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Autore: Darik    29/10/2012    1 recensioni
A volte, un desiderio non corrisposto puņ attirare le attenzioni di qualcun'altro, che puņ essere molto, molto pericoloso.
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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4° Capitolo

Una volta ascoltata la testimonianza di Negi e Takamichi, seduti davanti a lui e già curati da Konoka, Konoemon rimase senza parole.

“Che possiamo fare?”, disse Negi rompendo il silenzio che aleggiava nello studio dell’anziano.

“C’è poco da fare: per salvare Setsuna, dobbiamo per prima cosa scoprire chi è il nemico”, rispose il preside.

“Il guaio è che non abbiamo indizi. Non sappiamo neppure che aspetto abbia quell’essere, quando lo abbiamo visto aveva le sembianze di Konoka”, rammentò Takamichi.

“Di mutaforma ce ne sono parecchi, come pure parecchie creature possono controllare l’ambiente circostante. Inoltre, ho controllato e ricontrollato gli archivi: non c’è nulla su quel misterioso albero”.

“Preside”, esclamò ad un tratto Negi, “è solo una possibilità, comunque: quell’albero da dove proviene?”

“E’ lì da molti secoli, vi fu piantato nel 387 d.C., ma in effetti, potrebbe pure essere stato portato qui da un altro posto. Ho capito cosa intende dire, e forse ha ragione: a quell’albero è successo qualcosa, ma il fatto che sia al Mahora, non significa che questo qualcosa gli sia successo qui. Un momento”.

Konoemon recitò una breve formula magica, davanti a lui comparve una piccola sfera di colore giallo, che si tuffò nella libreria alla loro destra scomparendovi.

“Quello era un incantesimo di ricerca, giusto?”, volle sapere Negi.

Il preside annuì e dopo qualche minuto, la sfera ricomparve e depositò sulla scrivania una pergamena che appariva molto antica, ricoperta di polvere.

“La zona del Mahora”, spiegò l’anziano, “sin dai tempi antichi è stata abitata, e controllata, dai maghi, che quindi riportavano tutto quello che dall’esterno era portato qui. Grazie alla magia questa pergamena è stata cominciata nel 135 a.C. e costantemente aggiornata fino alla fine dell’epoca Edo, nel 1868. Ho già controllato, vi riporta l’anno di arrivo dell’albero, ma ho esaminato solo se ad esso era legata qualche maledizione, e non c’era nulla. Però…”

Konoemon sfogliò rapidamente il testo antico e puntò qualcosa col dito.

“Ecco! L’albero arrivò qua da Okinawa!”

“Quindi, potrebbe darsi che un qualche tipo di sortilegio lo abbia colpito quando era lì”, ipotizzò Negi.

Konoemon e Takamichi si guardarono, annuendo.

“Ti faccio i complimenti per la tua intuizione, Negi”.

Konoemon tirò fuori un telefono particolare: aveva la cornetta ma niente fili o antenne, improvvisamente s’illuminò con strani geroglifici, e il preside compose un numero.

“Chi sta chiamando?”, gli domandò Negi.

“Un mio amico di Okinawa, una vera e propria enciclopedia vivente di tutti gli eventi soprannaturali accaduti su quell’isola negli ultimi tremila anni, direi”.

“Accidenti!”, esclamò stupito il piccolo mago.

Qualcuno rispose dall’altra parte, il preside, dopo qualche saluto convenevole, gli espose la situazione, poi rimase in silenzioso ascolto per alcuni minuti, salutò e terminò la telefonata.

Takamichi e Negi rimasero in attesa.

“C’è una notizia buona e una cattiva. Quella buona è che abbiamo capito con chi abbiamo a che fare, la cattiva è che, dal momento della scomparsa di Setsuna, abbiamo meno di un giorno per salvarla”.

Takamichi divenne scuro in volto. “Che significa?”

“Il mio amico mi ha detto che c’è una leggenda legata a quell’albero. Esso apparteneva a una nobile famiglia, i Gasai, che avevano una sola figlia, Yuno: quest’ultima era stata scelta per andare in sposa a un nobile del Giappone, tale Yukiteru Amano, durante il periodo Kofun: un matrimonio combinato che avrebbe permesso alla famiglia Gasai di diventare tra le più importanti del paese. Anche Yuno era felice, perché lei e quel nobile si amavano veramente. Ma subito dopo il matrimonio, lo sposo morì, i suoi parenti accusarono Yuno di averlo avvelenato, la ragazza scappò sperando di potersi rifugiare presso la propria famiglia. Invece, trovò il portone della loro casa sbarrato.

