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Autore: Yuki Kiryukan    07/11/2012    6 recensioni
Seconda serie di Awakening.
Rebecca e Zach sono stati separati per due lunghi mesi. Ognuno preso ad affrontare i problemi della propria realtà.
Ma Rebecca è ottimista, poiché è viva nel suo cuore, la promessa di Zach, sul suo ritorno, di cui lei non ha mai dubiato.
Ma quando arriverà il momento di rincontrarsi, Rebecca, non ha idea quante cose siano cambiate, e si ritroverà ad affrontare da sola, i suoi incubi peggiori.
Dal capitolo 6:
"Non ci pensai nemmeno un secondo in più, che gli buttai le braccia al collo. Gli circondai le spalle, stringendolo forte contro il mio petto.
Inspirai a fondo il suo profumo virile che mi era tanto mancato. Mi venne da piangere quando sentii il suo corpo aderire perfettamente al mio. Come se fossimo stati creati appositamente per incastrarci.
Zach aveva mantenuto la sua promessa, ed era tornato da me. Io l’avevo aspettato, e adesso, non vi era cosa più giusta di me tra le sue braccia.
L’unica cosa che stonava, o meglio, che mancava, era il fatto che non fossi...ricambiata.
Quando finalmente, sentii le sue mani poggiarsi sulle mie spalle, non mi sarei mai aspettata...un rifiuto".
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yuri
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Cursed Blood - Sangue Maledetto'
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Ecco qui un nuovo capitolo di Rebirth! :D
Wow, ho aggiornato presto, anche se è sera tardi! ^^'' 
Questo è uno dei capitoli più...significativi e drammatici della serie...spero che apprezzerete, mi sono impegnata molto per esprimere al meglio le sensazioni di Rebecca :)
Fatemi sapere! ;)
A presto people! <3
Yuki!
 
 

                                                                   Zio

 


  << Vaffanculo, Misa! >>

  << Me lo hai già detto almeno trenta volte... >>

  << è solo per colpa tua che sono in questa situazione di merda! Sei ci tenevi tanto a continuare a fare la reclusa qui dentro, potevi sfiatarti prima e non mi sarei presa il disturbo di provare a salvarti! >>

  << Mi dispiace... >>

  << Non me ne faccio un cazzo delle tue scuse! >>

Misa si rannicchiò su se stessa, con la schiena poggiata alla parete, senza avere più niente da ribattere. 

Eleanor era nella stanza adiacente alla sua. Le pareti non erano necessariamente sottili, ma grazie ai loro sensi sopraffini, riuscivano a sentire l'una la presenza dell'altra, e persino a comunicare tra di loro in modo perfettamente comprensibile.

Dopo qualche minuto di silenzio, Eleanor continuò:  << Posso sapere almeno perchè? >> chiese  << Perchè sei voluta rimanere qui? >>

Misa si strinse ancor di più le ginocchia al petto  << Io... non lo so, veramente.  Ma credo di aver legato più con Rebecca in soli due mesi, che con voi per anni >>

  << Ma ti senti quando parli?! >> sbottò l'altra, e Misa ne immaginò l'espressione sconvolta.

  << Si... >>

  << E allora? >> continuò la sua sfuriata Eleanor  << Ti rendi conto delle stronzate che stai sparando?! >>

Misa si morse il labbro:  << Non sono stronzate. Non per me. Il nostro stare insieme...è sempre stato dovuto dal dolore che accomunava le nostre esperienze, e dalla disperazione che aveva segnato la nostra vita >> fece una pausa in cui riprese fiato  << Non abbiamo mai legato da "amici"....ma solo come ricercatori della dignità perduta. No, anzi...non era nemmeno quello. Cercavamo solo la nostra personale vendetta  >>

Eleanor in un primo momento non seppe che ribattere. Poi, deglutendo, disse:  << Vuoi forse dire che con quella ragazza sei davvero riuscita ad instaurare un rapporto di amicizia? >>

Misa ci riflettè per un pò:  << "Amicizia" è una parola ancora tanto misteriosa per me. Ma Rebecca...ha fatto risorgere dal mio cuore sentimenti che avevo sepolto da tempo...da quando avevo abbandonato la condizione umana. Empatia, compassione, gentilezza.... e rimorso >> concluse, usando un accento amaro nell'ultima parola.

La Chimero bionda fece per parlare, ma furono interrotte dallo scattare di una serratura.

Misa non ci faceva quasi più caso; in quei due mesi si era abituata, ma Eleanor sobbalzò, colta alla sprovvista, e ancor di più, spaventata a morte dalla possibilità che il losco Garreb Hidd facesse il suo ingresso con l'intenzione di riprendere le torture, dato che la porta che si stava aprendo era proprio la sua.

