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Autore: watereyes    06/11/2012    4 recensioni
Poteva andare in mille altri modi.
Se avesse sentito la sveglia cinque minuti prima, se non avesse dimenticato il libro in hotel e non fosse dovuto tornare a recuperarlo di corsa, se il suo tassista non fosse stato così scandalosamente lento e ligio alle regole.
Ma forse sarebbe stato comunque inutile, forse tutta quella sfilza di ritardi e contrattempi non c’entrava niente, e qualcos’altro sarebbe andato storto ugualmente.
Harry non era mai stato un tipo che credeva al destino o al fato, ma del resto non avevo mai nutrito molta fiducia nella puntualità delle compagnie aeree.
Non gli era mai successo di perdere un aereo in vita sua. Mai.
Ogni giorno, in tutto il mondo, migliaia di persone prendono il loro mezzo all’ultimo secondo e si lasciano sprofondare nel sedile con l’aria di chi è stato miracolato.
Harry Styles, invece, no.
Dall’altra parte dell’oceano, la sua famiglia si prepara a festeggiare il monumentale compleanno di sua madre.
Alle sue spalle, la ragazza con il posto 18A sul prossimo volo per Londra sgranocchia del mais tostato, senza preoccuparsi delle briciole che le cadono sulla camicia.
Chi avrebbe mai immaginato che quattro minuti potessero cambiare tutto?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 1
- Mi dispiace signore, non possiamo proprio farci niente – dice una hostess, il tono che tradisce una lieve insofferenza.
Il video con gli annunci dei voli annuncia già il prossimo per Bali, previsto fra tre ore, ed è chiaro che per le hostess Harry rappresenta l’unico intralcio alla fine del loro turno.
- Se vuole, posso tentare di imbarcarlo sul prossimo volo.
Harry sbatte le palpebre e annuisce energicamente, con in testa l’espressione afflitta di sua madre nel sapere che il figlio non è presente per festeggiare il suo compleanno a cui è presente praticamente tutto il paese.
La hostess batte rapidamente sulla tastiera, poi gli sorride forzatamente:
- Lei è fortunato, c’è un altro volo per Londra alle 21:40, però non è upgrade, le va bene lo stesso?
Anche se non fosse d’accordo, Harry non si azzarderebbe mai a discutere, di fronte all’espressione feroce dell’hostess, perciò ha quasi paura quando chiede:
- Per che ora dovrebbe arrivare?
- Per le otto e cinquanta di domani mattina.
Le otto e cinquanta. Harry quasi non ci crede. Un po’ forzato, ma dovrebbe farcela. Sorride, più sollevato.
- Perfetto, grazie mille.
- L’ho sistemata al posto 18C. Buon viaggio – dice la hostess, porgendogli il biglietto.
Harry prende la busta che la donna gli porge in cui sono impilati ordinatamente tutti i documenti necessari al viaggio, si sistema la sciarpa, afferra la sacca e si incammina verso la sala d’attesa.
Ci sono un sacco di poltroncine, quasi tutte occupate da persone con l’aria stanca o annoiata. I pochi sedili rimasti liberi hanno l’imbottitura che fuori esce da alcuni strappi, che danno loro un’aria malinconica e vagamente triste, come quella di un pupazzo troppo usato da un bambino e ora dimenticato.
Harry si siede con un sospiro tra un uomo in giacca e cravatta che è intento a battere freneticamente i tasti sul computer e una donna piuttosto anziana in stato di dormiveglia. Harry guarda fuori dalla grande vetrata gli aerei in pista, pensando al suo aereo perso per quattro miseri minuti, quando alla ragazza seduta davanti a lui cade lo zaino, che a quanto pareva non era ben chiuso, dal momento che diversi oggetti finiscono sul lucido pavimento dell’aeroporto.
La ragazza si china e raccatta alcune riviste e una felpa mentre Harry si piega e raccoglie un libro e il suo ipod, a cui non può fare a meno di lanciare un’occhiata.
La ragazza coglie il lampo di riconoscimento negli occhi del ragazzo che gli porge il suo lettore mp3 e gli sorride con gratitudine, prima di voltarsi e tornare a fissare il cielo fuori dalla vetrata, che si sta tingendo di viola e arancione.
In questo momento la ragazza non ha voglia di parlare con nessuno, nemmeno con quel ragazzo carino, riesce solo a pensare che fra meno di ventiquattro ore rivedrà il fratello che non vede da un anno e mezzo.
Vive nell’attesa di quel giorno come se il domani fosse un mostro in attesa di divorarla. Si agita, inquieta, dimenandosi, fino a che non ne può più e si alza di scatto.
