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Autore: MaikoxMilo    02/11/2012    7 recensioni
Ceresole Reale, un paesino situato nell'alta valle dell'Orco in provincia di Torino, sarà da sfondo alle vicende della giovane Sakura, che nel giro di poco tempo verrà a sapere dei "demoni" legati alla sua famiglia e vedrà, letteralmente, crollare il mondo che fin da bambina l'aveva avvolta in un'aura di freddezza e solitudine inconcepibile per lei.
Può un incontro cambiare la vita di una persona fino a tal punto da farle rivedere completamente il proprio passato?!
Lo so, come presentazione non è un granché ma è il meglio che sono riuscita a fare. Questo è il mio primo esperimento di AU e mi auguro con tutto il cuore che possa piacere e, perché no, far strappare anche un sorriso ai lettori (anche se dal prologo non sembra proprio) Eh! Eh! A voi quindi questo piccolo esperimento che vede come ambientazione un luogo caro alla mia infanzia e che ha avuto la capacità di incidersi nel mio cuore come ben pochi altri!
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Aquarius Camus, Aquarius Degel, Aries Mu, Nuovo Personaggio, Scorpion Milo
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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CAPITOLO 5: PASSEGGIATA CON...SORPRESA!
 
 
“Vai piano, Mirtillo!!! Ahahahahah!!! Perché ti sei messo a correre così adesso?!” ripresi dolcemente il mio cane, ridacchiando. 
 
Era sabato pomeriggio e malgrado l’aria si fosse fatta più fredda, il tempo continuava a regalare giornate di sole.
 
La settimana scolastica per fortuna era passata in un lampo senza imprevisti o votacci, ma questo significava anche che il compito di chimica si avvicinava sempre di più e quindi di conseguenza il terrore collettivo era aumentato in maniera esponenziale! 
 
Era forse anche per questo motivo che ero letteralmente scappata via di casa senza neanche mangiare, giusto il tempo di salutare Milo e uscire con Mirtillo (Zeus era già proprietà di mio fratello quel giorno, perché il pirla sosteneva che gli serviva per pomiciare con le belle ragazze che erano solite sedersi in riva al lago). 
 
In ogni caso il motivo prevalente della mia ‘fuga’ era proprio il non pensare alla scuola, cosa che mi riusciva alquanto bene quando mi immergevo nella flora della riva opposta  del lago di Ceresole Reale. 
 
Mi trovavo quindi dall’altro lato della passeggiata, quello che io definivo famigliarmente ‘ la zona ombrosa dove il naufragar me dolce dei miei pensieri trova sempre riparo ’.  
 
Quel luogo, infatti, diventava spesso un ricovero sicuro dove la mia mente era libera di volare per le immense praterie celesti della mia immaginazione (tanto per citare un termine coniato dalla professoressa di latino). 
 
 In altri termini mi dirigevo sempre lì quando avevo bisogno di riflettere da sola, e di sicuro il verde dei pini e della vegetazione contribuiva parecchio al mio intento. 
 
In quel momento in particolare mantenevo lo sguardo basso e fisso sul mio cane che stava annussando per terra come se avesse individuato una pista di qualche tipo, chissà quale poi! 
 
“Mirtillo, si può sapere cosa hai??? Che odore senti?!” gli chiesi, retoricamente. 
 
Mirtillo mi fissò per un attimo con occhi penetranti e la lingua a penzoloni, poi riprese a strattonarmi con ancora più forza. 
 
Era davvero buffa la sua espressione, così non riuscii a trattenere una risata cristallina e genuina, tanto da farmi socchiudere gli occhi per qualche secondo, impedendomi di vedere la strada davanti a me. 
 
Certo, nella mia testa era ben chiara la mappa del percorso da seguire, e sapevo perfettamente che proprio in quel momento stavamo attraversando uno dei tre ponti in cemento che si trovavano lungo il percorso … ma come potevo intuire quello che mi sarebbe successo da lì a poco?!
 
Ebbi infatti giusto il tempo di arrivare alla fine del ponte che mi ritrovai spinta indietro da qualcosa di tremendamente duro.

Divaricai leggermente le gambe per evitare una caduta in grande stile, mentre nello stesso momento sentii qualcosa finire per terra. 
 
“Accidenti, scusi!!!” dissi in tono imbarazzato, aprendo gli occhi pur mantenendoli bassi. Raccolsi quindi l’oggetto che era caduto: un libro, e feci per porgerlo alla persona che avevo urtato.  
 
