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Autore: Beauty    01/11/2012    25 recensioni
E se Belle e Rumpelstiltskin si fossero incontrati nella vita reale?
Mr. Gold, attraverso i suoi patti, tiene in pugno l'intera Storybrooke. E' considerato un uomo malvagio e incapace di amare, ma quando Belle French, per saldare i debiti del padre, accetta di lavorare per lui, le cose si rivelano diverse da come appaiono. Ben presto, Belle e Mr. Gold si ritroveranno inaspettatamente a provare dei sentimenti l'uno per l'altra, ma qualcuno intanto sta tramando nell'ombra...
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Belle, Signor Gold/Tremotino
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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The Meaning of a Flower

 

Henry gettò un’occhiata al negozio, sulla cui porta era affissa un’insegna recante la scritta Game of Thorns, le cui lettere affusolate parevano rovi di spine e terminavano nell’immagine di un bocciolo di rosa, quindi spostò lo sguardo sul portafoglio che teneva fra le mani. Da quando aveva rubato la carta di credito alla maestra Blanchard per pagarsi il viaggio fino a Boston per trovare la sua vera mamma, sua madre – l’altra madre, quella che l’aveva cresciuto – si era fatta promettere che non avrebbe più preso del denaro senza permesso.

- Se proprio vuoi comprarti un gelato o fare una partita in sala giochi - aveva concluso, - vorrà dire che inizierò a darti una paghetta settimanale.

Henry era stato contento di questa prospettiva, anche se, alla fine, aveva scoperto che, in fondo, non sapeva che cosa fare di tutti quei soldi. Sua madre gli aveva categoricamente proibito di mangiare del gelato, non gli piacevano eccessivamente i videogame, e tutto quello che gli occorreva ci pensavano la mamma oppure Emma a procurarglielo. Così, il denaro si era accumulato, fino a quasi non starci più nel salvadanaio.

Salvadanaio che, quella mattina, aveva rotto, felice di essere riuscito a risparmiare tutti quei soldi.

Henry tornò a fissare la scritta Game of Thorns. Era domenica, eppure il negozio di fiori era aperto. Il ragazzino sperò vivamente che ci fosse Belle, e non Moe French. Il fioraio era un tipo scortese e scorbutico, molto incline a perdere velocemente la pazienza, e lui, quel giorno, aveva assolutamente bisogno di qualcuno che lo consigliasse. Belle avrebbe saputo farlo. Sì, ma Belle lavorava al negozio del signor Gold. Ma il negozio del signor Gold la domenica era chiuso, mentre il Game of Thorns, per ovvie ragioni, era aperto. Aveva buone speranze di trovare Belle dietro il bancone.

Era il giorno di San Valentino, in fondo.

Henry si fece coraggio ed entrò. Trovò padre e figlia dietro al bancone. Il ragazzino scoccò un’occhiata di sottecchi a Maurice: aveva le guance e la punta del naso arrossati, non era sobrio ma nemmeno troppo sbronzo, anche se non ci sarebbe voluto molto prima che lasciasse il negozio e se ne andasse al bar. Belle teneva il capo chino, concentrata su un mazzo di fiori di pesco che stava confezionando. Sollevò lo sguardo non appena udì il campanello tintinnare.

Moe squadrò il piccolo cliente con un cipiglio infastidito, quindi si volse verso sua figlia.

- Pensaci tu - grugnì, prima di avviarsi a passo pesante sul retro del negozio.

Belle spostò da parte il mazzo di fiori, sporgendosi sul bancone e sorridendogli.

- Cosa posso fare per te?

Henry si avvicinò, imbarazzato.

- Ehm…io devo regalare un fiore…

- Ottimo. Che fiore?

- Io…beh, è complicato…- Henry si passò una mano fra i capelli.- E’ che…insomma…

Belle inarcò un sopracciglio, sorridendo.

- C’è una ragazzina che ti piace?

- No!- si affrettò a dire Henry.- Cioè, volevo dire, sì…Insomma…lei mi piace, ma non in quel senso - spiegò il ragazzino.- Non voglio che sia la mia fidanzata…che orrore!…è che…insomma, San Valentino è anche la festa di chi si vuole bene, no?

- Immagino di sì…

- Ecco. E gli amici si vogliono bene, no?

- Certo - Belle trattenne una risata.

- Il punto è che…voglio dire…vorrei un fiore che significhi ti voglio bene…ma non nel senso che voglio che sia la mia fidanzata…un fiore che significhi ti voglio bene e basta.

Belle ridacchiò.

- Credo di aver capito…Aspetta…

Belle si voltò, iniziando ad esaminare i vasi di fiori posti sui ripiani alle sue spalle. Quando si voltò, Henry vide che teneva in mano un fiordaliso.

- Questo è un fiore che simboleggia l’amicizia - spiegò la ragazza.- Significa ti voglio bene e sono contento che tu sia mia amica. Che ne dici? Può andare?

Henry sorrise, annuendo soddisfatto, e iniziò a rovistare nel portafoglio. Si fermò di colpo, sollevando lo sguardo sul volto della ragazza.

- Avresti anche un biglietto, per favore?

 

***

 

- Allora, che ne dite? Blu o giallo?- Mary Margaret, in piedi al centro della stanza, mostrò prima l’uno poi l’altro abito alle amiche, tutte e quattro sedute sul letto di casa Blanchard. Belle aveva lasciato il negozio di suo padre nel mezzogiorno, su esplicita richiesta – anzi, urlata – di Maurice, il quale in quel momento – o almeno, così sperava stesse facendo – era in giro per Storybrooke con il suo furgone a consegnare i fiori. La ragazza si era offerta di accompagnarlo, dal momento che suo padre, benché non completamente sbronzo, era comunque piuttosto alticcio, ma Moe l’aveva freddata con uno scortese non ho bisogno di te!. Belle sapeva che suo padre non correva grandi rischi, al volante – c’erano i suoi assistenti con lui, in fondo –, e sperava solo che lo Sceriffo Graham non gli sequestrasse il furgone, ma alla fine si era resa conto che restarsene a casa alla finestra ad attendere chissà che cosa non avrebbe giovato a nulla. Così, aveva accettato l’invito di Mary Margaret ad andare a casa sua per decidere qual fosse il vestito migliore da indossare per una romantica serata di San Valentino.

