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Autore: Vitani    25/05/2007    1 recensioni
Questa è una storia d'amore, di odio, di una carriera musicale ed artistica, di una maturazione, di come gli incontri detti "del destino" possono cambiare la vita. È la storia di due ragazzi in particolare: Mana, un chitarrista, e Gackt, un cantante. Entrambi passionali, entrambi sognatori.
"Simile ad una fiaba è questa storia, dove una dama e un cavalier rincorrono l’amore con solerzia, pronti in nome di esso a dare tutto. Si leggeranno lacrime, amore, risate e fremiti di gelosia, d’angoscia e di paura. Saranno tormentosi i nostri canti, piene di gioia le risate, e se malinconia occuperà il cuore, ci basterà cantare una canzone."
Genere: Commedia, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Gackt, Mana
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Mad Tea Party -

- Mad Tea Party -

ATTO PRIMO, SCENA QUINTA
-
Il Giglio Bianco che insegue il Sole

 

 

 

 

Satoru Okabe detto Gackt Camui se ne stava disgraziatamente stravaccato sul suo letto in foggia simile più ad una disseccata alga marina che ad una creatura umana. Stava lì quasi non fosse stato in grado di far altro che guardare il soffitto dell’appartamento in cui viveva.

Era giorno sì, doveva essere quasi pomeriggio e questo lo intuiva appena appena dalla luce che gli filtrava dalle tende scure della camera. Aveva chiuso la porta dell’appartamento quand’era rientrato? Proprio non ci aveva fatto caso.

Si tastò meticolosamente una faccia che non sarebbe piaciuta a nessuno, gonfia come se gli ci avessero iniettato del lievito, e quasi non se la sentì sotto le dita il che era un brutto, bruttissimo segno.

Si sarebbe quasi alzato e trascinato fino al bagno se solo il consueto mal di testa post-sbronza gli avesse dato un microbo secondo di tregua. Solo quello odiava del bere, solo quello.

Tutta colpa d’un pezzo di stronzo che gli aveva rigato la macchina.

Poi si lamentavano che quand’era ubriaco diventava violento!

Ebbene sì, diventava violento e adorava fare a botte e non a caso quello che gli aveva dato addosso quella notte s’era ritrovato col naso rotto e forse pure con qualcosa d’altro di rotto.

Non badava mai a quanto male faceva, lui, che di stazza era pure piuttosto robusto. Non ci badava mai, tanto le ferite fisiche guarivano. Erano quelle del cuore a dar problemi, e quanti problemi!

Ogni tanto gli capitava ancora di pensare a quella graziosa ragazzetta coreana che era stata sua moglie per così poco tempo e che gli aveva pure insegnato un po’ della sua lingua.

Ah già, perché lui era stato sposato… anche se per un periodo così effimero che gli era sembrato un istante. A diciannove anni aveva fatto il passo, praticamente un anno dopo l’aveva lasciata; le voleva bene, sì, forse le avrebbe sempre voluto bene, ma fra loro qualcosa s’era inceppato molto presto. Lei non sopportava i fans che lui iniziava ad avere ed era sempre più stressata, e lui non poteva sopportare di sentirsi legato.

E così fine, puff, tutto svanito e lui non se ne era pentito. Lei sarebbe rimasta un bel ricordo e nulla più.

Quando provò ad alzare un braccio s’accorse che formicolava, la cosa gli piacque poco ma non se ne curò poi molto desideroso com’era d’andare a tuffare la testa nella doccia o anche solo di sbatterla sul muro. Neppure quei cazzo d’analgesici gli facevano più effetto ormai, e quasi poteva vederlo il giorno in cui sarebbe passato ai narcotici dritto e filato come uno shinkansen.

Doveva telefonare a You e dirgli che quel giorno delle prove non se ne faceva nulla, poco importava quanto il suo amico ci tenesse a costringerlo; già che c’era avrebbe chiamato anche Mana visto che, strano ma vero, quel giorno ancora non s’erano sentiti.

Era il caso di mangiar qualcosa?

