura mi aveva scritto un messaggio!
Che cosa avrei dovuto rispondergli?
Ci pensai un po’ su ma, stanca com’ero, non riuscii a formulare niente di meglio che
«Ehi PierStampella! Sono arrivata a casa tutta intera e sono viva e vegeta, non temere. J Magari ci sentiamo domani. Notte. Ah, grazie mille per oggi. Davvero. »
Inviai il messaggio e mi tranquillizzai, rilassando i muscoli e riprendendo a respirare con un ritmo regolare.
Mi infilai sotto le coperte, chiusi gli occhi e, liberando la mente dalle preoccupazioni riguardanti la caviglia, finalmente mi addormentai con il cellulare ben stretto tra le mani, la mente affollata da immagini di Pierre e un sorriso sincero sulle labbra.





SCUSATEMI per il ritardo! 
Giuro che avrei voluto aggiornare prima ma sono stata tutta la settimana senza internet per problemi dovuti alla connessione, i'm so sorry ):
Riguardo al capitolo.. bè, a me fa abbastanza schifo. Non succede niente di che ma spero di movimentare un po' la storia con il prossimo.
Non pensate che Sky sia sempre così "fragile". Sì è un po' lasciata andare perchè la situazione della caviglia la preoccupa molto e, non essendosi sfogata come si deve, strippa un po' per tutto xD Perdonatela ;)
Magari lasciatemi i vostri pareri in una recensione, mi farebbe davvero piacere!
Alla prossima,
Ari.




  
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