“Mi dispiace immensamente! Ecco, tenga il suo … - ma nel momento in cui i miei occhi si incrociarono con quelli dell’individuo, ebbi un tuffo al cuore che poteva essere tranquillamente equiparato all’altezza dell’Everest - Ma porc … Aaaaaaaaaahhhhhh!!!!” urlai, lanciando involontariamente il libro avanti a me e cominciando a girare in tondo per mascherare l’imbarazzo. 
 
Il ragazzo, alias Camus, che prima stava per aprire bocca, seguì con lo sguardo il volo del libro terminare il suo viaggio sfortunato proprio nei rovi sul ciglio della strada. 
 
“Il mio … libro! Il mio … libro, dannazione!”  riuscì solo a ripetere impotente, mentre il suo tono di voce così preoccupato riuscì ad arrestare il mio moto perpetuo e privo di un significato logico. Bene, avevo combinato un altro guaio!  
 
Rimasi in silenzio per qualche istante, ma avevo già preso la mia decisione …
 
Sì, quella volta ero ben decisa a riparare al crimine che avevo combinato, ad ogni costo! 
 
“Tienimi Mirtillo, per favore!” gli dissi solo, mettendogli il guizaglio nella mano sinistra e notando, con la coda dell’occhio, che ne teneva già un altro. 
 
Prima che Camus potesse rispondermi con una qualsiasi frase, mi diressi verso il rovo e, senza tante cerimonie, mi ci buttai dentro alla ricerca del prezioso libro.
 
Ero consapevole di comportarmi da cretina, ma cento volte meglio ferirmi con le spine che stare anche solo un secondo di più in presenza di quel … di quel ragazzo che, solo con la sua presenza, mi impediva di respirare regolarmente! 
 
No, in verità la cosa che mi spingeva ad agire così era il forte desiderio di riparare almeno in parte ai danni che avevo procurato a Camus … Di sicuro amava molto leggere e quindi con ogni probabilità teneva un sacco a quel volume!
 
“Ma dove diavolo è quel libro??? Aaaaaaaahhhh perché l’ho lanciato???” imprecai tra me e me, mentre avvertivo con chiarezza le spine procurarmi vari graffi nelle zone di pelle non protette dagli abiti. 
 
Alla fine la mia mano riuscì a sfiorare qualcosa di liscio … Urrààààà!!! 
 
“Sììììì, ce l’ho fatta!!!” sorrisi raggiante, prendendo finalmente il libro. Nel medesimo istante avvertii qualcuno afferrarmi per i fianchi e tirarmi fuori dai rovi. 
 
“Stupida ragazzina, ma cosa credi di fare???” 
 
Ovviamente era Camus che, dopo aver legato i due guinzagli ad un albero, era di nuovo intervenuto per aiutarmi. 
 
Mi sedetti per terra di riflesso, tenendo il libro in grembo come se fosse stato il più prezioso dei tesori. Mi sentivo avvampare tutte le guance per l’imbarazzo eppure feci in modo di nascondere velocemente il rossore. 
 
“T-ti ho ripreso il libro, non vedi?! Eccotelo!” ridacchiai, restituendogli l’oggetto e tentando di rispondere nel tono più normale possibile.  
 
“Sarebbe stato meglio se non me lo avessi lanciato!” disse solo lui, strappandomi quasi il libro dalle mani e restituendomi il guinzaglio di Mirtillo dopo esserlo andato a slegare insieme ad Ipazia, la sua cagnolina. 
 
Poi senza aggiungere altro mi diede la schiena senza calcolarmi più.
 
Sentivo il cuore battermi all’impazzata nel petto, e un brivido scorrermi lungo la schiena: se ne stava per andare di nuovo, ed io non avevo fatto nessun passo avanti!
 
“Quanto vorrei conoscerlo di più … Stargli vicino e scoprire tutti i segreti che nasconde, ma sono una terribile frana … Non ne combino mai una giusta con lui!” mormorai tra me e me, triste. 
 
Istintivamente posai il mio sguardo sul mio Mirtillo, che si era messo ad uggiolare disperatamente nel vedere che la cagnolina di Camus se ne stava andando con il suo padrone.
 
 Fu allora che  capii tutto: il mio cucciolo si era innamorato al pari di me, navigavamo nella stessa sorte lui  ed io … Dovevo fare qualcosa non soltanto per me, ma anche per il mio Mirtillo! 
 