Di tutte le cose da fare che aveva non ne fece neppure mezza e se ne rese conto solo quando il sole ebbe cambiato posizione dirigendo quel sottile traslucido rivoletto luminoso che filtrava dalle tende giusto sui suoi occhi scuri, costringendoli ad aprirsi con somma beatitudine mentre il loro padrone tirava giù una bestemmia. Ormai il pomeriggio era finito e lui l’aveva passato nel niente quando al minimo avrebbe dovuto fare un po’ di ginnastica salutare.

La fece subito, pregando che gli passasse il mal di testa. Fortunatamente il suo appartamento era abbastanza largo da permettergli almeno lo stretching.

Sorrise un po’, tanto quanto glielo permetteva la sua bocca tumefatta, e pensò che poi avrebbe mangiato qualcosa e chiamato Mana.

Erano due settimane e più che si sentivano assiduamente, anche una volta al giorno, e stavano al telefono per ore ed ore ed ore arrivando a parlare degli argomenti più assurdi, dagli animali domestici ai manga.

Gackt era stato felice di notare che Mana aveva perso del tutto con lui quel tono d’affranta timidezza che all’inizio quasi gli aveva impedito di parlare: sentiva ormai che stavano diventando buoni amici, anche se non s’erano neppure mai visti e forse non l’avrebbero fatto mai.

Inoltre nell’aria veleggiava ancora intatta quella proposta, ma Mana non gli aveva quasi più accennato nulla al riguardo e a lui del resto poco importava d’informarsi. Probabilmente non avrebbe accettato, questo era chiaro, non poteva permettersi lasciare così i suoi amici e tutta la sua vita. Sarebbe stata una cosa da veri stupidi, e lui era ben convinto di non esserlo, inoltre You e Ren non gliel’avrebbero perdonata se mollava ora; nel caso, poi, avrebbe fatto felice solo quell’idiota di Takeshi… quindi non ne valeva la pena.

Doveva smettere assolutamente di pensarci o avrebbe finito per logorarsi senza che si fosse giunti a nulla, sempre che a qualcosa si dovesse effettivamente arrivare e di questo non era per niente certo. Volle infine fare una doccia e con passi lenti si diresse verso la stanza da bagno del suo appartamento, arredata semplicemente con piccole ma graziose piastrellette bianche lucide. Chiuse la porta alle sue spalle, legno di noce chiaramente, e si spogliò. Aveva un bel corpo Gackt, dotato di una muscolatura forse fin troppo possente a causa dei continui allenamenti cui si sottoponeva. Che fosse stato il caso di buttar giù qualche chilo? Non si pose minimamente il problema, occupato com’era a controllare le escoriazioni e i lividi che s’era procurato con la rissa di quella notte. L’ultima di tante tante e tante altre spossanti ma assurdamente e magnificamente gratificanti lotte che l’avevano preceduta. Amava le sfide lui, e quello che l’avrebbe battuto ancora doveva nascere.

L’acqua tiepida gli fece sulle ferite più male di quel che pensava, ma strinse i denti e tenne duro: desiderava ardentemente darsi una ripulita dopo che una parte di quella lunga notte l’aveva passata a vomitarsi l’anima per i calci allo stomaco che aveva ricevuto (ma li aveva anche ampiamente restituiti).

Gli sembrava d’avere il volto fatto di una tumida gelatina polposa, ma non emise un gemito e non si lamentò affatto. Erano tutti cazzi suoi alla fine, e cazzi soprattutto di quelli che l’avevano provocato dopo averlo fatto bere. Era andata che al solito aveva bevuto troppo, al solito due o tre avevano trovato un pretesto qualsiasi per attaccare briga (la sua sacrosantissima intoccabile - da altri - Ferrari rossa), – va detto che quand’era sbronzo tosto bastava un nonnulla a mandarlo veramente ma veramente in bestia – al solito You e gli altri avevano cercato di fermarlo, al solito era finita in un lago di ossa rotte e sangue che sgorgava dovunque.