Ma si rilassò quando vide la chioma bionda appartenente a Gwen Ofman. La ragazza entrò nella cella, portando con sè un carrello di metallo colmo di medicinali.

Eleanor riprese la sua aria da spavalda, o almeno ci provò:  << Oh! Sei tu, tesoro. Cos'è, ti mancavo? >>

La ragazza dal camice bianco le rivolse uno strano sguardo, poi chiuse la porta metallica dietro di sè, facendo un cenno affermativo agli uomini della sorveglianza fuori.   << Sono qui per vedere le tue ferite >> spiegò poi, avvicinandosi  << Non sono ancora guarite, e hanno bisogno di una costante medicazione >>

  << Oh... >>  ripetè Eleanor sbattendo le ciglia, senza riuscire a nascondere il tono deluso della sua voce  << Beh, almeno ho la mia croce rossa personale >>

Gwen sorrise lievemente, mentre sbottonava la veste della Chimero e ne scopriva la schiena pallida come la luna, ancora martoriata dai segni delle frustate di Garreb.

Vi passò sopra il disinfettante, e si occupò di suturare nuovamente le ferite che si erano riaperte, cercando di essere il più delicata possibile.

  << Non capisco tutti i tuoi riguardi verso di me >> disse di punto in bianco Eleanor, dopo un pò di pesante silenzio. Non sapeva nemmeno lei se quello che aveva appena detto fosse una domanda o una semplice constatazione.

Gwen si accigliò, sorpresa da quella domanda improvvisa  << Beh, è perchè io sono... >>

  << Ah, già, sei un medico >> la interruppe l'altra  << Lo so, me l'hai detto... >>

Eccola di nuovo, la delusione quasi palpabile nella sua voce. Cavolo, doveva darsi una controllata.

Gwen applicò dei cerotti sulla sua schiena, e si allontanò, improvvisamente a disagio:  << Ho finito >> annunciò, e fece per andarsene, ma Eleanor le afferrò la mano in uno scatto felino.

La guardò con i  suoi occhi verde acqua, speranzosi  << Non potresti rimanere? >>

  << A...a che scopo? >> balbettò Gwen, presa nuovamente in contro piede.

Poi, i suoi occhi nocciola rotearono involontariamente sul suo corpo scoperto all'altezza del petto, dato che non si era preoccupata di riabbottonarsi la veste.  

Distolse lo sguardo imbarazzata  << Potresti almeno rivestirti? >> chiese, a disagio.

La Chimero ignorò la sua richiesta, senza esserne minimamente turbata, e continuò a fissarla, dritto negli occhi nocciola del medico, come se volesse perforarle l'anima   << Vorrei... >> disse poi, stringendo la sua mano, che non aveva ancora lasciato  << Vorrei che restassi qui >> 

Gwen rimase a bocca aperta e, appena se ne accorse, la richiuse subito. Non riusciva a distogliere lo sguardo dalla Chimero, che sembrava fremere nell'attesa di una sua risposta.

Che non arrivò, perchè la porta blindata si spalancò in un violento boato.

Le due ragazze sussultarono e guardarono il nuovo arrivato con gli occhi sbarrati, spaventate dalla violenta irruzione.

Julia aveva il fiatone, e le lacrime le rigavano il volto. Gwen la guardò paralizzata dal terrore di quello che la avrebbe detto, che doveva essere sicuramente terribile, a giudicare dal suo stato.    << Gwen >> balbettò la donna, mentre il suo corpo tremava  << Presto. Serve tutta l'equipe medica >>

  << C-Che succede? >> chiese, con il cuore in gola.

  << C'è stato un altro attacco >> si affrettò a dire  << I Chimeri dell'ultima volta... >>

Eleanor ebbe un sobbalzo  << I ragazzi... >>

  << C...come...? Dove? L'allarme non è... >> la interruppe Gwen, che ci capiva sempre meno.

  << Fuori. Nei pressi del bosco >> le spiegò Julia, asciugandosi gli occhi.

  << Ma...chi ha combattuto? Qualcuno è ferito? >> 

  << Rebecca, Kyle, Richard, Kim e ...David >> si morse il labbro  << David è stato ferito >> le rivolse uno sguardo supplicante  << Dobbiamo operarlo. Non c'è tempo da perdere...perde tanto, troppo, sangue >> ebbe un singhiozzo, e si resse al portone  << Potrebbe già essere troppo tardi... >>

La ragazza stentava a credere a quello che sentiva. 