Si sistema lo zaino sulle spalle –è così pesante che per un momento si ritrova sbilanciata all’indietro- e libera i lunghi capelli castano chiari rimasti impigliati fra lo zaino e la sua schiena. Prende la felpa, le riviste, il libro, afferra il trolley e si avvia fuori dal gate affollato. Il trolley ondeggia pericolosamente, e le sue ruote vorticano impazzite, come a richiamare la confusione che regna nella sua mente in quel momento. Mentre tenta di riprendere il controllo sul bagaglio, una delle molteplici riviste cade a terra. Si china a raccoglierla, ma così facendo la felpa le scivola lungo il braccio e fa cadere anche il libro. Robe da pazzi, pensa Amber, scostandosi una ciocca di capelli dal viso. Si rialza e fa per prendere il trolley, ma nota con sorpresa che non c’è più. Si gira di scatto e vede il ragazzo di prima sorriderle, una mano sul suo trolley rosso.
- Mi sembravi in difficoltà – dice.
Amber lo fissa, perplessa e lievemente sospettosa, e il ragazzo sembra perdere un po’ della sua fiducia: guarda negli occhi scuri della ragazza, così grandi e tondi da sembrare ancora quelli di una bambina, innocenti in una maniera commovente, e trova in quegli occhi lo sguardo di chi non vuole stare da solo, una sensazione che Harry conosce molto bene. Per questo continua a stringere con forza il manico della valigia, in attesa della risposta della ragazza, che sembra decidere che non ha intenzion di derubarla.
- Grazie – sorride la giovane, seguendo Harry lungo la corsia.
- Dove vuoi andare? – chiede lui, fermandosi tanto all’improvviso che Amber gli sbatte contro.
- Scusa – esclama ritraendosi, lievemente imbarazzata – Non lo so, mangiamo qualcosa?
- Buona idea, il cibo in aereo farà sicuramente schifo.
Cinque minuti dopo sono appollaiati su degli scomodi quanto alti sgabelli, appoggiati con entrambe le braccia su un tavolo di legno scuro.
- Allora, dove sei diretta? – chiede Harry, dando un morso al suo panino.
- Londra – risponde Amber, lanciandogli un’occhiata dal bicchiere di coca che sta bevendo – E tu?
- Anch’io! – esclama Harry, con un po’ troppo entusiasmo forse perché Amber scoppia a ridere – Che posto hai.. A proposito, come ti chiami?
Amber rimane sorpresa, in effetti non sanno nemmeno i reciproci nomi. Si rende conto che fino a quel momento nella sua testa era “Il riccio”.
- Hai ragione, di solito è da qui che si comincia. Mi chiamo Amber, e tu?
Harry la guarda in modo strano, prima di risponderle. Non le è chiaro se sta fingendo o meno, potrebbe benissimo non sapere chi è.
- Harry. Qual è il tuo posto?
Amber getta un’occhiata al foglio che tiene in tasca:
- 18A.
- Io il 18C.
- Per un soffio.
- Già - dice Harry, sentendosi assurdamente dispiaciuto - Non le mangi? – aggiunge, indicando col coltello le minipanocchie nel piatto di Amber, che scuote la testa.
- No, mi inquietano, sono troppo finte.
Harry si allunga e le fa sparire in un batter d’occhio.
- Ecco, così non avrai più paura – sorride soddisfatto.
Amber scoppia a ridere, divertita:
- Grazie, mio salvatore, ho un debito di eterna riconoscenza verso la vostra persona.
Harry ride:
- Speriamo ci sia un'altra occasione per scontarlo.
Harry si zittisce, sopreso lui stesso da quello che ha appena detto. Le guance di Amber sono tinte di un rosa che la fanno quasi sembrare una principessa delle fiabe, pensa distrattamente, prima di rivolgerle la prima domanda che le passa per la testa:
- Che cosa vai a fare, a Londra?
- Io sono cresciuta in Inghilterra.
- E dove vivi, ora?
- Studio a New York. Sto andando a Londra per il matrimonio di mio fratello – Amber stringe gli occhi e piega la bocca in una linea amara quando pronuncia la parole “fratello”, come se faticasse a digerirla.
- E cosa studi? – chiede Harry interessato, mordicchiando la cannuccia e sporgendosi verso la giovane.
- Sono in un gruppo di ricerca che studia le cause e le conseguenze delle fobie alimentari delle persone – spiega Amber, serissima.
Harry scoppia a ridere:
- No, non è vero!
- Sì, invece. Lo sapevi che il 40% della popolazione ha una fobia per i cavoletti di Bruxelles? Per questo il Belgio non è primo in classifica tra le mete turistiche.
- Davvero? E io che pensavo fosse per il tempo – ride Harry, per poi farsi serio di colpo – Lo sai, un mio amico ha il terrore dei cucchiai.
Amber annuisce:
- Comprensibile. Un mio amico macellaio ha la fobia dei coltelli. È interessante vederlo all’opera. Tu invece, torni a casa?
- Come fai a sapere che sono inglese?
- Hai un accento inglese che incanta, più tipico dei bus rossi.
- L'accento! Non l'avevo considerato, e dire che non mi perdo una puntata di C.S.I.