Lui ovviamente non s’era rotto nulla, era troppo robusto e allenato nel combattimento perché delle mezze tacche di ragazzini potessero anche solo sperare di spezzargli un dito, ma qualche goccia di sangue l’aveva persa comunque. Anzi pure parecchio, ma non gliene era fregato nulla. Aveva solo pensato a filare prima che chiamassero la polizia, sempre che l’avessero chiamata – nessuno di loro voleva finire il galera, era chiaro.

Cercò di lavarsi via il sangue dal viso senza premere troppo, ma visto che non si sentiva la faccia la cosa si rivelò più impegnativa del previsto. Sputò nella doccia e per un istante fu convinto d’avere perso un dente, cosa fortunatamente non vera.

Non avrebbe avuto un aspetto decente per qualche giorno almeno, cazzo cazzo cazzo e ancora cazzo! Gli inconvenienti delle lotte, quelli.

Uscì dalla doccia solo molti interminabili minuti dopo e s’avvolse un asciugamano rosso attorno alla vita.

I capelli lunghi gli gocciolavano sopra le spalle e fu con passo un po’ malfermo che s’avviò verso la sua camera alla ricerca di qualcosa di confortevole da infilarsi addosso.

Optò per una semplice maglietta bianca e un paio di pantaloni di cotone viola scuro.

Fu mentre si frizionava energicamente i capelli che sentì suonare il campanello più volte, un sonoro ritmo martellante che solo uno You piuttosto agitato era in grado di tenere.

Ci pensò su e decise che s’era dimenticato di dirgli delle prove, tra le altre cose. Si odiò profondamente.

 

« Come diamine ti sei ridotto? »

Questo e solo questo gli disse You quando fu salito e gli ebbe posato sopra i suoi occhi neri un po’ troppo larghi. Gackt fu quasi tentato di sbattergli in faccia la porta in modo da farlo assomigliare un po’ a lui, ma alla fine si trattenne ragionando che in effetti doveva essere proprio conciato male se glielo diceva il suo amico che tutte le sante o quasi notti che si trovava a vivere lo vedeva ubriacarsi e fare a botte.

« Scusa, ho scordato di dirti che non venivo alle prove. »

Si sentì una vera merda quando l’altro gli rispose che era solo venuto per controllare come stava.

« Sei andato a farti visitare da un medico? »

Satoru quasi sputò.

« Nah, sai che odio gli ospedali e i dottori. »

Meglio che non ci pensasse, meglio che non lo facesse, già si sentiva salire il sangue alla testa. Quelle non erano cose che gli piaceva rivangare e che temeva lui stesso e tanto gli avevano fatto desiderare di morire.

Aveva contratto le pupille e la testa gli pulsava dolorosamente, ma fece finta di nulla fin quando You non parlò di nuovo, con la voce preoccupata e gli occhi socchiusi.

« Ti sei almeno dato una disinfettata? »

Poté solo scuotere il capo, allora You lo accompagnò a sedersi e andò in bagno a prendere l’occorrente per la medicazione. Quelle ferite potevano anche essere roba da nulla, ma per You era sempre meglio non prenderne sottogamba nessuna: in effetti, ogni tanto Gackt pensava che quel ragazzo avesse lo spirito del crocerossino.

Non si mosse e non disse nulla per tutto il tempo che You fu occupato con la sua faccia, e fu solo a metà della medicazione che sentì squillare ripetutamente il telefono. Forse You l’aveva anche avvertito, ma lui era così perso nei suoi pensieri da non aver sentito.

Corse in camera e sollevò la cornetta, capendo all’improvviso di chi poteva trattarsi.

« Pronto? Qui Satoru Okabe. »

C’era un velo d’impazienza nella sua voce, e colui che parlava all’altro capo del filo l’aveva probabilmente colto.

« Ehilà Satoru, ti trovo bene! »

Era solo il suo datore di lavoro, un signore con cui tra l’altro aveva un buonissimo rapporto. Quasi ringhiò per la delusione. Ovviamente lui lo sapeva, del resto aveva avuto la bella idea di litigare proprio nel parcheggio del casinò.

