It’s your lucky day
Remus
e Bill erano ormai al limite delle forze e con le spalle al muro
quando il rombo di una moto coprì i rantoli disumani. La
moto correva a tutta
velocità verso di loro senza accennare di volersi fermare.
Quando fu a pochi
metri, Remus fu costretto a prendere Bill per il mantello e gettarsi a
terra
fuori dalla traiettoria della moto, che andò contro alcuni
degli esseri mentre
il motociclista, con uno spettacolare salto, smontava e si andava a
posizionare
davanti a quei mostri. Portava una tuta nera integrale da motociclista
e il
casco a celare il volto.
I
due uomini si riscossero subito, vedendosi arrivare due degli esseri
addosso, mentre gli altri si lanciarono contro il nuovo arrivato come
se fosse
molto più allettante di loro due messi insieme. Presto il
motociclista sfoderò
delle armi babbane, di cui Remus e Bill avevano solo sentito parlare o
avevano
visto disegnate o riportate nei libri. Con quelle riuscì
senza fatica a far
fuori un paio degli esseri, mentre altri li sistemò a mani
nude I due maghi
intanto facevano quello che potevano con gli incantesimi che
conoscevano,
anche se non sembravano servire granché.
“La
testa,” venne in loro aiuto la voce del motociclista.
“mirate alla
testa!”
I
due fecero come era stato loro suggerito, e in poco tempo
riuscirono
a farne fuori alcuni. Gli ultimi individui li sistemò il
motociclista senza la
minima fatica.
I
tre rimasero in silenzio per alcuni minuti, contemplando quello
spettacolo orribile di corpi ormai morti definitivamente. Remus e Bill
avevano
il fiato corto mentre il tizio sembrava perfettamente riposato. Se ne
stava
dritto a pochi passi da loro e sembrava scrutarli da dietro la
visiera
del casco.
D’improvviso
si avvicinò a Remus con passo sostenuto e, con un gesto
tanto
repentino da non permettere all’uomo nemmeno di aprire bocca,
gli prese il
braccio ferito stringendo con forza la ferita e facendolo
urlare di
dolore. Il tizio lasciò andare subito Remus come se fosse
stato scottato e
scattò all’indietro puntandogli l’arma
contro.
“Da
quanto?” chiese minaccioso.
“Qualche
minuto fa!” disse sicuro Remus portando la mano alla ferita.
Sentirono
chiaramente un sospiro di sollievo mentre il tizio riponeva
l’arma e si sganciava il casco. Quando lo tolse
rivelò il bel volto di una
giovane donna con un paio di occhi di un azzurro intenso, che
li guardava
con un sorrisetto malizioso.
“Oggi
è il tuo giorno fortunato, amico!”
La
ragazza era non era una strega, o almeno era quello che sembrava, ma
Remus sapeva che non era una normale babbana. Credeva, però,
di potersi fidare,
perciò, quando la ragazza intimò loro di
seguirla, i due obbedirono e
mezz’ora dopo si ritrovarono in una piccola stanza di un
Bed&Breakfast
dall’aria decisamente squallida. Era costituita solo da un
letto, un armadio
scrostato e un bagno. La ragazza tirò fuori da sotto il
letto una valigetta di
alluminio, dopo aver ordinato a Remus di sedersi.
“Fa
vedere il morso!” ordinò la ragazza dopo aver
posato la valigetta sopra
il letto.
Remus
obbedì subito, slacciandosi la camicia e scoprendo il
braccio ferito,
rabbrividendo quando la stoffa, che si era appiccicata alla ferita, si
staccò.
Non capiva come poteva fidarsi così ma sentiva che doveva,
anche se, per quanto
ne sapeva, poteva essere una nuova mangiamorte maledettamente brava.
Bill
sembrava tranquillo, anche se visibilmente sconvolto per
l’attacco, e se ne
stava in piedi al fianco di Remus, alternando lo sguardo dalla ragazza
all’amico.
La
ragazza esaminò la ferita con occhio critico per poi
sbuffare, e
rivolgendogli il primo sorriso sincero da quando l’aveva
incontrata.
“Ti
assicuro che ho visto di peggio” disse mettendosi la
valigetta sulle
ginocchia. “Quanto meno non ti hanno sbranato vivo!”
Bill
ridacchiò ma poi, vedendo lo sguardo serio della
ragazza,
esclamò: “Lo possono fare?”
“Hanno
fame. E’ il loro istinto primario.” disse con
semplicità la ragazza
picchiettando con velocità su di un piccolo schermo ad un
angolo della
valigetta che si aprì da sola con un leggero sibilo.
Dentro
c’erano delle strane boccette con dei liquidi verdi e
azzurri, e
vicino c’era uno strano aggeggio metallico che somigliava
terribilmente alle
armi che la ragazza aveva utilizzato per eliminare gli esseri. Era
dello stesso
materiale lucente e argenteo della valigetta e aveva una punta lunga ed
acuminata. La ragazza lo prese con
sicurezza, insieme
ad una delle boccette con il liquido verde che
inserì con un colpo secco.
