Anime & Manga > D'Artagnan
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Autore: Meramadia94    01/11/2012    3 recensioni
D'Artagnan partecipa a una gara indetta dal re. Uno dei moschettieri contro una guardia cardinalizia.
Ma quella che sembrava una tranquilla competizione equestre si trasforma in una probabile tragedia.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A volte capita che il tempo scorra talmente lento che sembra che l'orologio si fermi in eterno, altre volte invece scorre talmente in fretta da non accorgersene nemmeno.

E questo era il secondo caso.

La sera era arrivata talmente in fretta che nessuno ci aveva fatto caso.

Athos, Porthos e Aramis avevano passato l'intero pomeriggio nelle loro case ad aspettare l'ora stabilita, avevano dormito a malapena quaranta minuti, avevano fatto una passeggiata per rilassarsi e casualmente i loro passi li portarono alla caserma.

In quel posto, da una settimana, un loro amico lottava disperatamente per la propria sopravvivenza.

Erano soldati ed erano preparati all'evenienza di perdere un amico in battaglia, all'evenienza di morire sotto i colpi del nemico, ma nessuno era preparato all'idea di perdere D'Artagnan per mano di un fantasma del passato.... che aveva programmato la sua morte in modo tale che sembrasse un incidente.

Athos si sentiva colpevole per quanto stava accadendo.

Doveva esserci lui steso in quel letto a morire: che colpe aveva D'Artagnan dei suoi errori di gioventù?

Certo, magari aveva dato un piccolo contributo alla fine della sua ex moglie, ma come aveva detto Raoul era stato lui a tentare di uccidere sua madre, lei era stata costretta a fare la ''mercenaria'' per Richelieu allo scopo di mantenere suo figlio...

Se D'Artagnan fosse morto in quel modo non se lo sarebbe mai perdonato.

Avevano portato poche cose con loro: qualche coperta, un po' di pane e formaggio, qualcosa per dissetarsi, in modo da non aver nessun bisogno di allontanarsi dal loro amico durante la notte.

Era quasi il tramonto quando arrivarono.

La madre di Jean e Costance erano sedute su un paio di sedie poste vicino al letto, mentre il bambino era seduto sul letto dove riposava l'amico, spiaccicato contro il muro.

''Sembra un bambino che dorme dopo aver passato tutto il giorno a giocare.''- sorrise Porthos osservando l'amico.

Aveva un'aria così tenera e innocente mentre dormiva, sembrava proprio un bambino.

Ed effetivamente era così per loro.

D'Artagnan aveva solo sedici anni, era il più piccolo di loro, lo considerevano molto più di un amico. Era una specie di mascotte, un fratello più piccolo per tutti loro e la sua opinione veniva tenuta in alta considerazione.

Ricordavano quando era arrivato nelle loro vite, senza il minimo preavviso a sconvolgerle: nemmeno il tempo di presentarsi e stringersi la mano che subito si erano sfidati a duello.

Ma da quella che sembrava una vicenda incresciosa, era nata una splendida amicizia.

Il bello era che, prima di D'Artagnan, stavano benissimo anche senza di lui. Adesso che quel giovane stava per morire, a tutti pareva un impresa a dir poco impossibile immaginarsi una vita senza di lui, senza quel sorriso sbarazzino, quel carattere esuberante che lo trascinava spesso nei guai, quella risata argentina che sapeva di giovinezza e voglia di vivere... ormai non potevano più farne a meno.

''Ti prego, D'Artagnan vivi...''- lo supplicava mentalmente Aramis-:'' abbiamo ancora così tante cose da fare insieme, ridere, piangere, combattere...''

Athos lo guardava nel suo stato d'infermità: lo vedeva pallido, magro, quasi l'ombra di se stesso.

''Ti prego, se puoi perdonami per quello che ti ho fatto.''

Ogni volta si vedeva le mani sporche di sangue, lo sapeva che era stata colpa sua, nonostante Aramis, Porthos e lo stesso De Treville ce la mettessero tutta per convincerlo che non era responsabile per gli errori di suo figlio.

''Se D'Artagnan potesse parlare, ti direbbe le stesse cose.''