“E-ehi, Camus, aspetta! - lo richiamai, alzandomi e dirigendomi verso di lui, il quale al mio richiamo si era voltato e aveva inarcato interrogativamente un sopracciglio  - Posso … Possiamo fare la strada insieme? Intanto devo anch’io tornare indietro per fare delle commissioni!” mentii in parte, guardandolo speranzosa. 
 
Per un fugace attimo ebbi l’impressione che le guance di Camus si colorassero di un leggero colorito rosato, ma probabilmente fu solo una mia impressione visto che l’istante dopo il suo volto era tornato come quello di sempre. 
 
“No!” rispose solo lui, voltandosi stizzito e accelerando il passo, ma non mi arresi. 
 
“Aha, spiacente, sono già al tuo fianco!” risposi, mettendomi in parallelo a lui e facendo in modo che Mirtillo fosse al fianco di Ipazia. 
 
Camus sbuffò sonoramente, ma non fece nulla per impedirmi di camminare nella sua stessa direzione. 
 
Passarono diversi minuti in cui nessuno parlò (d’altronde io non sapevo come iniziare un discorso, e Camus sembrava completamente assorto nel suo religioso silenzio, difficilmente sarei riuscita a smuoverlo!). 
 
Passai quindi il tempo ad osservare, divertita, gli atteggiamenti di Mirtillo per Ipazia, appartenenti probabilmente alla categoria ‘mille e uno modi canini per provarci‘. 
 
Dal canto sua Ipazia, esattamente come il padrone, aveva deciso di fare la preziosa e non si lasciava scomporre di certo dalle annusate ben poco caste che Mirtillo riservava al suo didietro! 
 
Sospirai. Beh, almeno la cagnolina di Camus qualche occhiata la riservava al mio cucciolo, a differenza di colui  che mi stava di fianco che non mi guardava neanche per sbaglio! 
 
Tentai quindi di intavolare un discorso partendo da quello che avrei sempre voluto dire al mio salvatore quando difese me e il mio cucciolo dalla furia di Golia:  
 
“Non ti ho ancora ringraziato, vero? Grazie, hai salvato la vita a me e al mio Mirtillo!” 
 
“…” 
 
Uff, andavamo proprio bene! Se non si scioglieva quando gli dicevo parole di gratitudine come potevo sperare di farlo parlare in altro modo? Ma non volevo assolutamente arrendermi! 
 
“Sei un tipo taciturno, vero? Lo si capisce solo guardandoti! Però io credo che nascondi ben altro sotto questo apparente strato di ghiaccio!” 
 
“…” 
 
Sorrisi tra me e me. Dovevo ammetterlo, stavo usando la tecnica migliore che mi aveva insegnato mio fratello Milo, cioè il ‘rompi fino a sfinire il tuo interlocutore’, e dovevo dire che stava già iniziando a funzionare visto il leggerissimo disappunto che la faccia di Camus faceva trasparire. 
 
“ Ipazia è molto carina, mi piace molto, ma quanto ha?” 
 
“…” 
 
“E’ una domanda diretta, Camus, devi rispondere, altrimenti …” 
 
“Santo cielo, ma non stai mai un secondo zitta?!?” esclamò lui, voltandosi per la prima volta nella mia direzione. Yeaaaaahhh!!! Un punto per me!!!  
 
“Uauuuu, allora ce l’hai la lingua per parlare, e ti sei anche girato!!! Ne sono onorata!!!” dissi con una sottile vena di ironia, ghighando. 
 
Camus sbuffò ancora , ma stavolta rispose: 
 
“Comunque Ipazia ha un anno, il tuo?” 
 
Sgranai gli occhi al limite dell’umano possibile: Camus mi aveva veramente appena posto una domanda diretta?! Ero sconvolta! 
“I-il mio ha 9 mesi appena compiuti!” balbettai, sorridendo tra me e me. 
 
Camminammo in silenzio ancora per qualche minuto, poi ad un certo punto, la mia bocca iniziò a parlare senza aver ricevuto un ordine diretto dal cervello. 
 
“Sai, secondo me gli animali sono molto meglio di alcune persone, sanno dare molto più amore di quel che pensiamo. Io … Io sono cresciuta con i cani e non riuscerei nemmeno ad immaginare una vita senza di loro, morirei di solitudine se non avessi Zeus e Mirtillo!” sussurrai, guardando tristemente la strada davanti a me.  
 
Inaspettatamente Camus mi scrutò per qualche secondo, come a voler scoprire i segreti che celava la mia anima; accorgendomi del suo sguardo inquisitore mi affrettai a scrollare via la tristezza che mi aveva avvolto. 
 