- Direi che possiamo scartare la criminologia come tua carriera futura; studi anche tu in America?
- No, sto tornando per festeggiare il compleanno di mia madre, a Holmes Chapel, un paesino vicino a Londra.
- Holmes Chapel? Ma dai, mia zia abita lì! Ci andavo sempre, da piccola!
- Davvero? Pazzesco, siamo stati vicini per così tanto tempo e non ci siamo mai incontrati! 
- Incredibile, il destino.. - sorride Amber.
Mangiano in silenzio per un po', tenendo d'occhio gli orari di arrivo e di partenze degli aerei. Amber lo guarda di sottecchi e ogni volta avverte una piccola stretta allo stomaco: finora ha avuto solo un ragazzo, Josh. Si sono frequentati per gran parte dell'ultimo anno di liceo; era un tipo piuttosto noioso, completamente preso dalle partite di pallanuoto della scuola, di cui era capitano o qualcosa del genere. Amber adorava che alla fine di ogni partita la abbracciasse ancora completamente bagnato e che la portasse in braccio per i corridoi come una bambina ogni volta che si incontravano.
Le sembra impossibile che possa esserle piaciuto un tipo come Josh, quando al mondo esisteva un ragazzo come Harry, con un paio di incredibili occhi verdi, una massa di capelli arruffati e uno sbaffo di ketchup sul mento.
Amber si stropiccia nervosamente le mani, lanciando l'ennesima occhiata al cartellone delle partenze.
- Manca ancora un po' - dice Harry - A che ora è il matrimonio di tuo fratello?
- Alle due. Sono pure la damigella d'onore - bofonchia Amber.
- Non sembri contenta - osserva il ragazzo, spazzando via le briciole dal tavolo.
- Infatti non lo sono. E il compleanno di tua madre quand'è?
- A mezzogiorno. Ho perso il volo precedente.
- Dovevi prendere il volo prima? - chiede Amber, meravigliata.
Harry annuisce, mentre comincia a ridefinire completamente l'idea che ha del destino.
- L'ho perso per soli quattro minuti.
- Quattro minuti?!? Sei proprio sfigato - esclama Amber, scoppiando a ridere.
O molto fortunato, pensa Harry, unendosi alla sua risata: ma non lo dice, si è già esposto abbastanza, non vuole che Amber si ricordi di lui come un galletto che ci prova spudoratamente alla prima occasione e vuole evitare situazioni imbarazzanti come quella precedente.
Stanno ancora ridendo, quando una voce li interrompe:
- Scusa..
Harry si volta, il riso ancora sulle labbra, e vede una ragazza rivolgergli uno sguardo timido e imbarazzato, stringendo tra le mani una macchina fotografica.
- Non vorrei disturbarti ma.. Potresti fare una foto con me?
Amber lancia un'occhiata confusa ad Harry. Perchè diavolo quella ragazza vuole fare una foto con lui? Non ha senso, è una cosa da maniaci. Ma Harry non sembra per nulla turbato da quella strana richiesta e sorride rassicurante alla ragazza:
- Certo, nessun problema.
Dopo qualche minuto di conversazione, la ragazza lo ringrazia emozionata:
- Oddio, grazie.. c-cioè tu sei il mio idolo, questo è un sogno che si avvera! - balbetta, stringendosi al petto il foglio che Harry le ha autografato come se fosse quanto di più prezioso esistesse e allontanandosi lentamente, a passo barcollante e trasognato.
Harry la saluta con un sorriso, prima di voltarsi verso Amber, che lo fissa a braccia conserte:
- Beh? - gli chiede.
- Cosa? - domanda Harry, confuso.
- Sei il mio idolo, questo è un sogno che si avvera? Ma chi diavolo sei, tu? - sbotta Amber, spazientita.
A Harry scappa quasi da ridere a vederla, lo sguardo corrucciato e sospettoso, mentre gonfia le guance. E' da un bel po' che non gli capitava, di incontrare una ragazza della sua età che non lo riconoscesse, e la cosa gli fa incredibilmente piacere, anche se la sua parte più vanitosa ne è un filino urtata.
- Allora? - insiste Amber, scuotendolo per un braccio, proprio come una bambina che vuole essere partecipe di un segreto.
Harry non si trattiene e scoppia a ridere:
- Vieni, ti faccio vedere. 




Come promesso, ecco a voi il primo capitolo!! :D Grazie mille a Alyson Nobody e DaniaSmiles per aver recensito il prologo! Ringrazio di nuovo alyson Nobody per aver già messo la storia nelle preferite con il solo prologo e DaniaSmiles e Gioo93 per averla inserita nelle seguite!! Cercherò di non deludervi, ve lo prometto! Il promesso capitolo arriverà la settimana prossima (sempre che riesca a trattenermi!) Grazie a tutte/i. Un bacio E.
   
 
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