Come avrebbe potuto guardare di nuovo in faccia D'Artagnan, nel caso e, se si fosse ripreso consapevole di aver fornito al suo probabile assassino dei validi motivi per farlo fuori?

Nell'ipotesi peggiore come avrebbe trovato le parole per spiegarlo ai suoi nonni? Avevano perso il figlio unigenito in battaglia e la nuora in circostanze ancora da stabilire, e D'Artagnan era la cosa più preziosa che rimaneva loro.

Come dire a due poveri vecchi, con il cuore dilaniato dalle sofferenze, che il nipote era morto per colpa di un mascalzone e che lui era il responsabile indiretto?

E pensare che non più tardi di sei mesi fa, erano al settimo cielo dalla felicità, mentre festeggiavano il compimento della maggiore età del loro amico guascone.

Erano gia passate due ore, e D'Artagnan non accennava ancora a destarsi da quel torpore che pareva averlo inghiottito. Costance non faceva altro che tamponargli il viso con acqua gelida e lacrime di disperazione nella speranza di svegliarlo, ma sembrava che in quel fisico provato dal digiuno e dai tanti giorni di sonno forzato non scorresse più la vita.

Persino il battito e il respiro lo stavano abbandonando.

Sarebbe stata la notte più lunga della loro vita.

''Possibile che non ci sia proprio nulla che possiamo fare per aiutarlo?''- domandò Costance sull'orlo di una crisi di pianto al medico che era venuto per assistere il giovane moschettiere per la notte.

Il luminare comprendeva e condivideva la rabbia e la disperazione della giovane fanciulla, e se ne avesse avuto i poteri avrebbe fatto in modo di risvegliare il prima possibile il ragazzo ormai in fin di vita, anche per fare il suo dovere di medico e salvare una vita umana, ma non poteva fare altro più di quanto avesse gia fatto.

''Beh, io non ci credo molto...''- aggiunse tuttavia il dottore-:'' però si dice che a parlare alle persone nello stato del vostro amico, lo si aiuti a risvegliarsi.''

Detto questo il medico si ritirò nella stanza attigua, raccomandandosi di farlo chiamare se ci fosse stata qualche novità.

In effetti, non era la prima volta che lo sentivano dire, ma loro a differenza del medico, animato dalla ragione e dalla convinzione che tutto accadeva per un motivo preciso, erano animati da una convinzione incrollabile: da qualche parte, in fondo al cuore, D'Artagnan riusciva a sentirli.

Era come perso in una foresta buia, e loro gli avrebbero fornito una scintilla di luce per fargli ritrovare la strada.

''Che ne dite? Facciamo un tentativo?''- propose il piccolo Jean.

I tre moschettieri e la dama di compagnia della regina si diedero un occhiata e poi fecero cenno di si con la testa.

C'era una persona cara che stava morendo e avrebbero usato fino allo stremo ogni singola arma che avevano a disposizione.

Athos prese posto sulla sedia vicino al letto e iniziò a ricordare-:''D'Artagnan? Lo so che mi senti... siamo tutti qui con te. Ricordi, siamo tutti per uno e uno per tutti.

Ascolta, lo so che in questo momento hai paura, ma non pensare neanche per un secondo di mollare. Tu ce la farai, te lo prometto. Lo so che hai il coraggio e la determinazione per superare questa sfida. Ti ricordi quando Rochefort e le sue guardie mi tesero quell'agguato ed io ero ridotto come te, se non addirittura peggio? Io ti ordinai di consegnarmi a loro, avevi la possibilità di realizzare il tuo sogno più grande servita su un piatto d'argento, ma non l'hai raccolta.

Mi ricordo che quando sei tornato dalla foresta dopo esserti spacciato per me, e dato una lezione a quegli individui, io ti chiesi il perchè di quel tuo gesto.

La tua risposta mi fece capire che eri diventato gia una persona completamente diversa da quel ragazzino sbruffone che si era messo a sfidare le tre migliori lame di Francia solo per dimostrare il suo valore, e per orgoglio.