“Scusa, sto divagando, non è niente!”
 
Non volevo che lui sapesse della mia presunta maledizione, non volevo assolutamente che scoprisse di avere davanti a lui un piccolo demone che era allontanato da tutto e da tutti per motivi sconosciuti … Non volevo, eppure per un attimo avevo rischiato di rivelare tutto ad un perfetto sconosciuto! 
 
“Ho visto un’ombra coprire per un attimo i tuoi occhi … Beh, in ogni caso anch’io la penso come te sugli animali!” rispose solo lui, distogliendo lo sguardo. 
 
Sospirai di sollievo, felice di aver trovato un argomento con il quale discorrere con Camus.
 
“Comunque … non voglio essere indiscreto, ma … Cosa facevi in giro da sola con il tuo cane? Sei ancora piccola …”  
 
A farmi la domanda era stato ancora Camus, e questo mi aveva creato una sorta di tempesta interna che era sfociata fuori da me solo grazie ad un unico, impagabile gesto: la bocca spalancata a formare una ‘o’ praticamente perfetta!
 
“Scusa, forse non avrei dovuto porti un simile quesito, io …” 
 
“No, no, stai tranquillo! - mi affrettai a dire - Beh in genere preferisco passeggiare da sola, non vado … Non vado molto d’accordo con i miei coetanei …” affermai, omettendo una parte di verità, ovvero il fatto che praticamente tutto il paese stava alla larga da me.
 
“Capito …” 
 
“Ma guarda che non sono così piccola!!! Cioè fisicamente sembro più giovane ma ho 18 anni!” aggiunsi, temendo di essere scambiata per una quindicenne. 
 
“Io ne ho 20, e visto che quasi sicuramente mi inizierai a tempestare di domande, ti dico anche che vado all’università di scienze naturali!” esclamò lui, alzando lo sguardo verso la diga che ormai stavamo raggiungendo. 
 
“Non è vero, non ti avrei tempestato di domande! - mentii, fingendomi offesa, anche Camus come Mu doveva essere bravo in psicologia visto che aveva già capito che tipo ero - Comunque fai scienze naturali?! Uau, è la stessa che frequenta mio fratello!” 
 
“Tuo fratello, sì … Ho già … Ho già avuto modo di conoscerlo meglio!” ribatté lui in un tono strano. 
 
“Perché?” domandai, curiosa. 
 
“Siamo in aula insieme se così si può dire … I professori che ha lui ce li ho pure io e tuo fratello ha già fatto una sceneggiata Shakespeariana quando mi ha visto …”
 
Maledissi mentalmente mio fratello, immaginandomelo intento ad urlare frasi tipo:  ‘Dannato ghiacciolo, hai proprio deciso di intasarmi l’esistenza, eh???’  o anche ‘Specchio, specchio delle mie brame, chi è il più sfigato del reame??? Già c’è penuria di ragazze, mi ci mancava pure questo figaccione come rivale!!!’
“Spero non sia stato troppo idiota …” dissi, imbarazzata. 
 
Il suo silenzio mi fece capire che avevo appena proferito una domanda retorica. 
 
Arrivammo alla diga in poco tempo e la attraversammo senza aprire bocca. Colsi quel momento di repentino imbarazzo per distogliere lo sguardo dalla figura perfetta di Camus e dirigerlo sotto alla diga, in particolare seguendo il corso del torrente Orco che passava nei villaggi sottostanti.  
 
Mi avevano sempre dato una sorta di timore reverenziale le dighe, e ancora di più  quella del mio paesino; d’altronde l’episodio del Vajont era tristemente famoso, e aveva dato un esempio concreto di quanto le opere umane fossero un niente se paragonate alla forza incontrastabile di Madre Natura …
 
Certo, era anche vero che in quel particolare frangente non era stata la diga a cedere come invece era capitato nel disastro del Gleno, ma in ogni caso le immagini ancora nitide del documentario che avevo visto da bambina mi ronzavano in testa. 
 
“Stai tranquilla, non cederà questa diga!” 
 
Fissai sconvolta Camus … Come poteva sapere quello che stavo pensando?! Era inconcepibile per me, neanche Mu ci era mai riuscito pienamente!  
 
“Hai la faccia spaurita e guardi di sotto alla diga con terrore, non ci vuole molto per intuire i tuoi pensieri!” rispose pronto Camus, scoccandomi un’occhiata di circostanza.
 