Di nuovo i Chimeri. Di nuovo loro a procurare dolore.

Si sottrasse, velocemente e senza alcuna delicatezza, dalla stretta di Eleanor e si affrettò a raggiungere Julia  << Andiamo >> disse alla svelta.

Prima di uscire dalla stanza, rivolse un'occhiata frettolosa alla Chimero, che continuava a fissarla. 

Poi, senza nemmeno una parola, abbandonò la cella. 

Mentre sentiva il portone chiudersi in un tonfo, un portone che marcò di nuovo tutta la distanza che ci fosse tra lei e la bionda, cominciò a correre per i corridoi, con un'orribile presentimento addosso.

 
 
                                             
                       
                                                                                      *****************************************
 
 


Non riconoscevo più le mie mani.  Erano completamente zuppe di sangue.

Il suo sangue.

Kyle e Richard avevano trasportato David di peso alla base, e lo Scudo Rosso era caduto nel panico più totale. L'avevamo trasportato subito nel settore medico, e Julia ci era venuta incontro con uno sguardo allucinato.

No, uno sguardo disperato. 

Dopodiché, eravamo stati circondati dall'equipe medica al completo, in cui riconobbi anche Gwen, con il volto pallido come se le fosse passato davanti un fantasma.

Io non avevo smesso di tenere le mani premute contro la ferita di David nemmeno per un momento, e quando i medici mi obbligarono ad uscire dalla stanza, mi sentii come...come se non fossi più al mio posto.

Dovevo stare al fianco di David.

Sentivo che lui aveva bisogno di me.

Non so dire quanto durò l'intervento. Forse poche ore, ma a me sembrarono anni interi.

Non facevo altro che muovermi frenetica nella sala d'aspetto come una pazza isterica, ignorando le supplice di Kyle di calmarmi e sedermi affianco a lui, mentre essa era sempre più popolata di agenti, in ansia per la salute del proprio capo.

Vidi tra la folla che aumentava minuto dopo minuto, riconoscendo i volti affranti di Dan, Sam, il capo computer, Evan, il capo della quadra dei torturatori, che se non sbagliavo, doveva chiamarsi Garreb. 

Poi, fui raggiunta da Derek e Susan. Quest'ultima mi abbracciò forte, e Derek mi mise una  mano sulla spalla, con lo sguardo assente.

In quel momento, la mancava di Amy mi investì con una potenza maggiore del solito, e provai un immenso senso di solitudine. 

Sei ci fosse stata lei, mi avrebbe sicuramente rivolto le parole giuste.

Rivolgendomi uno di quei suoi contagiosi sorrisi, mi avrebbe detto: " Becky, cos'è quella faccia? David non è certo il tipo da morire così, ti pare?  Non c'è da preoccuparsi, sono sicura che quando si sveglierà ricomincerà a dare ordini a destra e a manca, come suo solito! "

Se Amy fosse stata li con me...sarebbe stato tutto diverso.

Poi, venne George. 

I suoi occhi erano rossi. Squadrò i presenti, e quando mi trovò con lo sguardo, corse verso di me e mi abbracciò. Non riuscii a sottrarmi dalla sua stretta, ma non riuscii nemmeno a ricambiarlo.

Il suo dolore era palpabile, tanto quando il mio.

Non so come feci a reggere quella snervante attesa. So solo, che quando le porte scorrevoli del laboratorio si aprirono, sentii quasi l'anima uscirmi dal corpo per l'attesa.

Julia fece capolino, con lo sguardo basso e gli occhi lucidi.

Inizialmente pensai che fossero lacrime di gioia per l'intervento riuscito, ma la sua espressione era inequivocabile.

C'era solo il dolore sul suo viso.

  << L'emorragia... >> farfugliò la donna  << Non siamo riusciti ad arrestarla ... la colonna vertebrale era completamente spezzata e non... >>

Il cuore mancò un battito, e senza chiedere niente a nessuno, mi precipitai nella stanza. 

Sentii dei richiami dietro di me, ma non ci badai. Nel mio percorso mi scontrai con Gwen, e quasi le caddi addosso, per l'instabilità delle mie gambe. 

  << Rebecca! >> mi chiamò, con voce rotta  << Non... >>

  << No, ti prego, fammelo vedere! Fammi vedere David, Gwen, ti supplico! >> esclamai, più urlando, aggrappandomi a lei con disperazione.

Non poteva finire così. 

Era inconcepibile. Inaccettabile.

Provai gli stessi sentimenti che mi investirono il cuore alla morte di Melissa, solo in misura nettamente maggiore.