La leggenda dice che per tre giorni e tre notti Yuno supplicò i genitori di farla entrare. “Sono io, sono la vostra amata figlia!”, “Avete sempre detto che ero tutto per voi!”, “Ero il centro del vostro amore!”. Gridava frasi come queste battendo più e più volte i pugni contro la porta, fino a farli sanguinare, senza ottenere risposta. Arrivarono poi i sicari della famiglia Amano, la colpirono con molte frecce, lei cercò di fuggire ancora, e quando la trovarono, era ormai morta, riversa su un piccolo albero. Quello che, dieci anni dopo i fatti, fu mandato in dono qui”.

“Allora l’origine della maledizione è questa. Ma perché non avvertirono del pericolo?”, chiese Negi.

“Probabilmente perché non lo sapevano. Il mio amico pensa che l’essenza vitale della ragazza, ormai sul punto di spegnersi, si sia legata a quella dell’allora giovane pianta. Ma nessuno all’epoca immaginò una cosa del genere, lo spirito di Yuno è rimasto dormiente per tutti questi secoli e questa è la sua prima manifestazione”.

“Dopo tutto questo tempo? E perché proprio con Setsuna?”

“Negi”, gli disse allora Takamichi, “da quello che Asakura mi ha raccontato, aveva organizzato una sorta di appuntamento per Setsuna e Konoka vicino a quell’albero, per permettere a Sakurazaki di esprimere definitivamente i suoi sentimenti. Ma deve essere andata male, conoscendo la timidezza in queste cose di Setsuna e il pensiero impenetrabile di Konoka, senza offesa preside”.

“Oh, si figuri, lo so bene che è difficile capire cosa abbia in testa la mia nipotina”.

“Comunque”, riprese l’uomo, “vedendo quel tentativo andare a male, i sentimenti frustrati di Setsuna potrebbero aver attirato l’attenzione dello spirito di Yuno. Dalla sua storia, parrebbe di capire che Yuno ha avuto un’esistenza piena di amore, che poi le è stato improvvisamente strappato via. Vuole disperatamente essere amata, allora avrà pensato che l’affetto di Setsuna non fosse corrisposto da Konoka, e quindi che poteva prenderselo”.

“In effetti, fila, ma perché nei secoli precedenti non ci sono stati casi?”

“Non lo so con certezza, ma forse è stata l’attività recente del grande albero di Mana. Con tutto quello che è successo quest’anno, le sue radiazioni magiche potrebbero aver risvegliato qualche potere latente, forse l’hanno pure potenziato”, spiegò Konoemon.

“Ora capisco. Un momento, preside, perché ha detto che abbiamo meno di un giorno?”

“Queste maledizioni, stando al mio amico, solitamente sono accompagnate da manifestazioni visibili, magari piccoli oggetti come templi, che indicano il loro stato di avanzamento”.

“Secondo quanto riferito da Asakura, Konoka ha detto di aver visto alla base dell’albero un tempietto con una statuina dentro”, aggiunse Takamichi.

“Esatto. Dovremo chiedere ad Hakase di costruire un qualche congegno per controllare a distanza di sicurezza l’albero: se alla sua base c’è il tempietto, e se al fianco della prima statua ne sta spuntando un’altra, vuol dire che il sortilegio sta assorbendo l’essenza vitale di Setsuna. Quando avrà finito, Sakurazaki diventerà un fantasma legato per sempre a quell’albero, come Yuno. Solitamente questo processo si compie in meno di un giorno”.

“No!”, gridò Negi scattando in piedi. “Dobbiamo fermarlo!”

“E lo faremo”, lo rassicurò Konoemon. “Voi formate una squadra di soccorso, io cercherò, su un volume della biblioteca indicatomi dal mio conoscente, un incantesimo che vi permetterà di penetrare nella dimensione spirituale dove si trovano Setsuna e Yuno”.

“Bene!”, concluse Negi andando via con Takamichi.