Sin dal momento in cui aveva messo piede in casa e aveva trovato abiti sparsi dappertutto e Ruby con un boa di piume intorno al collo che imitava Lady Gaga, Belle aveva capito che le cose sarebbero andate per le lunghe.

Emma si sporse in avanti sul letto, esaminando i vestiti che la coinquilina stava provando con aria critica.

- A me sembrano uguali - dichiarò.- Magari quello giallo…

- Macché, il giallo la sbatte troppo!- esclamò Ruby. - Io metterei quello blu.

- Ha i capelli neri e le fai mettere un vestito blu? Ci vorrebbe qualcosa che staccasse - disse Ashley. Magari qualcosa di bianco…

- O di rosa - osservò Belle.

- Se continuiamo così dovrò dare buca a David!- gemette Mary Margaret.

- Ma di che ti preoccupi?- fece Emma. - Non è il primo San Valentino che passate insieme…

- No, ma è il primo che passiamo insieme senza che lui debba tornare a casa alle otto per cenare con sua moglie!- sbuffò Mary Margaret.- E dai, ragazze, datemi una mano!

- Io cambierei totalmente registro!- Ruby si alzò in piedi, superando Mary Margaret e dirigendosi con decisione verso l’armadio.- Vediamo che hai qui…

- No, Ruby, non aprire!- gridò Emma, ma ormai era troppo tardi. Una quantità inverosimile di vestiti, scarpe, biancheria intima e accessori vari finirono in massa sul pavimento non appena Ruby aprì le ante. Mary Margaret scoccò un’occhiataccia alla sua coinquilina.

- Sì, beh, ehm…è da un po’ che non metto in ordine…- Emma abbozzò un sorriso di scuse.

Tutte e cinque si misero all’opera per rimettere in ordine.

- Ehi, che ne dici di questo?- Ashley sollevò un tubino nero da terra.

- Non credo, l’ho già indossato il San Valentino scorso…

- E questo?- Belle mostrò a Mary Margaret un vestito appena al di sopra del ginocchio, viola scuro, senza spalline.- Con una collana e un paio di braccialetti ti starebbe una meraviglia…

Mary Margaret lo guardò, prendendolo in mano.

- Sì, forse hai ragione…- mormorò, premendoselo contro mentre si rimirava nello specchio.- Ma devo trovarci delle scarpe da abbinarci…

- Questo dove l’hai preso?- fece Emma, sollevando da terra un paio di mutandine di pizzo nero e squadrandole con occhi critici.- L’hai rubato in un sexy shop?

Mary Margaret gliele strappò di mano.

- Erano in saldo…

- Concordo con Belle, secondo me quello è perfetto…- sospirò Ashley, guardando l’abito di Mary Margaret con occhi sognanti.- Magari potessi indossarlo io…

La maestra si batté una mano sulla fronte.

- Che stupida! Scusate, penso solo a me e non mi preoccupo di voi…Che programmi avete per stasera?

- Nulla di speciale. Solo una cenetta a casa, solo io e Sean - disse Ashley.- Il mio quasi-suocero si è offerto di badare ad Alexandra, e poi, stiamo risparmiando per il matrimonio…

- E tu, Emma?

Il Vicesceriffo sbuffò.

- Niente, stasera sono in pattuglia con Graham.

Tutte e quattro si voltarono a guardarla.

- Come hai detto, Emma?- fece Ruby.

- Che?

- Ripeti quello che hai detto - ghignò Mary Margaret.

- Che non faccio niente, stasera.

- Dopo - incalzò Ashley.

- Che sono in pattuglia…

- Dopo ancora…- ridacchiò Belle.

- Che sono in pattuglia…con…Graham!- Emma si tappò la bocca con le mani. - No, ma che avete capito, io non…

Le quattro amiche scoppiarono a ridere.

- E brava la nostra Emma!- rise Mary Margaret.

- No, io volevo dire che…

- Mi sono sempre chiesta come fosse farlo sui sedili posteriori di un’auto della polizia…- sospirò Ruby.

Emma arrossì violentemente.

- Io…io…io credo che…vado a controllare se il caffè è pronto!- annunciò, scappando in cucina.

- Fa sempre l’indifferente, ma in fondo anche lei ha un cuore…- disse Mary Margaret, non appena le risate si furono estinte.- Aggiudicato, allora, mi metto l’abito viola…aiutatemi a trovare delle scarpe…

- Oddio, ma quanto sono carine!- esclamò Ruby, sventolando un paio di scarpe rosse con un tacco a spillo quindici.- MM, me le presti per stasera? Me le presti? Ti prego, solo per stasera! Ti prego, ti prego, ti prego…

- Io…

- E dai, MM! Farebbero un figurone con l’abito che indosserò!

- Esci con qualcuno, Ruby?- chiese Belle.

Ruby smise di saltellare, diventando del colore delle sue mèches.

- No…cioè, sì…a dire il vero esco con Archie…- ammise.

- Wow, allora è una cosa seria!- rise Ashley.

- No, no, non è un appuntamento!- si affrettò a dire Ruby. - Andiamo solo al cinema e beviamo qualcosa al pub…Da buoni amici, tutto qui…

- La sera di San Valentino?- fece Belle, scettica.

- E che c’è di male? San Valentino è la festa di chi si vuole bene, no?- Ruby si voltò di scatto, rimirandosi nello specchio di Mary Margaret.

- Va bene, vorrà dire che faremo finta di crederci!- rise Ashley.

