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Autore: Silvar tales    05/11/2012    2 recensioni
È noto che l'occhio di un Assassino guardi più lontano, come se egli fosse un gigante di terra irto sui solidi bastioni dell'Ordine, ma Altaïr Ibn-La'Ahad guardava più lontano di tutti gli Assassini.
Era un gigante, un gigante che, non accontentandosi dell'orizzonte, si alzava in punta di piedi per vedere cosa c'era oltre, per cogliere in anticipo il sorgere del sole o il mutare delle maree.
Un'aquila destinata a diventare una stella, una stella destinata a diventare una guida.
La più rivoluzionaria e saggia che gli Assassini ricordino.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altaïr Ibn-La Ahad , Malik Al-Sayf
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Celato

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È noto che l'occhio di un Assassino guardi più lontano, come se egli fosse un gigante di terra irto sui solidi bastioni dell'Ordine,
ma Altaïr Ibn-La'Ahad guardava più lontano di tutti gli Assassini.
Era un gigante, un gigante che, non accontentandosi dell'orizzonte, si alzava in punta di piedi per vedere cosa c'era oltre, per cogliere in anticipo il sorgere del sole o il mutare delle maree.
Un'aquila destinata a diventare una stella, una stella destinata a diventare una guida.
La più rivoluzionaria e saggia che gli Assassini ricordino.


Le sale di Masyaf pullulavano di adepti indaffarati, la luce grigia del tramonto illuminava a malapena l'atrio austero. Il cielo autunnale era gonfio e tumido di pioggia.
Altaïr correva tra i corridoi di pietra fredda, i suoi occhi saettavano in ogni angolo. Il suo stato d'animo era inquieto, ma non poteva essere più contrastante con le condizioni atmosferiche che imperversavano all'esterno.
«Fratello, dove corri? La battaglia è vinta! Ora è il momento di assecondare le distrazioni!»
«Abbiamo vinto grazie a te fratello, unisciti a noi!»
«Fumiamo e beviamo alla tua salute Altaïr!»
Con il capo faceva segni di dissenso, con gli occhi ringraziava e con le mani rifiutava gli inviti che gli venivano rivolti.
«No... no. Abbas, hai visto Malik?»
Abbas lo guardò stranito e ripose accanto al focolare la spada che stava affilando, Salah lo scrutò con occhi truci e scambiò uno sguardo confuso con altri tre confratelli.
«No, nessuno l'ha visto».
Altaïr soffiò vistosamente e si dileguò alla svelta da quella sgradita compagnia.
«Fayyad hai visto Malik?» chiese poggiando una mano sulla spalla del vecchio studioso. Da sempre la famiglia di Fayyad si occupava di raccogliere e restaurare manoscritti antichi di enorme pregio, nessun altro conosceva meglio di lui i perduti codici e le lingue remote. Solo annusando le pagine di un volume, solo guardandole, saggiandole, poteva constatarne la provenienza. Non vi era Assassino che meglio di lui si prestasse a tener dietro a una biblioteca ricca e intricata come quella del santuario di Masyaf.
«Figliolo, nulla sfugge alla mia vista», iniziò guardando Altaïr con occhi vitrei e sfuggenti, «lo sai, ero intento proprio ora a revisionare questi dimenticati frammenti di versi grechi... Confrontandoli con testi precedenti e successivi, non mi sfugge nemmeno se il grafema
θ abbia affinato l'eleganza o se sia divenuto tarchiato, come tu ben sai segno diverso si porta dietro suono diverso...»
Altaïr inclinò la testa e, chiacchiere esibizioniste di Fayyad a parte, vide quel che cercava tra le file di scaffali, sotto la finestra.
«La tua vista si è perfezionata ma si è accorciata di molto amico mio, non va oltre il giallo delle tue pagine». Detto questo superò il vecchio scrittoio del libraio e corse, corse come un cavallo che impugna il vento sul fianco favorevole.
Malik, intento ad archiviare alcuni vecchi tomi, fece appena in tempo a guardare con occhio sprezzante l'Assassino che gli correva incontro che questi lo travolse, lo afferrò per le spalle facendolo urtare contro la libreria, lo portò nella penombra lontano dal cono polveroso di luce che proveniva dalla finestra e gli afferrò il viso, baciandolo come se dovesse rubargli ogni briciolo d'aria rimastogli in corpo, come se non dovesse fare nient'altro per il resto della sua vita.
Malik, impossibilitato a ribattere a parole, gli afferrò i polsi con forza, ribadendo il suo disappunto ma anche - e forse soprattutto - l'inebriante sensazione che lo pervadeva.
Le sue unghie raschiavano contro la pelle ruvida e fredda di Altaïr, in bocca sentiva il sapore amaro di quel bacio improvviso. Le loro labbra screpolate dal freddo si sfioravano e si aggredivano, bramose di unirsi quanto di ferirsi.
Un'esplosione di sale umido che durò per dieci infiniti secondi.
Altaïr ne riemerse annaspando, come quella volta in cui, da bambino, era caduto nella spaventosa voragine nera del pozzo nel cortile interno di Masyaf. Allora Al Mualim aveva temuto per la sua vita vedendo quel corpicino sussultare frenetico alla disperata ricerca di aria, ma poi ecco cos'era diventato
Altaïr Ibn-La'Ahad: un uomo, forte, privo d'ogni timore, privo di paura, con una buona dose di arroganza addosso e...
«Malik», disse con labbra tremanti prendendo le sue mani riluttanti, «sono stato nominato Maestro Assassino».
E non seppe trattenere un sorriso.





   
 
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