Il preside cercò al computer la posizione del libro, quando bussarono alla sua porta.

“Avanti”.

Ad entrare fu Kazumi Asakura, la cui solita vitalità sembrava scomparsa, sostituita da un’espressione cupa e depressa.

“Che cosa posso fare per lei, signorina Asakura?”

“Signor preside, vorrei sapere se ci sono sviluppi per quella faccenda di Setsuna”.

“Abbiamo capito di cosa si tratta, e ora organizziamo i soccorsi”.

Un lieve sorriso apparve sul volto della ragazza. “Meno male. Però…”

Konoemon la scrutò. “Non dica nulla, ho capito: si sente in colpa, vero?”

“Sì”, ammise Asakura chinando il capo. “Non sarebbe successo nulla se non avessi indicato quel luogo a Konoka e Setsuna”.

“Non si colpevolizzi così, lei non poteva immaginare che c’era quel pericolo. Se c’è qualcuno che ha sbagliato, quello sono io. Non ho saputo accorgermi che di qualunque cosa bisogna conoscere l’intera storia prima di dichiararla sicura, e non l’ho fatto, proprio io che so più di tutti quanti segreti nasconde il Mahora”.

“La mente può darle ragione, ma il cuore è tutt’altra cosa”.

“Se cerca perdono, signorina Asakura, non deve chiederlo a me. Vada da mia nipote e parli con lei”.

La giornalista della III A fece un lieve inchino e lasciò l’ufficio.

 

“Uhn… dove… dove sono?”

Lentamente Setsuna aprì gli occhi: intorno a lei vide un paesaggio magnifico, dominato da una vegetazione di un verde quasi scintillante, c’erano alberi molto alti, cespugli, prati fioriti, mentre il cielo non si vedeva, coperto com’era dai rami delle piante. Comunque, attraverso gli spiragli proveniva una luce calda e confortevole.

La ragazza si guardò intorno: aveva gambe e braccia legate, con delle liane, ad un grande albero, affianco al quale nasceva un piccolo fiume, e arrossì notevolmente quando si accorse di cosa indossava: una tunica bianchissima totalmente aperta sui lati, per tutta la sua lunghezza, e siccome non c’erano cinture o simili, gli spiragli si aprivano fino a mostrare in pratica tutto.

“Aahh! Di solito queste cose capitano ad Asuna! Ma cosa succede?!”

“Ti sei svegliata, finalmente”.

Davanti a lei apparve Konoka, con uno splendido kimono bianco in stile antico, finemente decorato.

“Chi sei? E dove mi trovo?”, domandò Setsuna facendo la voce dura.

“Non essere così minacciosa verso chi ti ama e verso quella che sarà la tua prossima casa”.

“Come sarebbe a dire?”

“Andiamo. Non hai detto di amarmi? Non hai giurato di stare sempre con me? Ovvio quindi che dovrai abitare qui, con me, per sempre”.

“Lasciami andare! Non pensare di ingannarmi, tu non sei lady Konoka!”

L’altra si rabbuiò per un attimo, poi sfoggiò uno splendido sorriso.

“Non ho bisogno di essere davvero lei, perché io posso essere chiunque voglio e chiunque tu voglia”.

Konoka mutò aspetto, diventando una bellissima ragazza sui sedici anni, con i capelli chiari.

“Ti va bene il mio vero aspetto? Oppure preferisci questo?”

Lo spirito diventò Asuna.

“O queste?”, continuò tramutandosi prima in Kaede e dopo in Mana.

“O vuoi cambiare genere?”

Le sue sembianze divennero quelle di Negi, poi Takamichi e Kotaro.

“Magari preferisci un aspetto originale?”

Una serie di volti, di maschi e femmine, tutti bellissimi, si alternò in pochi attimi.

“Chiedi la forma che preferisci, io la assumerò. Mentre per l’amore, sta tranquilla: te ne donerò in abbondanza per l’eternità!”

“Basta! Io non provo niente per te! Se davvero mi ami, allora fammi uscire da qui!”

Lo spirito tornò all’aspetto di Konoka, con un’espressione addolorata.

“Triste, è davvero triste quello che dici. Ma non preoccuparti, ti cambierò io quel carattere”.