- In bocca al lupo per il tuo appuntamento, Ruby!- augurò Belle.

- Non è un appuntamento!

- E tu, Belle?- chiese d’un tratto Mary Margaret, titubante. Belle non aveva spiccicato parola su quanto era successo la domenica precedente in ospedale, e questo non aveva fatto altro che avvalorare la sua ipotesi. La sera stessa, sconcertata, aveva chiamato Ashley per parlargliene, ma aveva trovato la stessa perplessità anche nell’amica. Belle non si era mai innamorata in vita sua, e il fatto che ora l’eventuale persona amata potesse essere il signor Gold…Mary Margaret non era solo perplessa, era anche un tantino preoccupata. La reputazione di…quell’individuo era la peggiore di cui un essere umano potesse godere, e se Belle non stava attenta rischiava di cadere e farsi molto, ma molto male. Inoltre, la maestra non era sicura di come sarebbero continuati i rapporti fra di loro. Tutte e quattro si conoscevano fin dalle elementari, e avevano affrontato gravidanze inaspettate, amanti sposati, ragazzi di buona famiglia succubi di genitori perbenisti, nonne apprensive al limite dello sfinimento, padri alcolizzati e conquiste occasionali, Mary Margaret non avrebbe avuto alcun problema ad accettare che una sua amica uscisse con…un poco di buono che a quanto pare era stato in grado di rubare il cuore a Belle, ma non poteva dire la stessa cosa di Ashley e Ruby.

Specialmente Ruby.

Mary Margaret non aveva potuto fare a meno di notare che, dalla sera dell’Epifania, Ruby aveva iniziato a irrigidirsi quando parlava con Belle. Era una freddezza sottile, di cui Belle, e forse nemmeno la stessa Ruby, si erano rese conto, ma la maestra l’aveva intercettata comunque. Ruby non era il tipo che perdonava facilmente un torto; lei e sua nonna erano nel mirino del signor Gold da anni e, se Belle si era innamorata di lui – anche se Mary Margaret sperava con tutto il cuore di aver preso un granchio pazzesco, su questo punto –, allora era certa che Ruby non gliel’avrebbe perdonato. L’avrebbe vissuto come un tradimento nei suoi confronti, e il loro rapporto ne avrebbe inevitabilmente risentito.

Lo sguardo le corse immediatamente all’amica. Ruby continuava a specchiarsi provandosi un vestito rosso, ma aveva smesso di sorridere, e attendeva la risposta di Belle.

- Io? Nulla, lo sapete che sono single - replicò la ragazza, con naturalezza. Mary Margaret tirò un sospiro di sollievo e il sorriso forzato di Ashley si fece più sincero; Ruby sembrò rilassarsi, ma continuò a guardare Belle dallo specchio.- Credo che me ne starò a casa e mi guarderò uno di quei film d’amore strappalacrime come una perfetta vecchia zitella inacidita!- rise.

- Ho deciso: se l’anno venturo sei ancora single, serata fra ragazze!- annunciò Ashley.- Mi sento un verme ad andare a divertirmi con il mio uomo e a lasciarti da sola ogni San Valentino…

- Non serve, ragazze, davvero. Vorrà dire che festeggerò domani: il quindici è la festa dei single, no?- ridacchiò Belle.

- Sempre che la vita non ti riserbi qualche sorpresa…- sussurrò Ruby.

Mary Margaret non disse nulla, sentendosi una grandissima ipocrita. Il resto del pomeriggio trascorse allegramente, fra vestiti, chiacchiere e pettegolezzi, ma la maestra sentiva continuamente un peso sul cuore che le impediva di rilassarsi completamente. Era incredibile: loro quattro si erano sempre dette tutto, fin da piccole, e ora Belle stava tenendo loro nascosto un segreto. Non che loro tre fossero poi tanto più sincere, dato che né lei né nessun’altra aveva il coraggio di guardare in faccia l’amica e di chiederle la verità. Sì, ma che le avrebbero detto?

Ciao, Belle! Senti, non è che per caso ti sei innamorata di quel bastardo che tiene tutta Storybrooke al guinzaglio e si diverte a dissanguarci con l’affitto ogni mese?

Oh, cielo…Mary Margaret cercava di convincersi che forse non era così, forse se Belle non diceva nulla era perché non c’era nulla da dire, forse erano solo loro tre che avevano sniffato qualcosa di pesante e ora vedevano cose che non esistevano da nessuna parte, che al massimo fra la sua amica e il perfido signor Gold c’era solo un cordiale rapporto datore-dipendente, ma i fatti dicevano il contrario.

Insomma, chi si sarebbe comportato come Belle nei confronti del proprio capo, soprattutto se il capo in questione era uno stronzo che pareva esistere con l’unico scopo di rovinare la vita alle persone?

Non poteva neppure adottare la logica del chissenefrega, in questo caso. Primo, perché Belle era sua amica e non avrebbe mai potuto lasciarla da sola in pasto al lupo cattivo; secondo, perché era vero che la ragazza era adulta e sapeva badare a sé stessa, ma era anche vero che c’erano molti pericoli da cui non avrebbe avuto scampo, se fosse rimasta sola ad affrontarli. E non si riferiva solo a Gold, la cui non-bastardaggine era un fatto ancora tutto scientificamente da dimostrare.

Mary Margaret tremava al pensiero di ciò che sarebbe potuto succedere se la notizia – vera o falsa che fosse – di una tresca fra Belle e Gold fosse giunta all’orecchio di Moe French. Il fioraio era l’ubriacone della città, era un uomo aggressivo e violento, che in passato era stato capace di alzare le mani su sua figlia per molto meno. Mary Margaret sapeva che, se Maurice fosse venuto a sapere una cosa simile, allora Belle non l’avrebbe passata liscia. Oh, no. Chi poteva saperlo, magari suo padre sarebbe anche stato capace di...