« Sì ma… se non le dispiace, questa sera preferirei non venire al lavoro. Sa, non sono in condizioni molto presentabili. »

« Yukimura-san ha detto che si accollerà il tuo turno di stasera, a patto che la prossima volta lo sostituisca tu. »

« Sarà fatto, signore. »

Fu lieto di aver risolto anche quella faccenda, almeno dal punto di vista lavorativo poteva tirare un sospiro di sollievo e nessuno dei clienti avrebbe visto che brutta faccia aveva.

You lo raggiunse in camera da letto.

« Era il tuo capo? »

Gackt sorrise, per quel poco che gli riusciva.

« Sì, e per stasera sono esonerato. »

« Molto bene, vedi allora di usarla per riposarti questa sera, e non per qualcuna delle assurde attività che ti tengono sveglio. »

« Guarda che io faccio assurde attività proprio perché non dormo. »

You aveva aperto la bocca per replicare, ma prima che potesse farlo il telefono suonò di nuovo.

« Pronto? »

« Ehi signor vampiro! Vi trovo piuttosto avvilito stasera! »

Contrasse la bocca e dopo qualche secondo fu scosso da una terrificante risata che gli fece incredibilmente male al petto. Era proprio Mana-chan stavolta.

« Il vampiro oggi fa un po’ fatica a parlare… »

« E come mai? »

« Ecco, ho fatto a botte stanotte. »

« Cielo! E come ti senti? »

Sorrise e quasi gli sembrò di poterlo vedere portarsi una stupita mano alla bocca.

« Ehm… mi hanno spappolato un po’ la faccia ma per il resto sto bene. Sono robusto io, ce ne vuole per mettermi ko! »

Ottenne un lungo, interminabile buon mezzo minuto di silenzio profondo dall’altra parte, quasi che il suo giovane interlocutore fosse rimasto congelato dall’indefinibile sconcerto.

Infine le sue orecchie captarono un timido sussurrante mormorio di quella voce maschile e un po’ bassa che così poco aveva da spartire con le apparenze del suo proprietario.

« …io invece di solito le prendevo. »

Ecco: quello lo sorprese, per quanto nel tono di Mana vi fosse solo l’aria di una vaga constatazione.

« Come? »

« Be’, non sono tanto portato per le lotte. Sono un po’ mingherlino e al liceo quei gruppi di teppisti che non aspettavano altro che fare guai mi facevano paura. Anche se io stesso sembravo un teppista. »

E due sorprese.

« Tu?! Ma dai Mana, non scherzare! »

« Non sto scherzando. »

Non ci poteva credere. Che teppista sarebbe mai stato uno che parlava con quell’eleganza?

« Be’ sai, dalle foto che ho visto sembri proprio un bravo ragazzo. »

Lo sentì ridacchiare in quel suo tenero e docile modo sommesso.

« Forse non sono proprio un bravo ragazzo. »

La dissimulata veemenza che colse dietro quelle parole lo sorprese fino a fargli strabuzzare gli occhi. Comunque rise e continuò a parlargli, lieto anche solo d’averlo sentito di nuovo.

« Facciamo così: quando ci vedremo ti proteggerò io! »

« Perché, c’incontreremo un giorno? »

« Un giorno sicuramente! Non so ancora quando, però. »

Sorrise ancora e non s’accorse di You che lo stava osservando con sguardo preoccupato. Gackt aveva un’espressione luminosa tutto ad un tratto, e nemmeno lui pareva essersene accorto. Sapeva con chi stava parlando, sapeva che avrebbe parlato all’infinito e sapeva anche che di lui s’era completamente dimenticato. Nella sua mente, You non esisteva più almeno finché avrebbe parlato con quel Mana.

Tornò allora in salotto in silenzio e lo aspettò di là, ben consapevole che ci avrebbe messo molto tempo. Passò difatti una mezz’ora buona prima che Gackt tornasse, una mezz’ora in cui You l’aveva sentito ridere e scherzare col tono gioviale che aveva solo coi suoi migliori amici, con lui, con Ren.