Poi, dopo averla posata con delicatezza, andò
all’armadio e prese un astuccio
nero da cui tirò fuori un cordino giallognolo che
legò stretto alla base del
gomito dell’uomo, sotto lo sguardo attonito di
quest’ultimo che deglutì a
vuoto.
Lei
lo guardò e si lasciò scappare una risatina:
“Sembra che non hai mai
visto una siringa e un laccio emostatico. Forse questo tipo di siringhe
non si
trovano in circolazione, ma sono necessarie se si deve iniettare il
siero a dei
soggetti appena morsi e incontrollabili.” Spiegò
posando una mano sull’incavo
del braccio di Remus. “Sentirai una puntura e temo che il
liquido brucerà
parecchio. Ma è per il tuo bene!”
La
ragazza rimase qualche istante a guardare Remus negli occhi.
L’uomo
annuì e cercò di rilassare il braccio. La ragazza
si mise all’opera dando dei
piccoli colpetti al braccio per poter trovare la vena, e dopo averci
passato un
batuffolo imbevuto di disinfettante, che aveva estratto
dall’astuccio, inserì
l’ago sulla carne.
Remus
ebbe un brivido improvviso e subito sentì un bruciante
dolore
propagarsi man mano che il liquido si trasferiva dalla siringa al suo
organismo.
“In
ogni caso è la prima volta che vedo oggetti di questo
tipo” fece
l'uomo con un sorriso tirato, rivolto alla ragazza che gli
estraeva l’ago
dal braccio.
La
ragazza sorrise di nuovo ma non fece commenti, ricominciando a riporre
il tutto nella valigetta e chiudendola.
“Comunque…
non ci siamo presentati!” disse Bill, avanzando.
“Io sono Bill
Weasley!”
“E
io Remus Lupin” aggiunse il licantropo, tenendo il braccio
ferito mentre
la ragazza prendeva da una sacca, posta dentro l’armadio,
altro disinfettante e
bende.
“Piacere
di conoscervi. Io sono… solo Alice!”
“Quindi
siete maghi!” disse la ragazza con tranquillità
uscendo dal bagno e
frizionandosi i capelli ancora bagnati con un asciugamano che poi
buttò sul
letto.
Remus
e Bill avevano avvertito l’Ordine dell’attacco e
poi avevano cercato
di fare un incantesimo di memoria su Alice, incantesimo che
non aveva
avuto nessun’effetto sulla ragazza. Alice, dal canto suo, era
rimasta piuttosto
tranquilla e aveva spiegato che qualunque cosa avessero voluto fare con
lei non
sarebbe servita.
Quindi
Remus e Bill avevano deciso di dirle la verità su di loro.
Man mano
che parlavano Remus si stupì nel notare che era difficile
non risponderle o
omettere qualcosa. Lei faceva le domande e loro rispondevano di getto,
senza
esitare. Era come se avessero preso del Veritaseum
inconsapevolmente, cosa
che lo turbava non poco.
Mentre
la ragazza si faceva una doccia ne parlarono, trovandosi
d’accordo.
C’era qualcosa di… oscuro nella ragazza e dovevano
indagare più a fondo. Non
aveva ancora detto niente di lei, oltre al nome, ed ora che era uscita
dal
bagno la osservarono mentre infilava i suoi pochi averi nella sacca.
“Ma
tu invece?” fece Bill spazientito. “Chi sei? Cosa
sei? Chi erano
quelli?”
La
ragazza puntò gli occhi azzurri sul ragazzo, che rimase come
bloccato
sul posto senza fiatare. Poi Alice distolse lo sguardo e
infilò una felpa rossa
di qualche taglia più grande, per poi sospirare e fermarsi
davanti ai due.
“Quelle
creature… non sono umane. Questo lo avete capito anche voi.
Un
tempo lo erano ma ora non più. Lo stesso vale per me. Non me
la sento di andare
sui particolari ora. Non è sicuro qui. Sono riuscita a
seminarli tutti ma la
prudenza non è mai troppa. Potrebbero aver visto lo
spettacolino di poco fa, ma
non potevo lasciarvi in balia di quegli esseri, e nemmeno permettere
che
scorazzassero per Londra.”
“Di
chi stai parlando?” chiese Bill confuso guardando anche Remus
che
invece sembrava aver colto qualcosa.
“Prova
a pensarci, Remus,” disse la ragazza.
“La
spilla che avevano, l’ottagono bianco e
rosso…” fece
lui lentamente. “Le persone che hanno quel
simbolo… loro ti stanno
cercando. Erano lì per te, quegli esseri!”
“Quasi…
Ma ci sei andato vicino. Ora se non vi dispiace. Vorrei che mi
portaste dal vostro capo!”
Disclaimer
I personaggi
citati in questo racconto non sono miei,
ma appartengono agli aventi diritto. Servendo di
loro non ottengo nessuna forma di lucro.