Mary Margaret si riscosse, imponendosi di smetterla con quei pensieri paranoici. Nessuno le assicurava che le cose stessero davvero così e, in ogni caso, continuare a mugolarci sopra non avrebbe giovato a niente e a nessuno. S’impose quindi di rilassarsi e di pensare a godersi il San Valentino con David. Belle aveva detto che sarebbe rimasta a casa, suo padre era certamente in giro a distribuire mazzi di fiori – o a ubriacarsi –, e il signor Gold era molto probabilmente al suo negozio a provare qualche strumento di tortura medievale, quindi eventuali rischi erano più che scongiurati.

Sperava solo che Belle non facesse qualche stupidaggine…

 

***

 

Paige sollevò il naso dal libro di favole che Henry le aveva – a malincuore – prestato il giorno prima, per scusarsi di aver continuato a leggere la favola senza di lei e per darle il tempo di recuperare. Doveva solo spiegargli come mai aveva proseguito anche oltre la lettura stabilita, si disse, vedendo arrivare il ragazzino.

Paige saltò giù dalla panchina, andandogli incontro.

- Ciao, Henry!- salutò. Il ragazzino le sorrise, imbarazzato; Paige gli porse il libro.- Ho recuperato, grazie per avermelo prestato.

- Di niente…- borbottò il ragazzino, prendendolo fra le mani.

- A dire il vero…sono andata anche un po’ avanti…- ammise Paige, facendo dei cerchi in terra con lo stivaletto.

- Che?!

- Ma non l’ho finita!- si affrettò a dire la bambina.- E comunque, se vuoi te lo racconto: la Bestia è sempre più innamorata della Bella, e ogni sera le chiede di sposarlo…

- E lei?

- Rifiuta sempre. Ma secondo me anche lei è innamorata. Spero tanto che si sposino!- esclamò Paige, con aria sognante. Si fece d’un tratto seria, inclinando lievemente il capo di lato. - Henry, che cos’hai in mano?

Il bambino si fece rosso in volto, ma s’impose di restare calmo. Indietreggiò di un passo, quindi si schiarì la voce.

- Buon San Valentino, Paige!- disse, porgendole il fiordaliso e il biglietto.

La bambina li prese lentamente, seria, quindi lo guardò.

- Henry…lo sai che io da grande sposerò il mio papà, vero?

- Sì!- disse in fretta il ragazzino.- Sì, certo, ma…San Valentino è la festa di chi si vuol bene…quindi anche degli amici, no?

Paige sorrise; odorò il profumo del fiordaliso, quindi aprì il biglietto.

 

Per Paige:

Mi piace giocare con te e leggere le favole con te. Ti voglio bene e sono contento che tu sia mia amica.

Henry

 

Paige sorrise nuovamente, gettandogli le braccia al collo.

- Grazie, Henry!- disse, abbracciandolo.

Henry arrossì.

 

***

 

Regina teneva lo sguardo fisso sullo schermo, premendo il pulsante di stop per la decima volta non appena giungeva all’immagine che la interessava. Premette ripetutamente sullo zoom finché la scena sfocata non si fece più vicina e nitida.

Regina si sporse in avanti, esaminando per l’ennesima volta l’uomo che, stando a quello che le telecamere avevano registrato, doveva essere colui che aveva scagliato la pietra contro la sua finestra. La scena mostrava chiaramente un omaccione corpulento che scaraventava un grosso sasso oltre la cancellata della sua villa. Regina ormai non aveva più dubbi su chi fosse: quello era certamente il fioraio Maurice French.

Mi sono fatta spaccare i vetri dall’ubriacone della città!, pensò Regina, con una punta di fastidio e di esasperazione. La logica avrebbe voluto che lei corresse subito alla polizia per denunciarlo, ma il solo pensiero di essere costretta a ricorrere all’aiuto di Emma Swann le dava il voltastomaco. Senza contare che, in un modo o nell’altro, quel video poteva risultarle utile, realizzò improvvisamente.

Ormai tutta la città parlava di una tresca fra la figlia dell’ubriacone – come si chiamava? Ah, giusto, Isabelle! – e l’uomo che le aveva rovinato la vita. Ma era anche vero che si trattava solo di voci. Gli abitanti di Storybrooke parevano avere l’incessante bisogno di spettegolare su qualcuno, e Regina aveva bisogno di fatti. Gold le aveva rifiutato ancora un prestito, e non ci sarebbe voluto molto prima che la falla nelle finanze della città venisse allo scoperto. Le occorrevano quei soldi, e subito!

Doveva solo capire se le voci erano vere, dopodiché non sarebbe stato difficile…

Regina si riscosse, udendo l’orologio a pendolo nel corridoio suonare le nove di sera.

Meno di tre ore alla fine di San Valentino, pensò, con una punta di amarezza.

Da che l’aveva adottato, ogni sera metteva a letto suo figlio alle otto e mezzo precise, ma quella sera Regina avrebbe quasi voluto tenerlo sveglio per farle compagnia.

Odiava San Valentino.

Lo odiava e lo amava al tempo stesso. Lo odiava, perché non poteva fare a meno di associarlo a ciò che era accaduto appena una settimana dopo l’ultimo San Valentino che aveva festeggiato in vita sua.

C’è stata una fuga di gas, signorina.

Un incendio.

Almeno dieci morti, quasi trenta feriti.

L’hanno portato in terapia intensiva, signorina.

Ci sono poche speranze che si salvi, signorina.

Mi dispiace molto, signorina.

Non ce l’ha fatta.

Non l’aveva abbandonato, neanche un istante. Si rivedeva in lacrime, con la fronte appoggiata al vetro di una stanza dell’ospedale, la terapia intensiva, il suo volto coperto di piaghe, i medici che le dicevano che lui non ce l’aveva fatta…

Daniel era morto in ospedale, dopo quasi dodici ore di agonia.