Quando lo vide arrivare gli offrì uno dei suoi larghi sorrisi, desiderando intensamente nascondere lo sconforto che l’aveva preso d’improvviso: il timore, la quasi certezza ormai, che Gackt Camui se ne andasse abbandonandoli per sempre. Per quanto non facesse che proclamare il contrario, per quanto ribadisse che i Cain’s Feel lui non li avrebbe lasciati mai.

« Chi era? » gli domandò.

« Era Mana! Sai, quel chitarrista di cui ti avevo parlato una volta. »

« Ah sì, mi ricordo. Vi sentite spesso? »

« Sì, quasi tutti i giorni. »

Gackt rideva come un bambino, lui tentava disperatamente di non lasciarsi sopraffare dall’angoscia e, perché no, dall’odio verso quel chitarrista sconosciuto che il loro Satoru lo stava portando via, intrappolandolo piano piano nella sua tela di ragno. Gackt pareva non fare minimamente caso ai suoi sentimenti, o quantomeno fingeva meravigliosamente di non accorgersene.

« Sai, è molto schivo e timido all’inizio ma se impari a conoscerlo è una persona molto graziosa. O almeno così mi sembra, non posso dire di più perché non l’ho neanche mai visto e non so che effetto mi farebbe di persona. »

« Be’, ma mi sembra che tu sia interessato a scoprirlo o sbaglio? »

C’era dell’acido, in quelle parole? Gackt lo guardò; lo guardò come interrogativamente, il sorriso gli sparì dal volto macellato e alzò le spalle, voltandosi per andare a prendere qualcosa da bere.

« Mah, penso di averlo detto tanto per dire. »

 

Sì, l’aveva detto tanto per dire, e due settimane dopo lo pensava ancora, mentre gironzolava nei dintorni di Kyoto imbarcato senza meta sulla sua Ferrari. Aveva a dire il vero un paio di giorni liberi, ma visto che You e gli altri lavoravano tutti, lui non aveva di meglio che quello da fare. Fu proprio in quel giorno, solo in quel momento e non più tardi, che il telefono che aveva fatto installare in macchina squillò.

Lo fece ripetutamente per una due e tre volte, infine lui rispose ed era Mana.

« Che stai facendo di bello? »

Ancora quella strana mescolanza di bambinesca euforia e pacatezza che sentiva ogni volta che parlava con lui.

Gackt sorrise, torcendo appena le labbra piene, perché non aveva niente da fare.

Non aveva niente da fare e fu così, solo per impulso che lo disse, con sul volto un ghigno beffardo che sapeva tanto di sfida.

« Sto guidando verso Tokyo per incontrare Mana. »

Ancora e di nuovo, gli apparve negli occhi il sorriso angelico di quel ragazzo: come se fosse stato lì con lui.

E pensò che, presto, con lui lo sarebbe stato davvero.

 

 

- continua -


N.d.A. Forse ci siamo. Rullo di tamburi, squillo di trombe, se Mana non mi si mette a fare il bastardo (come ha ahimè già fatto, ringraziate lui se siamo al quinto capitolo e questi ancora si parlano solo per telefono!) al prossimo capitolo si incontranooo!!! Comunque sia, vedremo come reagiranno i nostri due ragazzi di fronte a questo evento: Gackt conquisterà Mana col suo savoir faire o Mana si rinchiuderà come un riccio dietro lo scoglio della sua timidezza?

E ci sarà di mezzo anche il povero Takeshi… che forse sarà quello che ai due dovrà dare la spinta! Riuscirà questo povero ragazzo, mia principale pedina, a uscire vivo dallo scontro di questi due titani(anche se va detto che al momento non lo sono ancora)? Io prego per lui, povera stella! XD

Ringrazio tutti i lettori e i commentatori, purtroppo finora questa storia non ha avuto il riscontro che speravo ma preferisco tenermi questi “pochi ma buoni”! :P Per fortuna che ci siete! Spero comunque che aumenterete di numero perché qui la cosa è una landa desolata come poche… XD

 

 

Vitani

 

   
 
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