La falsa Konoka le cinse il collo con le braccia, Setsuna tentò di svincolarsi, ma le liane erano incredibilmente resistenti.

La baciò sulla bocca, la spadaccina s’irrigidì, poi il suo corpo perdette ogni forza, afflosciandosi e quasi cadendo tra le braccia della sua carceriera, che le accarezzò i fianchi.

“Maledetta… non riesco a ribellarmi…”

“Sì…”

“Chi parla?”

“Sono tua…”

“Ma questa voce…”

“Amami…”

“…è la mia! Ma… ma cosa mi sta facendo?! Konoka, professor Negi, Asuna… qualcuno mi aiuti!”

 

Satomi Hakase, con un piccolo oloproiettore in mano, stava correndo verso lo studio del preside.

Non era stato un problema, per lei, costruire una minuscola telecamera volante che arrivasse fino a quel misterioso albero.

Purtroppo, doveva confermare al preside i suoi timori: ai piedi della pianta c’era un tempietto, con dentro due statuine, una delle quali stava lentamente emergendo dal suolo.

Passando per un corridoio, vide una scena che la bloccò: Asakura stava in ginocchio davanti a Konoka, che la abbracciò e le accarezzò la testa, come per consolarla.

“Mm… sembra una pace fatta, direi”, commentò mentalmente per poi andare dal preside.

Quando gli riferì tutto, Konoemon esclamò: “D’accordo. Ho trovato l’incantesimo che ci serve e la squadra di soccorso è pronta. Ci servirà anche l’aiuto di Evangeline”.

 

Con l’arrivo della sera, i compagni di Setsuna si approssimarono all’albero stregato: Negi, Asuna, Takamichi, Kotaro, Mana e Kaede, con in aggiunta Chachamaru e Ku Fei. A tutti loro era stato detto della storia di Yuno Gasai.

Evangeline appariva un po’ in disparte.

“Uff, ma perché non posso venire con voi? Col mio potere finiremmo la vicenda in un attimo”.

“Non possiamo rischiare, Evangeline. L’incantesimo trovato dal preside richiede una grande quantità di magia, e solo tu sei abbastanza potente da poter mantenere aperto il portale e allo stesso tempo difenderti da eventuali attacchi dello spirito di Yuno”, le spiegò Takamichi.

“Mpf, e va bene, impiastri”.

“Non si preoccupi, padrona, salveremo Sakurazaki”, la rassicurò Chachamaru.

“Come se mi importasse di quella stupida! Sono qui solo perché spero di potermi confrontare con un nuovo avversario. Anzi, vorrei davvero che mi attaccasse, così non sarò venuta per niente!”

Davanti agli sguardi non troppo convinti degli altri, arrossì ed evocò una spada di ghiaccio: “Non fatevi venire strane idee o vi affetto!”

“Allora, andiamo”, s’inserì Negi. “Siete tutti sicuri? Se qualcosa dovesse andare storto, e il portale si chiudesse prima del nostro ritorno, potremmo restare bloccati per sempre in un’altra dimensione”.

“Sempre che quella Yuno non ci uccida prima”, aggiunse Asuna.

“In effetti sì”.

“Professore, non si preoccupi: se Setsuna fosse qui, farebbe lo stesso per chiunque di noi. E’ nostra amica e non la abbandoneremo mai”, rispose per tutti Ku Fei.

Negi si sentì commosso. “Siete davvero persone fantastiche. Forza, maestra Evangeline”.

“Ci sono anch’io!”, esclamò Konoka arrivando dal bosco.

“Eh? Ma Konoka, tu non sai combattere…”

“Però sono forte nella magia, Asuna, il mio potere curativo può tornarvi utile, perciò verrò con voi!”

Il suo era un ordine, non una richiesta, nessuno seppe replicare davanti alla sua serietà e determinazione, persino superiori a quando, nella città del cinema, si era buttata senza esitare nel vuoto per salvare Setsuna.

Asuna le mise una mano sulla spalla. “Benvenuta allora”.

Evangeline recitò la formula dettale dal preside, davanti all’albero si creò un cerchio fermo a mezz’aria, dai contorni gialli.

Uno dopo l’altro entrarono.

“Buona fortuna”, pensò Evangeline quando rimase sola.

  
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