Appena una settimana prima, avevano festeggiato San Valentino. Lo amava perché era l’ultimo ricordo che le rimaneva di lui. Daniel faceva la notte in fabbrica, aveva solo un’ora di pausa, gli dispiaceva, avrebbe voluto avere più tempo per stare con lei, ma a Regina non importava. Le andava bene così. Sapeva che Daniel lavorava sodo, per loro due, per il loro futuro, cosa che sua madre non aveva mai compreso. Quella sera le aveva raccontato che usciva con delle amiche per non dover affrontare l’ennesima, sfinente litigata su quanto quel morto di fame non fosse l’uomo giusto per lei. Si erano incontrati al parco, avevano fatto una passeggiata, si erano dati un bacio, e poi Daniel le aveva dato il suo regalo. Un anello. Una piccola fede, semplice, di stagno, ma che lei aveva adorato.

- Prometto che non appena avrò i soldi te ne regalerò una d’oro, Regina…Così ti abituerai a portarla per quando saremo sposati…

Una settimana dopo, c’era stato l’incidente.

Regina spostò lo sguardo dallo schermo alla propria mano sinistra. Portava ancora quell’anello. Non l’aveva mai tolto, né mai lo avrebbe fatto.

Pensò a suo figlio che dormiva serenamente al piano di sopra, e si sentì salire le lacrime agli occhi.

Gold le aveva rovinato la vita, e ora si rifiutava di concederle il prestito che avrebbe potuto salvare la sua posizione. Se non le avesse dato quei soldi, sarebbe finita in carcere, ed Emma Swann si sarebbe ripresa Henry.

Regina si alzò in piedi di scatto, indossando velocemente il cappotto e prendendo le chiavi della macchina.

No, non l’avrebbe permesso! Ora era quasi certa di conoscere il punto debole di Gold e, se non si sbagliava, quella sera avrebbe avuto le conferme di cui aveva bisogno.

Aveva già perso Daniel. Non avrebbe permesso che le portassero via anche suo figlio.

 

***

 

Belle si strinse nel giubbotto marrone stinto, percorrendo il marciapiede a testa china. Era febbraio, e benché il gelo dell’inverno cominciasse a scemare, faceva ancora abbastanza fresco, e la ragazza continuava a camminare essenzialmente per svagarsi.

Non aveva nulla da fare, né una meta precisa in cui dirigersi. Semplicemente, non ne poteva più di stare in casa, benché questa si rivelasse il posto migliore del mondo, quando suo padre non c’era. All’inizio aveva tentato davvero di fare come ogni San Valentino, non le era mai pesato, prima di allora. Ma quella sera, non sapeva neppure lei perché, non era riuscita a rimanersene da sola in casa. Aveva pulito tutto da cima a fondo, aveva indossato una tuta pesante e si era piazzata sul divano di fronte alla TV, ma dopo vari tentativi di rivedere film stucchevoli e lacrimosi come Pretty Woman e Via col vento, Belle si era sentita soffocare, e aveva deciso che aveva un gran bisogno d’aria.

Anche se non in senso letterale, pensò, quando una ventata di brezza gelida le fece quasi sollevare la gonna dell’abito. Capì solo in quel momento di essersi vestita in modo troppo leggero, maledicendo se stessa e quel vestito azzurro che le arrivava fino alle ginocchia, molto più adatto a una serata fra ragazze con le sue amiche che a una passeggiata in solitaria la sera di San Valentino.

Belle costeggiò il muro di un locale di lusso – ordinariamente vuoto a causa dei prezzi esorbitanti, ma quella sera pieno di coppiette in vena di effusioni, e al diavolo se alla fine della serata il portafoglio avrebbe implorato pietà – tenendo il capo chino. Cominciava a chiedersi perché diamine fosse uscita, scema che non era altro! Rischiava di morire congelata, forse sarebbe stato meglio che se ne tornasse a casa, si gettasse sul letto e iniziasse a ingozzarsi di cioccolato proprio come una depressa che…

Belle urtò inavvertitamente qualcuno nello svoltare l’angolo.

- Scusi!- bofonchiò, ancor prima di rendersi conto di chi aveva quasi travolto.

- Non ti hanno insegnato a guardare dove vai mentre cammini, dearie?

Okay.

Avrebbe riconosciuto quel dearie ovunque.

Belle abbozzò un sorriso di scuse, incontrando lo sguardo infastidito del signor Gold. Era vestito di nero come al solito – ma che aveva quell’uomo contro i colori? –, e non aveva perso il suo solito ghigno beffardo.

- Sembra che io e lei non possiamo fare a meno di incontrarci anche al di fuori del lavoro, vero?

- E’ una minaccia?

- Una semplice constatazione - ridacchiò la ragazza.- Come mai qui?

Gold inarcò un sopracciglio.

- Ho bisogno di un motivo per uscire la sera?

- No…è che…E’ San Valentino - concluse Belle.- Non credevo che lei lo festeggiasse…Ha appuntamento con qualcuno?

Gold ghignò con aria canzonatoria. Belle si rese conto di aver detto l’ennesima stupidaggine.

- Mi scusi…- sussurrò, chinando il capo.

- E’ da quando ti conosco che non fai altro che scusarti…- sospirò Gold, ma non sembrava arrabbiato.- Bene, ti lascio ad attendere il tuo innamorato, dearie…

- Non c’è nessun innamorato!- si affrettò a dire Belle; si chiese perché fosse arrossita.- Non aspetto nessuno…Non è l’unico, sa?

Gold sospirò, gettando un’occhiata al locale alla sua destra.

- Le va di bere qualcosa?- chiese la ragazza all’improvviso.

- Come, prego?

Belle si strinse nelle spalle.

- Lei non ha nulla da fare, io nemmeno…Solo un caffè, nulla di più…Se le va - precisò la ragazza.