Non riuscivo a farmene una ragione.

Lei sospirò  << Non credo gli resti molto... >> mi sussurrò, indicandomi una delle stanze  << Se devi andare da lui... >> aggiunse  << Fallo in fretta >>

Non me lo feci ripetere due volte, e scattai in direzione della stanza che mi aveva indicato.

David era li, intubato e attaccato ad un monitor. Disteso in un letto bianco, inerme e solo.

Andai verso di lui, tremando come una foglia ad ogni passo, mentre cercavo di convincermi che quello che vedevo era solo un'illusione. 

Un brutto sogno. 

Mi poggiai coi gomiti sul letto, e mi sporsi verso di lui  << David... >> chiamai.

No, non David. Lui era mio zio.

Lo zio che aveva dato la vita per me. Io l'avevo disprezzato, l'avevo odiato, e lui, ugualmente si era sacrificato per me. 

  << Non puoi morire... >> bisbigliai.

Non poteva andarsene, quando l'ultima parola che gli avevo detto era "Io ti odio", in quell'archivio pieno di polvere. 

Senza che me ne accorgessi, altri avevano fatto irruzione della stanza, in primis George.  Mi parve di sentire la voce di Kyle, Richard, Kim e qualcun'altro, ma non badai a loro.

Poggiai una mano sulla spalla di David, scuotendolo debolmente  << Ti prego... te lo chiedo per favore, apri gli occhi... non morire così... zio...! >>

Come attirato dal mio richiamo, le sue palpebre si schiusero e i suoi zaffiri, ora opachi, rotearono stanchi nella stanza, fino a fermarsi su di me.

  << Oddio, David! >> sentii esclamare Julia, mentre il mio cuore era in subbuglio.

Senza distogliere gli occhi da me, l'uomo emise un grugnito. La donna si avvicinò premurosamente a lui  << Sembra che voglia parlare, devo togliergli il respiratore... >> disse, operandosi.

Quando fu libero, David parlò, con voce estremamente debole, difficile da attribuirgli, a lui che era sempre stato autoritario e burbero  << Rebecca... >>  sussurrò  << Per...perdonami >>

Deglutii, ma avevo la gola secca:  << Cosa... no, no... sono io che dovrei chiederti scusa... >>

Lui scosse la testa, mesto:  << No... Sono io quello che ha... sbagliato >> disse  << Ho sempre, sempre sbagliato...  >>

  << Andrà tutto bene >> intervenne George, con voce tremante e per niente credibile  << Ti rimetterai in carreggiata, v-vedrai >>

L'uomo rise  << Come tuo solito, non sei bravo a mentire...George. Sto morendo, non sono mica stupido. Non mi sento più le gambe...e ho un dolore lancinante alla schiena... Non... >>

  << Scusa >> disse Julia, tirando su col naso  << Ti do subito la morfina... >>

  << No... >> David scosse la testa  << No, non farlo...tanto sto per... >>

No, non doveva dirlo.

  << Zio... >> dissi, mentre anch'io cominciavo a piangere, stupendo tutti per come l'avevo chiamato  << Non... >> presi fiato  << Non è vero che ti odio... >>

Lui sorrise debolmente  << Lo so >>

Non poteva andarsene così. Non poteva morire...senza sapere.

  << Jean Stain è vivo >> disse, tutto di un getto.

Sentii i respiri mozzati nella maggior parte dei presenti nella stanza.

George mi guardò allibito  << Come...cosa stai dicendo? >>

Maledizione, dovevo controllare il battito del mio cuore, che sembrava volermi uscire dal petto.

  << è vivo >> ribadii, senza guardare nessuno  << Io l'ho incontrato, due mesi fa, durante l'attacco. Ma non sapevo fosse mio... >>

Non terminai la frase. Non ce n'era bisogno, e non sarei riuscita nemmeno a dirlo.

  << L'hai incontrato e non ci hai detto niente?! >> esclamò, questa volta Kyle, allucinato  << Hai incontrato il nostro nemico e non ti è venuto in mente di dircelo?! >>  

  << I-Io... >> balbettai con il cuore in subbuglio, non avendo niente da dire in mia discolpa.

Rivelare che avevo volonatriamente omesso la verità su quel giorno per proteggere Zach, non era sicuramente una buona idea.

Guardai titubante George, ma lui fissava il vuoto. Era troppo sconvolto per rimproverarmi in quel momento.

  << Rebecca... >> si intromise poi, la voce di David.