“Ok …” riuscii solo a dire, tornando con gli occhi a fissarmi i piedi. 
 
Non riuscivo a capire perché in quel momento ero tornata nuovamente muta con Camus, eppure prima avevo rigettato indietro tutta la mia timidezza … perché in quel momento non riuscivo più a sbloccarmi?! Era forse la paura di un rifiuto?! Eppure Camus mi aveva rivolto la parola!!! 
 
“Sei strana, ragazzina … prima non la smettevi di parlare e ora ti sei chiusa a riccio …” 
 
“Come te del resto, Camus, solo che tu hai fatto il procedimento inverso!” tentai, sbuffando. 
 
“Tu conosci il mio nome ma il tuo mi sfugge in questo momento … A quale richiamo rispondi?” chiese Camus, arrossendo un poco. 
 
Sorrisi tra me e me, divertita dal modo in cui mi aveva posto la domanda, evidentemente per uno acculturato come lui era troppo semplice porre la domanda al modo classico!
 
“Sakura …” 
 
“Sakura? Non è un nome giapponese???” 
 
Non risposi, accellerando il passo, era il mio turno di fare la preziosa, eppure sentivo che non era solo quello il motivo che mi spingeva ad agire così, no, la verità era che mi sentivo a disagio, un disagio scaturito dalla consapevolezza di non essere alla sua altezza! 
 
Giunti dalla parte opposta del lago grazie alla diga, mi resi conto che quella sarebbe stata la fine della passeggiata mia, di Camus e dei due cani; e che a differenza di Mirtillo (il furbo alla fine era riuscito ad attirare l’attenzione di Ipazia combattendo il fuoco con il fuoco, ovvero fingendo indifferenza al pari della cagnolina), io non avevo ottenuto alcun risultato tranne quello di scambiare due paroline con l’impenetrabile francese. 
 
“Ecco, siamo arrivati dall’altra parte, grazie per avermi sopportato! Ora devo proprio andare, però!” mi affrettai a salutarlo, facendo per allontanarmi da lui il più presto possibile. 
 
“Che stupida! Che stupida che sono!!! Cosa spero di ottenere standogli vicino? Ho forse la pretesa che uno bello come lui si interessi a me?? Sono proprio un’illusa! Di sicuro quelli del paese gli avranno già detto di tenersi alla larga da me, e lui è anche stato fin troppo gentile dopo tutto quello che gli ho fatto!!” mi rimproverai a bassa voce, cercando di non piangere, mentre Mirtillo mi guardava con aria preoccupata. 
 
“R-ragazzina!!!” 
 
Non mi voltai, sicura più che mai che il richiamo non fosse rivolto a me. 
 
“S-Sakura!!!” 
 
Questa volta i miei piedi si fermarono prima che il cervello potesse dare un ordine preciso. Mi voltai, vedendo Camus fermarsi di colpo a pochi metri da me dopo aver fatto una breve corsa per raggiungermi. 
 
Rimanemmo così per diversi secondi: io con una faccia ebete stampata in volto, lui con il rossore delle guance che aumentava a dismisura con il tempo che passava, ed i due cani che si guardavano intensamente l’un l’altra scodinzolando festosi. 
 
“C-c’è qualcosa che non va?” chiesi, confusa dal suo atteggiamento. 
 
“N-no, è solo che … uff, va bene per te se ci vediamo ancora?” 
 
Il mio cuore ebbe una sorta di fitta violenta, talmente forte da farmi temere l’arrivo di un infarto fulminante, ma le parole che Camus si affrettò ad aggiungere dopo mi fecero sprofondare letteralmente nell’oblio …
 
“Lo faccio per Ipazia … Sembra parecchio interessata al tuo Mirtillo!” 
 
Non so per quanto rimasi a fissare la sua cagnolina con sguardo spento, ma di sicuro un bel po’ visto che Camus cominciò a preoccuparsi notevolmente. 
 
“T-tutto bene? Se non vuoi … pazienza!”  disse, cercando di sembrare indifferente, ma non riuscì a reprimere una particolare sfumatura di speranza nella sua voce. 
 
“Come no, come no! Non ho problemi a rivederti, ma lo faccio solo per Mirtillo!” risposi stizzita, dandogli le spalle e andandomene con la testa alta. 
 
Gesto che, puntualmente, mi impedii di vedere un sorriso appena accennato, ma infinitamente profondo, solcare le guance rosse di Camus. 
 
  
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