- Supponiamo che ne abbia voglia: dove avresti intenzione di andare?- ghignò Gold.

Belle, fosse stato anche solo per semplice abitudine, stava per rispondere prontamente che le sarebbe piaciuto andare da Granny, ma si fermò appena in tempo. C’era troppa gente, in quel posto, metà della quale la conosceva da sempre. Non sarebbe stata una mossa intelligente farsi vedere insieme al signor Gold. Perché? Non lo sapeva – c’erano un po’ troppe cose che non sapeva spiegare, forse avrebbe dovuto rivolgersi al dottor Hopper, uno di questi giorni –, ma certo era che gli abitanti di Storybrooke amavano spettegolare malignamente su qualunque cosa, quindi meglio essere prudenti.

Gold ghignò nuovamente.

- Potrei proporre un’eventuale soluzione?- chiese; senza attendere risposta, le fece cenno di seguirlo.

Belle arretrò istintivamente di un passo, non appena mise piede nel locale di lusso che aveva sorpassato poco prima. Non era abituata a quel genere di cose: non era mai stata in un posto così elegante, il massimo che conosceva era appunto il Bed & Breakfast di Ruby e sua nonna, e forse si notava. Lo sguardo di alcuni clienti le si posò addosso, ma Belle non avrebbe saputo dire se per lei o se per il suo accompagnatore. Si limitò a chinare il capo e a stringersi di più nella giacca, seguendo il signor Gold e superando i tavoli del ristorante sforzandosi di non badare ai curiosi.

Si udiva della musica coperta in parte dal brusio dei clienti. Qua e là si vedeva qualche ragazzo con in mano un mazzo di rose che passava fra i tavoli chiedendo ai clienti se volessero acquistarne una. Erano quei venditori occasionali che facevano andare in bestia suo padre.

Belle vide che il locale era composto di tre parti: un ristorante, una veranda e un bar. Fu lì che si diressero. La ragazza vide che Gold diceva qualcosa sottovoce al cameriere, il quale dopo qualche istante appena adiacente alla veranda. Belle si sedette, titubante, vedendo che Gold aspettava lei prima di sedersi a sua volta. La ragazza pensò che Gaston non l’avrebbe mai fatto.

Al pensiero del ragazzo, Belle fu percorsa da un brivido, ma cercò di non darlo a vedere. Notò con sollievo che non c’era molta gente, in quella sala, fatta eccezione per un altro paio di coppie e un gruppetto di cinque o sei ragazzi. Belle vide che erano tutti abbastanza corpulenti, e che un paio di loro indossavano le giacche della squadra di football di Storybrooke.

Erano certamente figli di papà amici di Gaston…

Belle si torse nervosamente le mani, sollevata quando il cameriere domandò loro le ordinazioni. La ragazza ordinò quasi senza pensarci una coca cola, mentre Gold prese un caffè nero. Non appena il cameriere tornò con le ordinazioni, Belle si ritrovò a cercare disperatamente qualcosa da dire. Gettò delle occhiate tutt’intorno, alla ricerca di un commento intelligente.

- Sembri a disagio, dearie…

Belle tornò a guardare Gold negli occhi, arrossendo vistosamente.

- No, io…a dire il vero, un po’ lo sono…- ammise.- Non ero mai stata in un posto simile…

- Mi spiace. Non intendevo metterti in imbarazzo.

- Oh, no! Nessun imbarazzo, io…devo solo farci l’abitudine, tutto qui…ma mi piace - concluse con un sorriso. Bevve un piccolo sorso di coca cola, giusto per prendere tempo.

- Come va al negozio?- chiese.

Il signor Gold bevve un sorso di caffè prima di rispondere.

- Non apro mai la domenica, lo sai.

- Ah, giusto…oggi è il mio giorno libero…- mormorò Belle.

- Dato che dobbiamo impegnarci a tenere in piedi la conversazione, mi sembra d’obbligo chiederti come hai passato la giornata…- ghignò Gold.

Belle ridacchiò. Non ne era sicura, ma cominciava a pensare che quel fare scorbutico servisse solo a mascherare del vero interesse. In ogni caso, aveva ragione: anche lei voleva tenere in piedi la conversazione.

- Ho lavorato con mio padre al negozio. A San Valentino c’è sempre tanta gente, pensi che stamattina è entrato anche un ragazzino…- Belle sorrise al ricordo di Henry Mills.- Ha comprato un fiordaliso per una sua amica…Un gesto carino, a mio parere…Ah, e oggi pomeriggio sono stata a casa di Mary Margaret…

- La maestra Blanchard?

Belle annuì.

- Insieme a delle mie amiche. Stasera avevano tutte un appuntamento. Io ho provato a restare a casa e a guardare un film, ma mi annoiavo e così…eccomi qui!- concluse.- Direi che ormai la domenica è diventata un giorno di noia, per me…Ogni volta, non vedo l’ora che arrivi lunedì per tornare a lavorare al suo negozio…- ammise.

Il signor Gold la guardò, sorpreso.

- Credevo odiassi lavorare per me…

- Perché dice questo?

- Hai già dimenticato il nostro accordo? Non è stata una tua scelta…

- A dire il vero, lo è stata. All’inizio, detestavo lavorare da lei…- ammise Belle, distogliendo lo sguardo.- Ma poi…beh, diciamo che ci ho fatto l’abitudine…- concluse.- Non mi dispiace poi tanto…

Gold non rispose; bevve un altro sorso di caffè, quindi tornò a guardarla.

- Tu avevi una vita, Belle. Prima di…beh, di me e del nostro accordo - disse.- Una famiglia…degli amici…che cosa ti ha spinto ad accettare di lavorare per me?- chiese.

Belle non si aspettava la domanda. Ci pensò su qualche secondo, prima di rispondere.

