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Autore: Yomi22    08/11/2012    1 recensioni
Morgan è una ragazza che non sa nulla del suo passato.
Di una cosa è certa: non si trova nel posto e nel tempo giusto. Vi è un rapporto tra lei e le leggende Arturiane, ma quale?
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Mi trovai in una stanza enorme, alta almeno dieci metri. A costeggiare i muri, guardie vestite di armature reggevano in mano scudi rossi rappresentanti dei dragoni. 
In fondo al salone si ergevano tre troni, il più grande al centro. Questo era ricoperto di fronzoli dorati e pietre incastonate. Un lungo tappeto rosso portava sino ad essi.
Bloccai un secondo il mio cammino e mi concentrai sulle persone che c'erano accanto a me.
«Lady Morgana, state bene?» mi chiese una voce familiare. Mi voltai e vidi Cathrine che mi osservava con sguardo preoccupato. Annuii e sorrisi, «sì scusa.. grazie.»
Seguii le persone che erano davanti a me fino alla stanza adiacente a quella del trono e mi ritrovai in un salone un po' più piccolo, che al centro ospitava un lungo tavolo in legno massiccio. Un uomo robusto e imponente si alzò in piedi vedendomi entrare e con la mano mi fece gesto di avvicinarmi. Io ubbidii e mi diressi verso di lui. Da vicino potevo notare le cicatrici che gli adornavano il viso. La folta barba rossa gli donava un'aria affidabile e i grandi occhi neri costringevano a portare rispetto verso la sua figura. L'uomo si avvicinò ancora a me e mi circondò le spalle con le grandi mani. «Morgana, dormito bene?» mi chiese. Aveva la voce profonda di un uomo stanco e vissuto.
«S-sì..» sussurrai io in risposta, titubante. L'uomo rise e mi fece cenno di sedermi accanto a lui. Io ovviamente eseguii. 
Pochi istanti più tardi una donna vestita con un grembiule sporco mi mise davanti un piatto con del pane e del formaggio. Mi guardai attorno e oltre a me notai questa cameriera, il re ed un ragazzo che assomigliava straordinariamente all'uomo con cui avevo parlato poco prima. 
«Allora, Morgana, quali sono i tuoi piani per la giornata?» mi chiese il ragazzo, dai folti capelli ramati. Io mi guardai attorno, cercando lo sguardo di Cathrine, ma non la trovai.
«Non ho ancora programmato nulla per oggi..» azzardai, continuando a cercare la ragazza dai capelli rossi.
«Potresti venire con me. Oggi non è una giornata particolarmente faticosa, ci occuperemo solo di qualche bandito che gira nei boschi. Potrebbe essere una piacevole passeggiata. Che ne dici?»
Annuii, prendendo la coppa di ghisa e buttando giù una sorsata d'acqua. «Mi farebbe davvero piacere.»
Finito il pasto mi alzai e uscii dalla stanza. Senza sapere bene come, riuscii a trovare la mia camera da letto. Entrai e mi gettai sul letto, presa da un forte attacco d'asma. L'aria mi sfuggiva come una lepre corre via da un lupo.
«Cathrine!» chiamai, senza fiato. «Cathrine!»
 
«Chi è Cathrine?» mi chiese una voce maschile dal suono ancora un po' infantile.
Quando aprii gli occhi mi trovai davanti un ragazzo dai capelli bruni e ricci. 
«Michele!» gridai, gettando le braccia al collo del mio compagno di classe, «Michele, sto impazzendo!»
«Cosa? Che è successo? Chi è Cathrine?»
«Tu credi nella magia?»
Michele sembrò rifletterci, poi sorrise. «Non lo so, non ne ho mai vista una... o meglio, tranne quella che sembri aver fatto durante chimica. Perché?»
«Io credo...no, sono impazzita. Ho solo fatto un brutto sogno, scusami per averti allarmato.»
«Non fa niente.. senti, le infermiere hanno detto che puoi tornare a casa. Ti accompagno, ti va?»
Lo guardai e cercai di capire a cosa pensava. Mi credeva pazza, sicuramente.
«Ho la macchina qua sotto dai, non mi costa nulla!»
Sorrisi incerta e accettai la proposta. Sempre meglio che dover stare da sola su un autobus. Se mi fosse capitato di.. entrare di nuovo in quel mondo, chissà cosa sarebbe successo.
Mi sfiorai il viso con la mano destra e sentii qualcosa di freddo a contatto con la pelle. Guardai e con terrore mi vidi l'anello con l'acquamarina al dito.