Mi voltai verso di lui, e notai  che mi guardava fisso, senza accennare il minimo segno di rimprovero o disprezzo. Anzi, quello che scorgevo nei suoi occhi, era più simile al dispiacere.   << Ne... sei sicura? >> mi chiese.

Io risposi senza distogliere gli occhi da lui:  << Ho visto le sue foto nell'archivio. Non posso sbagliarmi. Era lui, e non è affatto morto come credete. O come ha voluto far credere >>

Julia arretrò e si poggiò alla spalla di George  << Oddio...non può essere... non può... >>

Anche lui aveva un colorito pallido, quasi preoccupante  << Jean...Jean è... >>

David invece, era quasi calmo:  << In un certo senso...mi senso sollevato >> deglutì  << Ho vissuto questi anni col senso di colpa a divorarmi l'anima per non essere riuscito a salvarlo...ma invece è vivo... >>

  << Lui...è sempre stato lui... >> aggiunse Julia, visibilmente sconvolta  << Senza saperlo, in tutti questi anni abbiamo dato la caccia a lui... >>

Notai che lo sguardo di David si era fatto più intenso:  << Rebecca, stammi bene a sentire, è molto importante >> annunciò, con tremenda serietà  << Da questo momento in poi...sarai tu il capo dello Scudo Rosso >>

La sorpresa fu generale, ma quella che restò più allibita, fui io stessa.

Io capo dello Scudo Rosso...

Cosa?! 

  << C-Cosa... No!! >> esclamai, in pred al panico  << No, non posso assolutamente...Non ne sono in grado... >>

Ero troppo debole. Non riuscivo ad occuparmi di me stessa, come avrei fatto a gestire un'organizzazione intera?!

  << Si che lo sei >> obbiettò David  << Sei mia nipote...è a te che spetta quest'incarico. So che sei in grado di...farcela >>

"Sei mia nipote".

Era la prima volta che me lo diceva, e quelle parole mi riscaldarono il cuore.

Ma non cambiava le cose. Non ero in grado di fare il capo. Non potevo... Non ne ero capace.

Prendere il posto di David equivaleva a scendere in prima linea, prendere in mano le redini...tutto sarebbe dipeso da me. Compreso l'annientamento definitivo dei Chimeri e del loro artefice.

Non poteva farmi quello.

Non poteva lasciarmi sulle spalle un simile fardello.

  << Non sarai sola >> intervenne George, sorridendomi dolcemente e con gli occhi lucidi, mentre Kyle, venendo al mio fianco, mi cinse le spalle  << Ti aiuteremo noi >> mi promise, solenne.

David annuì stancamente, chiudendo gli occhi  << Bene... >>

Il suono del monitor divenne improvvisamente irregolare, e subito ci allarmammo.

  << Rebecca... >> riprese l'uomo, e sembrava stesse compiendo un grande sforzo, mentre alzava il collo, protendendosi verso di me  << A-Avvicinati.... >>

Titubante, obbedii. 

  << C'è una cosa... c-che vorrei tu dicessi a Jean da parte mia quando... quando lo rivedrai... >> mi disse, quando gli fui abbastanza vicina.

Poi, sussurrò delle parole al mio orecchio. Delle parole inattese quando incredibili, che mi fecero accelerare il battito cardiaco. 

Infine, si allontanò da me, tornando a poggiare stacamente la testa sul cuscino, e mi sorrise, mentre il suoni del monitor impazzirono ancora.
Cominciò a perdere sangue dalla bocca, ed io ricominciai a piangere.

  << David!! >> esclamò George con terrore.

  << Julia fai qualcosa! >> urlò qualcuno.

  << Defibrillatore!! >> gridò la donna, in pred al panico.

Intanto David continuava a guardarmi, seppur con occhi che si facevano sempre più spenti, e...morti:   << Dillo ancora... >> mi sussurrò all'improvviso.

  << C...Come..cosa? >> chiesi, con la vista offuscata dalle lacrime che stavo trattenendo.

  << "Zio" >> specificò, sputando altro sangue  << Ridillo...per favore... >>

Lottai contro l'impulso di mettermi a piangere, e lo accontentai   << Z-Zio... >>

  << A-Ancora... >> bisbigliò, chiudendo gli occhi.

  << Zio... >> tirai su col naso  << Zio... >>

E continuai, ripetendo quelle parole con amore, recuperando tutti gli anni passati, fin quando il suo cuore non si arrese, e l'encefalogramma si appiattì.

Julia, col defibrillatore in mano, senza curarsi di trattenere le lacrime, disse quelle fatidiche parole che si impressero indelebili nella mia mente:  << Ora del decesso, diciannove e trentasette >>
  
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