- Ecco…il Game of Thorns era l’unica cosa che rimaneva di mia madre. Lei adorava i fiori. E’ morta quando avevo sei anni, e il pensiero di perdere anche ciò che restava di lei…Mio padre ha fatto una sciocchezza e non poteva rimediare al suo sbaglio. Volevo salvare il negozio, ecco tutto. E, a dire il vero…- Belle abbozzò un sorriso, lievemente imbarazzata.- L’ho fatto anche un po’ per me stessa. Per dimostrare a mio padre che anch’io valevo qualcosa. Mi ha sempre considerata una buona a nulla, e io volevo dimostrargli che si sbagliava, che avevo coraggio. Ho sempre desiderato essere coraggiosa…

- Ed è tutto ciò che hai sempre sperato?

Belle rise, rendendosi conto di come tutto ciò potesse suonare superficiale, detto in quel modo.

- A dire il vero, no. Quello che volevo veramente, era viaggiare. Vedere il mondo…Beh, finora questa parte non ha funzionato molto bene…- sorrise ironicamente.- Come vede, sono ancora a Storybrooke a vagare da sola per le strade la notte di San Valentino…

Il signor Gold fece il suo solito ghigno, ma a Belle parve molto più vicino ad un vero sorriso, questa volta.

- Mi ha stupito incontrarti, stanotte…Non hai un fidanzato?

Belle scosse il capo.

- No, nessuno. Se si esclude la relazione che Gaston Prince pensa che abbiamo…- aggiunse, amaramente.

- A proposito di lui…l’ho affrontato due volte, ma ancora non so perché sia divenuto così restio ad accettare i no

Belle inspirò profondamente, prima di rispondere.

- Mi dispiace di averla coinvolta in questa storia…Gaston mi fa la corte da quando avevo quindici anni…- spiegò, sentendosi il cuore più leggero. Era la prima volta che ne parlava con qualcuno e, benché il qualcuno in questione fosse il signor Gold, non si sentiva affatto a disagio. Tutt’altro.- Io gli ho sempre detto che non ero interessata, ma lui ha cominciato a farsi sempre più insistente, e…beh, il resto lo sa - concluse.- Sinceramente, non mi è mai importato molto di Gaston. Le mie amiche non sanno nulla. Dicono che sono matta a rifiutarlo, ma…anche se non avesse fatto ciò che ha fatto…non credo che potrei mai innamorarmi di qualcuno di così superficiale come lui…

Belle s’interruppe un attimo; Gold si era sporto verso di lei, le pareva che la stesse ascoltando con attenzione e interesse. Non ne era sicura, ma quel pensiero la lusingò.

- No…per me, l’amore è…l’amore ha molte facce - disse.- L’amore è…è un mistero da scoprire ogni giorno…

Si riscosse, rendendosi conto di essere andata un po’ troppo oltre la soglia prestabilita dai normali rapporti che un datore di lavoro e la sua dipendente avrebbero dovuto mantenere.

- Mi scusi!- disse in fretta.- Mi ha chiesto della mia giornata, e la sua come…

Belle interruppe la frase a metà, disturbata da delle risatine soffocate alle sue spalle. Gettò un’occhiata in direzione del rumore: i ragazzi che aveva visto prima stavano parlando sottovoce, indicandola e squadrandola di sottecchi. Probabilmente dovevano aver saputo di ciò che era successo con Gaston, oppure l’avevano riconosciuta come la figlia dell’ubriacone. Era chiaro che la stavano prendendo in giro. Belle si sentì sprofondare.

La ragazza sollevò lo sguardo sul signor Gold. L’uomo si era irrigidito, continuava a gettare delle occhiate al gruppetto di ragazzi, probabilmente doveva aver capito che cosa stava succedendo. Belle vide che sul suo volto era comparsa una smorfia di rabbia.

- Li conosci?- chiese.

Belle scosse il capo con vigore, sempre più imbarazzata.

- Che hanno da ridere?- sibilò.- Qualcuno dovrebbe insegnar loro a portare un po’ di rispetto…

Belle si spaventò; si sporse in avanti.

- Non fa niente…- disse, e la frase le uscì come una supplica.- Non importa…

- Importa - ribatté Gold, senza distogliere lo sguardo dal gruppetto.

- No!- implorò la ragazza. Doveva trovare un diversivo.- Senta…- mormorò.- Fa caldo, qui dentro…magari potremmo uscire un po’ in veranda…- propose.- Per favore…

Gold distolse lo sguardo dal gruppo, per puntarlo sulla ragazza. Annuì.

Belle si alzò dalla sedia seguita dall’uomo, affrettandosi a uscire in veranda. L’aria fresca della sera le fece un gran bene, e aiutò il colorito delle guance a diminuire un poco, ma Belle si sentiva comunque molto a disagio.

Si voltò verso il signor Gold, imbarazzata. Non ne faceva una giusta. Tutte le volte che le cose fra di loro sembravano andare bene, ci si metteva qualcuno, Gaston, suo padre, o degli sconosciuti, a rovinare tutto.

- Mi dispiace, io…

Venne interrotta nuovamente; si era avvicinato loro uno di quei ragazzi con le rose che aveva visto al ristorante. Il ragazzo mostrò loro il mazzo di fiori, senza dire nulla, ma il suo sguardo era un invito più che esplicito. Belle si sarebbe aspettata che Gold lo mandasse via; invece, l’uomo estrasse dalla tasca un dollaro e lo porse al ragazzo, ricevendone in cambio una rosa rossa.

Quando se ne fu andato, Gold gliela porse. Belle lo guardò, stupefatta.

- Perché?- mormorò, non sapendo se sentirsi imbarazzata o no.

- Perché quegli idioti là dentro ti hanno offesa, è almeno la millesima volta che ti scusi e hai l’espressione di qualcuno a cui è appena morto il gatto - rispose l’uomo, sbrigativo. Le porse nuovamente la rosa:- Prendila…

Belle sorrise, accettando il fiore.