Sobbalzai e tirai una testata contro la parete, provocandomi un forte mal di testa. «M-Michele non sono pazza, guarda!» gli urlai, mostrandogli la mano.
Lui la prese tra le sue e analizzò il gioiello.  «Cavolo Morgan, quanto ti è costata questa roba?»
«Ti devo dire una cosa..»
[...]
«Quindi tu pensi di essere entrata nel mondo di re Artù?» gridò il ragazzo incredulo, mentre camminava avanti e indietro nel mio salotto.
«Be' tecnicamente lui ancora non è re..» risposi, cercando di ricordare ciò che avevo visto.
«Morgan, ti rendi conto di quello che mi stai dicendo? Come posso credere a una storia del genere?»
«Michele, questo prova tutto!» gli urlai, mostrandogli nuovamente l'anello. «Tu sei sempre stato con me, sai che non lo indossavo prima!»
«Ma come può essere. Cioè, che diavolo sta succedendo!»
«Hai visto anche tu di cosa sono stata capace a chimica. Forse sono davvero Morgana! Questo spiegherebbe un sacco di cose!»
«No!» esclamò lui, alzando la voce, «non spiegherebbe proprio niente! Anzi! Confonde ancora di più tutta la tua vita!»
«Non è vero! Pensaci! Magari quando mi hanno trovata stavo parlando qualche strana lingua arcana! E poi dai, Morgan! Morgana! E indossavo abiti medievali!»
«Quindi secondo te saresti Lady Morgana andata avanti nel tempo?»
«Be'.. no, cioè, su questo ancora non ci ho riflettuto. Però non può che essere così!»
Lui si allontanò da me ridendo istericamente. «No, tu sei solo pazza. I tuoi ti avranno abbandonato per questi problemi che hai.»
Quando terminò la frase cadde un silenzio raggelante. Non potevo credere che l'avesse detto.
«Puoi andare...» sussurrai, con tono gelido. Lui si sedette accanto a me e sospirò. «Scusami. Cerca di capire, tutto questo è assurdo.»
«Lo so... sono confusa anche io, cosa credi. Ma forse questo è un passo avanti nella storia del mio passato.»
«Magari i tuoi genitori erano dei fan accaniti della Zimmer Bradley e ciò ti è rimasto impresso.»
«Chi è?»
Lui mi guardò interdetto. «Marion Zimmer Bradley! Una scrittrice fantasy! Dai, non ti dicono niente "Le nebbie di Avalon"??»
«Avalon.. ho già sentito questo nome!» esclamai, drizzandomi sul divano. 
Ad un tratto mi sentii chiamare e mi voltai verso il mio amico. «Cosa c'è?»
«Non ho detto nulla.»
 
 
«Lady Morgana, che vi succede? Lady Morgana!» strillò una donna alle mie spalle, che dal rumore dei passi sembrava correre verso di me.
Mi voltai e vidi Cathrine che si accingeva a bagnare una pezza con dell'acqua. Si avvicinò e me la posò sulla fronte. 
«Cosa vi è successo, mia signora? Come vi sentite?» mi chiese la serva, accarezzandomi dolcemente i capelli.
«Devo confessarti una cosa, Cathrine..»
«Chiamatemi pure Cat, mia signora, come siete solita fare»
«Va bene Cat.. senti, in questo periodo non mi sento granché bene..»
«Ho notato, Lady Morgana. Volete che mandi a chiamare il medico di corte?» propose, con tono sinceramente preoccupato. 
Scossi la testa e sorrisi, «no, non c'è bisogno. Il problema è che sto soffrendo di una terribile..amnesia. Puoi ricordarmi cosa ti ho detto di me?»
La cameriera si rabbuiò, forse invasa dal sospetto che potessi essere un impostore.
«Mia signora, cosa state dicendo? Forse dovreste riposare.» consigliò, accennando ad alzarsi.
Le accarezzai dolcemente un braccio e feci cenno di non andare. «Stai tranquilla, sono proprio io. Volevo solo esser sicura di non averti parlato di una mia... particolarità.»
Cat mi scrutò con aria interrogativa, poi si avvicinò e mi sussurrò: «state parlando di... quella cosa?»
Era così vicino che potevo sentire il suo profumo di sapone. Chiusi gli occhi e inspirai profondamente, poi la fissai dritto negli occhi blu. Erano meravigliosi. Avevano una vaga forma a mandorla e un colore davvero insolito. Non era il comune azzurro, ma un oltremare, in cui si potevano scorgere gli anni duri che la ragazza aveva passato e la stanchezza accumulata.
«C-credo di sì..» risposi, allontanandomi imbarazzata. 