Mi rispondesti che il tuo sogno non valeva la vita di una persona... specie se quella persona era importante per te. In più di un occasione hai dimostrato di preferire la via che ti dettava il cuore a quella di cio che ti veniva dettata dagli altri.

Io non sono te, ma sono certo di sapere che cosa ti sta dicendo il cuore adesso: tu non vedi l'ora di tornare tra noi e riprendere in mano cio che hai lasciato in sospeso. Perciò non ignorarla, nemmeno questa volta.''

Dopo di che cedette il posto ad Aramis-:''La prima volta che ti ho incontrato ho pensato che tu non fossi altro che uno sbruffoncello che pensava di essere un provetto spadaccino solo perchè tuo padre e tuo nonno erano stati valenti soldati.

Ma allo stesso tempo mi ricordavi molto il mio fratellino. Se ci fosse ancora sareste coetanei: impavido, sicuro di te, sempre pronto a cacciarti nei guai... ma per seguire qualcosa che credevi essere giusto. Non hai avuto paura a nascondere e aiutare il duca di Buckingham, nonostante sapessi che se ti avessero sorpreso, con ogni probabilità ti avrebbero incarcerato e condannato per alto tradimento.

Sei una di quelle poche persone che conosco che sanno pensare e agire con la propria testa. Sono orgoglioso di avere un amico come te. E' come se Joseph fosse tornato sulla terra con un altro nome... con la differenza che mentre io volevo proteggerti, in più di un occasione sei stato tu a proteggere me. Mi hai salvato quando Rochefort mi aveva fatto rinchiudere nella sua soffitta, hai impedito che mi uccidessero quando ero rinchiuso alla prigione reale e ti sei preso cura di me quando sulla via per Calais, nonostante per te sarebbe stato più facile abbandonarmi a me stesso. Sei un moschettiere fatto e finito, e un amico prezioso per tutti noi. Perciò non ci abbandonare.''

La ragazza tirò un po su con il naso e ingoiò diverse volte per impedire alle lacrime di annegarle gli occhi.

Era arrivato il turno di Porthos.

''Ascoltami bene, ragazzino.... un anno e mezzo fa, a Parigi c'era un ragazzo che aveva combinato un pasticcio che gli era costato il posto di moschettiere.

Ma nonostante questo, non si è arreso, ha trovato un lavoro alternativo che gli serviva per provare che lui aveva ragione e chi l'aveva accusato era in torto marcio... e il suo intervento è stato determinante per decidere le sorti di questo paese.

Tu non sai rassegnarti alle situazioni che sembrano senza via d'uscita, ti fai sempre in quattro per salvare gli altri. Adesso, usa questa tua celebre virtù per salvare te stesso.''

Il piccolo Jean si aggrappò forte alle mani dell'amico, sfogando tutto il suo dolore.

Quando si fu calmato riuscì a parlare-:''Sai, prima di conoscierti ero convinto che i nobili fossero tutti uguali. Egoisti che pensano solo a se stessi e che quando si tratta di fare qualcosa per chi non ha nulla si ritirano.

Ed ero convinto che una volta diventato moschettiere ti saresti ridotto come loro. Ma mi sbagliavo: hai sempre mantenuto quel carattere dolce e altruista, ma forte nel sopportare i disagi con i quali ti ho conosciuto... e con il quale ho imparato a volerti bene. Non ti ringrazierò mai abbastanza per esserti preso cura di me come un fratello maggiore per tanto tempo, e per avermi fatto sentire di nuovo dopo tanti anni il calore di una famiglia.''

La madre di Jean sorrise: adesso aveva la certezza che almeno per una parte di lontananza aveva lasciato il figlio nelle mani di nessuno più degno di lui.

''Mamma di qualcosa di bello anche tu.''- la pregò il figlioletto.

La giovane donna annuì.

''Non ti conosco bene come Jean e i tuoi amici, e non posso dirti la metà delle cose che ti hanno detto stanotte se non... grazie. Grazie per esserti occupato di mio figlio, per averlo protetto e fatto da fratello più grande. E' per questa ragione che sono sicura che non morirai stanotte: le persone come te meritano una vita luminosa, piena di gioia.''- disse la donna.