- E’ bellissima, grazie - sorrise, facendo una riverenza per scherzo e ricevendo in risposta il solito ghigno. Belle guardò il fiore, pensierosa: sua madre le ripeteva sempre che ogni fiore aveva un suo significato, e le aveva insegnato a riconoscerli.

La rosa rossa era il simbolo della passione…dell’amore puro…

Isabelle French, finiscila immediatamente!

- Davvero, la ringrazio, io…

Fuori in veranda la musica del locale giungeva più debole, ma Belle riuscì comunque a sentire che la canzone in sottofondo era cambiata.

- Adoro questa canzone!- non poté impedirsi di esclamare, non appena sentì le prime note di I’m with you di Avril Lavigne.

Gold fece una smorfia.

- Non m’intendo molto di musica moderna, dearie, mi spiace…

- Beh, questa vale!- disse Belle. Poi, trovando un briciolo di coraggio da chissà dove:- Le andrebbe di ballare?- propose. Ormai di figuracce ne aveva fatte in abbondanza, quella sera, una più una meno non avrebbe fatto grande differenza. E poi, si sentiva abbastanza sicura e scanzonata, in quel momento, per permettersi una simile proposta.

Il signor Gold sospirò.

­- Temo che tra me e la danza ci sia un ginocchio malandato in mezzo, dearie…- accennò al suo bastone.

- Si può ballare anche da fermi…- mormorò Belle, avvicinandosi a lui.

Gold ghignò.

- Hai vinto, dearie.

Belle si avvicinò, circondandogli con cautela le spalle con le braccia. Gold le posò una mano sulla schiena. La ragazza iniziò a dondolarsi lentamente sul posto, senza staccarsi dalla posizione in cui erano, non curandosi di seguire il ritmo della musica.

- Visto? Semplice, no?- ridacchiò Belle.

- Sarebbe ancora più semplice se io non fossi rigido come un pezzo di legno, dearie…

- Oh, andiamo! Sta andando benissimo!

- Fingerò di crederti.

Belle rise, poggiando il capo contro la sua spalla e cercando di ignorare la voce della sua coscienza che in quel momento le stava urlando a pieni polmoni chiedendole cosa stesse facendo. Non lo sapeva cosa stava facendo, ma in cuor suo sapeva che non era qualcosa di giusto.

Il signor Gold era il suo capo, aveva oltre quindici anni in più di lei, ed era considerato la persona più malvagia di Storybrooke.

Era un uomo ossessionato dal potere.

 

***

 

Regina abbassò appena il finestrino dell’auto, in modo da poter vedere meglio ma al contempo di non venire scoperta. Erano quasi due ore che attendeva di fronte a casa French, e finalmente la sua attesa  era stata ripagata. Vide chiaramente due persone – il signor Gold e Isabelle French – avvicinarsi alla porta di casa. La ragazza strinse con vigore la mano dell’uomo, gli sorrise, disse qualcosa e rientrò in casa.

Regina attese che anche Gold se ne andasse, quindi mise in moto la macchina, soddisfatta. Quella sera – la sera di San Valentino – i suoi sospetti erano stati confermati. Ora non aveva più dubbi. Aveva in mano la prova della debolezza di Gold e un video che avrebbe potuto utilizzare a proprio vantaggio.

Avrebbe salvato se stessa e la sua famiglia, e si sarebbe vendicata.

 

Angolo Autrice: Vi starete chiedendo: è Halloween e questa pazza scrive su San Valentino? Chiedo scusa, stasera mi girava così XD. Anyway, questo è un tributo alla puntata Skin Deep.

Dunque, credo di dover chiarire alcune cose. Innanzitutto, Gold: spero non sia risultato troppo OOC, in questo capitolo, alcune lettrici mi hanno fatto i complimenti per come lo mantenevo sempre IC, spero di non aver deluso le loro aspettative. Secondo, la cosa del San Valentino come la festa di chi si vuol bene in generale rimanda a un ricordo che ho delle elementari in cui tutti si scambiavano i bigliettini perché si volevano bene. Boh, la mia infanzia non è stata delle più normali XD. Spero che lo scorcio sui pensieri di Mary Margaret non sia risultato troppo noioso; veniamo ora a Regina: ho cercato di mantenermi sulla scia della sua vita in FTL, solo che mi si è presentato un problema per quanto riguardava la morte di Daniel. Ora, essendo qui una Storybrooke senza maledizione in cui i personaggi sono persone “reali” non appartenenti al mondo delle favole, inserire una parte in cui Cora arriva con un pugnale in mano pronta a sventrare il fidanzato della figlia sarebbe stato assurdo. Qui la madre di Regina era solo fermamente contraria all’amore fra i due, e Daniel muore per un incidente nella fabbrica in cui lavora. La scena fra i due protagonisti vorrebbe ricalcare quella in Skin Deep appena prima che lui la lasci andare, mentre il ballo rimanda vagamente al film Disney della Bella e la Bestia.

Nel prossimo capitolo si comincerà ad intuire il casotto che verrà ;).

Ringrazio AniaS, ChibiRoby, Didyme, Gwendolyn Fabray, nari92, Raven_95, saku89, x_LucyLilSlytherin e _Sybil per aver aggiunto questa ff alle seguite, Lety Shine 92 per averla aggiunta alle seguite e per aver recensito, Rayne e theplatypus_ per averla aggiunta alle ricordate, Cris_98, LenieRR, MathesonSilente, Rachel_Star e TheAkaiBookFrog per averla aggiunta alle preferite, Evils_Revenge, Ginevra Gwen White e parveth89 per averla aggiunta alle preferite e per aver recensito, e jarmione, LenieRR, Eruanne, Avly, Samirina, LadyPalma, takara_comodino, Raven_95, historygirl93, LadyAndromeda, momichina92 e Sylphs per aver recensito :).

Ciao, al prossimo capitolo!

Dora93

  
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