«Certo che me ne avete parlato. Da quel che dite voi, sono l'unica persona con cui potete parlare.»
Le sorrisi e lei ricambiò, mostrandomi dei denti insolitamente perfetti, per una donna del medioevo. «E spero di non dovermene pentire, Cat.» dissi con naturalezza, senza accorgermi che non ero io a parlare. O meglio, non la solita me.
Cathrine si alzò dal letto e aprì il grande armadio, canticchiando una melodia piacevole. «Lady Morgana, avete qualcosa in mente per l'uscita con il principe?» mi chiese, su di giri.
«No..» confessai svogliata, «non è che sia particolarmente eccitata..»
La serva si voltò e mi fissò con disappunto. «Ma, mia signora, potreste finalmente riuscire a conquistarlo!»
«Ma è mio fratello!»
«Fratellastro. E comunque non mi sembra che questo vi abbia mai fermato. Avete cambiato forse idea?»
La raggiunsi e mi concentrai sugli abiti che avevo davanti. Erano tutti straordinariamente belli. Essere la figlia del re era davvero fantastico.
«Tanto lui sposerà Ginevra..»
Cathrine si girò di scatto verso di me e mi guardò a bocca aperta. «Che cosa? Lady Ginevra?» scoppiò in una fragorosa risata. «Non è possibile, quei due non si sopportano!»
Non risposi. Dovevo giocare come avrei fatto se fossi stata ancora la me stessa del passato. Anche se già dalla frase suonava difficile.
«Be' che dire. Devo assolutamente indossare il mio abito migliore! Opterei per quello rosso, che ne dici?»
«Vi da un' aria da conquistatrice. Approvo in pieno!»
Mi aiutò ad indossarlo, dopodiché mi acconciò i capelli. Quando mi guardai allo specchio rimasi sbalordita da quanto ero bella. Normalmente non sono una persona vanitosa ma credetemi, durante la mia vita da Morgana ero una favola.
«Ti ringrazio Cat» dissi, uscendo dalla stanza.
«Fate buon viaggio!» rispose lei, raggiante.
Senza farci caso, imboccai la strada che portava all'entrata del castello ed uscii. Probabilmente mi stavano raffiorando dei ricordi. Mi guardai intorno ma non vidi nessuno, per cui mi rivolsi ad una guardia, che non appena mi vide avvicinare fece un profondo inchino.
«Hai visto Artù?» gli chiesi, con nonchalance. Lui annuì e mi indicò una direzione con la mano libera, l'altra teneva una lancia. «Vi sta aspettando davanti alle stalle, mia signora.»
«Grazie» risposi, con un cenno della testa. La guardia tornò alla sua posizione e io mi diressi verso le stalle che avevo visto poco tempo prima dalla finestra della mia stanza. 
Come previsto, Artù mi stava aspettando, vestito della sua armatura e attorniato da tre guardie, vestite come quella con cui avevo parlato prima.
«Eccoti» dissi, con un breve inchino. «Allora, quando si parte?»
Artù sorrise e mi accarezzò il braccio sinistro. «Anche ora. Prendi il tuo cavallo.»
Il mio cavallo? Mi guardai attorno e vidi decine di cavalli. Quale poteva essere il mio?
Guardai il principe montare in sella a un elegante cavallo dal manto chiaro, un Andaluso probabilmente, dalle zampe robuste e agili.
Passai nuovamente in rassegna tutti i destrieri finché non mi imbattei in un bellissimo Frisone, alto e imponente, con una splendida criniera particolarmente lunga adornata con fili verdi.
Si trattava del mio, ne ero sicura. Mi avvicinai e lui alzò la testa dolcemente, poggiandomi il muso sulla spalla. 
Mi accorsi che era l'unico a non avere il consueto drappo dorato a ricoprirlo e sorrisi compiaciuta. Neanche io gliel'avrei fatto mettere.
Lo accompagnai fuori dalla stalla e gli carezzai il muso, poi montai.
«Allora, Artù » dissi, aizzando il cavallo, «pronto a mangiare la polvere?»
Il principe scoppiò in una fragorosa risata e diede di speroni, partendo a una velocità impressionante. Io guardai il mio destriero, gli calciai leggermente i fianchi e lui partì all'inseguimento dell'Andaluso.
Il vento tra i capelli era davvero piacevole ed aveva il potere di spazzare via ogni mio brutto pensiero. In quel momento, la mia mente non tornò neanche una volta ai tempi moderni.
E me ne convinsi. Questo era il mio posto.