Adesso era il turno di Costance.

Tutti erano certi che le sue parole sarebbero state la luce più potente che c'era. Mille volte più potente della loro.

In fin dei conti era la donna che amava e con la quale aveva sognato e progettato una vita insieme.

''Io non so che cosa dire... se non che da quando sei in questo stato la mia vita non è più la stessa e che mi manchi. Anzi, manchi a tutti per la verità. Mio padre, Martha, non fanno altro che aspettare che tu varchi quella porta sorridendo a tutti.

Il re e la regina ti ricordano sempre nelle loro preghiere.

Non me lo aspettavo proprio... al''inizio eri solo un buon amico, poi un fratello, adesso sei tutta la mia vita. Nessuno ha mai rischiato la vita per me come hai fatto tu. Per salvare me sei quasi morto tu per mano di Milady. Io ti amo D'Artagnan e non potrei immaginarmi mai accanto ad altri che non fossi tu. Ricordi, dobbiamo ancora avere insieme un vero appuntamento... devi mantenere la promessa.''

In quel momento entrò il capitano De Treville: aveva cercato di restare indifferente ma non ci era riuscito. Ormai si era affezionato a quel ragazzo. Il figlio del suo fraterno amico Bertrand, era quasi come un figlio.

''Come sta?''- domandò.

''Sempre allo stesso modo.''- rispose Aramis-:'' gli stiamo parlando nel tentativo di farlo svegliare.''

''Lo faccia anche lei. Gli dica qualcosa.''- propose Athos.

De Treville acconsentì, ma a patto che tutti uscissero dalla stanza.

''Mi ricordo quando sei nato... mi ricordi che tua madre mi chiese di tenerti in braccio la prima volta. I tuoi occhi azzurri mi fissavano gia allora.

Sapevo che tu e tuo padre eravate due gocce d'acqua, anche nello spirito, ma non avrei mai osato immaginare che saresti diventato uno dei migliori moschettieri che abbia mai avuto. Non ci credevo quel giorno quando ti ho rivisto dopo quindici anni. Eri la copia di tuo padre, carattere fiero e anche un po' incosciente compreso.

So che sono stato molto duro con te, in alcuni momenti non ti avrei dato torto se tu mi avessi odiato, specialmente quando ho rotto la tua spada, l'unica cosa che avevi di tuo padre. Volevo solo spronarti a fare sempre meglio. D'Artagnan, ho sempre avuto incondizionata fiducia in te. Anche in questo momento ce l'ho: confido nel fatto che tu ti riprenderai. Non deludermi nemmeno stavolta.''

Poco dopo erano tutti di nuovo nella sua stanza, disperati.

Smbrava che nemmeno quella prova d'amore e amicizia fosse stata sufficiente a risvegliare D'Artagnan da quello stato d'incoscienza.

''Manca qualcuno, come ho fatto a non pensarci prima?''- disse Athos fra se e se. Prima ne parlò con Porthos, Aramis, Costance e Jean.

Dopodichè tutti assieme chiesero il permesso al capitano De Treville, il quale rimase non poco stupito da una simile richiesta.

''La prego capitano... è la sola medicina che ci resta.''- lo implorò.

De Treville non trovò il coraggio di rifiutarsi.

''D'accordo.''

Aramis ,allora, si precipitò ad aprire la finestra vicina al letto mentre Jean andava fuori.

''D'Artagnan?''- lo chiamò piano la fidanzata-:'' c'è qualcuno che ti vorrebbe salutare...''

In quel preciso istante, Jean arrivò con Ronzinante che mise il muso dentro la finesta e cacciò un nitrito misto a gioia e disperazione.

Gioia di rivedere il padrone dopo tanto tempo.

Disperazione perchè lo sentiva in fin di vita.

Lentamente, accadde qualcosa che nessuno di loro riuscì a spiegarsi: D'Artagnan inclinò leggermente la testa e riuscì ad emettere dei lievi mugolii.

Dopo di che aprì definitivamente gli occhi, azzurri come il cielo di Parigi, e regalò ai presenti il sorriso più bello che questi avessero mai visto.

Aveva vinto anche questa volta.

  
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