Il mio Frisone raggiunse Artù e il suo albino in un battibaleno e quando entrambi i cavalli parvero stanchi, iniziammo a trottare fianco a fianco, chiacchierando del più e del meno.
«S-sei davvero bella con questo vestito, Morgana» mi disse ad un tratto lui, rosso in volto.
Io ridacchiai e mi accostai di più a lui, tirandogli un colpetto per provocarlo, poi diressi il mio animale verso un punto più intricato del bosco.
Lui mi seguì a ruota e insieme ci ritrovammo in una piccola radura ombreggiata da alberi enormi, mai visti prima. Scendemmo dai nostri destrieri e li lasciammo a brucare l'erba fresca, mentre noi ci riposavamo sdraiati sul verde manto.
«Ma tu non avevi dei banditi da catturare? E le tue guardie?» gli chiesi dopo un po', ricordandomi del vero motivo della nostra passeggiata.
«Le guardie le ritroveremo, e i banditi be', li troveremo.» rispose lui, soavemente. Era proprio carino, in effetti.
In quanto ai banditi, be', furono loro a trovare noi.
Eravamo lì da quasi un'ora, quando un'ascia non rischiò di decapitare Artù, che per fortuna la schivò con un gesto rapido.
Con altrettanta rapidità si alzò in piedi e sguainò la spada, cercando di individuare il nemico. In quanto a me, non restai di certo seduta ad aspettare. Con il mio pugnale -per fortuna Catherine mi consigliò di portarlo dietro- mi misi in posizione di guardia.
Mi venne naturale. Evidentemente faceva parte della me del passato.. ossia del mio attuale presente.. del medioevo..
Insomma, daga in mano mi guardai attorno, cercando di captare qualche movimento, ma nulla sembrò diverso da prima. Gli unici lievi rumori erano quello dello scorrere placido dell'acqua del ruscello e quello delle foglie mosse dal vento.
Sembrava tutto tranquillo.
Ad un tratto però, sentii odore di bruciato. Mi voltai e per un soffio riuscii a spingere Artù da parte, beccandomi quasi in pieno una sorta di.. sfera di fuoco.
Questa colpì un albero e il caldo elemento iniziò a mangiare la corteccia di questo, senza risparmiare nulla.
Immediatamente dopo quella ne partì un'altra e io, non chiedetemi come, riuscii a deviarne il tragitto, con un movimento veloce del braccio.
Artù, intento a correre verso la direzione da cui arrivavano le magie, non si accorse di nulla. Per fortuna.
Ancora stupita del mio gesto, mi guardai attorno, sperando di trovare chissà quale spiegazione. Mi osservai attentamente le mani, cercando di capire da cosa fosse scaturito quel gesto.
A quel punto mi ricordai delle parole di Michele.
"Era una maga strepitosa..."
Quindi, io dovevo essere dotata di qualche potere magico. E ne avevo appena utilizzato una parte.
A quel punto, arrivarono cinque o sei banditi, armati di mazze e spadoni. 
Uno scenario perfetto. Quasi fosse un film.
Mi chiesi come avrei fatto. Avrei potuto evocare una magia, ma come? E se non fosse stato vero? E se prima si fosse trattato di una coincidenza?
Non restava che provare, altrimenti, sarei morta lì. Non avrei  più rivisto Evony e Carl. I miei amici. Michele.
Un forte terrore mi salì dalle viscere, accompagnato da un calore che pensai mi avrebbe sciolto gli organi interni. Provai l'impulso di portare i palmi delle mani davanti a me e così feci, urlando qualche parola strana che si fece strada da sola tra le mie labbra. 
Una luce abbagliante partì da me, poi ci fu uno scoppio e mi ritrovai a volare all'indietro... poi, il vuoto. Come sempre.
 
Come da copione, mi risvegliai ancora nel letto dell'ospedale, di nuovo piena di tubi e tubicini.
Provai un dolore fortissimo al petto e iniziai ad urlare, cercando invano di strappare i vestiti, in cerca della causa. 
L'infermiera, sempre la donna bionda, accorse e mi aiutò, cercando di capire tra i miei urli di cosa avessi bisogno. Michele uscì di corsa dalla stanza per lasciarmi un po' di privacy e soprattutto per non disturbare.
Quando il camice fu finalmente tolto, sia io che l'infermiera impallidimmo;
sul mio petto vi era un'ustione enorme, che mi prendeva da spalla a spalla, fino ad arrivare giù dall'ombelico. La ferita era ancora fresca, sanguinolenta.
La donna chiamò dei medici, che mi anestetizzarono per non farmi sentire quel dolore lancinante.
Da quel momento, ebbi veramente paura.
  
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